Tre fatti veloci, un’unica riflessione.
Questo Natale Gianluca mi ha regalato il
videogame Disco Elysium per ps4, scelto da me dopo che per più volte lui ha
cercato invano di farmi riflettere sul fatto che fosse un gioco narrativo di
miliardi di parole tutto in inglese, con me che non affronto un gioco di ruolo
in inglese da Final Fantasy VII, uscito 25 anni fa. Cacchio se è dura. Ci
capisco un po’ ma sono davvero troppi dialoghi per un gioco troppo complesso da
maneggiare con superficialità. Certo, è un bell’esercizio per rispolverare
l’inglese, ma è una faticaccia. Gli sviluppatori, una microscopica ma eccelsa
software house indipendente, impietositosi di me e altri pirla in giro per il
pianeta che non sanno l’inglese, hanno aperto una petizione in cui chiedevano
al mondo intero in quali lingue adattare la loro opera “per gradi”, con la
collaborazione degli utenti al progetto. Gli italiani hanno risposto, se la
versione iraniana e quella bosniaca andranno in porto, saremo i prossimi della
lista. Magari questo dato però significa che gli italiani che amano i giochi di
ruolo parlano tutti bene in inglese fluente e non vedevano necessaria la
traduzione per giocare. È quindi un po’ colpa mia.
Il secondo fatto di cui voglio parlarvi
è una questione che nel futuro porterà forse ad una vera e propria rivoluzione
nel campo dell’intrattenimento videoludico, ossia la nuova politica del Game
Pass targata Microsoft.
Microsoft è da poco diventato per quote
di mercato il terzo polo mondiale nel settore dei videogame. Il primo posto è
detenuto da una società cinese, Tencent, che solo con gli utenti in Cina sbanca
nei numeri su tutto il mondo. Il secondo posto è ancora di Sony ma il terzo
posto, “di volata”, superando Nintendo, se lo è preso Microsoft dopo una serie
strabiliante di acquisizioni concretizzatesi in un brevissimo lasso di tempo.
Spendendo una somma di svariati miliardi, Microsoft ha acquisto una serie di
grandi e piccole software house, nonché addirittura dei publisher enormi. Da
Bethesda, leader dei giochi di ruolo (Fallout, Elder’s Scroll) e degli
sparatutto in prima persona (perché al suo interno c’era già ID Software,
quella di Doom) rilevata a fine 2021, è seguita negli ultimi giorni anche
l’acquisizione di Activision/ Blizzard, patria degli strategici a
turni (Warcraft, Diablo) e del gioco online (Call of Duty). A questo si
è aggiunta da poche ore l’acquisizione del colosso dei giochi mobile “King”,
quello dietro a Candy Crush e che per Candy Crush fattura da solo più di tutto
il Portogallo. E la marcia di Microsoft non sembra ancora finita. Questa
operazione significa che quasi la totalità dei giochi, che in passato erano
prodotti da quelle che venivano definite “terze parti”, ora saranno esclusiva di
XBox e che io come utente Sony mi sento un po’ incazzato. Ma significa anche in
seconda battuta che Microsoft punti potenzialmente a cambiare le regole di
mercato, perché inizierà a gestire questi titoli attraverso una nuova
formula di vendita solo digitale, usando come base un abbonamento mensile che
per ora si attesta sui 13 euro. Per farla semplice, Microsoft vuole sdoganare
il modello Netflix per lo streaming ai mercato dei videogame. Ci sono già stati
in passato sistemi di noleggio, abbonamenti per fruire di servizi online ed
esclusive temporanee, ma qui si parla di un vero e proprio monopolio esclusivo.
