Un giorno Nick Powell, stunt-man di grandissima fama, ha pensato di fare il salto verso la poltrona da director. Era il 2014, più o meno lo stesso periodo in cui lo stunt-man di grandissima fama David Leitch andava a realizzare il primo John Wick per poi in breve lavorare su Atomica Bionda, Deadpool 2 e nel 2019 realizzare lo spin-off di Fast & Furious: Hobbs & Shaw. Oggi Leitch è di nuovo in sala con Bullet Train, che si preannuncia come il film dell’estate. Nick Powell nel 2014 decise invece di realizzare il tremendo, noioso e pasticciato Outcast - l’ultimo templare (nessuna correlazione e parentela con L’ultimo dei templari, sempre con Cage), con protagonista un Hayden Christensen in versione cavaliere cristiano a spasso per la Cina, con perenne sguardo da stoccafisso (forse anche più che in Star Wars). Nonostante tutto il disastro che è Outcast, che in altra sede tratteremo, in quel film c’era comuque anche Nicolas Cage, il più grande attore vivente, in una particina da crociato-ronin-kungfu-panda sfiziosa quanto mattissima, iconica. Era così interessante questa nuova “trasformazione” in “maestro di arti marziali con codino” del nostro più grande attore vivente (di fatto re-immaginata ed “estesa” in seguito pure in Jiu Jitsu di Dimitri Logothetis) che nelle locandine internazionali Nicolas Cage, che vedremo in Outcast per 15 minuti, in sette ore e quaranta di durata complessiva del film (il film non dura così tanto, ma si percepisce una durata di questo tipo), era già grande due volte Christensen. Così nel 2019 Powell ci riprova, questa volta con Cage protagonista. Solo che dal 2019 Powell non gira più un film.
Cosa è capitato?
Vi lancio una immagine a scopo
didattico.
C’è quella scena famosa del “concorso”, in Fantozzi va in pensione. Il personaggio interpretato da Paolo Villaggio per partecipare alla prova scritta, ingannando il limite di età per l’ammissione, si tira a lucido a modo suo, cospargendosi di tinture improbabili per annerire capelli e sopracciglia. Poi nel bel mezzo della prova, nel classico momento di “svolta”, in cui titanicamente Fantozzi trova la rabbia, l’orgoglio e la capacità per affrontare ogni prova: arriva la sfiga. Le tinture vengono vinte dal sudore e tutto inizia a colare. Il volto di Fantozzi è percorso da liquami neri, mentre lui già inizia ad esultare e la magia finisce, l’imbroglio è palese. Una tintura amara. Anche Primal inizia con un Nicolas Cage alle prese con una tintura amara che cola, ma facciamo un passo indietro.
Cage per il suo
personaggio re-interpreta un grande archetipo di Hemingway, il “cacciatore
bianco” dei Diari dall’Africa, peraltro interpretato sullo schermo in una
divertente “variazione” proprio da Paolo Villaggio nel 1978, in Dove vai in
vacanza? (film cult che ogni tanto citiamo sul blog). Primal parla in sostanza
di un cacciatore bianco hemingwayano che insieme a gabbiette piene di tutti gli
animali che ha cacciato per degli importanti zoo si ritrova per caso
nella stessa situazione del “cuoco” di Trappola in alto mare con Steven Seagal: su
una nave enorme insieme ad una gnocca e un matto. Solo che al posto della
gnocchissima Erika Eleniak che esce dalla torta (nella scena più leggendaria
della storia del cinema) o della lingeire tigrata di Anna
Maria Rizzoli di Dove vai in vacanza?, abbiamo l’altrettanto leggendaria Famke
Janssen dei primi X-Men cinematografici, in cosplay da milf militare sexy. Solo
che per “villain” al posto del mattissimo Gary Busey abbiamo il buon “abbastanza
matto” Kevin Durand. Nel senso che è un “matto discreto” Durand, pure simpatico,
che per scappare dalle guardie decide di scatenare sulla nave tutte le creature
catturate da Cage-cacciatore-bianco-hamingwaiano, tra cui serpenti, scimmiette
e un cattivissimo giaguaro bianco realizzato in cattivissima computer grafica.
Quindi in questo film diretto da Nick Powell a cinque anni da Outcast, abbiamo
Hamingway, Trappola in alto mare, situazioni potenziali tra Jumanji e Snakes on
a plane, Famke Janssen. Ma Cage è in uno stato umano fantozziano, per
motivi per noi abbastanza ignoti, così tutta la baracca non decolla o se
vogliamo “decolla storta”.
