Sinossi fatta male: Antico Egitto. Gli Dei camminano tra i mortali e indossano
sandaloni dorati. Come nei fumetti di Enki Bilal (e forse pure nei
geroglifici, ma non metto la mano sul fuoco) sono più alti degli umani, quasi
il doppio. Hanno oro che scorre nel sangue, sono nevrotici come i colleghi dei
greci e possono incredibilmente mutare aspetto. Solo che in questo caso non
assumono forme zoomorfe, divengono direttamente dei transformers-bio-meccanici
con tanto di "pezzi" del proprio corpo o dell'armatura scomponibili e
riassemblabili. Tipo Jeeg Robot d'acciaio, con pezzi robotici che si
ricompongono con aggiunta di ali e trivelle. A un certo punto, anno più anno
meno, il buon Osiride (un grande attore che finito in questa tamarrata si nasconde come può sotto un trucco pesante) decide di abdicare a favore del
figlio Horus (l'attore Nokolaj Coster-Waldau, che interpreta Jemie Lannister
del Trono di Spade, qui spesso a petto nudo come quando è in vacanza a
Sharm'el'sheik e in effetti la prima persona che viene in mente pensando a un
dio medio-orientale) e tutti gli egiziani sono felici, compreso Bek (l'attoraccio brutto e inespressivo Brenton Thwaites, che ci siamo già sorbiti
in Maleficent e Oculus), la brutta copia di Alladin della Disney, e la sua
amata ragazza-gnocca-senza-fine Saya (Courtney Eaton, bellissima, vista come
Jinx nei G.I.Joe 2) che veste già, ante litteram, con un push-up da paura. Pure
Horus è contento, anche perché, eredità a parte, pure lui sta con una mega
manza fotonica (Eodie Yung, l'Elektra della nuova serie tv Netfix su
Daredevil), la dea dell'amore egizio, e si fa ogni mattina il bagnetto con
manze mezze nude come Eddie Murphy ne Il principe cerca moglie. Tutti felici
anche perché gli Dei sono benevolissimi e per tradizione "regalano"
l'aldilà anche ai mortali, ma qualcuno non è d'accordo. E' Set, interpretato da
un Gerald Butler in forma splendida, stra-contento di interpretare un cattivo
come ai tempi di Giustizia Privata, che sembra uscito dritto e incazzatissimo
e con la stessa armatura spartana da 300. Ce l'ha con il fratello Osiride, col padre Rah (il grande Geoffrey
Rush, che si è ispirato ad una tartaruga secolare per interpretare con la
giusta trascendenza il ruolo di un monaco spaziale in pigiama che vive su una barchetta cosmica), con il nipote
Horus, con il corriere Bartolini che non arriva mai e anche con i tizi che ti
mettono nella posta i buoni sconto di Mediaworld. Gli sta sulle palle chiunque.
Decide di pigliare lui il potere "perché sì" e dopo essere comparso
non invitato alla cerimonia di successione come la Malefica della Disney uccide
a tradimento il fratello Osiride e inizia un mega scontro con Horus. Una zuffa
colossale in cui entrambi sfoggiano per l'occasione super armature zarre dorate
animaliformi che paiono direttamente uscite da serial tv live action giapponesi
tipo Garo. L'impatto visivo dello scontro rimanda tanto alla stop
motion quanto a un concetto di computer grafica che fa tanto "fine anni
novanta", modello "Bio-transformers" o "Filmati di Tekken 2", qualcosa del genere, diventata "animazione 3d vintage", roba
che spero sempre dimenticata ma che nei miei incubi peggiori fa capolino di
tanto in tanto. Set in versione cyber--megazord in breve sconfigge
il nipote spezzando le sue ali da Vultus V di plastica e lo priva del suo
superpotere, gli occhi, che si trasformano subito in gemme azzurre. Vincitore e autoeletto capo di tutto, come segno di magnanimità verso i mortali Set decide di cambiare la politica del welfare ultraterreno: da allora in poi,
se vogliono l'aldilà, devono pagarlo in oro. Si introduce così la prima tassa
modello unico post-mortem (e speriamo che la cosa non faccia venire strane
idee anche al nostri governo). Passa un po' di tempo, la gente mormora
mentre Set, carico di tributi, sta facendo guerra a tutto il mondo, perché è
uno sempre con le palle girate. In più sta costruendo, in puro oro ricavato dalle tasse, edifici quasi più
costosi del Ponte sullo Stretto di Messina. L'Aladdin dei poveri, dalle folte
sopracciglia rese stupidissime da un barbiere che lo odia, spinto dalla morosa
che lavora per l'architetto del dio in carica (Rufus Sewell, che dopo
Lancilotto in King Arthur racimola solo ruoli da stronzo, chissà perché),
decide di farla finita con questo regime totalitario. Vuole essere comandato da
un dittatore più simpatico. Con le mappe dello studio dell'architetto, usate
come fossero le guide ufficiali di un videogioco di cui lui è il
protagonista, Bek tra seghe circolari, passerelle semoventi, una
prova a tempo e due trofei conquistati, penetra nell'edificio in
cui Set nasconde gli occhi di Horus. Li ruba e dopo una fuga rocambolesca e
sfigatissima il restituisce al legittimo proprietario, che momentaneamente
versa per terra nel suo vomito, formalmente guardiano di una tomba part-time pagato cui voucher comunali,
ubriaco come se non ci fosse un domani. Riuscirà con questo gesto a motivare
Horos a prendere a calci Set? Li aiuterà in questa missione il dio della
saggezza egizia (interpretato da Chadwick Boseman, felice di essere sulla
pellicola quanto lo si è in coda alla posta)?
