Siamo in estate, nel New Hampshire, in
un posto isolato immerso nel verde della provincia americana dei giorni nostri.
La piccola Wen (Kristen Cui) è una bambina di 8 anni con gli occhi a mandorla
e i capelli a caschetto. Il suo cartone animato preferito è Kiki consegne a
domicilio di Miyazaki, ama i grilli gialli e i due papà che la hanno adottata,
Andrew (Jonathan Groff, noto per la serie tv Glee e per Matrix Resurrection)
ed Eric (Ben Aldridge, nella serie tv Pennyworth con il ruolo di Thomas Wayne).
Da poco è in vacanza insieme a loro in
una casetta vicino a un laghetto, circondata da un grande bosco carico di tanti
grillo gialli tutti da catturare.
Wen sa che per mettere i grilli nel suo barattolo è necessaria molta gentilezza e per questo si muove in silenzio, raccogliendoli dalle foglie con movimenti lenti e aggraziati. Quando il tiene in mano si presenta a loro e gli dà un nome, trattandoli da quel momento come suoi amici. Poi mentre li deposita in quella gabbia di vetro gli parla, per tranquillizzarli: “Non sarete da soli nel barattolo anche se all’inizio può sembrare così. Non preoccupatevi, ci sono anche altri grilli e il barattolo non è così piccolo”.
Dal bosco a un certo punto appare
Leonard (Dave Bautista), un omone occhialuto grande e grosso pieno di
tatuaggi, ma dall’aria molto gentile. Si avvicina a Wen molto
lentamente, si presenta a lei dicendole che vuole essere suo amico e per questo
subito la assicura di non preoccuparsi: lui non è uno sconosciuto. Anche Leonard
è come lei un esperto nella cattura dei grilli e insegna alla bambina un suo
trucco tutto speciale: non chiudere troppo velocemente il tappo del barattolo o
i grilli si sentiranno soffocare. È necessario che i grilli si sentano a loro
agio. Sembra l’inizio di una bella amicizia, ma l’uomo si colpo si rattrista
una volta che scopre dove abita Wen. Le dice che per una questione difficile ma
importante quel giorno dovrà venire proprio dalla sua famiglia, insieme ad
altre tre persone. La rassicura che sarà insieme a delle brave persone e le
chiede se lei sarà così gentile da chiedere ai suoi genitori di aprirgli. Wen
annuisce.
Poi i due si lasciano e la bambina
ritorna a casa.
Eric ed Andrew non aspettano ospiti e si
stanno godendo le vacanze dopo un periodo molto intenso e complicato. Hanno
l’aria serena quando qualcuno bussa alla porta.
È Leonard e con lui ci sono altre tre
persone. Eric e Andrew prima cercano di mandarli via bonariamente ma poi
rimangono intimoriti, quando vedono che sono armati con delle strane
lance. Cercano di non farli entrare nonostante le richieste di Wen e la
gentilezza con cui Leonard continua a chiedere di aprirgli, dicendo che hanno
solo buone intenzioni, che vogliono solo essere ascoltati e che il motivo per
cui sono lì è importante. La tensione sale, fino a che i quattro rompono le
finestre e la porta ed entrano in casa tramortendo i genitori. Quando si
svegliano, Andrew è molto sofferente per via di una brutta ferita alle gambe a
seguito della colluttazione, mentre Eric è ancora abbastanza vigile. Entrambi
sono stati medicati. I quattro si scusano per i modi e per il fatto di averli
ora legati alle serie con delle corde, ma nel frattempo hanno ripulito tutti i
danni dell’irruzione e ora sono pronti a presentarsi come si deve, come persone
gentilissime. Leonard è un insegnante delle elementari, la timida e introversa
Adriane (Nikki Akuma-Bird, già vista in Old) una cuoca, la calma e risoluta
Sabrina (Abby Quinn, vista nell’episodio Arkangel della serie Black Mirror,
diretto da Jodie Foster) un'infermiera e l’irascibile Redmond (Rupert Grint,
il Ron di Harry Potter) lavora per la società del gas. Nessuno dei
quattro si conosceva prima del loro incontro, avvenuto poche ore prima, ma si
erano trovati su internet dopo aver scoperto di avere avuto la stessa visione.
