venerdì 15 luglio 2016

It follows - lo abbiamo visto, ma per fortuna solo al cinema


Sinossi fatta male: America provinciale contemporanea ma un po' vintage, che è di moda (in questi ricorda un po' il Babadook). I nostri eroi sono ragazzi verso la fine della adolescenza, quasi fuori dall'essere "teen-agers", sul calare degli spaventosi 19 anni. Quella dolce e incosciente età tra il bambino e l'adulto alimentata dalla voglia di diventare subito grandi, abbattere tutti i paletti ultra protettivi imposti dal mondo dei genitori, voler fuggire fuori a esplorare il mondo. La voglia di indipendenza, la voglia e la possibilità di farsi una birra o di vedere i film vietati, la voglia della macchina e la voglia del sesso, ri-scoperto e apprezzato dopo che maldestramente e "scientificamente" lo si è incrociato da bambini, in quelle "rivistacce porno vintage" abbandonate da qualcuno, dove appariva roba illogica e buffissima. Persone messe in posizioni strane che in una curiosa ginnastica nudista si incastravano come i lego e che facevano un sacco ridere, ora non lo fanno più. Più si diventa grandi più si trovano sexy quegli strani riti, in armonia con un corpo sodo, spaziale e in piena esplosione ormonale come quello di Jay, la bellissima protagonista di questa pellicola interpretata da Maika Monroe (attrice e surfista, ci racconta imdb). Jay che ha il fisico da modella di intimo ma che è ancora bambina. Jay che gioca a fare la sirenetta passando le ore più calde della giornata a fare "cif ciaff" nella piscina di plastica sotto casa. Jay che subito dopo, a piedi scalzi, ancora bagnata, va in giro per casa mezza nuda, coperta da un micro asciugamano e nient'altro addosso, con esposte delle chilometriche gambe da puro infarto, irretendo l'amico di infanzia, il nerd, sensibile, coscienzioso e pure parecchio sfigato Paul (Keir Gilchrist... Brutto, sfigato e dal nome impronunciabile ). Paul che si trova a casa sua su quel divano a giocare con la sorella più piccola di Jay aspettando solo queste sue celestiali visioni. Paul che spera, da vero servo della gleba, che l'amicizia di lunga data con Jay possa un giorno, magari presto, consentirgli di accedere a quello che poco cela quel micro asciugamano di cui sopra. Illuso. Jay guarda già lontano, verso Hugh (Jake Weary). Più bello di Paul. Con la macchina figa che non ha Paul. Dall'aria maledetta e misteriosa che non ha Paul. Jay si trucca da adulta per Hugh non avara di rossetto e ombretto, si mette lo smalto rosa sbriluccicante che trasforma le unghie in caramelle al lampone, indossa il vestitino corto vedo-non vedo che si può levare in due mosse. Non importa se Hugh è strano e forse inquietante. Hugh è figo, un aspetto che smerda la capacità cognitiva di quasi ogni donna diciannovenne e non. Hugh potrebbe essere un killer, un agente della folletto, un collezionista di orecchie ma è figo e Jay ha deciso che va bene. Insieme vanno al cinema, a uno spettacolo ovviante vintage. Poco dopo sono su un prato al chiaro di luna, appartati nell'auto di Hugh. Qui il ragazzo scatena tutta la passione che è in lui. Sedici secondi di pura passione dopo, Jay sdraiata sull'auto con le braccia a penzoloni verso il prato, con le sue unghie che sembrano caramelle al lampone che accarezzano l'erba, riflette sul fatto che il romanticismo, il "diventare grandi e farsi il ganzo, quello giusto=Figo" lo aveva pensato come diverso. Lunghi abbracci in riva al mare, baci gentili e non succhiotti sul collo, raccontarsi tutta la propria vita scambiandosi le smemo e un fuggire dalle regole di casa, dalla scuola e da tutti, insieme all'uomo dei sogni, liberi nel mondo, facendosi forza in due contro il sistema, in colesterolo, le tasse. Scriversi FTW con un tatuaggio sulla schiena, come in quel film con Mickey Rourke. No aspetta, questa ultima cosa andava di moda nel 94... 