Sony e Nintendo potranno rispondere solo acquisendo anche loro le “terze parti
rimanenti” (chi Sega, chi Capcom, chi Konami, chi EA o From, a patto che
Microsoft non se le pappi prima o che qualche azienda preferisca rimanere
autonoma), o decidendo di accontentarsi di quanto hanno da sempre come parco
titoli come sviluppatori interni, vivendo comunque anche loro sempre più di
dinamiche da abbonamento integrato (per Sony si parla di un misterioso Project
Spartacus che ridefinirebbe PsPlus e PsNow).
È una cosa che “ci piace”? È di sicuro
una cosa che è “successa” e al momento ha anche permesso a molte realtà
disastrate come Activision / Blizzard di non chiudere i battenti. Inoltre stare
sotto un ombrello imprenditorie così grosso garantirebbe, anche alle giovani e
piccole software house acquisite, una continuità economica indispensabile per
crescere. Magari una software house piccola potrebbe trovare i fondi per
tradurre il suo lavoro in tutte le lingue senza impazzire: come nel caso di
Disco Elysium di cui vi parlavo sopra, che per essere localizzato nelle sue
svariate migliaia di righe di testo ha oggi bisogno del contributo
(semi)gratuito degli appassionati e di una lista d’attesa che pone l’Italia più
o meno in fondo a tutti. Certo dopo queste maxi-acquisizioni ci saranno
pur “con buone ragioni” licenziamenti (perché non serviranno tipo diecimila
piccoli “uffici del personale” o “commerciali”), fusioni (perché non servirà
avere diecimila licenze diverse in mille filiali e relativi operatori
specializzati, per gestire un unico programma), progetti che dovranno seguire
logiche che partono dai piani alti Microsoft (che rispondono anche a ragioni
geopolitiche sull’inclusione sociale, rispetto dei costumi, politiche anti
tabacco ecc) e magari per questo essere censurati (chi ha detto Via col
Vento?), dirottati (chi ha detto Deadpool?), snaturati (chi ha detto Super
Mario Mobile?) e questo ci porta al terzo punto, alla piccola questione
dell’Anime L’attacco dei giganti.
L’attacco dei Giganti è prodotto da Fun
Animation, che è stata acquista da Sony (vedete sono ”Sonaro” ma faccio
autocritica… ma non pronuncerò mai invano il nome di Sony in questo pezzo,
sbagliandomi giusto su un capro espiatorio). Il cartone animato è stato
distribuito in Italia da VVVVID e Dynit, mentre nel resto del mondo era
proprietà per lo streaming della piattaforma Crunchyroll (ecco il mio capro
espiatorio ideale!!). Tutto veniva doppiato in Italiano e VVVViD era una
piattaforma gratuita, tutto finiva poi in home video, DVD e Blu Ray. L’ultima stagione dell’anime, quella conclusiva della serie, per vari motivi
tra cui il covid, è stato deciso di dividerla in due parti. La prima era stata
acquista da Amazon Prime, ma la “gestione” è rimasta in mano a Dynit, che pubblicherà
a inizio febbraio l’home video. La seconda parte dell’ultima stagione è entrata
in produzione dopo l’estate, quando la multinazionale Crunchyroll è stata
acquista da Sony (che rimane del tutto incolpevole di quanto segue).
Detenendo sia Fun Animation che Crunchyroll, Sony ha deciso di lasciare
L’attacco dei giganti nei suoi “feudi”, come titolo esclusivo. Solo che la
politica attuale di Crunchyroll non prevede alcun passaggio in home video né alcun doppiaggio in italiano perché l’Italia “non rende abbastanza”. Che gli
anime in Italia “non rendono abbastanza” lo aveva già detto in passato anche la
multinazionale Kaze, che prima di lasciare il nostro mercato aveva pure
deciso di risparmiare oltre i limiti del morale sul doppiaggio, affidandolo a
doppiatori dell’Europa dell’est che si improvvisavano italiani per due lire (cosa divertente se non avevi speso 39.90 per una serie in “lingua bizzarra”).