Un film non per tutti: Prima di passare al commento è giusto però fare
"una chiamata alle armi", anche perché il film non è decisamente per
tutti. Quindi prendo idealmente un megafono e parto con l'appello.
Voi che avete apprezzato la sobrietà e stile neoclassico architettonico dei film di Riddick, in specie del secondo. Voi che avete un poster di Barbarians Brothers sulla porta dell'ufficio del vostro posto di
lavoro. Voi che il sabato pomeriggio vi sparate Masters of the Universe con
Dolph Lundgren conoscendo a memoria le battute. Voi che (unici) cercate
febbrilmente in rete informazioni su Scontro tra Titani 3. Voi che comprate i Transformers e i Cavalieri dello Zodiaco di metallo a quarant'anni, pagandoli
oro, perché le armature sono fighissime. Voi che pensate che Zardoz sia stato
il top di Sean Connery. Voi che avete comprato un album di Grace Jones solo
perché la avete vista in Conan il distruttore. Voi che avete scritto una mail a
Sommers incitandolo a girare La Mummia 4. Voi che volevate altri 16 film di
Stargate al cinema, al posto della serie tv con McGuyver. Voi adoratori
dell'Hercules del 1983 con Lou Ferrigno. Voi tutti. Se incarnate tutti questi
aspetti, insieme e non disgiuntamente, Fratelli, venite a me! Perché
questa pellicola accolta ancora prima dell'uscita come "lammerda",
potrebbe in fondo non farvi poi così schifo. E' un film tremendo sotto vari aspetti, ma pure
colorato, innocuamente eccessivo e divertente. E' un giocattolone, sa di esserlo
e non pretende di sembrare qualcosa di altro. Per alcuni questa schiettezza è squalificante, per altri si può accettare.
Un kolossal con l'animo infelice del b-movie retrò: Gods of Egypt ha
suggestioni del mito greco di Orfeo ed Euridice, la forma esteriore di un
super-hero movie ante-litteram, ma soprattutto il cuore frenetico di un
videogame. Vorrebbe sembrare di conseguenza una tragedia greca sull'orgoglio
spezzato e sul destino che uccide la libertà umana, vorrebbe incarnare,
come oggi di moda, il mito moderno dei "grandi poteri da cui derivano
grandi responsabilità", ma alla fine si accontenta dello spettacolo visivo
che vuole offrire, frenetico, zarro e fracassone, e risulta una lunga corsa videoludica, di livello in livello,
all'interno di una mitologia egizia amabilmente pasticciata. Un Rollercoaster
visivamente intrigante, anche se in un modo del tutto "analogico", e
non privo di momenti divertenti. I personaggi e gli ambienti sembrano uscire da
graphic novel fantasy anni 70-80. La recitazione è la stessa che trovavamo nei
peplum classici, pomposa ed epicheggiante, ma modernizzata con ironia, un po' di
buddy movie e un pizzico di romanticismo ripercorrendo la formula di Scontro
tra Titani, pellicola con cui condivide gli sceneggiatori e produttori. I
vestiti, le armi, i tesori preziosi da ritrovare per "finire
l'avventura", sono l'evoluzione kitch dei materiali di scena di mille
pellicole su Maciste e Ursus. Horus, quando non è un unico effetto digitale
dorato con appiccicata la faccia di Nokolaj Coster-Waldau, indossa un
completino in pelle neo hippy, Set sembra sempre corazzato come uno spartano, la dea dell'amoe porta un vestito con reggiseno a vista. Non c'è coerenza storica tra un abito e l'altro, ma
sono "belli da vedere", puro "fantasy disimpegnato".
