martedì 26 luglio 2016

Tartarughe Ninja : fuori dall'ombra - la nostra recensione.



Sinossi fatta male: Shredder, il malvagio capo dei "ninja del piede" che terrorizzava la città di New York con un folle piano a tema virus strani mutanti è stato sconfitto. La sua pazzesca super - tuta - esoscheletro da svariati miliardi, frutto della collusione con un importante magnate della farmaceutica, era stata demolita pezzo per pezzo da un gruppo di quattro tartarughe mutanti grosse come Hulk, aiutate dalla giornalista gnocca April O'Neil. Ma per misteriosi motivi che succedono solo nei cartoni animati (che implicano il fatto che al centro di New York non si trovi nemmeno una telecamera o uno Smart Phone), la sconfitta di Shredder non è stata filmata da nessuno né attribuita ai quattro eroi con guscio Michelangelo, Donatello, Leonardo e Raffaello. La popolazione ha creduto invece, in un inusitato moto di sospensione della realtà, che ad abbattere il capo ninja cattivo fosse stato il rachitico e imbelle cameraman di April, Vernon  (il "diversamente divertente" Will Arnett), che da allora si fa chiamare "il falco" e possiede superpoteri mediatici a livello del Mister Satan di Dragon Ball. Il mondo non è forse ancora pronto perché le eroiche tartarughe escano dall'ombra, cinicamente potrebbe ancora scambiarli per mostri, aspettare sembra la strategia migliore per il momento. Ma non tutte le Turtles sono d'accordo e stanno sorgendo a catena una serie di problemi interni al gruppo. I quattro eroi dovranno far fronte al più letale nemico di sempre: l'arrivo della loro adolescenza. Enormi brufoli verdi e animi che si scaldano per niente. La scoperta di avere delle individualità forti e una scarsa propensione a dare ascolto agli altri. Michelangelo, la Rockstar, vuole pubblicare a natale un cd rap con le voci del quartetto e non ne può più, ora che sono eroi, di stare nelle fogne che hanno come casa e da cui guardano fin da bambini il mondo, vuole camminare tra la gente comune senza nascondersi anche solo durante il carnevale, mentre tutti sono nascosti, vuole essere amato perché è sicuro che nessuno ora lo vedrebbe come un mostro. Donatello, il nerd tecnomaniaco del gruppo, sta diventando un precisino insopportabile, sempre più magro e sempre più geloso dei giocattoli che appiccica in modo sempre più invasivo sulla sua corazza. Non vuole che nessuno faccia casino con la sua attrezzatura. Raffaello lo spaccone, la montagna di muscoli, l'uomo action che cita Vin Diesel come nume tutelare ed è sempre pronto a menare le mani, l'unico dei fratelli che ha guardato negli occhi una tartaruga gigante femmina nella giungla, continua a lamentarsi per la leadership di Leonardo, perché si sente ingiustamente trattato da lui come un bambino. Quanto a Leonardo, effettivamente  non riesce a guardare i propri fratelli se non come mocciosi problematici, non condivide con loro importanti informazioni e continua a piagnucolare di quanto è difficile e solo il ruolo del capo mentre si sottopone a ossessivi e autistici esercizi con le spade. Ma l'adolescenza si può combattere e Splinter, il loro padre-topo-mutante, sa come affrontarla: lasciare che i quattro si "scannino-confrontandosi" fino a che imparino a ritrovarsi, finché capiscano che tutti loro, in modo diverso, sono ugualmente importanti per il gruppo, che non esiste un modo di essere giusto o sbagliato, che sono tutti fratelli. E non c'è niente di meglio per risaldare i rapporti di una bella minaccia cosmica e una nuova ondata di mutanti tra le strade di New York. Stanno infatti per fare la loro comparsa il terribile alieno Krang (doppiato in origine dallo specialista dei cattivi da cartone animato Brad Garrett e da noi dal doppiatore di Robert De Niro, Stefano de Sando) e il suo Technodrome, mentre il vecchio nemico Shredder (ora interpretato da Brian Tee) è riuscito ad evadere e a trovare come temibili, nuovi alleati i mutanti Bebop (il comico Gary Anthony Williams) e Rocksteady (il wrestler Sheamus). Ma in questa lotta le tartarughe non saranno da soli. Ad aiutarli, oltre a Vernon "il falco" e a una sempre più sexy April O'Neil, arriverà il sanguigno vigilante Casey Jones (Stephen Amell... Il bisteccone inespressivo di Arrow). 


