Mr Long
(l'attore Chang Chen) è il killer più elegante, letale e silenzioso di
Taiwan, un autentico ballerino mortale armato di un coltello che muove con
grazia implacabile, veloce, coreograficamente appagante. Il coltello però non è per lui solo un'arma, ma anche un chirurgico e preciso strumento per la
cucina, la sua vera passione. Mr Long è il samurai dell'arte dei miracle blades
dello chef Tony. Dopo aver sbudellato da solo una decina di malavitosi
dipingendo con i cadaveri in un lurido sotterraneo un dignitosissimo Pollock,
Long si dedica al vero amore: la creazione e farcitura a mano dei ravioli al
vapore, dall'impasto alla tavola, con tutta la virile sapienza di dosare i
tempi di cottura, aggiustare i sapori con gli aromi, godendo dei risultati senza
quasi mutare mai espressione (che è da poracci), ascetico e corrucciato. Long
è un uomo che ha scelto lo zen di Carlo Cracco come unica filosofia di vita,
parola d'ordine: "ricerca", nel lavoro ai fornelli come nel
killeraggio.
A una
certa, cucina così bene che sono andato su Tripadvisor a cercare un ristorante
taiwanese pensando: "Metti che è genetico, saranno tutti cuochi da
paura!!" spoiler: no.
Mentre
mi sale l'acquolina che sarebbe stata poi disillusa, dal film scopro che il
nostro cuoco-killer ha un nuovo contratto, che lo spinge fino a Tokyo. Mi
pregusto uno scontro tra coltelli con la yakuza locale e poi un duello su chi
fa meglio il ramen. E ho ragione. Ma le cose vanno male per il nostro eroe,
qualcuno ha forse tradito, la missione non può concludersi, non si trova la
farina doppio zero giusta. In un attimo il killer è in un sacco lurido, a
rotolare sotto la pioggia, tra il fango di un dirupo, dove finiscono tutti gli
eliminati di Masterchef. Però è vivo, è scappato con poco onore e tanta fortuna
all'esecuzione finale, è ferito. Da allora vaga nei bassifondi più poveri della
città jappa, quelli abitati dagli immigrati, di cui due Taiwanesi come
lui, per ricalcare la trama di Balla coi lupi. È qui che incontra il piccolo
Jun (Bai Runyin), un orfano di origine taiwanese che senza dire una parola gli
porta dei vestiti puliti, delle verdure e infine la mamma gnocca. Mica male il
piccolo Jun. E mentre l'uomo si nasconde nei resti diroccati di una casa, ha
tempo pure di disintossicare la mamma di Jun per renderla una donna onorata e
di instradare il piccolo al lavoro minorile come suo assistente cuoco. Tra il
bimbo e il cuoco-killer nasce un legame speciale e la capacità di Long di
creare delle pietanze gustose con gli elementi più poveri, attira presto
l'attenzione della piccola comunità dei sobborghi (tutti jappi tranne due),
che decide di testa sua di farne un venditore ambulante di ramen. Tra un
impasto gestito come un sacco da kung fu e una ristrutturazione di casa
diroccata (che Long dirige con il suo puro carisma mentre gli altri lavorano),
tra lunghi silenzi zen e sguardi languidi rivolti corrucciati al domani avverso
(o forse tutto questo è dovuto al fatto che non ha ancora capito una sola
parola dell'idioma jappo e i due coreani che ha intorno non aiutano),
Long sta forse cambiando per sempre la sua vita, senza che se ne renda
davvero conto. E magari sogna di farlo al fianco di Lily (Yao Yiti), la madre
di Jun. E magari confida in Jun, che come spinge il suo pesante carrello di venditore
di ramen ambulante ha una passione che i bamboccioni si sognano. Ma il volto di
Long non tradisce alcuna emozione, l'occhio è sempre vigile e i riflessi pronti
a esplodere. Il taiwanese è guardingo, chiuso in se stesso, pronto a prendere
una nave che lo riporterà forse alla sua vecchia vita. Quale strada
sceglierà?
