mercoledì 19 gennaio 2022

Scream - la nostra recensione del re-quel del 2022 del celebre horror di Wes Craven e Kevin Williamson

Woodsboro, 2021. 25 anni anni dopo gli eventi reali raccontati poi al cinema in “Stab”, c’è una nuova generazione di pazzerelli mascherati da Ghostface in giro, in attesa giusto di “girare” un nuovo capitolo di quella pellicola. I nostri “estremisti del film horror” non si sono fatti imbambolare dagli horror politico-sociali di Jordan Peele, dalla sessuofobia di It Follows, dalle angosce mistiche di Ari Aster e dai vari artistoidi Babadook sugli orrori della genitorialità difficile. I Ghostface vogliono ancora l’horror classico, quello che spaventa con il maniaco mascherato con il coltello che affetta la gente stupida, il Cult, quello che fa davvero paura.  

Ma come si fa a girare un nuovo film “all’altezza dell’originale” al giorno d’oggi? 

I film horror “originali”, quelli veri, duri e puri, ispirati a una “storia vera”, come la storia vera di Non aprite quella porta o il film sul fattaccio del 1996 di Woodsboro, scritto sulla base del libro della giornalista Gale Weathers (Courtney Cox), sono stati già girati. La protagonista della storia Sidney Prescott (Neve Campbell) è certo stata interpretata da Tori Spelling di Beverly Hills 90210, ma rimane IL classico. Poi quando Stab ha avuto successo sono arrivavati i suoi “sequel”, che continuavano più o meno la storia spesso cambiando strada (come il secondo Nightmare ma anche Venerdì 13), facevano parziale o totale re-cast per “rimpiazzare le vittime”, raddoppiando i morti e gli spaventi, ma senza la stessa verve. Più si seguivano nel tempo i sequel, più il valore produttivo calava, la storia strascicava e il cast originale era solo un ricordo (come in Jason X). Si è pensato allora per un attimo in qualche modo di “riaccendere la fiamma”: ri-girare il film originale per le nuove generazioni, aggiornando cast, tempi e temi, dando vita ad un “reboot”. Ma dei reboot, la storia del cinema insegna, ne esce bene solo uno su mille e in genere sono odiatissimi (tra i più odiati Nightmare on Elm Street), dai fan vecchi come dal pubblico nuovo. Stallo. Fino a che ecco l’illuminazione, la nuova frontiera: i Re-quel. Come i reboot ma in parte anche dei sequel, riprendendo nel cast vecchi e nuovi personaggi senza negare o sovrapporre le storie di nessuno, espandendo il “mondo narrativo” con correlazioni e diramazioni possibili, plausibili e spesso “nostalgiche”, trasformando in “epica corale”, kinghiana, la fonte di base. Ed ecco che “Stab 8” non avrà più il numero “8” a fianco del titolo ma solo “Stab”, da vero re-quel, come l’Halloween di Seth Gordon Green (la serie Scream si ispira sempre amorevolmente alla saga di Halloween di Carpenter, ma celebri Re-quel recenti sono anche Ghostbusters, Candyman). I nuovi “Ghostface” con questa idea in testa sono pronti a rivelarsi al mondo e compiere a Woodsboro una nuova strage da cui sarà tratto un film. Ma quanti saranno i “cattivi”: uno, nessuno o centomila? E quante saranno le vittime offerte dalle scuole locali e dalla cittadinanza? Il “vecchio cast” di sopravvissuti, aspetto che renderebbe vincente l’operazione, sarà pronto a tornare per farsi massacrare? Sarà all’altezza la nuova final girl o si rivelerà una raccomandata “Mary Sue” come la tizia di Guerre Stellari? Tanti problemi e tante cose da organizzare, ma bisogna fare tutto, il “meglio”, per realizzare la migliore pellicola possibile. Sarà di nuovo una bella strage? 


Wes Craven, il papà di Nightmare e Scream, ci ha lasciati e la pellicola è tutta a lui dedicata, ma la serie continua a essere prodotta sempre dal co-creatore Kevin Williamson e la maschera di Ghostface (creata nel 1991 da Fun World su ispirazione del viso molle e allungato dell’Urlo di Munch) non ha certo smesso di girare il mondo nei vari Halloween e rivaleggiare per popolarità con la maschera di Dalì della Casa di Carta e la maschera di V per Vendetta