Sempre più verde: il regista Dave Greed, che non a caso viene da cartoni animati come Earth of Echo, succede alla direzione di Jonathan Liebesman nel maxi giocattolone estivo di Michal Bay. Ed è un bene sotto tutti i fronti, perché è un fan della serie tv e sa esattamente dove portare la pellicola facendo la cosa più semplice: copiando i cartoni animati che guardava anche lui da piccolo. La sceneggiatura è sempre a firma  Appelbaum e Nemec e oltre ad approfondire l'adolescenza dei verdi eroi continua (e meglio) ad affrontare delicatamente e sorprendentemente, nelle linee narrative migliori della pellicola, i temi già affiorati nel primo capitolo come l'accettazione della diversità e la rilevanza della  famiglia come luogo più importante del mondo, il bene ultimo da preservare in un senso, ormai sdoganato terminologicamente, che si può dire "fast'n'furiesco". Per quanto concerne il restante 80% della sceneggiatura, come logica vuole per un secondo capitolo, aumentano in modo esponenziale le esplosioni, i personaggi strambi digitali su schermo, le scene d'azione sono più lunghe e coinvolgenti. Le tartarughe, assecondando l'anima più leggera del film, sono meno "grosse e cattive" e il tono, la fisica, l'umorismo e l'intreccio complessivo è più correttamente settato sui canoni del cartone animato, addomesticato per i più piccoli. Nonostante la presenza di attori e ambienti dal vivo, questo è a tutti gli effetti un cartone animato delle tartarughe ninja con computer grafica sbalorditiva di ultima generazione. L'imperativo categorico  perseguito è trascinarci, farci divertire per un centinaio di minuti come quando guardavamo lo show negli anni ottanta. E allora via alla caccia al tesoro di manufatti alieni che porta alla stramba avventura nella giungla dove Bobop per un istante si scopre parente del Pumba del Re Leone. Via all'inseguimento per le strade di New York, tra ninja motorizzati e macchine della polizia, con al centro dell'azione lo storico furgoncino dei cartoni animati (e non quell'aborto fighetto visto a fine del film scorso), truccato, superaccessoriato, armato, blindato, dotato di braccia meccaniche armate di nunchaku e tombini-proiettile non compresi nella confezione. Via al quasi metafisico scontro tra i cieli multidimensionali di New York con Krang e il suo esoscheletro gigantesco e corazzato con arti estensibili, armi laser e congelanti  (magari in attesa di vederlo in futuro combattere, probabilmente per questioni di leadership, contro Shredder e il suo di esoscheletro, che in questa pellicola sta un po' troppo "in panchina"... sarebbe eccitante). Tanta, tantissima azione, spesso su più fronti contemporaneamente, spesso alternata a tanti siparietti comici ingenui ma graziosi. Certo non manca lo sventolio di bandiere, in fondo siamo in un film prodotto da Bay, ma la cosa non ci disturba troppo. Certo la formula, combattimento finale compreso, replica molto quanto si è già visto nel primo capitolo. Ma è forse un male? 


Attori digitali:  Le tartarughe sono in forma, parzialmente riviste nella stazza e nel look rispetto al primo capitolo, più leggere e meno corazzate (anche se Raf sfoggia fiero nuovi spallacci sul modello di Mad Max - Kenshiro), ma sempre sulla stessa linea creativa (se non vi piacevano quelle non vi piaceranno queste). Sono dinamiche, sempre più differenti l'una dall'altra, acrobatiche, si chiudono pure "a testuggine"come non le avevo mai viste fare e menano alla grande, anche se il focus qui scelto è più negli inseguimenti che sui combattimenti. Anche Splinter sembra rivisitato, il vestito più sgualcito, il pelo più arruffato e l'aria meno severa rispetto al primo capitolo. Così assomiglia molto di più alla controparte animata anni '80 (in fondo la forma più amata) rispetto alla versione a fumetti moderna. E poi vengono i pezzi forti, almeno per il sottoscritto.