Realtà editoriali “piccine” come Dynit e Yamato Video, che puntano a vendere
poche migliaia di copie in home video a una nicchia di fans per avere quel
tanto che basta per “comprare nuove acquisizioni”, riescono spesso a
confezionare prodotti molto curati e in molti casi doppiati. Ma alla fine ci
guadagnano poco-niente come i traduttori di Disco Elysium!!! Per aziende
multinazionali enormi come ieri Kaze e come Crunchyroll oggi invece non sembra
valere la candela per questioni meramente statistiche di “mercato globale”. In
Germania, di un anime, si comprano 10.000 copie quando doppiarlo costa 1.000.
In Italia comprano 1200 copie quando per doppiarlo costa 1000. È il mercato che
fa le regole, è il mercato che da l’immagine degli italiani come un popolo che
(per vari motivi culturali) non compra anime quanto i tedeschi. Abbiamo una
tradizione di grandi doppiatori che così va a farsi friggere a meno di una
inversione di tendenza così convincente che giustifichi che Crunchyroll inizi a
doppiare i suoi prodotti in italiano. Ma come possiamo “farci sentire” se
andiamo verso un mondo in cui tutto è fatto di “abbonamenti” che creano
“pacchetti” a seconda di statistiche di mercato? Mettere dei like o dislike
sulle pagine di Microsoft o Crunchyroll ci permetterebbe di far sentire la
nostra voce oltre al dato statistico “italiani pessimi clienti?”. Dovremo
spendere “in tre” abbonamenti maggiorati per anime doppiati fino a che la barca
affonderà uguale? E quando la barca affonderà? Non sarà probabilissimo
che presto ci dicano “basta anche per i sottotitoli, che tanto oggi tutti
parlano in inglese e gli italiani comunque non comprano niente?”. Non è che
alla fine l’idea che “sarebbe fico avere una multinazionale che paga i
sottotitoli dei videogame o i doppiaggi in Italiano” non si rivelerà che
essere solo un boomerang?
È dura, ma devo riprendere a giocare a Disco Elysium in inglese. Perché non so quando uscirà la versione in italiano e perché la trama pur capendola a spanne un po’ la capisco e mi fa tornare a sfogliare il mio dizionario di inglese, che ha ancora un buon profumo.
Talk0
Gioco di ruolo in inglese?! Come ti capisco. Da piccolo riuscii a rimediare una versione di Pokèmon argento in inglese... Fu un mezzo massacro. Fortunatamente nel tempo, ho finalmente imparato ad avere maggiore dimestichezza. Infatti, a distanza di anni, oggi sto giocando in inglese a Fist of the North Star: Lost Paradise. Gioco dalla trama "inedita" che cerca un po' di riscrivere in salsa "Yakuza" (dopotutto lo studio è lo stesso) il mondo di Ken il Guerriero. A conti fatti non lo trovo di difficile comprensione, sia perché comunque la storia è i personaggi sono alla fin fine quelli, sia perché - in fin dei conti - i dialoghi e tutto il comparto ruoliatico del gioco sono davvero basici, in termini di lingua inglese. Da giocatore di Judgement posso dire che magari non sempre il connubio Yakuza-Kenshiro riesce (alcune cose effettivamente possono far storcere davvero il naso, se si è dei puristi di Hokuto no Ken), peró ció non toglie che sia un buon gioco a cui potersi dedicare senza eccessive pretese.
RispondiEliminaZorbas
Ciao Zorbas!
RispondiEliminaIl fatto è che Disco Elysium ha in pratica solo dialoghi multipli molto lunghi. Ogni progressione attiva pure nel protagonista delle “voci interiori”che dialogano con lui per pagine e pagine. È un’esperienza bellissima anche in inglese, ma senza una buona conoscenza della lingua ci si perde letteralmente in fiumi e fiumi di parole con il rischio di non afferrare dei passaggi narrativi importanti. Servirebbe una traduzione italiana di buon livello per godere al 100% del gioco
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