Non mancano dei super serpenti (stile vermoni di Dune) cavalcati da
amazzoni, mostri grandi quanto il Kraken (ve lo ricordate Scontro tra
titani e il suo "liberate il kraken!!"? Quello è lo stile e
imponenza). Non mancano mega templi fantomatici, pieni di trappole, architetture
mobili, marmi e fiaccole perenni in stile Cinecittà sandalona anni '60 - '70, ma
purtroppo tutti o quasi virtuali, creati in digitale. L'intero film è stato infatti girato senza una sola scenografia, con il blu screen che sembra
essere stato usato su ogni superficie e suppellettile. Una sfida creativa
spesso così invasiva che se da un lato è riuscita a creare scene sicuramente
evocative, dall'altra ha portato a momenti in cui queste di colpo appaiono
forzosamente fasulle, con gli attori incollati come figurine su ambienti digitali.
Un continuo strizzare l'occhio alle tecniche e ai movimenti delle
creature di film come Gli Argonauti e I viaggi di Simbad, che hanno parte del
fascino anche nel risultare in una certa misura "posticci" non
incontra poi spesso i gusti del grande pubblico, ma piacerà ai fan. Sembra un
film pensato per nerd di quarant'anni senza ritardi della nuova odience. Non
mancano mai scenograficamente ispirati tocchi di classe da "copertina
generica di album metal anni '80" come la Nave di Rah, come i giudici del
tribunale delle anime, come la biblioteca di Thoth. La trama è per lo più un
pretesto per infilare più scene d'azione possibile, non vuole essere altro.
Il
montaggio è serrato, la fotografia "dorata" in modo quasi
imbarazzante. Il realismo scenico non è nemmeno lontanamente preso in
considerazione. Certe coreografie di combattimento (vedi la sequenza della
cascata) sono esaltanti, colorate, piene di mostri anche se
"posticci". L'aspetto visivo non si discosta "per
teatralità" (soprattutto nella parte finale) da Immortals di Tarsen e
alcune creature (e ce ne sono davvero tantissime) sembrano copia-incollate da
Jupiter Ascending (si vede che anche i mostri digitali hanno una famiglia da
mantenere). Diciamolo senza filtro: è kitsch da paura ma non è orribile, solo
maledettamente eccessivo e gratuito. Ed è fiero di esserlo, questo film
desidera apparire eccessivo espressamente, in tutto. Gli attori, Butler in
testa, sembrano essersi divertiti un mondo a giocare con personaggi sopra le
righe, caricandoli e donando loro un surplus di eccentricità e follia. Butler
non era così intenso da tempo, Geoffrey Rush dona credibilità a un personaggio
sinceramente assurdo anche solo per come è vestito (e c'è un interessante
momento alla Tron con lui protagonista), Nikolaj Coster-Waldau ha la giusta
faccia da schiaffi e ricorda pure il Kurt Russell degli anni '80. Edolie Yung e
Courtney Eaton oltre a essere belle da infarto sono molto dolci e reggono bene
il lato emotivo della pellicola. Brenton Thwaites e le sue buffe sopracciglia
sono da cinghiate sui denti, siamo in quei caso in cui il protagonista è reso
tanto male (per incapacità dell'attore manifesta) che si spera muoia presto e
malissimo. Ma "in media" il cast se la cava bene. Trasmettono quindi
ai loro personaggi molta vitalità e si lanciano senza pensarci troppo in stunt
scavezzacollo.