Giravano dei concept su Krang, Bebop e Rocksteady fin dal primo film, erano bellissimi e rivelavano
che la produzione si stava muovendo nella direzione giusta, ma era corretto aspettare un secondo capitolo e lasciare per il primo film che l'attenzione fosse tutta per le tartarughe. Si poteva introdurre con calma tutto il resto. E' per lo stesso motivo che Splinter e Shredder si vedono poco in Fuori dall'ombra (come un nuovo personaggio che qui viene solo introdotto), sono in qualche modo "vittime di turn-over" per consentire ai nuovi arrivi di presentarsi al meglio. Bebop e Rocksteady sono fenomenali, esattamente come dovevano essere e non sminchiati come accadeva ne Il segreto di Ooze. Sono stupidissimi e divertentissimi quanto massicci e temibili, pronti a buttare fuori la loro natura bestiale e quadrupede quando più arrabbiati (quasi un parallelo con Zootropolis). Hanno l'appeal del classico elefante nella cristalleria, più che di portentose armi biologiche. Ogni loro passo a fronte di inaspettati sporadici successi provoca danni enormi e insensati. Zero risentimenti e tristezza per essere diventati dei grossi mutanti, solo gioia. Sono grassocci, maldestri, sovraeccitati e in fondo infantilmente ingenui, con un contenuto nelle mutande post-trasformazione che li rende fieri. Non si può che volergli bene, incondizionatamente, da subito.  Gli attori si sono divertiti un mondo a interpretarli e questa gioia traspare al cento per cento, quasi si tocca, vorremmo andare a bere una birra con loro. Il look dagli anni ottanta non è cambiato di una virgola (forse gli spallacci a guscio di tartaruga mancano ancora, ma li vedrei bene implementati in futuro) e sta così fuori dal tempo oggi che, per giustificarlo, hanno deciso che il dinamico duo sia appassionato dell'epoca d'oro dei paninari, al punto da frequentare unicamente e ossessivamente uno spettacolare nostalgia-bar in cui si trova ancora nel 2016 un jubox con le canzoni di Vanilla Ice. Mi aspettavo Ninja Rap, che ho letto presente nei titoli di coda ma non ho trovato, ho sentito al suo posto Ice, Ice Baby. E' stato comunque bello, triste (nel senso di deprimente, come lo era 30 anni fa) ma bello. E poi c'è Krang. Vedere in un film Krang, il robot con "il cervello nella panza" sulla scia di tanti cattivi nagaiani, era il mio sogno bagnato fin da bambino. Quello era il pupazzo che volevo, non le tartarughe. Non si era mai visto nelle pellicole anni '80, quando invece era il perno della serie tv, insieme a tutti i suoi robottini. Mi ha sempre rattristato la sua assenza in considerazione del fatto che avevano realizzato per Grosso guaio a Chinatown di Carpenter un Beholder con la stessa sputata faccia di Krang. Di conseguenza perché non avevano provato a metterlo nei film delle tartarughe, magari pagando il noleggio del pupazzo animato a Carpenter? Mistero. Ma ora ci siamo e il personaggio è venuto davvero bellissimo da vedere. Con il testone rosa e i suoi tentacolini. Con la voce irritante e il carattere manipolatore. Con il supporto robotico che "lo prende a pugni" per alloggiarlo nella cabina di comando nella pancia. Krang è perfettamente viscido, tridimensionale, sgradevole, con il suo inseparabile e rugginoso robot con la faccia-finta di un Ranx ebete (chissà se pensarono al personaggio cyberpunk di Tanino Liberatore quando crearono l'alieno Krang, mi piace pensare di sì). Krang  è esilarante e può apparire goffo ma non scherza affatto quando bisogna menare. E' a tutti gli effetti il boss di fine livello in ogni videogame delle tartarughe.


