Sinossi fatta male: Il super pilota con
nome di battaglia “Maverick” (Tom Cruise), il top degli assi assoluti dell'aviazione americana cresciuti nella Accademia dei “Top gun” (che poi sarebbe
una versione idealizzata e non autorizzata di Annapolis, nel Maryland), è ancora vivo e vegeto e vola e combatte per l’America. Dagli anni ‘80 a
oggi. Sempre. Ogni giorno esce dal capanno dove restaura un vecchio aereo (come il Superman di Kingdom Come o il Toretto di Fast 9) ed è pronto a partire
per una nuova missione, con il suo record di caccia abbattuti ancora
ineguagliato e con i nervi saldi per spingere al massimo i nuovi prototipi dei
caccia di nuova generazione. Il nostro eroe, dal 1986 ad oggi, è ancora
la prova vivente che “quella roba moderna lì”, i droni, non sostituiranno mai
un vero pilota americano top di gamma della Top Gun come lui, alla faccia della
sua età. Ma proprio alla faccia della sua età, della grinta e
dell’invidiabilissimo aspetto fisico, qualcuno ai piani alti gli dà comunque
del “vecchio”. Anche perché i Top Gun degli anni ‘80 come lui, tipo il super
pilota con nome di battaglia “Iceman” (Val Kilmer), nel frattempo si sono
accasati e acciaccati, sono diventati super-graduati e stanno dietro a una
scrivania. Forse il buon Mav non è “troppo lontano” dall’appendere giubbotto in
pelle e Ray-Ban al chiodo e quindi, come per Rocky Balboa: “largo ai giovani”.
Occasione vuole che proprio come Rocky con il figlio di Apollo, il nostro eroe
inizi così ad addestrare il pilota con nome di battaglia “Rooster” (Miles
Teller), il figlio del suo grande amico prematuramente scomparso con nome di
battaglia “Goose” (che era interpretato da Anthony Edwards, in seguito l’amato
“Ciccio” del telefilm E.R.), nell’arte del dog fighting. Un addestramento
super tosto, tra volo radente e uso di missili in un contesto stile “Morte
Nera”, per superare con successo una super tosta missione suicida contro un
generico “stato canaglia” (con i tempi che corrono la produzione vuole evitare
ogni tipo di problema). Così Maverick torna alla Top Gun come istruttore del
pupillo e di una nuova generazione di super piloti dai nomi di battaglia
simpatici come Phoenix (Monica Barbaro), Hangman (Glen Powell), Fanboy (Danny
Ramirez) e Bob (Lewis Pullman). Nel frattempo Mav cercherà di lumare la
barista dal nome di battaglia Penny (Jennifer Connelly) e di far arrabbiare i
“superiori rosiconi” Ed Harris e John Hamm.
Il mito di Top Gun: C’è stato un periodo
aureo negli anni ‘80 in cui Tom Cruise ha pilotato in successione, in film gradevoli
quanto abbastanza simili concettualmente, prima un unicorno (in Legend del
1985), poi un caccia F-14 (ovviamente in Top Gun del 1986), poi svariati
cocktail Negroni (in Cocktail) e infine una rombante macchina da Nascar (in
Giorni di Tuono del 1990). Che fossero unicorni, aerei, auto o Negroni o che
la produzione delle pellicole passate tra le mani dei fratelli Ridley o Tony
Scott, Tom ci metteva l’anima e i suoi personaggi facevano sempre delle
evoluzioni incredibili (specie con i cocktail), battevano un “rivale” e
conquistavano sempre una bella ragazza. Tom Cruise sapeva incarnare sempre il
perfetto principe azzurro/ufficiale/sportivo/gentiluomo/barman delle pellicole
“anni '80”, in film d’avventura che in quanto degli anni ‘80 concettualmente erano
l’“evoluzione dei musicarelli” con Nino D’Angelo. Film in cui spesso, tra un
inseguimento e un momento romantico in riva al mare, per far andare avanti la
trama partiva una specie di montaggio/videoclip musicale in cui però a cantare
non era Nino Tom (salvo un’eccezione) ma il meglio del meglio dei musicisti
anni ‘80. In Top Gun come in Rocky 4 ci sono un sacco di “momenti video clip”,
grintosi quanto romantici, per numero di canzoni quasi alla stregua di un
musical. Le canzoni inoltre furono scelte così bene da entrate tutte
nell’immaginario collettivo, arrivando ai vertici delle classifiche musicali.