La visione di un mondo sull’orlo dell'apocalisse, devastato prima da tsunami e
poi da atroci malattie, in cui dal cielo ha poi iniziato a piovere del vetro
tagliente e infine è arrivato il giudizio finale, la mano di Dio, la fine
di tutto. Per fermare questo processo, i quattro erano stati scelti, sono
partiti da città lontanissime, hanno creato un’arma con le loro mani per poi
intraprendere un viaggio che li avrebbe condotti a incontrare la famiglia che
si trovava in quel bosco. Alla famiglia avrebbero chiesto un sacrificio in
cambio della salvezza di tutta l’umanità. Il sacrificio di uno di loro per la
salvezza di tutti, con la garanzia che anche se il mondo fosse finito quella
famiglia sarebbe sopravvissuta alla catastrofe e avrebbe continuato a vivere,
da sola nel mondo, come prescelti. Il valore del sacrificio era quindi da
intendersi come un puro atto di altruismo. Doveva essere la famiglia a
scegliere, a un’ora data, chi di loro sacrificare, se un adulto o un bambino.
In piena libertà e senza costrizione, con loro quattro che li avrebbero
assistiti in ogni necessità. Se non fosse avvenuta quella scelta all’ora
indicata, il mondo sarebbe progressivamente caduto nel caos, con i quattro che
avrebbero solo potuto rimandare l’evento di qualche ora, togliendosi la vita.
Ad Andrew ed Eric tutto questo appare come una pazzia, il vaneggiamento dei
membri di una setta, forse degli omofobi contrari alla loro famiglia, forse dei
ricattatori. Ma presto gli eventi precipitano e uno dei quattro è costretto a
sacrificarsi togliendosi la vita dopo uno strano rito, con la televisione che
comunica subito dopo l’improvvisa comparsa di terribili tsunami in più zone del
mondo. Leonard dice che quello è l’inizio della apocalisse. L’agnostico e
razionale Andrew non crede alla tv ed è ancora fermamente convinto che si
tratti di una manipolazione, un inganno crudele forse legato a una vendetta di
cui inizia a scorgere dei dettagli. Eric invece inizia a pensare che ci possa
essere qualcosa di altro: con i suoi stessi occhi gli è sembrato poco prima di
scorgere una luce misteriosa. Un po’ come i grilli gialli nel barattolo di
vetro di Wen, il piccolo mondo di quella famiglia nella casetta nel bosco si
era fatto di colpo un posto molto piccolo, soffocante e solitario. Cosa
avrebbero fatto i due genitori per garantire un futuro almeno a Wen?
Il regista del Sesto senso M.Night
Shyamalan adatta per il grande schermo un romanzo thriller del 2018, La casa ai
confini del mondo di Paul Tremblay. Caustico quando dotato di un buon ritmo,
sembrava all’apparenza un testo perfetto per diventare su schermo il più
classico esponente del genere home invasion: ossia quelle pellicole
horror/thriller in cui in genere una famiglia è tenuta in ostaggio nella
propria casa da dei malintenzionati. Solo che Shyamalan ha diretto già
moltissimi home invasion, da Signs a The Visit, passando per Lady in The water
e in un certo senso “espandendo il concetto” in opere come E venne il giorno e
The Village.
I suoi home invasion sono diventati
perfette metafore dell’unità familiare, della paura delle istituzioni, della
costruzione di felici comunità multiculturali. Hanno pure anticipato e trattato
temi come il distanziamento sociale. Shyamalan voleva fare qualcosa ancora di
diverso, e così il regista di origine indiana de Il sesto senso per Bussano
alla porta decide di cercare strade nuove, anche riscrivendo in buona parte il
testo di partenza, arrivando a plasmare il più garbato e spirituale esponente
del genere home invasion che si sia mai visto. Nel film non manca la classica
tensione emotiva nel rapporto tra rapitori e rapiti, come non mancano i momenti
in cui le vittime cercano di pianificare una fuga o scoprire l’identità degli
aggressori. Ha una narrazione lineare classica, intervallata ogni tanto da
qualche flashback per stemperare la tensione sulla prigionia della famiglia.
