(Sinossi fatta male) Londra, anni ‘60.
Estella Miller è una bambina dall’animo doppio, in qualche modo “esplicitato”
fin dalla nascita dal doppio colore dei suoi capelli, da un lato bianco e
dall’altro nero. La madre Catherine (Emily Beecham), dai capelli
castani, ha in qualche modo assecondato questa doppiezza, dando un
“nome” alla parte più aggressiva e problematica della bambina: Crudelia.
“Estella, non devi fare Crudelia!” dice la madre quando vede la figlia
accapigliarsi con dei bulletti, essere richiamata dal preside, rispondere in
modo non troppo riguardoso. Estella cerca così di reprime continuamente
Crudelia, anche quando avrebbe tutti i motivi per arrabbiarsi e difendersi da
un mondo che non è che la tratti troppo con i guanti. Un giorno, mentre la
madre si trova a un ricevimento nel castello della misteriosa Contessa Von
Hellman (Emma Thompson), “Crudelia viene fuori” e fa partire una serie di
eventi che culminano con la morte della madre. Rimasta orfana e destinata per
questo ad un istituto, Estella tinge di castano i capelli che la rendono tanto
riconoscibile e inizia a vivere per strada, per lo più di piccoli furti e
truffe, fino a che diventa una giovane donna (interpretata da Emma Stone).
Nella sua piccola “banda” si uniscono a lei fin dall’inizio il corpulento e
ingenuo Horace (Paul Walter Hauser) e il riflessivo e segaligno Jasper (Joel
Fry), ma il sogno di Estella non è tanto fare a vita la criminale, quanto la
sarta. Tutti i travestimenti e oggetti speciali che il trio usa per le sue scorribande
sono infatti realizzati da Estella, che nel loro covo riesca a realizzare
autentici capolavori. Jasper si accorge di questo “dono” e la incoraggia a
cambiare vita, andando a lavorare per un grande negozio del centro. Da lì il
passo verso la maison di alta moda della Contessa è breve, anche perché Estella
ha talento e riesce presto a diventare assistente personale della donna. Ma le
angherie cui la sottoporrà la Contessa, unite a misteriose rivelazioni sul suo
passato, faranno sì che Crudelia rispunti dal suo inconscio, più agguerrita che
mai. Mentre Estella con una parrucca castana continua a subire dalla sua capa,
una Crudelia, mascherata e con i capelli di nuovo e finalmente bicolore, si
impone come nuova star della moda londinese. Irrompe negli eventi mondani
più esclusivi con effetti speciali e abiti incredibili. Strega la carta
stampata con il suo stile rivoluzionario ed eccentrico. Farà imbestialire così
tanto la Contessa da trovare in lei una nemica mortale. Chi sarà la più
spietata e favololsa star dell’alta moda anni ‘70?
(Crudelia, dopo Elsa e Malefica,
“”principessa”” Disney del nuovo millennio) Parla di moda, di genio e follia,
il film live action di Disney Pictures. La Crudelia di Emma Stone
diventa nel corso della pellicola il simbolo della rivoluzione culturale che
c’è stata davvero negli anni ‘70 e per certi versi c’è ancora, nello spirito
degli artisti inglesi. Crudelia è un’artista che incarna il punk, nuota nel
glam, si nutre di street art e shock art contemporanea. Dal trucco agli eccessi
dello Ziggy Stardust di Bowie (citato anche nel look di Artie, personaggio
interpretato da John McCrea) alla guerrilla art estemporanea di Banksy (a
questo ho pensato per il fastoso abito di spazzatura), nel solco punk della
stilista Vivienne Westwood (che per qualcuno, sui capi più caratterizzati da
bicromie, ricorderà il mondo di Tim Burton). Crudelia è anche e da prima di
questa pellicola l’immagine della donna (finalmente) di potere con
“omini/servetti buffi”, che vive nello stesso immaginario della Miss
Doronjo di Yattaman. Per lo più bramando riconoscimento e potere, ma a tempo
pieno intenta a schiacciare con i suoi tacchi a spillo le teste di due
(non) maschi alpha. È un personaggio forte, Crudelia. Tormentato ma geniale,
riflette l’immagine della donna che si è “corrotta come l’uomo” alla sete
infinita di potere. Quando nel classico Disney come in questo film
vediamo Crudelia abbassare il livello di rabbia e la sete di potere, per lo più
alla presenza della sua unica vera amica Anita (qui Kirby Howell-
Baptiste) troviamo una donna che ancora “ci prova” a credere in qualcosa
oltre alla “smania”. È interessante anche il modo in cui l’ossessione per i
cani dalmata, nonché il motivo per cui il personaggio sarà il cattivo della Carica
dei 101, nella pellicola di Craig Gillespie trovi un significato
ancestrale, incarni uno spaventoso trauma evolutivo.
