E
infine, frantumando ogni record di incassi nei cinema, a Maggio 2018 è arrivato
Thanos. Il nuovo villain del nuovo film degli Avengers lo avevamo già
intravisto in piccoli spezzoni dispersi in alcuni precedenti film Marvel. Per
lo più in brevi scenette in cui stava seduto ozioso sul suo trono volante,
andava dal suo personale gioielliere a comprarsi un guanto dorato, ascoltava
annoiato i capricci delle figlie Nebula e Gamora, si fidava come un anziano
degli sgangherati piani di investimento immobiliare cosmico orditi da
televenditori scarsi come Loki e Ronan. Nell'ombra, pensoso, inquadrato per lo
più dal punto di vista del suo enorme gomito viola e con il broncio,
Thanos per lo più si annoiava a morte. Ma qualche volta ci ha sorpreso
sfoderando un sorriso ammiccante e immenso, rivolto diretto in camera,
ultraravvicinato, che prevedeva da solo per estensione di denti l'intero
schermo di una sala imax. Thanos sorrideva guascone in camera e ogni
spettatore era subito sedotto da lui, la risposta Marvel al classico
"sorriso George Clooney" depositato in SIAE per i tipi della
Nespresso. Ci faceva arrapare (anche i più maschi tra noi cadevano davanti al
suo stile) e, sicuri del potenziale, in Marvel quel sorriso ce lo hanno fatto sospirare e agognare per anni. Fino a che Thanos finalmente è
arrivato al cinema in un giorno di maggio, in quello che in fondo è un film
tutto suo e tutto per i suoi fan e per chi lo sarà in futuro. Un film per chi
ama i tizi in calzamaglia Marvel e vuole vederli eroicamente pestati, ma anche
un film per chi non li sopporta e aspira a vederli presi a calci nei denti fino
a vederli sdentati. Thanos può farlo, in un film divertente e cazzone, ma che
sa essere inaspettatamente "enorme ed epico", senza per una volta
tirare fuori dal nulla noiose canzoni sui nani. Il film più grande di
tutti i film Marvel finora pensati, quello che i nerd del futuro, quarantenni e
senza donna, racconteranno nell'equivalente futuro (e per ora impensabile) delle polverose fumetterie del domani, ai futuri quarantenni e senza donna del
dopo-domani. "Io c'ero e ho visto un film Marvel in cui il cattivo faceva
il cattivo per davvero! Un cattivo serio quel Thanos, non un dio gracile o un
pinocchio di mezza età. Un tizio di livello simile a Darth-spaccaculi-Vader che
trasforma la solita colorata parata Marvel in L'impero colpisce ancora. Dopo di
questo nulla è stato più lo stesso, recuperalo in olo - neural - blu ray e fammi
sapere!!!". Questo potranno raccontare i nerd del futuro, appoggiati
all'equivalente futuristico di una pila di ingialliti numeri di Zagor. Perché
Thanos è più che un villain colorato da voler collezionare in versione funko, è
più che un personaggio potente al punto che sarà oggetto di battaglie meme
contro Goku e Saitama, è più che l'ennesimo tira-pugni di Iron Man. Thanos è un
personaggio "adulto", almeno per la concezione nerd di diventare
adulto, che significa realizzarsi nella vita quanto l'imperatore Raoh di Ken il
guerriero. È un personaggio "enorme e potente", riflessivo, complesso
più che complicato, come vorremmo essere la versione supereriostica e non
noiosa dell'Innominato dei Promessi Sposi. È soprattutto è per la prima volta
davvero un avversario serio, la prima vera minaccia per gli eroi in
calzamaglia. Thanos sembra uscire da qualcosa che ci immaginiamo scritto
da Shakespeare, anche se di fatto non abbiamo mai letto niente di Shakespeare,
parlare di lui dà a un nerd un patentino culturale quanto il Batman di Nolan.
