Gina (Blake Lively) è una ragazza
rimasta in giovane età vittima di un incidente che l'ha resa non
vedente. Vive una vita tranquilla in una metropoli dell‘’estremo oriente,
insieme al suo amorevole marito James (Jason Clarke) e ha serenamente accettato
la sua condizione. Un giorno si prospetta però la possibilità del
recupero dell’occhio destro tramite un intervento di trapianto di cornea, che
potrebbe portarla a riguadagnare 4 decimi e tutto all’improvviso cambia. Quel
mondo che aveva imparato ad amare in una “forma tutta sua”, attraverso tatto,
luci sfuocate e tanti rumori, è diverso. Non ci sono più intono a lei immagini
che si moltiplicano e intersecano, non ci sono più fiori luminosi e rumori che
si fondono con il tatto. Come diverso di colpo le appare il
marito James, la sua casa, le sue aspirazioni e desideri. Anche James sembra
risentire della nuova condizione della moglie e ne è spaventato. Si sente messo
da parte, non compreso nelle sue abituali premure, oltremodo geloso del fatto
che ora la moglie possa vedere l’avvenenza di alti uomini, davanti ai quali si
sente inferiore. Il rapporto sentimentale inizia a incrinarsi, insieme a quello
più strettamente fisico. Gina cerca di coinvolgerlo in alcuni giochi di
ruolo che possano far provare anche al marito il mondo da lei vissuto fino a
poco prima, ma tutto sembra controproducente.
Chiudi gli occhi è un film drammatico
narrativamente delicato, dalla trama semplice, ma valorizzata dalle ottime
interpretazioni dei due interpreti. C’è molta intesa e naturalezza in questo
ritratto di coppia a un passo dalla crisi, con alcune sfumature che virano
qualche volta felicemente al thriller. Quello che sorprende e conquista è però
lo straordinario lavoro visivo e sonoro con cui la storia ci viene “mostrata”,
mettendoci spesso a contatto diretto, con la telecamera che ci porta a una
soggettiva in prima persona che ci fa vivere direttamente il particolare modo
di “sentire il mondo” di Gina. Un mondo carico di luci intermittenti e immagini
sfuocate o moltiplicate, che spesso in una sorta di estasi onirica crea corpi
nebulosi dai mille occhi o notti illuminate da fuochi artificiali. Un mondo in
cui tutti i rumori ambientali vengono distinti uno dall’altro, dando luogo a
suoni ora cristallini ora ovattati. Un mondo che può esprimersi al meglio anche
attraverso le sensazioni del tatto e del gusto, in sequenze che mettono al
centro lingua, mani e piedi, studiate con particolare cura per far risaltare
tutti gli aspetti “materici”, a volte ruvidi, liquidi, se non
sensualmente caldi in cui Gina vive in serenità. Al contempo la pellicola ci
mostra il marito James in un processo speculare, contrario, dove vengono messe
in gioco le sue sensazioni e i suoi sensi. È un mix molto interessante in cui
le proiezioni mentali e sensoriali si scontrano, cercano di dialogare e a volte
si infrangono.
Chiudi gli occhi è un eccitate viaggio sensoriale, creato con grande competenza e amore anche sul lato delle reali percezioni del mondo di una persona con gravi problemi agli occhi. Poteva “andare oltre” e diventare un horror come l’orientale The Eye dai fratelli Pang, ma è proprio in questa naturalezza descrittiva che il film sorprende e riesce a metterci davvero nei panni di una non vedente. Marc Forster, già premiato per l’ottimo film intimista Monster’s Ball, dimostra ancora una volta di trovarsi a suo agio con le piccole storie, rispetto che nei blockbuster come 007 Quantum of Solace o World War Z. Non sono molti i film che riescono a mostrarci davvero la disabilità e Chiudi gli occhi lo fa con garbo e degli interpreti strepitosi, aprendo anche un dibattito curioso quanto costruttivo sulle diversità con cui tutti noi, ogni giorno, entriamo in contatto e con il mondo che possiamo percepire e comunicare come solo “nostro”.
Talk0
Nessun commento:
Posta un commento