Comunque. I sedici secondi di Hugh non devono essere stati il massimo della vita. Jay è ancora sul sedile posteriore dell'auto a rimuginare sulla poco spettacolare fine della sua fanciullezza quando Hugh, da vero signore, la anestetizza con il cloroformio. Ne usa poco e lo fa male. Hugh è un coglione anche come psicopatico. Ma è Figo. E' per questo che le ragazze escono con lui. La ragazza si risveglia legata a una sedia a rotelle in quello che pare un ospedale o comunque un grosso edificio abbandonato. E' imbavagliata e legata. A questo punto Hugh inizia a parlare come in quei film giapponesi con una ragazzina con i capelli sugli occhi, quella roba che alle ragazze non è mai piaciuta e che nelle sale è durata poco. Roba da nerd. Jay è spaventata, ma forse di più adirata per aver trovato l'uomo sbagliato basandosi solo sull'aspetto fisico. Ma è un pensiero che dura sei secondi, poi torna a pensare a quanto sia Figo. Hugh, come uscito da un manga, parla di una strana maledizione che si trasmette con il sesso, un ricordino che le ha passato senza sensi di colpa in quei sedici secondi di cui sopra. Per lui comunque impegnativi (anche perché i "Fighi", nota per il genere femminile tutto: "ce l'hanno piccolo"). La maledizione prevede che la vittima, cioè Jay, venga perseguitata a morte da una misteriosa entità che cambia più volte aspetto. A vederla è solo la vittima, mentre al resto del mondo appare invisibile. L'entità, chiamiamola "clamidia-zombie", segue  la vittima ovunque nel mondo, cercando sempre di raggiungerla. Se la raggiunge la vittima muore. Ci sono poi tutta una serie di regole comportamentali che lascio a voi scoprire per non rovinarvi il film. C'è un dettaglio, presente già nel trailer, che svela ulteriormente la buona fede dietro al piano di Hugh. Se vuole la ragazza, glielo dice esplicitamente, può levarsi il clamidia-zombie "dandola via" a qualcun altro, aggiungendo: "Cosa che per te sarà più facile". Sedotta, abbandonata, maledetta e trattata da mignotta. Ma il succo è: a questo punto Jay ha capito quanto sono stronzi i fighetti. Quindi si troverà un ragazzo per bene come Paul, che le vorrebbe bene, non parlerebbe per deliri, la accompagnerebbe a fare shopping tutti i sabati, le curerebbe il giardino, spazzatura, il bagno intasato e la pulizia della sua cacchio di piscina di gomma? E che soprattutto non la infetterebbe, dettaglio importante, con una specie di clamidia zombesca, frutto di sesso occasionale con una sconosciuta? Certo, potrebbe farlo, ma in giro c'è Greg (Daniel Zovatto). Più figo di Paul, con la macchina che non ha Paul, bello e misterioso come non lo sarà mai Paul. Con tutta una serie di casini in casa che non ha Paul. Un nuovo amore per Jay è quindi in vista, ma il problema secondario (anche se non troppo) rimane ed è la maledizione del "coso che ti segue", il frutto della sua prima, "spettacolare", "consapevole", "appagante" e "romanticissima" esperienza di vita. Una clamidia-zombie da combattere insieme ai suoi amici più cari. Perché Hugh nel mentre si è dato alla macchia. Riuscirà Jay a sopravvive all'essere che "ti segue"? 



Un nuovo modo di fare horror. 
Sorprendente! Il nuovo film di David Robert Mitchell, regista giovane che ha sempre avuto un occhio di riguardo nel trattare i temi adolescenziali, è l'autentica sorpresa di questa estate cinematografica. Come va di moda oggi, è vintage. Gli anni ottanta si respirano a pieni polmoni, attraverso la splendida fotografia con colori caldi e un po' acidi, attraverso una scenografia che fatta da villini di legno, muscle car e catafalchi come unici dominatori delle strade, piccoli supermercati e soggiorni con la tv che trasmette solo film in bianco e nero stile Ai confini della realtà. Se non fosse per un palmare che per un secondo fa capolino,  vediamo la stessa provincia americana che pare uscire dai "Goonies". E c'è pure, a scopo scena buffa, la stessa bicicletta per bambine goffamente rubata in quel film da un adolescente Matt Dillon. Come sottofondo una colonna sonora elettronica da film horror, anche lei vintage (suona come qualcosa dei Goblin, ma pre simile al tema di Supercar), ad opera dei Disasterpeace, semplicemente bellissima quanto aliena in questo 2016.



Un montaggio azzeccato, alla Wes Craven,  e non un solo minuto morto per tutta la durata della pellicola.

Attori bene nella parte, nulla di sconvolgente ma azzeccati. Tra loro svetta un bellissima Maika Monroe che già ci immaginiamo all'assalto di Hollywood, che ci ha ricordato per la sensuale ingenuità la Juliette Lewis di Dal Tramonto all'Alba. La Monroe riesce a magnetizzare l'attenzione su di lei, qualche volta persino oscura il mostro "che ti segue", la vera trovata registica di Mitchell, un babau che si muove seguendo schemi inediti e che potrebbe essere già pronto per mille altre pellicole. L'intrigante sceneggiatura, anch'essa ad opera di Mitchell, è una autentica bomba a orologeria volta a nascondere e sublimare, incuriosire e depistare circa i poteri e le ragioni di questa entità metafisica. L'entità "nasce nelle parole" e solo dopo compare, attesa, riuscendo comunque a spaventare nonostante l'anticipazione. Ricorda in questo il demone fuori dalla tavola calda di Mulholland Drive di David Lynch. Stiamo tutti ad attenderlo e poi lui inevitabilmente arriva, aspettato come il treno delle 18.00. Il mostro non parla, cambia forma (e ogni forma potrebbe avere istinti diversi), non è stupido, raggiunge sempre la sua vittima, è lento ma può attaccare all'improvviso, si può stordire ma di rialza, non dorme mai. Può essere facilissimo da riconoscere o può mimetizzarsi completamente, la sua origine è tuttora ignota. Un rebus insondabile. Forse un fantasma o demone vendicativo dalle parti dei J-horror, forse un alieno, forse un esperimento mentale. Unica certezza è il modo in cui si "trasmette", il sesso. Il tabù massimo del genere slasher, la pratica che dettava la condanna immediata per i ragazzini che avevano a che fare con Freddy o Jason nei puritani Stati Uniti anni '80, qui, 36 anni dopo, rimane il peccato originale, l'impurità che uccide la giovinezza, ma di riflesso è anche il modo in cui si può combattere il male. Insomma negli slasher di una volta non si poteva fare nulla, soprattutto il sesso, come ci ricordava il Fake - trailer di Wright-Penn legato a Grindhouse



