Sinossi fatta male: America provinciale contemporanea ma un po' vintage, che è
di moda (in questi ricorda un po' il Babadook). I nostri eroi sono
ragazzi verso la fine della adolescenza, quasi fuori dall'essere
"teen-agers", sul calare degli spaventosi 19 anni. Quella dolce
e incosciente età tra il bambino e l'adulto alimentata dalla voglia di
diventare subito grandi, abbattere tutti i paletti ultra protettivi imposti dal
mondo dei genitori, voler fuggire fuori a esplorare il mondo. La voglia di
indipendenza, la voglia e la possibilità di farsi una birra o di vedere i film
vietati, la voglia della macchina e la voglia del sesso, ri-scoperto e
apprezzato dopo che maldestramente e "scientificamente" lo si è
incrociato da bambini, in quelle "rivistacce porno vintage"
abbandonate da qualcuno, dove appariva roba illogica e buffissima. Persone messe
in posizioni strane che in una curiosa ginnastica nudista si incastravano come
i lego e che facevano un sacco ridere, ora non lo fanno più. Più si
diventa grandi più si trovano sexy quegli strani riti, in armonia con un corpo
sodo, spaziale e in piena esplosione ormonale come quello di Jay, la bellissima
protagonista di questa pellicola interpretata da Maika Monroe (attrice e
surfista, ci racconta imdb). Jay che ha il fisico da modella di intimo ma che è
ancora bambina. Jay che gioca a fare la sirenetta passando le ore più calde
della giornata a fare "cif ciaff" nella piscina di plastica sotto
casa. Jay che subito dopo, a piedi scalzi, ancora bagnata, va in giro per casa
mezza nuda, coperta da un micro asciugamano e nient'altro addosso, con esposte
delle chilometriche gambe da puro infarto, irretendo l'amico di infanzia, il
nerd, sensibile, coscienzioso e pure parecchio sfigato Paul (Keir Gilchrist... Brutto, sfigato e dal nome impronunciabile ). Paul che si trova a casa sua su
quel divano a giocare con la sorella più piccola di Jay aspettando solo queste
sue celestiali visioni. Paul che spera, da vero servo della gleba, che
l'amicizia di lunga data con Jay possa un giorno, magari presto, consentirgli
di accedere a quello che poco cela quel micro asciugamano di cui sopra. Illuso.
Jay guarda già lontano, verso Hugh (Jake Weary). Più bello di Paul. Con la
macchina figa che non ha Paul. Dall'aria maledetta e misteriosa che non ha
Paul. Jay si trucca da adulta per Hugh non avara di rossetto e ombretto, si
mette lo smalto rosa sbriluccicante che trasforma le unghie in caramelle al
lampone, indossa il vestitino corto vedo-non vedo che si può levare in due
mosse. Non importa se Hugh è strano e forse inquietante. Hugh è figo, un
aspetto che smerda la capacità cognitiva di quasi ogni donna diciannovenne e
non. Hugh potrebbe essere un killer, un agente della folletto, un collezionista
di orecchie ma è figo e Jay ha deciso che va bene. Insieme vanno al cinema, a uno spettacolo ovviante vintage. Poco dopo sono su un prato al chiaro di luna,
appartati nell'auto di Hugh. Qui il ragazzo scatena tutta la passione che è in
lui. Sedici secondi di pura passione dopo, Jay sdraiata sull'auto con le
braccia a penzoloni verso il prato, con le sue unghie che sembrano caramelle al
lampone che accarezzano l'erba, riflette sul fatto che il romanticismo, il
"diventare grandi e farsi il ganzo, quello giusto=Figo" lo aveva pensato
come diverso. Lunghi abbracci in riva al mare, baci gentili e non succhiotti
sul collo, raccontarsi tutta la propria vita scambiandosi le smemo e un fuggire
dalle regole di casa, dalla scuola e da tutti, insieme all'uomo dei sogni,
liberi nel mondo, facendosi forza in due contro il sistema, in colesterolo, le
tasse. Scriversi FTW con un tatuaggio sulla schiena, come in quel film
con Mickey Rourke. No aspetta, questa ultima cosa andava di moda nel
94...