Solo che l’approccio ai “personaggi aggressori” è del tutto inedito, con loro
che per la maggior parte del tempo riflettono con le “vittime” sul senso della
propria vita e sull’essere buoni genitori, avvocati per i diritti civili,
insegnanti o infermieri. C’è anche “l’uomo del gas”, che odia tutti ed è
interpretato da Ron di Harry Potter, ma lui parla poco. I personaggi sono in
genere qui persone che per vocazione e amore si dedicano agli altri,
soprattutto ai più giovani, cercando di costruire e garantire per loro un
futuro compiendo dei sacrifici. È proprio per salvaguardare questo futuro che
tutti si trovano dentro a una home invasion, arrivando a compiere tra le
lacrime atti indicibili, con la certezza che non ci sono alternative e che sono
guidati da una “mano giusta”. Proprio il “cosa sia la mano giusta” è un aspetto
interessante quanto problematico, che porta il film in una traiettoria
trascendente che lo fa assimilare a una pellicola strana e controversa come
Frailty, del compianto Bill Paxton, sollecitandoci alcune riflessioni. La
prima: I quattro aggressori, posto che non hanno per niente l’aspetto di
persone malevoli, sono spinti dalla vera fede o sono stati manipolati da
qualcuno o da qualche sostanza o dalla loro pazzia? In modo secondario ma
correlato: può essere considerata “valida e tutelabile”, per la divinità
vendicativa del film, la famiglia formata da Eric, Andrew e Wen, anche in
assenza dei vincoli di sangue e matrimonio che per certe altre religioni sono
tanto importanti per essere “nel giusto”? Le risposte a queste domande possono
sembrare forse scontate seguendo una visione del mondo come quella proposta
dalla cultura occidentale odierna, in cui la spiritualità non è più
riconosciuta come un elemento centrale della vita di tutti i giorni, se non nel
caso in cui è legittimamente temuta, guardando alle stragi compiute in nome
dell’estremismo religioso. Solo che Shyamalan è in parte indiano e quindi
aperto anche a suggestioni della cultura orientale: il che rende il suo
approccio non così scontato. Come interessante è l’approccio dello scrittore
Paul Tremblay, che esprime nel libro una sua interpretazione originale e
decisamente anticonformista su questi stessi temi. Visioni culturali che
portano a risvolti narrativi divergenti che mutano il racconto in modo
consistente, al punto che leggere il libro e guardare il film diventa
un’esperienza consigliabile in quanto quasi dialettica, stimolante. Allo stesso
modo in cui per l’opera precedente di Shyamalan, Old, era interessante il
confronto con la graphic novel da cui il film era stato tratto.
Davvero molto bravi tutti gli
interpreti, tra cui spicca un Dave Bautista mai così bravo e convincente come
attore completo, in grado da solo di riempire lo schermo senza fare uso dei
suoi muscoli. È la conferma di un talento che negli anni è diventato sempre più
innegabile e affinato, la dimostrazione che anche un wrestler un giorno
potrebbe concorrere realisticamente agli Oscar come migliore attore. Molto carina la
piccola Kristen Cui nel ruolo di Wen, che quando si trova a caccia di grilli
nel bosco con la sua innocenza dona alla pellicola una dimensione quasi
favolistica. Come in tutte le opere di Shyamalan è presente anche una componente
horror, ma per le persone più sensibili le scene più cruente avvengono sempre
fuori dalla scena.
Bussano alla porta è un film thriller affascinante e complesso, che sotto una cornice da favola nera parla di pazzia e della fine del mondo, ma riesce anche a riflettere in modo non banale sui compiti e aspirazioni dei genitori nel preparare un futuro ai propri i figli. Buoni gli interpreti, spiazzante come sempre in Shyamalan il finale: anche se in questo caso può apparire per il pubblico un po’ divisivo, disorientante. Molto consigliata dopo la visione la lettura del libro omonimo.
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