(Una Crudelia “buona”?) Ma arrivati a
questo punto della discussione, prima di passare al “tecnico”, non posso
esimermi dall’elefante nella stanza che mi fissa e un po’ aleggia nelle teste
di molti spettatori insinuando la domanda scomoda per eccellenza: “ma questo è
un film su Crudelia, la cattiva della Carica dei 101 che voleva spellare i
teneri cuccioli di dalmata per fare pellicce di alta moda a costo di
distruggere il mondo?“. La mia risposta diplomatica può essere “sì e no”,
aprendo la prospettiva di una ri-lettura del personaggio più interessante e
“tridimensionale”, ma abbastanza alternativa, come nel caso della Malefica di
Angelina Jolie. La mia risposta non diplomatica invece, che si rifà al mio
amore sconfinato per il musica Wicked ed è forte di un Crudelia 2 già
annunciato, è invece che “può essere Crudelia nella sua forma più vera”. È un
mio punto di vista e può benissimo essere che verrò smentito nei fatti, me ne
rendo conto, ma vorrei dividerlo ugualmente con voi. Wicked, dal 2003 a
Broadway, di Schwartz e Holzman, parla di Elphaba, la strega verde del Mago di
Oz ed è stata interpretata sul palco da Idina Menzel. Idina Menzel è stata poi
la voce originale di Elsa di Frozen, se volete iniziare a ragionare su
“personaggi femminili di potere potenziali villain” e fare “due più due”.
Wicked inizia anni prima del Mago di Oz, ripropone parte del mago di Oz senza
variarne alcunché e continua dopo con un colpo di scena fino al finale.
Trasformando il celebre romanzo di Lyman Frank Baum, in una
trasposizione similare al film di Victor Fleming, in un secondo atto
credibile del musical, dove Ephaba è una “anti-eroina” e non una villain.
Senza fare alcuno spoiler, questo film
su Crudelia ha una storia che non arriva agli eventi della Carica dei 101,
fermandosi solo a un “Crudelia origins”, per dirla come il Batman di
Nolan.
Il 90% delle critiche alla recente
pellicola Disney che ho letto stanno tutte nel non riconoscere nella Crudelia
di Emma Stone la Crudelia della Carica dei 101. Sostengono che Emma Stone “è
troppo buona” per trasformarsi in Crudelia, nonostante il disturbo di
personalità del personaggio sia palesata da subito (pur in modo
super-schematico). Quello che può capitare (e si spera sempre che non capiti
mai) a una persona con disturbi di personalità, è che sotto particolari
situazioni di stress possa sviluppare un disturbo schizoide, che è molto vicino
allo stato mentale che mostra Crudelia nel Cartone Animato della Carica dei
101. Il disturbo schizoide non è permanente e anche se può essere oltremodo
distruttivo “si può uscirne” e tornare lucidi. Conoscendo anche solo dal
trailer la Crudelia di Emma Stone, può essere che i 101 cuccioli le potrebbero
servire (in questo eventuale seguito del film) per un “attacco d’arte”.