Comunque. I sedici secondi di Hugh non devono essere stati il massimo
della vita. Jay è ancora sul sedile posteriore dell'auto a rimuginare sulla
poco spettacolare fine della sua fanciullezza quando Hugh, da vero signore, la
anestetizza con il cloroformio. Ne usa poco e lo fa male. Hugh è un coglione
anche come psicopatico. Ma è Figo. E' per questo che le ragazze escono con
lui. La ragazza si risveglia legata a una sedia a rotelle in quello che
pare un ospedale o comunque un grosso edificio abbandonato. E' imbavagliata e
legata. A questo punto Hugh inizia a parlare come in quei film giapponesi con
una ragazzina con i capelli sugli occhi, quella roba che alle ragazze non è mai
piaciuta e che nelle sale è durata poco. Roba da nerd. Jay è spaventata, ma
forse di più adirata per aver trovato l'uomo sbagliato basandosi solo
sull'aspetto fisico. Ma è un pensiero che dura sei secondi, poi torna a pensare
a quanto sia Figo. Hugh, come uscito da un manga, parla di una strana
maledizione che si trasmette con il sesso, un ricordino che le ha passato senza
sensi di colpa in quei sedici secondi di cui sopra. Per lui comunque
impegnativi (anche perché i "Fighi", nota per il genere femminile
tutto: "ce l'hanno piccolo"). La maledizione prevede che la
vittima, cioè Jay, venga perseguitata a morte da una misteriosa entità che
cambia più volte aspetto. A vederla è solo la vittima, mentre al resto del
mondo appare invisibile. L'entità, chiamiamola "clamidia-zombie",
segue la vittima ovunque nel mondo, cercando sempre di raggiungerla. Se
la raggiunge la vittima muore. Ci sono poi tutta una serie di regole
comportamentali che lascio a voi scoprire per non rovinarvi il film. C'è
un dettaglio, presente già nel trailer, che svela ulteriormente la buona fede
dietro al piano di Hugh. Se vuole la ragazza, glielo dice esplicitamente, può
levarsi il clamidia-zombie "dandola via" a qualcun altro,
aggiungendo: "Cosa che per te sarà più facile". Sedotta,
abbandonata, maledetta e trattata da mignotta. Ma il succo è: a questo punto
Jay ha capito quanto sono stronzi i fighetti. Quindi si troverà un ragazzo per
bene come Paul, che le vorrebbe bene, non parlerebbe per deliri, la
accompagnerebbe a fare shopping tutti i sabati, le curerebbe il giardino,
spazzatura, il bagno intasato e la pulizia della sua cacchio di piscina di
gomma? E che soprattutto non la infetterebbe, dettaglio importante, con una specie di clamidia zombesca, frutto di sesso occasionale con una sconosciuta?
Certo, potrebbe farlo, ma in giro c'è Greg (Daniel Zovatto). Più figo di Paul,
con la macchina che non ha Paul, bello e misterioso come non lo sarà mai Paul.
Con tutta una serie di casini in casa che non ha Paul. Un nuovo amore per Jay è quindi in vista, ma il problema secondario (anche se non troppo) rimane ed è la maledizione del "coso che ti segue", il frutto della sua prima,
"spettacolare", "consapevole", "appagante" e
"romanticissima" esperienza di vita. Una clamidia-zombie da combattere
insieme ai suoi amici più cari. Perché Hugh nel mentre si è dato alla macchia.
Riuscirà Jay a sopravvive all'essere che "ti segue"?
Un nuovo modo di fare horror.
Sorprendente! Il nuovo film di David Robert Mitchell, regista giovane che ha
sempre avuto un occhio di riguardo nel trattare i temi adolescenziali, è l'autentica sorpresa di questa estate cinematografica. Come va di moda oggi, è vintage. Gli anni ottanta si respirano a pieni polmoni, attraverso la
splendida fotografia con colori caldi e un po' acidi, attraverso una scenografia
che fatta da villini di legno, muscle car e catafalchi come unici
dominatori delle strade, piccoli supermercati e soggiorni con la tv che
trasmette solo film in bianco e nero stile Ai confini della realtà.
Se non fosse per un palmare che per un secondo fa capolino, vediamo la
stessa provincia americana che pare uscire dai "Goonies". E c'è pure,
a scopo scena buffa, la stessa bicicletta per bambine goffamente rubata in quel
film da un adolescente Matt Dillon. Come sottofondo una colonna sonora
elettronica da film horror, anche lei vintage (suona come qualcosa dei Goblin,
ma pre simile al tema di Supercar), ad opera dei Disasterpeace, semplicemente
bellissima quanto aliena in questo 2016.
Un
montaggio azzeccato, alla Wes Craven, e non un solo minuto morto per
tutta la durata della pellicola.
Attori bene nella parte, nulla di sconvolgente ma azzeccati. Tra loro svetta un
bellissima Maika Monroe che già ci immaginiamo all'assalto di Hollywood, che ci
ha ricordato per la sensuale ingenuità la Juliette Lewis di Dal Tramonto
all'Alba. La Monroe riesce a magnetizzare l'attenzione su di lei, qualche
volta persino oscura il mostro "che ti segue", la vera trovata
registica di Mitchell, un babau che si muove seguendo schemi inediti e che potrebbe
essere già pronto per mille altre pellicole. L'intrigante sceneggiatura,
anch'essa ad opera di Mitchell, è una autentica bomba a orologeria volta a
nascondere e sublimare, incuriosire e depistare circa i poteri e le ragioni di
questa entità metafisica. L'entità "nasce nelle parole" e solo dopo
compare, attesa, riuscendo comunque a spaventare nonostante l'anticipazione.
