La serie inizia con una terapia di
coppia tra Chiara Ferragni e Fedez, alla presenza di un terapeuta che non deve
aver concesso i diritti di sfruttamento della sua immagine per privacy. Ci
troviamo tra fine 2019 e i primi mesi del 2020, durante la seconda ondata
covid, in un periodo che va da Natale fino al Festival di Sanremo in cui Fedez
canterà Chiamami per Nome insieme a Francesca Michielin. Chiara, regina delle
influencer e imprenditrice di successo nel campo della comunicazione, dirige un
piccolo esercito ed è incinta di una bambina. Il cantante Fedez, dopo un
periodo di fermo e insoddisfazione, sta costruendo con un manipolo di amici una
nuova realtà discografica e forse un nuovo album, mentre si occupa con una
società di consulenza di nuovi modi per far incontrare le banche con il mondo
imprenditoriale. Lei è nata da una famiglia agiata, padre dentista e madre
scrittrice, una voglia continua di abbracciare e baciare le persone. Lui è nato
nell’interland milanese, zona Rozzano, con genitori (come i miei) che ti
vogliono bene ma ti abbracciano a Natale e al tuo compleanno. Lei ha bisogno di
programmare ogni cosa per sentirsi utile, lui ha bisogno di spazio per
respirare per riuscire un minimo a trovare la forza di relazionarsi. Nessuno
degli amici credeva che la coppia durasse, ma con la nascita del primo figlio,
Leo, la famigliola ha trovato comunque un equilibrio e grazie alla loro
indiscussa fama anche un ruolo sociale nobile, come dimostrato dalla raccolta
fondi per l’ospedale in Fiera a Milano. Ma ora le cose sembrano cambiate, anche
per il fatto di vivere da osservati speciali h24, circondati dalle telecamere,
dai telefonini, dai parenti, amici, pubblico social, stilisti, manager, wedding
planner, autorità locali, dirigenti tv, la qualunque. Dal successo nato quasi
per caso sui social e arrivato ben oltre le loro aspettative, il loro mondo
procede tutto verso dimensioni sempre più “gigantesche”: la casa nei quartieri
più alti della City Life di Milano, la villa comasca su quattro piani per le
vacanze che pare un castello ed è illuminata a giorno dalle decorazioni
natalizie grandi come fari di segnalazione aerea, le macchine di lusso più di
lusso, gli eserciti di yes-men e yes-women sempre al seguito e intruppati con
sorriso compiacente incorporato, i teatri vuoti aperti solo per loro, i
riconoscimenti negli eventi pubblici dalle pubbliche autorità, una festa
per la seconda nascitura in un posto super esclusivo quanto addobbato
pesantemente e poco sobriamente fino ad apparire visivamente come un “Inferno
rosa”.
In tutto questo caos, nella città
italiana che più incarna il caos, la coppia cerca di trovare il suo spazio,
magari schivando le mille etichette che ogni due minuti il mondo gli appiccica
addosso.
Ogni tanto il povero Fedez prova
un sussulto interiore, sanguigno quanto autentico e forse “proprio delle sue
origini” proletarie: qualcosa che lo vorrebbe più distante da tutta quella fama
e lussi. Il cantante cerca di dare un senso a quello che sta vivendo e che lui
stesso definisce una “bolla di bambagia”. Inizia a definire
“tamarrate” alcune dimostrazioni di sfarzo estremo, anche se chi gli sta intorno
prontamente gli ribatte che con i suoi tatuaggi è “più tamarro lui”. Si
interroga sul fatto di vivere realmente la sua vita e non quella di un’altra persona,
magari tornando nel garage dove ha registrato i suoi primi video o facendo
visita alla nonna nel quartiere Giambellino. Cerca di diventare un
professionista migliore sul lato tecnico e artistico, facendosi guidare da chi
ritiene più esperto di lui, provando al contempo a essere un buon padre. Fedez
comprende che presto la bolla di bambagia scoppierà, prima o poi, e lui non
deve perdere adesso l’occasione di costruire qualcosa di suo, per se stesso e
la sua famiglia, a costo di chiedere ogni tanto la possibilità di staccarsi dai
social (che ogni tanto gestisce maldestramente per troppo stress), stare un
po’ per conto suo anche solo a dormire, trovare luoghi e stimoli nuovi per
ricaricare delle pile continuamente usurate. C’è nel passato di Fedez anche una
esperienza orribile oggi da affrontare e superare, perché ha minato gravemente
la sua autostima e lo ha reso quantomai guardingo, diffidente, umorale.
Ogni tanto la povera Ferragni vede che
il suo mondo e la sua famiglia opprimono il marito e cerca di ritagliare
dei momenti di intimità con lui. Si cercano, si coccolano, si sentono al
telefono quando sono distanti, litigano, si accusano, piangono e fanno la pace,
in un modo tumultuoso e continuo che anche la terapia di coppia, attraverso un
“gioco di ruolo”, non riesce ancora a smussare. Anche perché Chiara sembra
costantemente guidata da un’onda collettiva che la coccola e la vuole
sempre: carica, efficiente, “top”, “boss”, “leader”, “business woman”, madrina
glamour, madre perfetta, moglie perfetta, amica perfetta, donna attraente,
donna impegnata nel sociale… “L’onda” parte dalla sua famiglia, dal suo staff e
dai suoi amici e quasi la delegittima da qualsiasi ruolo decisionale,
portandola spesso nella condizione di mettersi nelle mani di qualche “consulente
di qualcosa”, seguendo sulla fiducia l’opinione di “chi la capisce”. Ma la
ragazza tra le righe della narrazione sembra solo cercare delle occasioni
per abbracciare i suoi cari, farli stare bene e non sentirsi da loro
abbandonata, un po’ dando ragione a tutti. Come emerge dalla terapia di coppia,
la separazione dei genitori di Chiara durante la sua infanzia per lei è stato
un trauma di cui si è presa quasi da sola le colpe, nonché il motivo per cui
ora, con le unghie e con i denti, cerca di tenere costantemente insieme
tutto il suo mondo e chi ci sta dentro. Anche a costo di assecondare cose che
lei stessa ritiene eccessive, magari per l’incapacità di ferire qualcuno che
sente di amare.
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