lunedì 8 agosto 2022

Vite parallele (Between Worlds): la nostra recensione di uno stranissimo thriller “sexy”con Nicolas Cage

 


Siamo sulle strade desolate della provincia americana, con in sottofondo una colonna sonora misteriosa alla Twin Peaks. Joe (Nicolas Cage) è un uomo di mezza età scontroso e distrutto dalla vita, anche se pieno di muscoli e tatuaggi, quando incontra una sera, in una stazione di sosta dell’autostrada, la misteriosa Julie (Franka Potente). È anche lei coperta di tatuaggi, di mezza età ma ancora piacente. Joe la sente ansimare in modo strano dietro la porta del bagno, la salva da un omone che sembra stia cercando di strangolarla e subito entra nello strano mondo della ragazza, che dice di poter accedere brevemente al mondo dell’Aldilà quando perde i sensi. L’omone non la stava strozzando, ma la stava aiutando a raggiungere paranormalmente la figlia Billie (Penelope Mitchell), che si trova in coma in ospedale dopo un incidente in moto, facendo in modo che “guidata dalla sua aura” si risvegli e “torni nel suo corpo a fine cure”, senza che lo spirito cada nella tentazione di passare anzitempo al paradiso. Julie si dice molto delusa dall’omone incontrato prima in bagno, perché dai due minuti in cui gli aveva esposto chiaramente le sue intenzioni forse lui aveva inteso solo una strana scusa per una fantasia sessuale e per questo si stava eccitando nello strangolarla. Vatti a fidare degli ubriaconi che incontri di notte in un bagno sull’autostrada per risolvere questioni ultraterrene urgenti!! Fortuna che c’è ora Joe, che pure se un po’ confuso da tutta la storia decide di portarla in ospedale dalla figlia, senza troppe domande. In ospedale Billie sembra vedersela brutta e Julie convince Joe a farsi strozzare un po’ nel corridoio per salvarla. La cosa sembra funzionare alla grande e pochi giorni dopo Billie, Julia e Joe finiscono tutti sotto lo stesso tetto. Joe, da poco vedovo dopo un brutto incidente domestico, riscopre con Julia le gioie di una relazione condita con del sano sesso acrobatico. Poi si accorge che pure Billie, che è una sventola di 20 anni, ha parecchio voglia di fare del sesso acrobatico con lui. L’uomo si trattiene fino a quando si convince che, per un errore paranormale della cosa che ha fatto Julie, nel corpo di Billie non c’è lo spirito della ragazza ma quello della sua moglie defunta Mary (Lydia Hearst). Ora mentre fa sesso acrobatico con Billie si immagina anche di fare sesso acrobatico con Mary, nei giorni in cui non fa sesso acrobatico con Julie. Per quanto tempo Joe riuscirà a fare sesso selvaggio con tutte e tre?


Scritto, diretto, prodotto e confezionato da Maria Pulera, girato in 26 giorni nel 2018, Vite Parallele è una piccola e geniale pazzia “direct-to-video”, plasmata sul carisma puro di Nicolas Cage, il più grande attore vivente. Alla fine dei 90 minuti della pellicola è evidente quanto il nostro eroe si sia divertito come un pazzo nel girarla cogliendo a piene mani gli ampi spazi di improvvisazione consentitigli dalla regista, primo tra tutti la possibilità di saltellare liberamente come un satiro tra tre donne bellissime in scene da alto tasso erotico tra divani roventi, letti, il retro del camion addobbato con le lucine di natale e gare continue di miss maglietta bagnata. Se in Grand Isle Cage interpretava un uomo “impotente”, immobile e quasi prosciugato di ogni entusiasmo, qui per contrappasso è un torello costantemente super eccitato ed euforico come un liceale, anche per via dei molti momenti pruriginosamente “psicotropi”, come forse non lo è mai stato se non ai tempi di Cuore Selvaggio. Sarà un caso che Vite Parallele si apre con citazioni sonore del “lynchano” Angelo Badalamenti? Questo stato di sovra-eccitazione straripa anche oltre le scene specifiche “hot” e Cage va presto in un folle e travolgente Over-acting che travolge emotivamente tutta la pellicola, con il suo personaggio che di fatto arriva a sdoppiarsi, triplicarsi, decuplicarsi e più, come fosse “posseduto” dalle anime dei mille personaggi interpretati negli anni da Cage e “rimasti prigionieri in lui”. Se la bellissima Penelope Mitchell è di fatto posseduta dal personaggio dalla bellissima Lydia Hearst, il camionista Joe interpretato da Cage vive e reagisce alle emozioni come se talvolta avesse i ricordi di un altro Joe (l’omonimo protagonista del film Joe del 2013 di David Gordon Green), rivivesse la morte della moglie come Red (protagonista di Mandy del 2018 di Panos Cosmatos), annegasse il suo dolore esistenziale nell’alcol come Ben (protagonista di Via da Las Vegas del 1995 di Mike Figgis), non riuscisse a gestire le emozioni come Peter (protagonista di Stress da vampiro del 1989 di Robert Bierman), avesse un rapporto con il fuoco sovrannaturale come Johnny (protagonista di Ghost Rider del 2007 di Mark Stevens Johnson) e Milton (protagonista di Drive Angry del 2011 di Patrick Lussier). E queste sono solo alcune delle personalità di Joe che i cinefili appassionati di Nicolas Cage sapranno scorgere, non solo tramite la sua recitazione “viscerale” alla Klaus Kinski ma anche guidati da dettagli visivi che il richiamano tramite le scelte di vestiario, la costruzione della scena, perfino l’uso degli effetti speciali. Vite parallele è pura autocelebrazione di un mito, che è Nicolas Cage, condita con una surreale storia sexy sovrannaturale. Un po’ come lo è Spider-Man: No Way Home, che magari avremmo voluto pure lui “più sexy”, visto che nel cast c’erano la Tomei e Zendaya.  