Sabu (da non confondere con Nobu, oltre che regista eccelso e attore di culto, per
chi ama gli anime tradotti in live-action è stato anche in World Apartment
Horror e in Ichi the Killer), confeziona con maestria un'opera molto potente,
piena di eleganza,di cuore e di cibo da paura. Ma la cosa davvero bella è che
Chang Chen e il piccolo Bai ricordano per bravura e naturalezza, in modo
sorprendente, "Beat" Takeshi (il soprannome
"da attore" di Takeshi Kitano) e Yusuke Sekiguchi in L'estate
di Kikujiro. Un rapporto fatto di silenzi, rispetto, gesti ripetuti per mimesi,
che scaldano il cuore, che definisce più di mille parole un legame padre -
figlio "scoperto per caso", che anima di luce anche le scenografie
più truci e decadenti della pellicola. E Chen è simile a Kitano anche per come
interpreta il suo classico "gangster", con il fare sornione e
lunare, con l'andatura un po' strana, con i movimenti fulminei spesso abbinati
ad azioni esagerate e splatter, con il mood di Buster Keaton. Un samurai
moderno retto da un codice comportamentale ferreo (anche i
combattimenti presenti nel film sono di fatto degli scontri tra samurai, quasi
anacronistici, ma per questo epici). Mr.Long non è però una copia di Otomo,
Aniki, Uehara o degli altri killer di Kitano (che sul lato "food"
peraltro preferiscono pescare più che cucinare... salvo quella scena di Outrage
Beyond dove lo yakuza Otomo di Kitano si diletta di Ramen... condendo i tagliolini
in brodo di dita mozzate...) perché sul volto imperscrutabile di Chen
sembra in atto una continua esplosione di emozioni trattenute, diverse per
intensità dal "tic emozionale" che sembra ogni tanto "animare
Kitano". Una "vitalità nervosa" che qualche sentimento lo
tradisce. Se i killer di Kitano (l'ultimo, Otomo, protagonista della
recente serie Outrage) sono maschere disincantate di uomini distrutti dalla
vita in attesa di una grande morte in combattimento, il killer di Chen è ancora
acerbo e forse può sognare un futuro diverso. Chen gestisce bene, dosando al
meglio, i sentimenti del suo killer, confermando una bravura già
vista nei suoi film di Wong Kar Wai. Nel killer di Chen c'è quindi molto
Kitano ma anche molto di Sabu stesso, vedi per esempio la sua prova d'attore in
Usagi Drop... ma forse mi sto dilungando.
Anche
se la piccola epopea di Mr. Long si annida in luoghi disperati, la sua storia è
piena di cuore e il cast dei comprimari aiuta bene dell'amalgamare "le
portate" del film di Sabu. Tutte gustose e speziate come si conviene. Come
in tutti gli yakuza movie di ispirazione "kitanesca" c'è azione
fulminane e spietata (quasi splatter alla Tak Sakaguchi ogni tanto), c'è
tragedia, c'è melodramma, ma c'è spazio anche e soprattutto per la dimensione
umana, che comprende anche l'umorismo, la gentilezza e introspezione. E poi c'è
il cibo, visto come lusso ma anche come forza vitale. Cibo esplorato a
360 gradi. Le zuppe di verdura più povere, raccolte direttamente dalla
terra in strappo, rubate, che con i loro vapori e bolle d'acqua in ebollizione
riscaldano i luoghi più freddi e derelitti della città bassa. Il ramen, cibo di
tutti i giorni, la cui lavorazione e vendita è quasi una lotta fatta di
muscoli tesi e fatica (e dire che Jackie Chan in Mister nice guy faceva dei
ramen leggeri, eleganti, coreografici... Chen qui invece ci fa la lotta, da
quando tira l'impasto a quando trascina il carrello da ambulante sulle salite
della piccola città). I ravioli di carne, cibo più raffinato, trattati nella
lavorazione con eleganza chirurgica e con una ritualità quasi religiosa,
preservando la carne senza manipolarla, avvolgendola nell'impasto con
l'attenzione di un trapianto di cuore. Il film di Sabu è profondamente
un film sulla cultura del cibo e sulla sua funzione sociale. Mr. Long è un film
che funziona in tutti i suoi livelli, che sa conquistare per la coolness del
protagonista, che sorprende per le scene d'azione fulminee e spietate, che sa
far ridere quanto piangere, che fa riflettere. Un menù completo e succulento
che va forse a perdersi nella programmazione estiva e che quindi va scovato sui
cartelloni. Se amate il cinema orientale è da non perdere. È una bella scoperta
e la scoperta è ancora più ghiotta se prima non conoscevate Sabu (cercate Happiness,
magari) un regista da tenere seriamente d'occhio. E chissà se anche Chang
Chen riuscirà nei nostri lidi a mietere qualche cuore (se vi innamorate,
potete vedere nel nostro idioma con Chang Chen, non sempre protagonista, anche
Happy Together, Eros, Soffio, 2046, The grand Master, Red Cliff, The assassin,
La tigre e il dragone... la scelta è ricca). Buon appetito.
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