venerdì 22 luglio 2016

Dylan Dog n. 358 : Il prezzo della carne



Sinossi fatta male: Siamo nel Kent, in piena provincia inglese, a Grain, descritta come "un granello di polvere sulle mappe geografiche". Durante un'uscita notturna un gruppo di pescatori fa una scoperta inquietante: a pelo d'acqua affiora il corpo di una giovane donna decapitata. Uno di loro sbianca, sulla schiena la ragazza riporta dei tatuaggi identici a quelli di sua figlia, morta due anni prima a seguito di una grave malattia. Dylan si incuriosisce, ne parla con Bloch (in un Pub londinese, ritratto da pagina 15 a 18,che mi ricorda tantissimo tanto come interni che per facciata, uno in cui sono entrato anch'io, dalle parti di Victoria Station... se ci passate chiedete una porzione grande di fish'n'chips, puro orgasmo culinario) e decide di andare sul posto non "Groucho - munito". Arrivato in loco per indagare, trova una situazione ancora più strana del previsto, in quanto viene ostacolato nelle indagini in ogni modo dalle istituzioni locali, capitanate da uno sceriffo dai tratti quantomeno "lombrosiani". Tuttavia alcuni cittadini sembrano accoglienti e simpatici e dicono al nostro eroe che la città in effetti un tempo era da cartolina ma che si è imbruttita di colpo solo nel recente. Più il detective scava a fondo, più emerge una realtà soprannaturale tanto brutale, inquietante e perversa, quanto nascosta malamente sotto l'apparente normalità della piovosa e un po' deprimente provincia in riva al mare. E troppe persone sono complici degli orrori che si stanno perpetrando in quei luoghi. 
Giù nella provincia: Il mondo è un posto brutto ance se ci allontaniamo dalla tentacolare città, addentrandoci nell'apparentemente serena provincia dove vive "la gente perbene". E' un adagio sempre di più insistente, forse avvalorato dalle "pro loco" che non vogliono invasioni di forestieri. Più il posto è tranquillo e rilassante, più c'è da aspettarsi che la calma apparente costituisca solo la quiete prima della tempesta e che tutto all'improvviso possa degenerare e deflagrare in modo dirompente. In questa storia c'è un elemento sovrannaturale che prescinde la strana situazione che sta accadendo nel paesino e questo aspetto costituisce il vero colpo di genio dell'autore. Quello che "fa male" è il modo in cui le persone coinvolte in questo "soprannaturale" ne facciano uso, in totale sfregio delle mille possibilità e pericoli che tale potere comporta. Un uso distorto e continuativo atto a perpetrare una barbarie che supera l'umano e attenta direttamente allo spirituale. 
Fabrizio Accatino dopo l'ottimo Il generale inquisitore ci regala una struggente, amara e disturbante storia sulla più svilente delle condizioni umane, sulla mercificazione della carne e dello spirito. L'autore non punta alla costruzione di un giallo troppo complesso, giacché il percorso narrativo è di facile intuizione, ma lavora molto accuratamente sulla suggestione, sul contrasto tra una natura misteriosa e le devianze più brutte dell'animo umano che si sfogano su di essa nei tratti più sporchi e osceni. L'esito della vicenda è pura grammatica cinematografica, non sorprende ma appaga in una ricercato e assiduo ribaltamento dei ruoli, tra vittime e carnefici, cacciatori e prede. Un gioco "alimentare" di carne e sangue che tanto sarebbe piaciuto al Romero di Zombie. Certo l'inizio è lento,  procedurale, e dobbiamo passare quasi la metà dell'albo, con la sequenza di pagg. 40-47, per vedere quanto c'è di davvero interessante. Da qui però riusciamo ad accedere a un contesto davvero forte, quasi dantesco.

I disegni di Roberto Rinaldi sono squisitamente crepuscolari, sporchi e cattivi, sanguigni e rugginosi.  I suoi "mostri" sono visivamente qualcosa di davvero inquietante, unico e innovativo. Tragici angeli caduti con avvitate parti in acciaio, sensuali quanto agghiaccianti. Sarebbe davvero un peccato non rivederli su grande schermo, sono idee visive come queste che possono risollevare l'anemico cinema italiano di genere. L'azione ritratta da Rinaldi è sempre chiara e crudele, feroce e avvilente. Molto appropriata la splash page di pagina 74 nel descrivere un autentico inferno in terra. Molto bella la sequenza tra pagina 59 e 62, sottolineata, come dice l'autore, dal Mambo n. 5 di Lou Bega, improbabile quanto cinicamente amaro. Davvero riuscito l'overture visivo da pagina 70 a 81. Struggenti le pagine 94 e 95.
Mi sembra quasi di aver detto troppo, ogni parola che aggiungo potrebbe rovinarvi la scoperta di un numero davvero inconsueto e affascinante. E' una storia di piccoli e cattivi uomini che giocano nel modo più triste possibile con un potere quasi divino. E' una storia di creature spezzate, perse e sole,tra realtà e aldilà. Davvero un buon numero, che se si toglie un certo senso di lentezza nella parte iniziale non si espone per il sottoscritto a molte altre critiche . 
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