Storia: Bilotta; disegni: Bertilorenzi
Londra
vittoriana, fumosa, sudicia e libertina. Atmosfera da romanzo di Dickens con
soggetti però elaborato da Stevenson e Ricco Siffredi. In tv non c'è
ancora Carlo Conti e la sera la gente esce di casa. Non c'è ancora Checco
Zalone e la gente non va al cinema. Non ci sono ancora le cene-aperitivo, i
corsi di salsa, il karaoke: la gente o va a ubriacarsi o drogarsi o va a zozze.
E le zozze si trovano ovunque, accettano ticket restaurant, dopo una
prestazione ti mettono i bollini sulla raccolta punti, ampio parcheggio,
cordialità e simpatia. Qualcuno neanche lo sa e c'è pure una zozza per moglie
che va a lavorare mente lui va a zozze. Ma in giro ci stanno i pazzi come un
nuovo emulatore dello squartatore che fece danni a Whitechapel. La gente ha
paura che lo squartatore sia tornato e a Scotland Yard l'ispettore Bloch amico
di Dylan Dog non è ancora ispettore, anche perché siamo solo a metà dell'800,
quindi deve essersi insediato da troppo poco, giusto una decina d'anni e lo
tengono giusto a fare le fotocopie. Il che è vero mobbing visto che le
fotocopiatrici arriveranno solo un secolo dopo. Ma l'uomo giusto sta per
arrivare, si chiama Philip Wisdom ed è il nuovo ispettore. La maîtresse locale
si fionda nel suo studio chiedendo che il nostro eroe fermi l'assassino di
prostitute, gli offre subito una carta punti per le zozze e dieci consumazioni
omaggio. Ma Philip è nuovo, un pesce fuor d'acqua e scopre presto che la
criminalità dei bassifondi è spietata e non conosce timore per un distintivo.
Le prostitute morte aumentano e lui brancola nel buio. Ma ecco giungere in suo
aiuto, durante una scazzottata notturna con le scenografie di Sweeny Todd un
investigatore privato combattivo ed eccentrico. Non viene da Baker Street, ma
da Charing Cross Road. Non divide la casa con un ex medico dell'esercito, ma
con una bellissima moglie. E poi ha un fratello, uguale a lui, forse gemello. O
almeno così pare. Perché l'agenzia Ramsey & Ramsey è gestita dai
fratelli Arthur e Jack, ma i due, di carattere opposto, non si sono mai visti
insieme e Philip fin da subito sospetta di avere a che fare solo con
"un" Ramsey, schizzato e dalla personalità multipla per quanto bravo
detective. Il dramma è che Philip di colpo è molto più interessato a capire se
Ramsey sia un pazzo rispetto che ad acciuffare l'emulo di Jack lo squartatore.
Come andrà a finire?
Male.
Il grande Alan Moore prima di finire a realizzare storie hentai con donne nude
e tentacoli (non dico che Necronomicon e Providence non mi piacciano, ma
"dai a Cesare..") creava un romanzo a fumetti plumbeo e disperato
come From Hell, forse il migliore adattamento della storia del più celebre
omicida al mondo. C'era tutto, lo sporco delle strade, le tette, gli sbuffi
del fumo dei camini, le carrozze nere, il sangue, l'assenzio, la fede distorta nel delirio, cuori umani che bollivano in
pentoloni. Gotico, disperato, brutale e per questo intraducibile al cinema. E
venne infatti "depotenziato" l'adattamento dei fratelli Hughes: per
isteriche e incomprensibili scelte produttive non c'erano tette, non c'era
sangue, non c'era piscio e tensione anche se Johnny Depp non era affatto male
come ispettore Abberline e il buon Jack aveva una carrozza fighissima che
pareva una batmobile. Altra Londra vittoriana è quella di Sweeny Todd di Tim Burton,
più gustosamente zozza e disperata, sempre con Depp, qui in gran forma insieme
alla Bonham Carter. Più tetra del previsto ma non meno sexy la Londra di
Zemekis di Christmas Carol. E poi c'è ovviamente Sherlock, con il suo ultimo
nuovo episodio "ambientato nel passato". La Londra vittoriana dei
bassifondi è una figata per me, in sintesi, non ne ho mai abbastanza di lei e
sono contento di leggere storie in questo contesto. Questo Ramsey & Ramsey
mi ha poi ricordato il "Gorilla" di Sandrone Dazieri, che mi ha
regalato più di un momento piacevole, ma pure il Joe Fixit di Lee - Kirby, per
non dire ovviamente della fonte primigenia di Stevenson, un personaggio letterario gigantesco, primordiale quanto psicoanalitico. Philip Wisdom è di
contro un non-eroe interessante , un "loser"perverso che riesce a
trascinare la storia da tutt'altra parte rispetto alle aspettative del lettore.
Al punto che il grande "cattivo" della storia, sebbene massiccio e
spietato nelle scene action, risulta forse troppo depotenziato, anonimo e
quindi il vero anello debole di un racconto comunque godibile e leggermente
"kinky", per usare un termine caro a Paul Verhoeven. Si sente l'eco
di From Hell, dei suoi viaggi psichedelici e della violenza che sopraggiunge
rapida come un taglio di rasoio, ma non si eccede mai nel "troppo" e
la lettura alla fine non è, come immaginabile da Bonelli, un vm 18. Molto valido
il lavoro di Bertilorenzi, che si è sommerso completamente nell'epoca con un
attento studio dei costumi e dei luoghi dell'epica. Un encomio per lo studio di
Arthur Ramsey è pieno di chicche quanto l'omologo di Sherlock. Qualche
influenza orientale, come il vaso e il paravento dietro cui Arthur si nasconde
per "conoscere la gente senza vederla", la sontuosa tappezzeria floreale,
certosinamente ricreata con i retini per conferirle un tono dorato, scimitarre
arabe, coleotteri, strane cose dentro a contenitori di vetro, un gufo sul
tavolo. Una ricchezza di dettaglio che colpisce e fa venire voglia di ritornare
su quelle tavole. Bella anche la realizzazione dei volti, molto espressivi, e
la dinamica delle scene d'azione. Un buon numero che come altri della collana
dà però la sensazione di non essere "completo", quanto solo un
assaggio, una prova su pista, di personaggi che potrebbero godere di una serie
autonoma su più numeri. Non che sia un male, ben inteso.
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