E
che dire poi del suo il mento scrotale (citazione)? Thanos "tira". Thanos, opinione personale, ha fascino però anche perché è in fondo
"vecchio stampo". Semplice da capire, con un suo onore e una
modernità degna di un generale spartano. Un cattivo anacronistico ma romanticamente
epico, che in fondo per questo fa meno paura (sempre secondo me) di un
"Mandarino", che seppure irriso sui social (da chi guarda il dito e
non la mano che indica il cielo) è un cattivo che spaventa davvero perché
"non è quello che sembra", è impalpabile, invisibile e si burla di
noi, presentandosi al mondo con una maschera quando in fondo rappresenta tanti
piccoli uomini nascosti e cattivi, che potrebbero essere il nostro vicino di
casa e rovinarci la vita senza neanche conoscerci, spostando dei titoli di
investimento. Fa meno paura anche di uno "Zemo", che mostra
quanto gli eroi in calzamaglia siano piccoli e insicuri e gli sbatte sulla
faccia la realtà e i danni collaterali delle loro imprese eroiche. Fa meno
paura di un "Ego", che è un essere disposto a divorare i suoi figli
per continuare a vivere, con un gattopardismo inquietante e attuale che ha
anche un nome: "gerontocrazia". Il Mandarino, Zemo ed Ego (opinione
personale) spesso non sono accettati da chi, almeno al cinema, in un
cinefumettone e per due ore, vorrebbe che si capisca chi è buono e chi
cattivo, lasciando che la realtà con la sua complessità rimanga fuori dal
multisala, in coda per i popcorn. Thanos è indubbiamente cattivo ma degno
dell'onore delle armi, elegante, paterno, a suo modo leale. Anche la sua follia, il motore che spinge tutti gli eventi del film, è quasi inquietante ma
quasi rassicurante, accettabile e in grado di garantire che Thanos
sia sì folle e cattivo, ma in fondo "non così folle e cattivo"
(pur rimanendo lui di fatto il più grande genocida dell'universo). Lo vediamo
come un tipo più strano che inquietante, qualcuno che da noi potrebbe avere
potere solo nel suo gruppo facebook, ma che nel mondo reale terrestre non si
cagherebbe nessuno. Questo ce lo rende più simpatico al contrario di tutti i
Mandarino, Zemo e Ego che prendono con noi la metropolitana tutte le
mattine.
Analizziamolo
per un secondo questo Thanos, per gli amici il "titano pazzo". È un "Titano"
(secondo il film e non secondo Jim Stralin) perché è di fatto un tizio che
viene da un pianeta chiamato "Titano", e gli abitanti di Titano non
vogliono farsi chiamare Titanesi. È "Pazzo", per via di idee
politiche così radicali che non lo vorrebbero in nessun partito europeo, ma in
Italia in una coalizione forse entrerebbe. Thanos deriva da Thanatos cioè
"morte" in greco, il perfetto nick name per un adolescente emo -goth
in fissa con Anne Rice e con tatuato la faccia di Jack Skeletron sul gomito ma
forse fuori tempo massimo per un adulto. Di carnagione viola, 3,20 metri di
altezza, sicuramente del segno della bilancia (o almeno non me lo immagino di
un segno zodiacale diverso...), bella presenza, sguardo fiero, pelata
virile e profilo mussoliniano, Thanos ama arruffare i capelli ai nemici
sconfitti ed è ghiotto di budino cosmico, che offre a chiunque con grande
trasporto e premura nel caso abbia fame. Sogni nel cassetto: una casa sui monti
come il nonno di Heidi. Interessi: una passione per le tematiche ambientali e
sociali un po' distorta ma di immediata comprensione per un cattivo che si
trova a dover avere un background in un film con sessanta personaggi
principali. Da questa sua passione più che un cattivo a tutto tondo Thanos
risulta essere un altruista estremo. Per capirci, l'altruista estremo in fondo
non sembra così una cattiva persona e probabilmente è il tipo che fa sedere le
persone anziane sull'autobus. Solo che per trovare un posto all'anziano,
l'altruista estremo probabilmente ucciderebbe una persona qualsiasi che occupa
un sedile. Thanos è così... e a pensarci una volta sul tram ho forse
incontrato una tizia come lui, che sicuramente avrà un gruppo Facebook e progetta di rivoluzionare il mondo... ma torniamo in tema.