La grintosa Danger Zone di Kenny Loggins, quasi da videogame. Il pezzone
lento Take my breath away dei Berlin, presente dagli anni ‘80 a oggi in tutte le
feste delle medie. La Hot Summer Night dei Miami Sound Machine, quell’evergreen
di Great balls of fire reinterpretato da Anthony Edwards in uno dei momenti
topici del film. Musiche che ipnotizzavano in sala anche le ragazze, che
accorrevano più volte in sala per lo più per la track list e per i
risvolti romantici della trama e a cui fregava poco degli F-14 Tomcat che
volavano. I ragazzini invece ci andavano a nozze con tutte quelle portaerei,
F-14, missili e manovre a volo rovesciato. Il mondo dei piloti di caccia pur
nella semplificazione della messa in scena trasudava di dettagli, gergo
cameratesco, momenti dalla forte componente realistico-simulativa e pure una
sorta di rivalità tra piloti stile Holly e Benji. Insieme ai piloti Top Gun,
l’F-14 entrò di peso nell’immaginario collettivo, vendette all’epoca (e
tuttora vende) milioni di modellini, venne rappresentato in cartoni animati (Transformers, Macross/Robotech), videogame (After Burner, Area 88, Carrier Air
Wing) e fumetti (sempre Area 88) e oggi rulla ancora un casino.
Costruito con il giusto mix di trama sentimentale, musica e azione, il film originale ancora oggi risulta fresco, divertente, romantico forse oltre il livello di guardia ma fico. Un po’ come i film di Rocky e nello specifico un po’ come Rocky IV. Tutti contenti, tutti gasati, tutti con i dischi delle colonne sonore in casa e i giubbotti in pelle abbinati ai Ray-Ban. I maschietti galvanizzati da questi aeroplani come le femminucce galvanizzate dal fascinoso Tom che gioca a Beach volley e altre amenità romanticose ad uso pubblico femminile. Tom Cruise da Giorni di Tuono cercherà sempre più di pilotare Nicole Kidman con l’aiuto di registi come Kubrick e Mann, per poi cercare di diventare attore impegnato e poi cambiare idea e cercare di diventare la risposta occidentale a Jackie Chan… ma questa è un’altra storia. Passa qualche anno da quel 1986 e il mito di Top Gun non si spegne. Al punto che si arriva a commercializzarlo pure in dvd, in una veste appropriata al mito: un disco pacchettizzato con “indosso” un piccolo giubbotto in pelle dal collo peloso come quello che indossa Maverick per tutto il film quando non vola.
Realizzare un nuovo Top Gun oggi: E
arriviamo al 2022, anche se dovremmo togliere un paio di anni tenendo conto del Covid 19. Purtroppo Tony Scott, regista del primo Top
Gun, ma pure di Giorni di Tuono, non c’è più da tempo. Tom Cruise, negli anni è diventato uno degli attori e produttori più influenti di sempre, decide così di
ingaggiare Joseph Kosinski, regista americano che lo ha già diretto nel
visivamente eccelso ma narrativamente “un bel po’ derivativo” (se lo chiedete a
Duncan Jones) Oblivion. Regista anche di Tron: Legacy, Kosinski quando si parla
di rappresentare su schermo la tecnologia è un autentico maniaco dei dettagli,
un super-nerd ricolmo di amore per la scienza e la fantascienza. Un uomo in
grado di trasmettere questa passione anche allo spettatore occasionale, grazie
alla complicità del suo direttore della fotografia di sempre, Claudio Miranda,
attraverso inquadrature cristalline, fini dettagli meccanici, rifrazioni della
luce e una rappresentazione dell’azione credibile, quasi pesata
scientificamente. Se potessi paragonare il lavoro di Kosinski e Miranda al
mondo del fumetti, i due sarebbero il disegnatore/colorista bosniaco-americano
Adi Granov e Warrer Ellis, che insieme realizzarono nel 2007 Iron Man Extremis
(da non confondere con il film). Se volessero realizzarmi un film su
Gundam, vorrei personalmente alla regia delle scene d’azione Kosinski. Sulla
carta è quindi un regista che può meglio dialogare con i “nerd” per rinverdire
il mito di Top Gun, ma sotto altri aspetti è spesso sembrato un regista più
“freddo” di Tony Scott. Almeno fino a che grazie al supporto di uno sceneggiatore
come Eric Warren Singer (già sceneggiatore di American Hustle), ha realizzato
l’ottimo Fire Squad, nel 2017, con Josh Brolin, Miles Teller e Jennifer
Connolly. Da allora ha iniziato a assomigliare di più a Tony Scott e speriamo
continui, perché il mondo ha ancora tanto bisogno di registi con il talento di
Tony Scott. È quindi un bene che Eric Warren Singer faccia parte della squadra
di sceneggiatori di questo nuovo Top Gun, insieme allo storico
collaboratore delle “Mission Impossible” di Cruise, Christopher McQuarrie, e ad
Ehren Kruger, sceneggiatore di Transformers e Ghost in The Shell.