Il fatto di “trasformarli in vestiti” non implicava per forza torcergli un
capello/ucciderli o togliere loro la pelliccia, quanto una “””metafora””” resa
sinistra a parole da uno stato mentale alterato (cosa che capita in modo
abbastanza chiaro anche in un momento specifico della pellicola). Altro
aspetto su cui non si sofferma quasi mai nessuno è che “a parole” la Crudelia
del cartone animato vuole uccidere dei cuccioli, ma di fatto non ne uccide
nessuno e potrebbe benissimo essere che messa davanti alla possibilità concreta
di fare loro del male, al di là della ossessione di “averli”, lei si possa di
fatto pentire. La pretesa non è riscrivere le regole di un classico Disney,
come Wicked non aveva la pretesa di riscrivere Il mago di Oz, quando giocare
simbolicamente con i suoi personaggi. Cosa che ogni tanto il cinema fa e che
tipo “sempre” fa il teatro. Non c’è da ricostruire una “lore” della Carica dei 101,
poi rispettosa della Carica dei 102 e dei film con Crudelia Glen Close (qui
peraltro produttrice), quanto considerare con occhi diversi quella che è a
tutti gli effetti una icona, da un punto diverso. Un po’ come il Joker con
Phoenix che un po’ ci sussurra: “ehi, guarda che ogni tanto un po’ di Joker c’è
in tutti noi almeno quanto ci crediamo Batman”.
C’è indubbiamente “meno cattiveria”
nella nuova visione di Crudelia proposta dalla Disney. C’è tanto politically
correct di questi tempi nei blockbuster che Crudelia ha dovuto rinunciare, per
policy aziendale, alla sua passione per il tabagismo. Ma c’è anche, come per
Malefica, come per Elsa, la possibilità di ragionare sul perché le persone
possano diventare o si trovino a essere considerate delle “villain”. Si
toglie dal piedistallo quell’immagine anni ‘30 della eroina Disney perfetta
quando decorativa, si fanno largo antieroine con artigli al posto di mani
affusolate, occhi glaciali al posto di cuoricini e il carisma di
un’artista/imprenditrice post moderna al posto del “fascino indiscreto della
casalinga”. E la canzone “Crudelia Demon” ci sta tutta, per celebrarla come
una rockstar trasgressiva prima che come una “rompiscatole”. Tutto questo mi
piace molto, lo trovo stimolante e mi piace affiancare questa immagine di
Crudelia a quella del cartone animato. Non come una sovrapposizione ma come un
modo di giocare con l’archetipo in chiave moderna. L’arte per me non si nutre
di sovrascritture, non ricerca mai il “vero assoluto” e si sposta tra variazioni
sul tema. Ma comprendo che per qualcuno questo film non rappresenterà mai la
“vera” Crudelia e pace.
(Il diavolo veste dalmata) Ci sono i
dalmata, c’è una ultra colorata e sfarzosa Londra anni ‘70 della Carica dei
101 con i “cani che assomigliano ai loro padroni”, c’è una atmosfera quasi da
heist movie (o “Lupin Movie” per essere più precisi) ma film di Gillespie è
prima di tutto un confronto tra donne. Il rapporto tra Crudelia e la
Baronessa è simile a quello tra la Hathaway e Meryl Streep. Ma ricorda anche il
rapporto tra Biancaneve e la Matrigna nel racconto originale di Biancaneve,
dove la ragazza ruba la scena alla regina “togliendole” il potere, anche se qui
non avviene alla maniera di Robin Hood quanto su un piano di scontro artistico.