Da vera
rockstar, alla prima scena della pellicola Thanos fa vedere
all'universo Marvel "chi ha i valori", chi ha il mento scrotale (cit.) e "chi comanda". Così preannuncia in una singola scena che
davanti a lui non c'è e non ci sarà storia o tattica. Che siano verdi,
corazzati o con lo scudo a strisce, gli eroi saranno tutti "fottuti",
colti in fallo come bambini inesperti davanti alla verifica di
matematica, senza parole, basiti e atterriti dal suo stile
inimmaginabile. Dopo una inevitabile strage, Thanos abbandona idealmente il
palcoscenico e si prende tutto il tempo per tornare in camerino, cambiarsi
d'abito e soddisfare un paio di groupie, per poi rispuntare a sorpresa nelle
scene più esaltanti del film. Per il resto del tempo lascia sul palco la sua
band a fare gli assoli, per lo più assoli di percussioni ai danni degli
omini colorati Marvel. Così piccini, così emotivi, così carini nello scambiarsi
tenerezze reciproche e così impegnati nello sfoggiare un nuovo look con cui
sbalordire gli amici, che quasi non ce la fanno a concretizzare altro, che
quasi non si ricordano di fare altro. Sono ancora divisi dopo la "Civil
War di quartiere", alcuni stanno pensando di mettere su famiglia, chi si
sente ancora poco ascoltato dal gruppo, chi ha superato i quaranta e inizia
a fare i conti con i capelli grigi, chi pensa di vivere per sempre come un
adolescente nello spazio. Stanno tutti pensando ad altro e così ne prendono,
tante, dal primo esercito spaziale che arriva. Ne prendono da alieni stregoni,
ne prendono da esseri pieni di mani e denti, ne prendono da elfi oscuri e da
amazzoni mono-ciglio, ne prendono da astronavi fatte come ruote per criceti, ne
prendono per troppo entusiasmo e troppo zelo. Ne prendono tante e amabilmente,
perché il gruppo intergalattico di Thanos è "Rock", è cool, è
abbigliato/ truccato/parruccato in outfit simil-fantasy di lusso, è sexy, ci
crede un mondo in quello che fa e riesce a essere, tra tutto il piattume
digitale moderno, quasi iconico. Sfoggiano stile, personalità e possanza
bellica, si danno da fare per riempire la scena nel modo più colorato,
fracassone ed esagerato che possono. Frullano per bene i tizi in calzamaglia,
che comunque cercano di fare il loro e a rimanere impressi di pellicola, ma
insieme a Thanos, che è l'unico vero collante narrativo ed emotivo, sono
i suoi generali i grandi mattatori. Pur con queste peculiarità, lo spettacolo
riesce comunque a dare una voce a tutti gli attori, a offrire una messa in
scena che dire spettacolare è poco, condita con una musica evocativa di Alan
Silvestri che nei momenti più tosti pare la colonna sonora del primo Predator (e io godo). È uno dei film più costosi della storia e si vede. Anche se il nome
non ce lo ricorderemo mai (Anche Spider-Man ci farà notare a un certo punto
della pellicola quanto sia difficile ricordarsi i nomi) i villain qui
sbriluccicano e si fanno ricordare più di "come si chiamava e cosa voleva
fare il tizio con le fruste di Iron Man 2 che veniva distrutto con un colpo
solo?". Ma le regole dello show business sono dure e la "Thanos Band
", purtroppo, non starà sullo schermo per oltre sei minuti circa, su
un massimo di due ore e quaranta... peccato e, cacchio! Dovevo dire di già
"spoiler"? Ok, spoiler, però inevitabile.