Ricorda in questo il demone fuori dalla tavola calda di Mulholland Drive di
David Lynch. Stiamo tutti ad attenderlo e poi lui inevitabilmente arriva,
aspettato come il treno delle 18.00. Il mostro non parla, cambia forma (e ogni
forma potrebbe avere istinti diversi), non è stupido, raggiunge sempre la
sua vittima, è lento ma può attaccare all'improvviso, si può stordire ma di
rialza, non dorme mai. Può essere facilissimo da riconoscere o può mimetizzarsi
completamente, la sua origine è tuttora ignota. Un rebus insondabile. Forse un
fantasma o demone vendicativo dalle parti dei J-horror, forse un alieno, forse
un esperimento mentale. Unica certezza è il modo in cui si
"trasmette", il sesso. Il tabù massimo del genere slasher, la pratica
che dettava la condanna immediata per i ragazzini che avevano a che fare con
Freddy o Jason nei puritani Stati Uniti anni '80, qui, 36 anni dopo, rimane il
peccato originale, l'impurità che uccide la giovinezza, ma di riflesso è anche
il modo in cui si può combattere il male. Insomma negli slasher di una volta
non si poteva fare nulla, soprattutto il sesso, come ci ricordava il Fake -
trailer di Wright-Penn legato a Grindhouse
Ora
invece possiamo gridarlo con tripudio e gioia
E
quindi il sesso diviene la metafora perfetta dell'ingresso nella vita adulta,
la fine dell'innocenza. Un evento però molto meno bello di come sembrava, una
prova iniziatica insoddisfacente. Sesso che non c'entra nulla, dai fatti
narrati, con l'amore, inteso come un "sentimento scomodo ma utile".
La maledizione svilisce e in qualche modo riesce a uccidere l'amore, lo
cannibalizza, se ne serve in modo utilitaristico. Un falso amore usato
letteralmente per tradire il prossimo e lasciarselo alle spalle, una volta
"salvo dal mostro", come una presenza sporca, un fardello scomodo. E
la pellicola ci dice fra le righe che così devono rimanere le cose, se si vuole
sopravvivere. A meno che non si sia intenzionati a lottare, pur con armi
spuntate, contro un essere metafisico. Per sempre, titanicamente. Incredibile
come con una scrittura così a prova di bomba possiamo fare a meno di tutta
quella serie di effetti speciali di cui oggi siamo abituati. It follows
spaventa, tantissimo, non con salti continui dalla sedia ma con un malessere
che si insinua di più scena dopo scena, fino a diventare insostenibile, fino a
portarci la tensione fuori dalla sala. A casa ci si ripensa e ci si innamora di
questa pellicola. Si chiudono gli occhi davanti alle piccole ingenuità che
presenta, ci si affeziona al gioco intellettuale di inquadrare il mostro,
definirlo. Si vorrebbe vedere il seguito, che non è ancora stato pianificato ma
è nell'aria, il grosso successo internazionale ricevuto lo esige. Anche se non
servirebbe, anche se il film può concludersi benissimo così, l'entità che
segue, come uno zombie della clamidia ma forse anche qualcosa di più, è un
personaggio troppo bello per non essere ulteriormente esplorato. Come sarebbe
criminale non vedere più sullo schermo la lolita Maika Monroe, ingenua e
sensuale, ferita e sconfitta, una delle più belle scream Queen degli ultimi
anni.
Ma vogliamo davvero vederlo al cinema d'estate alle nove di sera?: Quando
arrivi nel cinema ti accoglie la locandina di It follows con un
flano da annali del cinema. "Non pensa. Non ha pietà. Non si ferma".
Quello che subito ti viene in mente sono quei ragazzetti di merda che giorno
dopo giorno infestano sempre di più gli horror al cinema. Parlano tutto il tempo
di cazzi loro, urlano ogni due scene come fossero sulle giostre e commentano ad
alta voce, facendo i versi con la bocca. Sono sempre con quei cellulari accesi
a faro che rompono i coglioni accecando fino a 300 metri, e che
quando non illuminano direttamente nei vostri occhi vengono usati più
canonicamente per parlare, in lunghi giri di telefonate che: "Fanculo chi
è al cinema, dobbiamo organizzare il calcetto domani". Inoltre ruminano
popcorn infiniti che alla fine smerdano sul pavimento. E poi l'ultima
frontiera, che non avevo ancora sperimentato e non credevo esistesse: i
vestiti e braccialetti "con i campanelli". Giuro, sarò diventato
vecchio e intransigente, ma ho sempre meno voglia di andare al cinema,
soprattutto a vedere gli horror, fino a che questo è il pubblico medio che ci
trovo. Avevo quindi (e ho sempre) una paura stra-fottuta del buio in sala, il
momento topico in cui compaiono e appoggiano la loro scarpa da ginnastica
sudata sopra il vostro poggiatesta. Questa volta mi è andata abbastanza bene,
ma il livello di guardia lo si sta passando già da un po'. Per questo film vi
consiglio di evitare le ore di punta quindi, anche perché merita dannatamente
di essere visto su grande schermo ed è un bellissimo regalo quello che ci ha
fatto Midnight Factory mettendocelo in programmazione. E' un film immersivo,
sexy, enigmistico, anche ironico. Andate a vederlo, perché ne vale la pena, ma
prendete degli accorgimenti per vederlo tranquilli e potervi così calare al
meglio nelle immagini.
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