Primal è un film su un tizio che ha troppo le palle girate godersi tutta la giostra da blockbuster action al centro della quale si trova. Di sicuro ai tempi della lavorazione del film Cage era un po’ “in bolletta” dopo l’acquisto di oggetti come (fonte Vanity Fair) un dinosauro, una casa stregata, una Lamborghini appartenuta allo Scia’ di Persia. Il nostro eroe si è però stoicamente buttato anima e corpo nel lavoro e ne sono usciti pure film-bomba come Mandy e Il colore venuto dallo spazio. Ma nel mezzo c’è Primal, che si apre proprio con Cage appollaiato su un albero, intento nella lettura di “case da sogno”, mentre cerca di tendere una trappola ad un brutto giaguaro bianco realizzato in brutta computer grafica. Cage con case da sogno tra le mani e con in testa una tintura che cola di nero, come Fantozzi va in pensione, nel tentativo di sembrare più giovane e magari più Indiana Jones. Non sappiamo se la tintura sia stata o meno imposta dalla produzione.
Così che
Primal, film hamingwayano un po’ Jumanji e un po’ Snakes on a plane, in odore
di trappola in alto mare e con Famke Jannsen, poteva essere anche un po’
Indiana Jones, alla ricerca del frullatone totale globale più appetibile
possibile. Ma Cage cola, cola come Fantozzi e un po’ Fantozzi si impossessa di
lui, fin dal minuto numero tre, cioè prima di un Disneyano duetto con un
pappagallo che dice le parolacce, tanto per aggiungere altra carne al fuoco.
Non possedendo i sacri giornalieri di Powell, non possiamo sapere se la prima
scena della pellicola sia stata anche la prima scena realizzata, ma è un
momento davvero sintomatico dello stress cui forse era sottoposto Cage. Forse
faceva troppo il caldo sul set, forse c’è stato un avvelenamento alimentare,
forse sarà stato aggredito dagli animali in brutta computer grafica, ma Nick è
devastato e si aggira sulla pellicola incazzato e “sbracatissimo”, dicendo
parolacce a chiunque, ostentando carisma con la panza di fuori, tutto sudato,
per lo più attaccato a delle bottiglie più che a dei fucili da caccia grossa da
cacciatore bianco. C’è pure un combattimento corpo a corpo con Kevin Durand ed
è una vera rissa da strada. Mentre Durand cerca di gigioneggiare a andare a
sbattere contro ogni cosa da stunt-Man consumato che interpreta il “cattivo”,
Cage incede privo di ogni coordinazione, picchia l’aria e barcolla, incazzato e
stanco con il mondo come un uomo che vuole solo finire le riprese ed
andare a casa per due giorni, di riposo totale, prima della nuova pellicola. Un
uomo troppo stanco e incazzato per guardare le forme o anche solo interagire
sensatamente con una Famke Jannsen ancora avvenente. Un cacciatore che
non si cura del Blue screen e affronta le creature digitali colpendole come una
pentolaccia alle feste rionali. Un uomo inadatto per reggere i siparietti con
la creatura più pericolosa e vigliacca di Primal: “ilbammbino”. Più subdolo e
molesto di ogni altro elemento dell’equipaggio della nave, che riproduce il
classico “presepe vivente” dei film di questo tipo (militare poco recettivo al
dialogo, vecchio coraggioso ma miope, mozzo poco sveglio ma gentile, gnocca),
ilbammbino petula, rincorre, urla, incasina, “empatizza”. Il personaggio di
Cage, colorandosi di tutta l’irritazione che il Cage-attore sembra trasudare
per motivi suoi, sviluppa per ilbammbino il classico effetto-Erode che colpì
anche il personaggio di Kevin Costner in Waterworld. Cerca di mandargli contro
gli animali feroci, lo bullizza, lo lascia da solo. Ilbammbino non si regge e
nel doppiaggio italiano risulta se possibile ancora più irritante e petulante.
Così Primal piano piano “fa il giro”, imperlandosi minuto dopo minuto di tutta
la “gonzo action” in cui Cage è maestro anche quando lavora con il pilota automatico.
Cage “trasuda” irritazione e non ci sono altri elementi che tengano. Cage si
mangia il film insieme alla nave, i marines, Hamingway, gli animali buffi, il
villain, la gnocca, ilbammbino, il pappagallo parlante, i giaguari in brutta
computer grafica. Tutta la struttura e l’azione si piegano a Cage che suda e
barcolla, calibrando l’attenzione su quello che è il vero “spettacolo”. Un po’ come Sharknado, dove alla fine lo show era Ian Ziering più che i
pesci turbinanti in computer grafica.
Farà Powell un nuovo film dopo il
dittico Outcast/Primal? Non lo sappiamo, ma se cerchiamo un amabile b-film
sbrindellato e mattissimo in cui Cage, con la tinta che cola, si aggira
fantozzianamente per una nave piena di “cose colorate”, incazzato e con la
panza di fuori, prendendo tutti a male parole, questo è il film che state
cercando. Tragicamente ed esistenzialmente spontaneo come dopo una
peperonata.
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