Il grande mistero di
questa pellicola è la presunta invisibilità della sua trama. Non tanto per la
sua assenza, perché c'è un "collante di nome Thanos" che riesce a
coordinare e orientare gli eventi in un modo chiaro, ma per il modo in cui si
articola e per il fatto che una azione del tipo "adesso tizio picchia
caio" seguita da "adesso tizio e caio si incontrano per la prima volta"
prende un po' il posto della narrazione, con buona pace di una sub-quest
interessante che riguarda Thor. Non vi nascondo che in questo film tutti
i personaggi, buoni e cattivi in genere, si vedranno in media pochissimo
e che non va meglio ai più blasonati supereroi del mucchio. In scena arrivano
tutti pur per poco tempo, non preoccupatevi, tutti gli attori sono formidabili
e simpaticissimi come lo "stile Marvel" vuole, ma il tempo, di
nuovo, è tiranno. Più tiranno di Thanos il titano. Più che una pellicola in
senso stretto questo film è un'unica, classica, Royale Rumble. Cos'è una Royale
Rumble? È il classico evento wrestling dove su uno stesso ring entrano a
combattere a pochi secondi di distanza un numero impressionante di combattenti
con lo scopo di spazzare gli altri al di fuori dell'arena. I wrestler entrano
in scena con una colonna sonora personalizzata che sottolinea il loro
arrivo sotto i riflettori dettandone il carattere gioioso o tetro o
ultra-patriottico. I wrestler con pochi sguardi trovano sul ring la loro nemesi
e i loro alleati naturali, spesso si scontrano tra amici per malintesi (in
genere una gomitata partita per errore con l'amico di spalle), spesso
formano alleanze strane e improvvisate divertenti. Poi arriva il momento clou
in cui si esibiscono nelle loro mosse di lotta più famose, scaraventandosi per
un'ora gli uni contro gli altri. La Rumble si svolge sempre intorno alla fine
di gennaio, dal 1988 ad oggi e nel futuro, ed è da sempre uno spettacolo
maschio/confuso/adrenalinico che "gasa a non finire" e che in Italia
è concesso da anni per lo più a chi paga l'evento sulla pay per view di Sky (di recente con un nuovo orario di trasmissione che fa cagare), accompagnato con
un litro di birra per goderne le sfumature più intime. Tutti sanno che tutto è
finto e che queste guerre devono accadere ciclicamente una volta all'anno. Le
"storyline" danno giusto più sapore alla portata principale: le botte
colorate. L'anno dopo saranno improvvisate nuove relazioni e nuove trame mentre
tutti i lottatori-attori come sempre staranno sotto la doccia attigua
agli spogliatoi a scambiarsi la ricetta del pollo del Minnesota. E qui in Infinity War è uguale, anche se in dimensioni più maestose, anche
se con un apparato epico/drammatico e uno stile visivo diverso da una
ammucchiata di culturisti oliati in mutande. C'è anche qui, se non una trama,
un certo "senso di epica" che ci fa credere che i personaggi facciano
qualcosa di più che dire quattro battute (pur significative e che li portano
a una interessante evoluzione dei personaggi) spalmate in tre ore. Uno "stile narrativo condensato" che ci illude di aver afferrato molto di più
di quello che c'è, di aver percepito una trama, che di fatto c'è/non c'è, ma
che noi costruiamo dalla nostra (seppur paludata e distratta) conoscenza
pregressa dei personaggi. È davvero uguale alla Rumble questo ultimo Avengers,
e riconoscere su schermo tutti i personaggi coinvolti è parte del divertimento
e la dimostrazione concreta della capacità dei Marvel Studios di aver
fidelizzato per anni il pubblico più ampio della terra, fino a coinvolgerlo in
un gioco di prestigio incredibile come di fatto è questa pellicola. Pellicola
che, a descriverla, si fa pure un po' fatica, come si farebbe fatica a
ricordare a memoria la sequenza delle mosse di Jackie Chan nel suo ultimo film,
ordinando narrativamente un calcio e un pugno dietro l'altro. Avengers
Infinity War è tanta pura azione coreografata con un pizzico (per altro
ottimo!!) di tragedia greca fornita da pochi personaggi adeguatamente
sviluppati, Thanos e Stark su tutti (ma anche Gamora, Thor e Star Lord). È un film che fissa un momento storico unico per il cinema. Il momento in cui
il pubblico in sala sa ormai di più del personaggio di quanto i personaggi realmente
facciano su schermo. Anche se in fondo di questi personaggi sa quanto quanto i
fan del wrestling sanno dei loro beniamini, questo non esclude che il film
abbia un ottimo ritmo, veri e propri tocchi di classe, scene che rimarranno
impresse nella retina per un po'. Lo spettacolo è bello. Chissà se in futuro
il pubblico seguirà con facilità un cast di supereroi doppio o triplo rispetto
a questo, sapendoli riconoscere tutti, e avendo ancora la voglia di conoscerne
di nuovi, con l'entusiasmo di una caramella che tira l'altra. Saprà questo
pubblico accontentarsi di vedere i suoi beniamini per 3 minuti al massimo in
quattro ore?
Non
nego il fatto che visto per tre ore cose colorate che si picchiavano con altre
cose in modo figo e nel mentre sono stato felice e sono tornato bambino. A
quanto pare la mia previsione, fatta nel precedente articolo su Infinity
War (che se volete potete rileggere), si è rivelata errata. Ma devo dirvi, con
l'ego infranto di cui poco me ne cale a parte, che sono contento di essermi sbagliato
in quel senso. In genere trovo mortificante chi in un film di supereroi i fan
aspettino solo che questi "nascano" o "muoiano", come se
l'evoluzione del personaggio non abbia davvero un interesse per la platea al di
là di un "acceso-spento" che li assimila agli interruttori della luce.