Il primo Scream in qualche modo continuava la riflessione di Craven, che ricordiamo è stato professore universitario di lettere e filosofia prima di passare al cinema, sul “valore del cinema horror” nel raccontare la paura. Una riflessione partita dall’Ultima casa a sinistra, quasi un docu-film sullo stupro, e arrivata alla sublimazione con Nightmare - Il nuovo incubo, prendendo la forma quasi si una favola. In quel film, attraverso la lettura del classico per l’infanzia Hansel e Greatel, il regista ricollegava le storie di mostri e streghe ai racconti ancestrali da ascoltare intorno al fuoco delle società più antiche. Storie iniziatiche per aiutare i giovani ad affrontare le paure del mondo più che fiabe della buonanotte nel senso più modernamente disneyano o materiale da cronaca nera. Racconti per diventare adulti sapendo leggere e prevenire i pericoli, primo tra tutti il “non fidarsi degli sconosciuti”, ma che insegnavano anche a combattere, a difendersi dal male. Lo sceneggiatore Williamson era un super nerd appassionato di cultura pop, scrittore anche di Dawson’s Creek (il balcone di Scream anticipa di 2 anni il topico balcone di Dawson’s Creek) e presto autore anche del futuro rilancio del suo amatissimo Halloween (con Halloween H20). Quando Craven e Williamson si incontrarono per scrivere Scream, decisero una formula nuova per smontare chirurgicamente i topoi del genere horror e riportarne alla luce le “regole narrative ricorrenti”, svelando quanto la natura di questo tipo di cinema “di svago” fosse davvero vicina alla narrazione al racconto iniziatico, alla “fiaba”. Scoprirono che si poteva usare il “gioco”. La loro mossa vincente è stata giocare con il genere horror e le sue centinaia di pellicole e coinvolgere nel gioco il pubblico, trasformandolo in una specie di infinita caccia al tesoro meta-narrativa da cui trarre “regole di sopravvivenza” (esposte sulla scena dal personaggio dell’esperto di cinema Randy, interpretato da Jamie Kennedy) appassionanti quanto (cosa più importante ancora) in grado di alzare l’attenzione del pubblico su quanto stavano vedendo sullo schermo. 



Si partiva nel modo più diretto possibile, con un assassino che telefonava alla vittima proponendo una specie di quiz sui suoi horror preferiti e la puniva quando sbagliava le domande. Fu una svolta. L’horror veniva guardato in modo diverso, più attento  e più divertito, proprio attraverso le “regole di Scream”. Il pubblico andava a fine visione nelle videoteche a saccheggiare “ludicamente” tutto il reparto horror che prima era il territorio di darkettoni e lettori di Dylan Dog, perché questo cinema iniziava a essere interessante anche per persone che non andavano in giro con una maglietta dei Metallica o parlavano di pessimismo cosmico. Questo approccio, ironico e al contempo critico, quasi “collezionistico”, fece benissimo al cinema di genere, lo fece “respirare”, diede impulso ad altre opere meta-narrative come Cabin in the hood ma anche Zombieland, Shaun of the dead e Final girls, aprì a nuove frontiere (perché solo dove può girare un po’ di pubblico possono aprirsi nuove frontiere..) come i mocumentary e tutto il pantheon di James Wan e Blumhouse e creò migliaia di nuovi appassionati (tra cui moltissime donne) che presto si sarebbero raccolti sui social. Merito della formula di Scream ma anche merito di un un film pressoché perfetto in ogni comparto. L’impianto narrativo permetteva una recitazione dalle mille sfumature e permise di lanciare la carriera di giovani attori di successo. La struttura investigativa era articolata e così piena di colpi di scena da “giallo” da attirare anche i fan di Agatha Christie. Una bella colonna sonora “country” opera di un ispirato Marco Beltrami, location della provincia americana che sembravano tratte da un romanzo di Stephen King e soprattutto una nuova e magnifica figura di villain: i Ghostface. Armati di un coltello lucente, con quella maschera “munchana” e vestito lungo nero dietro cui può nascondersi chiunque e con cui è facile inciampare muovendosi, i Ghostface sono i massimi cultori del genere horror quanto i suoi più esagitati sacerdoti. Sono un “branco”, un “mostro dalle più teste”, per lo più matte. Si muovono spesso nel gruppo dei protagonisti recitando una parte da “possibili vittime” per nascondersi, amano il caos e le grandi entrate in scena, ambiscono più alla fama che allo spirito di autoconservazione e amano alla follia, come bambini, le truculenze. Perennemente eccitati, agitati ed esaltati, gesticolano con le mani in aria, sbattono contro le porte, cadono dalle scale, si prendono un sacco di pugni, calci e proiettili da chiunque eppure continuano a incedere correndo sbilenchi, come kamikaze ridenti, vivendo come fine ultimo la sola ebbrezza del massacro e pensando in quel momento di estasi di essere immortali come in un videogame. Immortali e irresponsabili emotivamente delle loro azioni, compiute più per “esigenze di trama” in quello che appare come un elaborato quanto matto gioco di ruolo. Gli si vuole bene, nella loro totale follia e nel loro essere a volte, a seconda del film, omicidi solitari, di gruppo o mine impazzite. Come ci si affeziona istantaneamente alle final girl della disincantata Neve Campbell e della prezzemolina Courtney Cox, allo sbadato sceriffo Linus di David Arquette. Anche i film che si sono susseguiti hanno goduto di un buon successo, così come è stata interessante la serie tv, pur con qualche alto e basso il livello medio è sempre stato alto. Il gioco meta-cinematografico è continuato e Scream ha trovato oggi l’idea dei “re-quel” per tornare a giocare con il genere horror, con i nuovi Ghostface pronti a lanciare qualche frecciatina al cinema di oggi, specie all’horror più “commercialmente intellettuale”, con quel piglio tipico da vecchi fan “dei tempi passati” che non capiscono o non vogliono capire la modernità. I boomer-Ghostface, direbbe qualcuno.



