Sinossi fatta male: Siamo nel Kent, in piena provincia
inglese, a Grain, descritta come "un granello di polvere sulle mappe
geografiche". Durante un'uscita notturna un gruppo di pescatori fa una
scoperta inquietante: a pelo d'acqua affiora il corpo di una giovane donna
decapitata. Uno di loro sbianca, sulla schiena la ragazza riporta dei tatuaggi
identici a quelli di sua figlia, morta due anni prima a seguito di una grave
malattia. Dylan si incuriosisce, ne parla con Bloch (in un Pub londinese,
ritratto da pagina 15 a 18,che mi ricorda tantissimo tanto come interni che per
facciata, uno in cui sono entrato anch'io, dalle parti di Victoria Station... se
ci passate chiedete una porzione grande di fish'n'chips, puro orgasmo culinario) e decide di andare sul posto non "Groucho - munito". Arrivato
in loco per indagare, trova una situazione ancora più strana del previsto, in
quanto viene ostacolato nelle indagini in ogni modo dalle istituzioni locali,
capitanate da uno sceriffo dai tratti quantomeno "lombrosiani".
Tuttavia alcuni cittadini sembrano accoglienti e simpatici e dicono al nostro
eroe che la città in effetti un tempo era da cartolina ma che si è imbruttita
di colpo solo nel recente. Più il detective scava a fondo, più emerge una realtà
soprannaturale tanto brutale, inquietante e perversa, quanto nascosta
malamente sotto l'apparente normalità della piovosa e un po' deprimente
provincia in riva al mare. E troppe persone sono complici degli orrori che si
stanno perpetrando in quei luoghi.
Giù nella provincia: Il mondo è un posto brutto ance se ci allontaniamo dalla
tentacolare città, addentrandoci nell'apparentemente serena provincia dove vive
"la gente perbene". E' un adagio sempre di più insistente, forse
avvalorato dalle "pro loco" che non vogliono invasioni di forestieri.
Più il posto è tranquillo e rilassante, più c'è da aspettarsi che la calma
apparente costituisca solo la quiete prima della tempesta e che
tutto all'improvviso possa degenerare e deflagrare in modo dirompente. In questa
storia c'è un elemento sovrannaturale che prescinde la strana situazione che
sta accadendo nel paesino e questo aspetto costituisce il vero colpo di genio
dell'autore. Quello che "fa male" è il modo in cui le persone
coinvolte in questo "soprannaturale" ne facciano uso, in totale
sfregio delle mille possibilità e pericoli che tale potere comporta. Un uso
distorto e continuativo atto a perpetrare una barbarie che supera l'umano e
attenta direttamente allo spirituale.
Fabrizio Accatino dopo l'ottimo Il generale inquisitore ci regala
una struggente, amara e disturbante storia sulla più svilente delle condizioni
umane, sulla mercificazione della carne e dello spirito. L'autore non punta
alla costruzione di un giallo troppo complesso, giacché il percorso narrativo è di facile intuizione, ma lavora molto accuratamente sulla suggestione, sul
contrasto tra una natura misteriosa e le devianze più brutte dell'animo umano
che si sfogano su di essa nei tratti più sporchi e osceni. L'esito della
vicenda è pura grammatica cinematografica, non sorprende ma appaga in una
ricercato e assiduo ribaltamento dei ruoli, tra vittime e carnefici, cacciatori
e prede. Un gioco "alimentare" di carne e sangue che tanto sarebbe
piaciuto al Romero di Zombie. Certo l'inizio è lento, procedurale, e
dobbiamo passare quasi la metà dell'albo, con la sequenza di pagg. 40-47, per
vedere quanto c'è di davvero interessante. Da qui però riusciamo ad accedere a un contesto davvero forte, quasi dantesco.
I disegni di Roberto Rinaldi sono squisitamente crepuscolari, sporchi e
cattivi, sanguigni e rugginosi. I suoi "mostri" sono visivamente
qualcosa di davvero inquietante, unico e innovativo. Tragici angeli caduti con
avvitate parti in acciaio, sensuali quanto agghiaccianti. Sarebbe davvero un peccato
non rivederli su grande schermo, sono idee visive come queste che possono
risollevare l'anemico cinema italiano di genere. L'azione ritratta da Rinaldi è sempre chiara e crudele, feroce e avvilente. Molto appropriata la splash page
di pagina 74 nel descrivere un autentico inferno in terra. Molto bella la
sequenza tra pagina 59 e 62, sottolineata, come dice l'autore, dal Mambo n. 5
di Lou Bega, improbabile quanto cinicamente amaro. Davvero riuscito l'overture
visivo da pagina 70 a 81. Struggenti le pagine 94 e 95.
Mi sembra quasi di aver detto troppo, ogni parola che aggiungo potrebbe
rovinarvi la scoperta di un numero davvero inconsueto e affascinante. E' una
storia di piccoli e cattivi uomini che giocano nel modo più triste possibile
con un potere quasi divino. E' una storia di creature spezzate, perse e sole,tra
realtà e aldilà. Davvero un buon numero, che se si toglie un certo senso di
lentezza nella parte iniziale non si espone per il sottoscritto a molte altre
critiche .
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