Un giocattolone per nostalgici che costa troppo: Allora perché tanta acredine, per un film che si presenta da subito con le carte scopertissime, come rappresentante della baracconata cinematografica medio-classica? Si è visto di meglio, ma pure parecchio di peggio. Il film è esattamente in linea con le due pellicole sui Titani, che avevano incassato tantissimo, al punto che ne condivide sceneggiatori e produzione. Se avete gradito i due film con Sam Worthington non c'è davvero qui un solo motivo per cui questo non dovrebbe piacervi. Gli attori sono pure in parte e con una dose maxi di autoironia "divertiti nei ruoli". Alex Proyas, qui molto meno cupo del solito, ha diretto Il Corvo, Dark City, Io robot e ha una vera passione per la messa in scena della fantascienza e del fantasy, riesce a donare il "colore giusto" alle sue pellicole. E questa pellicola è oro placcato, fasullo ma che se ci si accontenta non appare così male. Il film diverte, ha un modo di prendersi sul serio che spinge al parodistico, scorre veloce. Forse è però un film troppo ricco di budget in ragione del vasto target finale e delle sue aspettative. Poca introspezione, una trama che si svolge tutta in una specie di Gardaland, pupazzi digitali vintage che apparentemente, anche se frutto di una precisa scelta creativa, sembrano molto economici. Per certa critica se fai b-movie in genere devi produrteli in casa, con attori-comparse amici tuoi, con la sceneggiatura che hai scritto alle medie, un po' vergognandotene. Allora si apprezzano i pupazzi, si perdona l' ingenuità, a volte si applaude il "cult". Mentre qui ci stava una montagna di soldi tutta volta al divertimento più basso ed elementare. Il pubblico spesso faccio fatica a comprenderlo, ma la shit-storm caduta sul film è di dimensioni così vaste che prima di entrare in sala quasi mi davo del coglione per aver speso i soldi del biglietto. Tutti, critica compresa che già in anteprima lo ha bocciato, volevano qualcosa "di più" e non trovandola si sono divertiti a demolire pezzo per pezzo questo film. Cioè 14% su Rotten Tomatoes! Il film ha il biglietto da visita di un ristorante con vomitate non pulite sul pavimento e infestato dai ratti giganti! Al pubblico e ai critici non sono soprattutto piaciuti, oltre al maxi budget a fini giocattolosi, soprattutto gli effetti speciali vintage. Ma alla fine, vuoi in proporzioni diverse, non è piaciuto nemmeno "tutto il testo". La trama è risultata risibile e inappropriata per introdurre dei miti nuovi per Hollywood. Le scelte visive sono risultate pessime, la recitazione troppo sopra le righe ha infastidito, gli attori occidentali sono stati giudicati inappropriati per interpretare degli egizi, anche se potevano andare bene per fare i "greci" qui non erano molto politically correct. E il film ce le ha tutte a ben vedere queste magagne, ma se amate l'intrattenimento disimpegnato e pellicole come l'Hercules di Lou Ferrigno a Flash Gordon passando per i due Titani (tre se contiamo l'originale Scontro tra titani del 1981), sono convinto che in fondo non riuscirete a volergli così male. Allora gli effetti visivi li apprezzerete per quello che vogliono essere, una via di mezzo tra modellini anni '70 e computer grafica. Allora i set pomposi fino all'eccesso vi faranno ricordare Ursus, allora gli attori sopra le righe li apprezzerete come in quei film biblici che propone rete 4. Non è forse il modo migliore di fare le cose , ma per quei quattro o cinque come me che amano i fantasy anni '70 - '80 è "aria di casa". Forse siamo in pochi, troppo pochi rispetto a una platea da blockbuster .
Giudizio finale: Difficilmente, visto il responso ai botteghini (costo dichiarato 140 milioni per un guadagno, considerando anche i boxoffice mondiali, di miseri 30), vedremo un Gods of Egypt 2, a meno che non faccia i numeri stratosferici in home video, diventando magari un guilty pleasure. Una perla ultra kitch di fantasy retrò destinata a rimanere isolata. Ma il film ha per lo meno il merito di chiudere le trame ed essere abbastanza "conclusivo" (un po'btimidamente una porta mezza aperta la lascia, ma è davvero poca cosa). A me comunque vedere un dio egizio uomo-uccello armato di spade e raggi laser che si azzuffa in cielo contro il bio-transformers di un uomo-cane composto da organi organico-pseudo-robotici di Dei egizi (fusi a lui addosso come in un megazord dei power rangers) non è affatto dispiaciuto. Anche se in effetti la frase che ho appena scritto sembra non avere alcun senso logico. Più che le persone a cui non è piaciuto e, diciamolo, questo film non è piaciuto praticamente a nessuno, mi piacerebbe trovare nei commenti qualcuno che per un verso o per l'altro ha trovato questo Gods in Egypt non così tremendo. Mi sentirei meno solo e meno folle. Forse.
L'home video: Leone Editore confeziona un prodotto non troppo pingue di
contenuti extra, ma dal video brillante e dal sonoro potente. Ad ogni modo vi
consiglio prima un noleggio se non lo avete ancora visto.
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