Anche nel 2021, incredibilmente, la formula  funziona ancora benissimo, quasi meglio dei sequel. Il nuovo film confezionato da Williamson e dalla sempre sodale New Line deve di sicuro qualcosa anche ai molti “pazzi in maschera figli di Scream” di Christopher B.Landon, da Auguri per la tua morte a Freaky (che se amate Scream dovete recuperare per forza), come alle Notti del giudizio di Del Monaco, ma lo smalto originale non è sbiadito. I registi Matt Bettinelli-Olpin e Tyrell Gillett vengono dagli ottimi antologici V/H/S e Southbound e dall’illuminante survival Ready or Not (Finché morte non ci separi), dove hanno lanciato la nuova grande protagonista degli horror-movie Samara Wearing. Gli si può perdonare giusto La stirpe del male, visto l’alto valore delle altre produzioni tra cui mettiamo di sicuro anche questo nuovo Scream. I personaggi di Williamson riescono a muoversi al meglio grazie agli sceneggiatori James Vanderbilt (che ha scritto oltre a Ready or Not e al divertente White House Down anche Zodiac per Fincher) e Guy Busick (sceneggiatore di Ready or Not, del folle Urge, della serie tv Castle Rock e accreditato per il prossimo Final Destination). Le musiche del veterano Brian Tyler (che nell’immenso curriculum ha anche Fast’n’furious ma pure Auguri per la tua morte) funzionano e appena possono danno il giusto spazio “d’onore” a Beltrami, la fotografia di Brett Jutkiewicz (Ready or Not ma anche Stranger Things) cita a mani basse, fin dallo studio delle location dell’ospedale e della villa, il lavoro per il primo Scream di Mark Irwin. Il vecchio cast è presente e non ha paura a mostrare tutte le sue rughe e autoironia, da Neve Campbell alla “ex-coppietta anche nella vita” David Arquette e Courtney Cox, che si erano conosciuti sul set del primo Scream (trivia: quando si sono sposati c’era ancora Friends in tv e tutti i membri del cast, oltre quindi a Courtney Cox, nella sigla di testa hanno aggiunto in una puntata il “doppio cognome” Arquette) e si sono separati sul set del quarto Scream. È bello vederli ancora insieme come è bello rivedere “in qualche modo” pure qualche personaggio misterioso della saga. Il cast dei “volti nuovi” è simile a un elenco telefonico e si sposa bene con la “funzione ludica” di molti personaggi, ossia essere un bel numero di vittime da dare in pasto al killer o “possibili assassini” su cui il pubblico può scatenare le sue doti investigative. Tra di loro segnalo la nuova “esperta di horror” Mindy (Jasmin Savoy Brown, vista anche nella serie The Leftovers), il “neofito dell’horror” Richie (Jack Quaid, che è Hughie nella serie The Boys), la nuova protagonista dall’oscuro passato Sam (Melissa Barrera) con la sorella Tara (Jenna Ortega) che agli horror del passato “preferisce Babadook”. Da autentico re-quel, il nuovo Scream gioca nel re-immaginare scene topiche del film originale del 1996, con esiti a volte esilaranti. In uno dei momenti più riusciti  l’esperta di horror Mindy si trova sul divano con dietro il killer in agguato a vedere Stab/Scream, nel momento in cui l’esperto di horror del primo film sta guardando sul divano Halloween di Carpenter con dietro di lui il killer in agguato, nella scena in cui Jamie Lee Curtis non vede il killer in agguato dietro di lei. Tutti a urlare “è dietro di te Jamie Lee!!! come fai a non vederlo?”. Esilarante. Ed è un gioco di specchi continuo quanto così ben costruito da non sembrare mai una ripetizione, facendoci quasi aspettare alcuni colpi di scena futuri (aspetto che è particolare interessante a livello narrativo specie in un horror). 


Per gli amanti delle “scene di sangue” Scream offre un vastissimo campionario splatter, ai vertici della saga per truculenza, senza dimenticare mai il suo lato ironico, da commedia nera.

Vorrei raccontarvi dei dettagli in più, ma vi rovinerei il gioco di scoprirli da soli in sale. Sappiate solo che questo capitolo, a tutti gli effetti autoconclusivo quanto celebrativo del franchise, funziona davvero molto bene anche autonomamente e forse potrebbe pure aprire a possibili sequel. Se non siete ancora fan di Scream, forse questo è il momento per entrare in famiglia. Talk0

1 commento:

  1. Davvero un film adorabile e un perfetto sequel/requel/omaggio al filone scavato da Craven, pur con una sua identità.
    Ho pianto tutte le mie lacrime e spero vivamente che eventuali ulteriori sequel siano all'altezza.

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