Una rivalità alla Eva contro Eva (verrebbe dire alla Emma contro Emma, per
fare una battuta), se vogliamo citare il classico di Mankiewicz con Bette Davis
e Anne Baxter. O se vogliamo stare sul gossip, simile alla rivalità sempre
della diva Bette Davis nei confronti di Joan Crawford. Emma Thompson dona alla
sua baronessa un gustoso distacco aristocratico, occhialoni da sole per coprire
le occhiaia e scarpe strette che sanno di un gran mal di piedi. Legge articoli
di auto-elogio, vuole la perfezione fin nelle piccolo cose come il numero delle
foglioline nell’insalata, non sopporta dover dividere un palcoscenico anche
solo con la sua ombra. È un personaggio assurdo fino a sembrare buffo, ma
possiede un lato davvero cattivo e imprevedibile spesso mascherato da una innocenza
teatralmente ostentata. È abbastanza raro vedere la bellissima e dolce Emma
Thompson, che io la amo particolarmente negli adattamenti da Shakespeare ma
anche in Angels in America, in un ruolo da “cattiva”. Ma sembra proprio che si
diverta un mondo, alla maniera dell’Hopkins che con lei ha sperimentato la
parte del cannibale Hannibal dopo tanto teatro classico e Jane Austin. Potrebbe
essere anche più crudele e credo che si divertirebbe pure di più, ma il suo
personaggio funziona e riesce a duettare alla perfezione con la Stone. Emma
Stone sa donare alla sua Crudelia tutta la dolcezza ed eleganza della Mia di La
la land, la sfacciataggine della Wichita di Zombieland, l’erotismo composto
della Grace di Gangster Squad. Ha lo sguardo disincantato e deluso dalla vita
della sua Sam di Birdman, vuole “tirare dritto nonostante tutto” come la sua
Abigail de La Favorita. Non ha mai perso il suo fascino da ragazza dalla porta
accanto nonostante sia una delle attrici più belle di Hollywood, ma è
interessante vederla qui, nonostante un fisico incedibile e vestiti pazzeschi,
come una creatura così introversa, fragile, scorbutica e “infranta”. La
Crudelia del cartone animato è una donna ricurva su se stessa, dal corpo nodoso
e i nervi tesi, la bocca serrata e lo sguardo pronto a infiammarsi. La Stone
sta intraprendendo quella trasformazione gradualmente, ma riesce a convincere,
ci mette la giusta “rabbia”. Sarà davvero interessante lo step successivo, nel
prossimo film.
Cambia ma non troppo anche il rapporto
tra Crudelia e i suoi “minions”, che vediamo quasi come una tenera famiglia in
lenta disgregazione a causa della sempre più crescente “smania” di Crudelia. In
ruoli minori, quasi “nascosti”, anche i due protagonisti della carica dei 101,
che probabilmente saranno più centrali nel prossimo film.
Visivamente e a livello di colonna
sonora Crudelia è un film magnifico. Se amate il luccicante mondo della moda o
la storia della musica anni ‘70 la pellicola straborda di mille chicche. La
storia è convincente e presenta un buon ritmo, molte le scene d’azione,
spettacolari i momenti delle “sfilate” con chi si sfidano le due
stiliste.
(Finale). Crudelia è uno dei migliori
film Disney live action basati su un loro classico animato, divertente e
convincente quasi in ogni reparto. Forse per qualcuno il nome “Crudelia” è
troppo ingombrante in quanto nel film, nonostante sia da intendere come una
prima parte di un progetto più ampio, il personaggio principale può apparire
troppo distante dal modello originario.
Qualcuno in rete ha commentato che i
cattivi non dovrebbero apparire “tanto buoni” o si snaturerebbe la loro valenza
drammaturgica. Trovo questo rilievo molto interessante, ma dal mio punto di
vista non è sbagliato trovare connessioni ed empatia con un personaggio
ritenuto “cattivo”, specie quando “l’umanizzazione” introduce dei motivi
plausibili per mettere in luce quanto sia vicino il confine tra il giusto e lo
sbagliato, tra il bene e il male. Un mondo in cui c’è del buono anche nei
cattivi e del cattivo anche nei buoni risponde anche ad una precisa istanza
zen, che trova asilo in molta filosofia e cinema orientale, che da sempre
apprezzo in quanto visione più reale del mondo. Mi piace che la favola con i
suoi archetipi rimanga, così come mi piace che a questa si affianchino nuove
interpretazioni narrative in grado di parlare a un pubblico diverso dai
bambini. Diciamo che io sono per capire le motivazione del drago prima di avere
il desidero atavico di abbatterlo, ma questo è solo un mio punto di
vista.
A mio avviso, davvero un film niente male.
Talk0
Non gli avrei dato un euro, invece mi è piaciuto molto. Strepitosi gli abiti, la colonna sonora e ovviamente lei, sia rossa che bicolore, anche se la vera villainess del film la supera di almeno due spanne.
RispondiEliminaNon gli perdono però un trauma infantile a dir poco ridicolo (durante la scena dell'"attacco", invece di commuovermi, mi sono piegata in due dalle risate) e il cambiamento psicologico del potenziale love interest, che da voce della saggezza diventa un co**one da primato, solo per poterlo rimandare facilmente a quello del cartone animato.