Attori di carne: Il Casey Jones di Arnett sa il fatto suo, è massiccio, veloce, con una maschera pazzesca, la pazzesca ossessione per l'hokey e con una muscle car ancora più pazzesca.  Un simpatico psicopatico, tanto sopra le righe quanto buffo, un personaggio decisamente riuscito anche nella vecchia trilogia e che qui si riconferma gradevolissimo. Arnett si diverte a interpretarlo e qualche volta prova a rubare la scena alle star. E ci riesce. Sto seriamente iniziando a pensare che posso rivedere la definizione di "bisteccone inespressivo" che gli ho sempre affibbiato. E poi c'è l'effetto speciale migliore di tutti: Megan Fox. Fare la giornalista d'assalto in un cartone animato per ragazzini significa camuffarsi continuamente in modo buffo per seguire una notizia e la nostra April O'neil non lesina di completini ultra-sexy e audaci. Solo che rispetto alla eroina animata vestita con tutona anti-stupro giallo banana e stivaloni bianchi da cavallerizza Megan Fox è su un altro livello. Sa di essere una delle donne più desiderate al mondo e sfoggia senza esitazione un fascino esplosivo e ammiccante all'interno di micro vestitini che starebbero stretti a una barbie. Non sarà la più grande attrice della storia, ma ammazza che presenza. Anche il suo ruolo è stato messo un po' da parte, insieme a una comprimaria di lusso quale era Whoopi Goldberg, ma in effetti il ruolo di April nella prima pellicola era eccessivo, quasi da protagonista assoluta. Will Arnett invece è esattamente come nel primo film, insignificante. Non fa ridere tipo "mai", è penosa ogni sua comparsa sullo schermo anche quando è finalizzata a sbeffeggiarsi di lui, non ha alcun carisma. Si trascina lungo la pellicola con la sua palletta gigante di battute di merda come uno stercorario. Fortuna che si vede poco. In lingua originale ha una voce buffa, inutilmente da figo, al punto che in Lego the Movie interpretava Batman e in 30th Rock faceva a gara con Alec Baldwin su chi aveva il tono di voce più basso e più figo. In italiano gli hanno appioppato un doppiatore che non valorizza nemmeno questo suo unico talento. Un po' spiazzante Brian Tee su Shredder e non per colpa dell'attore, che una presenza scenica ce l'ha pure. Il personaggio si vede troppo poco e fa realmente poco rispetto ai divertenti, lunghi e cattivi combattimenti in cui si scatenava nel precedente film. Come ho accennato sopra, sarà una questione di turn-over, ma si ha quasi l'amaro in bocca. Forse Tee avrà l'occasione di rifarsi con il terzo possibile film. Ci si chiede quale ragione abbia comportato il cambio dell'attore precedente, Tohoru Masamune, mettendo anche da parte la prospettiva del suo "successore", che si speculava dalla prima pellicola interpretato dal personaggio di Fichtner. Forse per l'intenzione conclamata di renderlo qui un villain secondario? Forse per garantire in futuro a Fichtner di tornate in cattedra con un ruolo dal minutaggio più consistente? Lo sapremo solo vivendo. Tyler Perry infine ha già le faccette buffe giuste per incarnare lo scienziato pazzo Baxter Stochman ma il suo destino, che i fan del cartone animato già ben conoscono, è ancora tutto da scrivere. 


Una trama più "semplice": Certo la nuova impostazione "cartoonesca" della pellicola va a cozzare con tutto il lato scientifico che veniva invece esaltato (mai termine fu più "ambizioso") nel primo film e in questo ci lascia un po' le penne la serietà di Donatello, che si deve qui cimentare continuamente nell'esposizione di una serie infinita di irripetibili Supercazzole "pseudoscientifiche", basate sul nulla siderale, esaltanti se avete giusto sette anni. Vede un pezzo di ferro volare a cacchio su New York e da questo va a capire  grazie a un  programma eccezionale di sua invenzione che capta ogni tipo di onde e fornisce un database di tutto lo scibile umano, non solo che è un componente di una nave aliena, ma anche che è il pezzo di una nave con un preciso comandante in carica. Guarda un raggio bluastro e riesce a teorizzare che è l'effetto di un teletrasporto la cui traccia energetica riporta a manufatti presenti in un museo. Osserva una componente aliena di origini ignote e in tre minuti passa alla sperimentazione su se stesso senza effetti collaterali. Esticazzi. La quintessenza dello "scienziato che fa e dice cose scienziate", il "macguffin" definitivo per portare senza un perché la trama laddove nessun rettile era giunto prima. Un espediente quasi da truffa per inanellare scene d'azione senza costruire una trama sensata. Certo noi siamo qui per vedere le tartarughe che affrontano Bibop e Rocksteady armati di un carrarmato con mitragliatrice pesante all'interno della stiva di un aereo-hangar che precipita su una giungla tropicale. Alla fine ci si abitua anche a questa tecnologia-fuffa  e in fondo "chissenefrega". Quasi. Per me, per continuare questo discorso masochistico, l'apice  di non-sense si raggiunge comunque in una scena che riguarda Shredder e un museo (il modo in cui sia lui il primo ad "aprire" un certo congegno e non "chiunque" in duemila anni di storia umana per puro caso grida davvero vendetta) e susseguente analisi dei luoghi da parte di Donatello (che si poteva fare solo conoscendo cose umanamente ignote), ma è una bella lotta. Tuttavia posizionando il cervello su "off", la posizione che dovreste aver tenuto in memoria dall'ultimo Transformers, si possono sorvolare tali fesserie e godersi in pieno lo spettacolo.