Ma questa è di fatto una produzione Marvel in cui, incredibilmente, al di là di
ogni mia previsione di cui sopra, muore senza senso un mucchio di gente e
a me "va bene". È a tutti gli effetti e come tutti in rete "speravano"
un'opera indirizzata a un pubblico di ragazzini con un'enorme quantità di
personaggi morti / ammazzati la cui dipartita interessa relativamente, nascosta
da un arcobaleno di colori su schermo. Forse sto morendo dentro. Certo, siamo nel "film parte uno" con in arrivo una "parte due"
che potrebbe confermare o ribaltare la situazione (come direbbe Alessandro
Borghese, il primo grande filosofo del nuovo secolo). Certo la
"brutalità" delle dipartite avviene in un contesto eroico da poema
omerico, tra musica sinfonica, lacrime, arringhe di battaglia alla
Braveheart, atti di altruismo e coolness supereroistica ma, cacchio,
preparatevi a un sacco di morti!!
Avengers
Infinity War è comunque sotto una schematicità manifesta un mosaico composito
che fa risaltare le singole componenti della cinematografia Marvel, giocando
sulle diversità di approccio e ritmo delle singole e peculiari pellicole,
operando di arricchimento e non di sottrazione. Siamo seri, non è Shakespeare.
Ma è di certo un buon lavoro ed esattamente come per gli altri film degli
Avengers il biglietto vale lo spettacolo di una lunga e liberatoria
scazzottata di quasi tre ore tra supereroi, alieni, robot, astronavi, maghi e
Stan Lee. Uno show visivo geniale nella sua natura camaleontico/tematica (per
intenderci: quando vediamo i Guardiani ci sembra a tutti gli effetti un film
sui Guardiani e quando vediamo Strange siamo in un film di Strange, e i mix dei
personaggi giocano bene sui "mezzi - toni" delle rispettive serie) ma coerente, che sa cambiare tono quasi di scena in scena pur rimanendo fedele
a se stesso e "a Thanos", il cuore narrativo. Volendo essere
romantici e recuperando un po' il discorso di inizio - sproloquio, questo film
può essere visto idealmente come il "secondo tempo di tutti i film
Marvel".
Ci sono pellicole Marvel che hanno saputo esplorare bene, in più
capitoli, i personaggi in calzamaglia. Ma molte sono rimaste in
superficie, raccontandoci più la scoperta, la gioia e le possibilità d'uso di "un
grande potere" e tralasciando un po' "le grandi responsabilità"
che ne dovrebbero derivare secondo il celebre adagio spidermaniano. Molti dei villain Marvel sono serviti come "percorso nella comprensione del
super potere" più che una sfida attiva che ha messo in discussione l'eroe nel confronto di un avversario del suo stesso livello. Detto in modo brutale,
se un eroe si misura in ragione del valore dei nemici che affronta, molti degli
eroi Marvel fino ad ora avevano per la maggior parte delle volte avuto vita troppo
facile. Qualche trickster insidioso (Loki, Zemo, "il Mandarino"),
qualche nemesi/opposto interessante (Winter Soldier, l'Avvoltoio, Killmonger),
ma per lo più avversari con poca personalità e degni di un minutaggio su
schermo insufficiente per farne risaltare le ragioni anche solo a livello
emotivo. Carne da cannone per avere un finale pirotecnico e poco più . Qui
invece c'è Thanos ed è una minaccia seria, una prova impegnativa nel "percorso di crescita dell'eroe", di ogni eroe, davvero sfidante
fisicamente ed emotivamente, un muro che arriva dal primo atto della
pellicola e non ti molla fino alla fine. Di Thanos comprendiamo un po' le
distorte ragioni e la distorta morale, proviamo a empatizzare con la sua
distorta affettività e tremiamo davanti al suo sconfinato e distorto potere. Ne
conosciamo il distorto passato attraverso dei distorti flashback, ci vengono
accennati dettagli della sua recente distorta corsa al potere che saranno
spiegati distortamente anche in un libro di prossima pubblicazione, che già mi
aspetto essere interessante quanto scritto in modo distorto. Il passo geniale