E credo ci sia davvero poco altro da aggiungere, se non “suggestioni”.


È una “stravaganza”, una piccola follia visiva peraltro dotata di un buon ritmo, donne sexy disinibite quanto accoglienti, scene spiazzanti fino al surreale e colpi di scena quasi indecifrabili se non si entra nel “mood giusto”, se non ci si ostina a leggere tra le righe, per metafore e con un occhio meta-cinematografico. Vista la sua strana genesi Vite Parallele può essere quindi una lucidissima riflessione su cosa Cage pensava intorno al 2018: c’è chi scrive un diario, Nic Cage fa un film sexy soprannaturale. Ci sta, possiamo immaginarlo come operazione sulla linea (certo non con gli esiti) di una specie di Un gatto nel cervello per Lucio Fulci. 

Forse qualcuno per il finale potrebbe pure evocare Mulholland Drive, ma non prima di essersi ubriacato pesantemente.

Nel 2018 è uscito Mandy, film che ha rilanciato Cage a livello internazionale, ma anche i tre bruttini direct-to-video The Human Bureau, Looking Glass, 211. Nel 2018 Cage è finalmente riuscito a impersonare Superman, ma non come protagonista nel colossal mancato e mai realizzato da Tim Burton, quanto come doppiatore nella versione americana del film sui Teen Titans. È stata anche la voce originale di Spider-Man Noir nella pellicola di Phil Lord, ma i colossal ad alto budget “con lui protagonista” sembrano ormai alle spalle. Possiamo pure immaginarci così che Cage nel suo cine-diario del 2018 immagini il suo modo di vivere da attore (che un po’ si è autoimposto “perché quando recita si sente bene” e un po’ “gli tocca” per far fronte a qualche problema economico) un po’ come quello del camionista Joe: uno che ha tante date di scadenza da rispettare, troppi rimpianti e un veicolo (la sua arte) che non sa quanto possa ancora andare avanti ma è tutto ciò che potrebbe usare per vivere. Joe/Cage incontra in Vite parallele Julie/Franka Potente: anche lei è una camionista come lui e può capire quello che lui prova, con magari simili rimpianti alle spalle e speranze future (anche l’attrice nel 2018 viene da un periodo di alti e bassi molto lungo, che nel suo caso l’ha allontanata dal grande schermo, dal quale è emersa da poco con la partecipazione a Conjuring 2 di Wan e al poco fortunato La settima musa di Balaguero’). 


L’incontro tra i due porta quasi a stregarli, fonderli, intrecciandoli in un rapporto viscerale quanto “umano”, in cui tornano quasi ragazzini, bello e “rivolto al futuro”. Entrambi si aiutano a riparare il proprio camion, a far ripartire insieme il loro lavoro, magari mettendo tra le priorità per una volta prima gli affetti e poi il lavoro. Fino a che “il passato” torna a bussare alla porta di entrambi tra le “forme da urlo” della giovane Penelope Mitchell, quasi come un complesso di Peter pan a tema horror. E in termini meta-narrativi Cage/Joe si distacca dal presente e dalla nuova compagna per inseguire una nuova giovinezza-passata impossibile con la Mitchell tornando a “ripercorrere per lei i suoi personaggi”, fino a scontrarsi tragicamente con la natura illusoria di tutta questa fuga, che era sbagliata fin dai suoi presupposti illusori. Certo questa lettura meta-narrativa bisogna “volerla fare propria” e se nemmeno ci si prova il film scappa letteralmente via, viaggiando da una scena assurda a una scena ancora più assurda senza continuità, in un crescendo di follie stranianti, buffe ed eccessive come quelle che piacciono ai “collezionisti di Meme”. Dopo Stress da Vampiro i collezionisti delle facce folli di Nicolas Cage hanno un nuovo film da venerare e studiare a memoria, da inserire subito in una virtuale enciclopedia dell’assurdo. Ma immaginate per un momento di essere quel tizio sbronzo che vede Vite Parallele e urla fortissimo Mulholland Drive, magari snocciolando diecimila caratteri in un delirio di recensione - adulazione senza senso. Non vi sembra di colpo di vivere in un mondo più bello? Non vi sembra che “tutto torni” e sia quasi poetico quando si vede un direct to video e ci si ritrova ad avere Un gatto nel cervello doppiato da Nicolas Cage? Vi lascio al dubbio e torno a ballare con il nano con in sottofondo Angelo Badalamenti e vi lascio al finale. 

Totalmente fuori di testa ma ultra divertente, intimista quanto criptico, Vite Parallele è una gemma trash per ogni fan di Cage duro e puro che si rispetti. Roba per palati forti, assolutamente immaneggiabile per chi lo approccia in modo diverso, seguendo schemi logici per comprenderlo. Solo per i più duri. Ma voi siete abbastanza duri da vederlo?  

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