Allora, mi è piaciuto?  Il film merita ed è divertente, passa veloce senza tempi morti, esalta come non mai, soprattutto se siete bambini o bambinoni cresciuti con i cartoni animati delle tartarughe. Un seguito si fa già aspettare con trepidazione e speriamo che i cinesi (che qui cofinanziano come nel caso dell'ultimo Transformers, sempre di Bay) ci mettano una buona parola. Perché se aspettiamo gli americani mi sa che sarà dura vedere qualcosa. Perché complice Dory, Independence Day Resurgence, l'ultimo di Wan, la linea lunga di Civil War e X-men (le tartarughe sono uscite a inizio giugno in Usa) e le nuove pellicole che in America e solo in America arrivano in questi giorni, dei 183 milioni costati, in terre yankee la Paramount-Platinum Dune ha ripreso solo 80 milioni. E alla loro audience poco importa se nel resto nel mondo, uscendo anche con un mese in ritardo,  ha già racimolati 233 milioni in più. Il film è un floppone. Floppone in patria ma non all'estero quanto Pacific Rim, che solo ora, a distanza di troppo tempo, riparte per un seguito proprio grazie ai fondi cinesi. Rischiamo di vedere una Megan Fox ultra-quarantenne la prossima volta, ma voglio con tutto me stesso sbagliarmi. Anche perché la prossima tappa del franchise, come trapela da dialoghi e indiscrezioni, dovrebbe essere proprio il misterioso oriente e sarebbe bello vedere i ninja del piede trasformarsi, acquisire quella consistenza "fantasmatica e zomboide" già intuita nella serie tv insieme alle espressioni facciali caricaturali da tanti piccoli Deadpool viola. E poi dobbiamo ancora vedere le trivelle del Technodromo, i robottini, gli altri mutanti (e io in un'operazione nostalgia metterei dentro anche guest star,riprese dal cartone animato e del fumetto come Usagi, Savage Dragon  e magari gli Street Shark, che in fondo non c'entrano una fava ma sono pure loro stretti parenti mutanti degli show televisivi per ragazzi). Questo TMNT fuori dall'ombra è appagante, ma ha molto l'aria per potenziale di essere solo l'antipasto a più ampi sviluppi del brand. Manca ancora un po' a queste pellicole per trasformarsi in tutto e per tutto in quel cabinato da sala giochi di Konami che mi fece innamorare del tartarughe nel 1990.

N.B: TMNT Fuori dall'ombra migliora sotto molti aspetti il film uscito un paio di anni fa, ma sostanzialmente ne ripercorre filosofia e tecnica. Se avete amato la prima pellicola anche solo come "guilty pleasure"amerete anche questa. Se la prima non vi è piaciuta è davvero molto difficile, se non utopia, che questa riesca a farvi cambiare idea. Pertanto pur nella nostra logica di non dare mai un giudizio sintetico, riteniamo questo TMNT 2 con un ipotetico "punto in più" rispetto al primo capitolo. A voi e alla vostra valutazione personale della prima pellicola consigliamo di agire di conseguenza. 
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