Il cast del primo Top Gun appare qui un
po’ “in forma ridotta” e si sente l’assenza di Kelly McGillis (che da
qualche anno non è più sullo schermo) come di Meg Ryan. Ma la pellicola ha
saputo impreziosirsi di attori come Jennifer Connelly, Ed Harris, Jon Hamm.
Era necessario pure ringiovanire il cast
e Miles Teller, il giovane fenomeno esploso in Whiplash, è sicuramente il nome
più interessante e atteso. Il resto del cast risulta meno conosciuto, anche se
Glen Powell è un nome già parecchio attivo.
Non si poteva prescindere dalla colonna
sonora originale e di fatto la maggior parte di quei brani riappare invariata,
con la bella aggiunta del pezzo di Lady Gaga e le musiche di Hans Zimmer.
L’effetto nostalgia dell’operazione
traspariva fin dalle prime indiscrezioni sulla pellicola in modo molto forte,
con i trailer ripercorrevamo già moltissimi dee gli snodi narrativi più amati.
L’attesa era un po’ la stessa di una pellicola come Creed, magari con il Focus
del passaggio di “testimone generazionale” tra Cruise e Teller.
In sala: Top Gun: Maverick è un film che
fin dalle prime battute conferma di muoversi moltissimo nel campo della
nostalgia e questo era forse qualcosa di inevitabile quando fortemente
ricercato. Con qualche ruga in più ma lo stesso sorriso Tom Cruise torna a
cavalcare una moto, con un giubbotto in pelle e gli immancabili Ray-Ban, lungo
una pista di decollo. Gli eventi del primo film rimangono nostalgicamente
centrali, diventano l’ossatura che lega i personaggi di Cruise e Teller e
rivivono in nuove forme, ma la pellicola trova presto il coraggio di
sganciarsi, di investire molto e bene sull'azione e di trovare un epilogo
nuovo, appagante quanto esaltante. Pilotare un caccia diventa un'attività
muscolare, da atleti provetti, carica della tensione emotiva che impone di
realizzare ogni manovra alla perfezione, giocando con la paura e l’inesperienza
dei giovani piloti. Se la parte sentimentale più canonica del film ha
giocoforza una valenza diversa, con il “love interest” del “classico film di
Cruise anni ‘80” (rappresentato dal personaggio della Connelly, che si
impreziosisce di alcuni “echi di Cocktal”) che rimane contratto, la nuova
prospettiva di un Maverick “padre/mentore” di questi plotoncino di giovani
attori, che si sviluppa a stretto giro con le scene d’azione, è
suggestiva, sfiziosa. Teller e Cruise hanno il loro spazio privilegiato,
dialogando bene soprattutto sul piano “fisco”, ma Maverick è anche un
ottimo “papà-chioccia” (un padre a distanza che dialoga per lo più attraverso
un microfono) per tutto il gruppo, quasi dalle parti del Gunny di Clint
Eastwood. Pur caratterizzati da piccole peculiarità e linee di dialogo, i
giovani top gun riescono tra un dog fight e una partenza verticale ad apparirci
molto umani e ad esprimere una interessante coralità dell’azione tale da farci vivere al meglio ogni curva dello strabiliante ottovolante
cinematografico in cui, piano piano, si trasforma il film. Curva dopo curva,
prova dopo prova, dalla simulazione allo scenario reale, sembra un po’ di
calarsi dentro la logica del film Edge of Tomorrow o nelle assurde missioni del
manga/anime/videogame Area 88. La sensazione è davvero adrenalinica, esaltante. Se prima ho citato Gunny, nell’ultimissima parte siamo quasi in zona Firefox,
tanto per tessere altri paralleli con il cinema di Clint Eastwood.
Nell’ultimo atto il film ci fa quasi respirare all’unisono con i piloti
dei caccia, facendoci temere che in un attimo sbandino e si schiantino contro
una montagna o vengano abbattuti da missili. È in questo momento che Top Gun: Maverick si fa grande cinema d’azione, assolutamente da provare in sala,
davanti ad uno schermo che ci butti direttamente nel centro dell’azione.
Finale: Top Gun: Maverick ci fa prima
fare un bel tuffo del passato e poi trova una sua forma nuova, spettacolare
quanto interessante a livello recitativo. Qualcuno potrebbe lamentarsi degli
“eccessi nostalgici”, di una colonna sonora per lo più “pedissequa” (ma sempre
fichissima) come di una trama che si dipana in modo meno “romantico”
dell’originale, ma il film rimane comunque molto commovente e i fan di vecchia
data devono preparare i fazzoletti. Davvero pazzesco lo sviluppo narrativo
della missione al centro del film, tanto sul piano della sinergia che si crea
tra i personaggi che su quello di una preparazione atletica e tattica molto
realistica (pur nella finzione cinematografica).
Davvero un buon pretesto per andare oggi a vedere un film al cinema.
Talk0
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