dei Russo è che grazie al lavoro di fino che hanno fatto per
caratterizzare Thanos, unitamente alla magistrale interpretazione che ne
dà Josh Brolin, questo tizio possiamo pure "capirlo". Al di là
dell'evidente anacronisticità e "alienità" (sostantivo che dubito
esista) vediamo come abbia a cuore (a modo suo) pure uno dei problemi di
attualità che più ci riguardano come esseri umani del 21mo secolo. Thanos, con
tutte le sue sfaccettature e con quelle che gli cuciamo sopra noi e gli hanno
cucito negli anni i fumetti (Jim Starlin lo ha scritto sempre in modo divino)
sa essere "grande" come i grandi villain drammatici. Viene in mente
come citato sopra L'innominato del Manzoni, ma anche il Giulio Cesare di Shakespeare, il Foster Kane di Orson Welles, il
Kurtz di Brando. Con pochi gesti, con il suo corpo enorme ma gentile, con il
suo sguardo triste rivolto verso il basso, con le sue lacrime sincere e con
quel guanto dorato in grado di compiere cose incredibili, Thanos è già icona e
ce lo ricorderemo per un sacco di tempo. Anche perché il finale del film ci
farà pensare a lui intensamente almeno fino alla prossima pellicola.
Per una
volta avrei voluto non avere nessuna scena post-crediti... sono un
illuso... Ma mi pare già brutto che quella scena, che ormai è accettata
per "tradizione" vada a sminuire di fatto la sontuosità di un
colpo di teatro finale, spiazzante come pochi e per certi versi
coraggioso, che lancia emotivamente lo spettatore in uno scenario strano e
regalmente plumbeo/pece/disperato. Uno scenario che scaglia l'hype a
mille verso il capitolo due, stile Season finale del Trono di Spade. Se al
termine dei titoli di coda ci fosse stato solo il nero, sarebbe stata una nuova
piccola rivoluzione nei film Marvel.
In
conclusione, c'è amore nella composizione di insieme, nei combattimenti
infiniti e in tutto ciò che scaturisce dal lavoro dei Russo. Questo diviene possibile perché al centro c'è il pupazzone digitale gigante più
bello di sempre, credibile nel ruolo e un mattatore nato nel catalizzate
l'interesse del pubblico. Un omone steroidato che trasuda carisma e tragedia
da ogni poro viola della sua testona mussoliniana, reso reale da una interpretazione
"gigantesca" in tutti i sensi, quella di Josh Brolin.
Anche senza una voce off (come nell'unica versione bella di Blade
Runner), noi ci sentiremo per la maggior parte del tempo nei panni di
questo tizio. Thanos ci sta ad essere visto come il nemico finale di
un lungo viaggio iniziatico cominciato in sala dieci anni orsono. Un viaggio
necessariamente incominciato con l'Iron Man di Downey Jr.: un ricco viziato
che negli anni è diventato simbolicamente l'ultimo grande generale della razza umana.
Questo
Avengers: Infinity War è idealmente l'episodio finale della
"stagione uno" di una storia fatta di ricchi redenti, soldati
congelati, divinità celtiche sbruffone, stregoni secchioni, geni repressi,
mutanti per sbaglio, streghe e pinocchi volanti. Una serie che abbiamo amato al
punto che il maxi-cliffhanger finale ci anticipa la stagione "due".
Film come episodi TV di lusso, uniformati per per stile, ironia, tematiche (e
per questo qualche volta pure noiosini) e una trama sottile ma presente che ci
ha portato in un modo inaspettatamente organico e coeso fino a questo punto con
l'illusione che nulla era di fatto preconfezionato e che dietro a un incontro
di wrestling di due ore e mezzo potevamo vederci una trama articolata.
Godetevelo e fatemi sapere. Buone botte colorate finte a tutti e non
preoccupatevi se ci sarà rappresentata un po' di violenza visiva stilizzata:
sono solo fumetti e la prima regola del fumetto supereroistico americano di
massa è che non muore mai veramente nessuno, almeno fino a che il
prodotto tira. Shakespeare e vita reale possono solo propoargli la fava a
Thanos. E per due ore e mezza saremo tutti d'accordo con lui.
Talk0
Nessun commento:
Posta un commento