Ora invece possiamo gridarlo con tripudio e gioia



E quindi il sesso diviene la metafora perfetta dell'ingresso nella vita adulta, la fine dell'innocenza. Un evento però molto meno bello di come sembrava, una prova iniziatica insoddisfacente. Sesso che non c'entra nulla, dai fatti narrati, con l'amore, inteso come un "sentimento scomodo ma utile". La maledizione svilisce e in qualche modo riesce a uccidere l'amore, lo cannibalizza, se ne serve in modo utilitaristico. Un falso amore usato letteralmente per tradire il prossimo e lasciarselo alle spalle, una volta "salvo dal mostro", come una presenza sporca, un fardello scomodo. E la pellicola ci dice fra le righe che così devono rimanere le cose, se si vuole sopravvivere. A meno che non si sia intenzionati a lottare, pur con armi spuntate, contro un essere metafisico. Per sempre, titanicamente. Incredibile come con una scrittura così a prova di bomba possiamo fare a meno di tutta quella serie di effetti speciali di cui oggi siamo abituati. It follows spaventa, tantissimo, non con salti continui dalla sedia ma con un malessere che si insinua di più scena dopo scena, fino a diventare insostenibile, fino a portarci la tensione fuori dalla sala. A casa ci si ripensa e ci si innamora di questa pellicola. Si chiudono gli occhi davanti alle piccole ingenuità che presenta, ci si affeziona al gioco intellettuale di inquadrare il mostro, definirlo. Si vorrebbe vedere il seguito, che non è ancora stato pianificato ma è nell'aria, il grosso successo internazionale ricevuto lo esige. Anche se non servirebbe, anche se il film può concludersi benissimo così, l'entità che segue, come uno zombie della clamidia ma forse anche qualcosa di più, è un personaggio troppo bello per non essere ulteriormente esplorato. Come sarebbe criminale non vedere più sullo schermo la lolita Maika Monroe, ingenua e sensuale, ferita e sconfitta, una delle più belle scream Queen degli ultimi anni. 



Ma vogliamo davvero vederlo al cinema d'estate alle nove di sera?: Quando arrivi nel cinema ti accoglie la locandina di It follows con un flano da annali del cinema. "Non pensa. Non ha pietà. Non si ferma". Quello che subito ti viene in mente sono quei ragazzetti di merda che giorno dopo giorno infestano sempre di più gli horror al cinema. Parlano tutto il tempo di cazzi loro, urlano ogni due scene come fossero sulle giostre e commentano ad alta voce, facendo i versi con la bocca. Sono sempre con quei cellulari accesi a faro che rompono i coglioni accecando  fino a 300 metri, e che quando non illuminano direttamente nei vostri occhi vengono usati più  canonicamente per parlare, in lunghi giri di telefonate che: "Fanculo chi è al cinema, dobbiamo organizzare il calcetto domani". Inoltre ruminano popcorn infiniti che alla fine smerdano sul pavimento. E poi l'ultima frontiera, che non avevo ancora sperimentato e non credevo esistesse: i vestiti e braccialetti "con i campanelli". Giuro, sarò diventato vecchio e intransigente, ma ho sempre meno voglia di andare al cinema, soprattutto a vedere gli horror, fino a che questo è il pubblico medio che ci trovo. Avevo quindi (e ho sempre) una paura stra-fottuta del buio in sala, il momento topico in cui compaiono e appoggiano la loro scarpa da ginnastica sudata sopra il vostro poggiatesta. Questa volta mi è andata abbastanza bene, ma il livello di guardia lo si sta passando già da un po'. Per questo film vi consiglio di evitare le ore di punta quindi, anche perché merita dannatamente di essere visto su grande schermo ed è un bellissimo regalo quello che ci ha fatto Midnight Factory mettendocelo in programmazione. E' un film immersivo, sexy, enigmistico, anche ironico. Andate a vederlo, perché ne vale la pena, ma prendete degli accorgimenti per vederlo tranquilli e potervi così calare al meglio nelle immagini. 
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