giovedì 2 giugno 2022

Nostalgia: la nostra recensione del nuovo film di Mario Martone con protagonista Pierfrancesco Favino, presentato in concorso a Cannes

 


Felice (Pierfrancesco Favino), dopo una vita passata quasi tutta al Cairo nel settore dell’edilizia, torna a Napoli. Nella vecchia casa presso il rione Sanità dove aveva vissuto fino a poco più che ragazzino, ora si trova al capezzale della anziana madre (Aurora Quattrocchi), in un luogo sospeso nel tempo che gli appare oggi distante, minaccioso quanto misteriosamente ancora accogliente. Felice, che ora fa molta fatica a parlare in italiano, proverà piano piano a riprendere contatto con il suo passato, riflettendo sulla possibile di ricominciare una nuova vita lì, grazie all’aiuto di un prete (Francesco Di Leva). Ma il principale scoglio a questo progetto sembra costituito dalla necessità e paura di rincontrare un vecchio amico di infanzia a cui era molto legato (Tommaso Ragno).

“La conoscenza è nella nostalgia, chi non si è perso non ne possiede”. Questa è la frase di Pierpaolo Pasolini che apre l’ultima pellicola di un Mario Martone, autore sempre più innamorato di una città magica e difficile come Napoli. Una città che negli ultimi anni il regista ha percorso per mille strade narrative, non ultima attraverso la storia del suo teatro popolare. Martone nel recente Qui rido io con protagonista Servillo omaggiava la figura di Eduardo Scarpetta. Un paio di anni prima forniva un personale adattamento moderno di un testo teatrale di De Filippo, Il sindaco del rione Sanità, scegliendo allora come protagonista uno straordinario Francesco di Leva che proprio in Nostalgia torna, incarnando un personaggio finemente speculare al precedente quanto, “grazie alla magia dello spettacolo”, umanamente vicino. “Nostalgia” è una parola che deriva dal greco e significa “dolore del ritorno” e tale definizione, unita alla accezione pasoliniana sopra espressa, permea in toto il messaggio più profondo della pellicola. Quella di Martone è una Napoli di periferia asserragliata e in guerra, con sentinelle che scrutano le strade da ogni finestra, con i motorini delle cosche che si muovono sparando nel quartiere, con la polizia assente. Le case del quartiere sono arroccate una sull’altra come muraglie difensive, la popolazione si sovraccarica sempre di più di immigrati provenienti dai paesi più poveri, si respira un’aria di tensione costante e sembra a tutti gli effetti un luogo dal quale fuggire. Eppure c’è un vento caldo ed accogliente che si muove dalla cima dei palazzi. C’è molta brava gente che vive il quartiere e cerca di valorizzarlo, c’è una comunità parrocchiale viva e accogliente, c’è sotto l’apparenza freddezza un calore umano avvolgente. Il luogo da cui il protagonista è dovuto scappare dolorosamente mentre era ancora ragazzo, riesce così a tornargli presto vicino e amico. Con la sua gente, i colori e infine una lingua prima del tutto perduta e ora riscoperta. Questo processo avviene proprio grazie alla nostalgia con cui Felice, piano a piano, sovrappone le parti solari di questo presente alla sua Napoli del passato, immaginata da Martone per noi attraverso flash back realizzati con una fotografia anni ‘70. Un mosaico emozionale che però non può condividere il personaggio di Oreste, interpretato da Ragno. Un personaggio “privo della nostalgia” in quanto mai partito da quei luoghi e vittima di uno stato emotivo di eterno presente, in eterna guerra contro il mondo e se stesso. Un uomo vuoto che ha sacrificato tutto sull’altare di un potere quasi assoluto ma che non gli dà alcuna gioia oltre una virile ostentazione di giovinezza. La chimica impossibile tra i personaggi di Savino e Ragno diventa per questo presto il vero valore aggiunto della drammaturgia di Nostalgia. Il primo, straniero nella città dove è nato, di differente lingua e cultura dopo i molti anni vissuti in Egitto, è in cerca di connessioni e legami che prima impensabili infine possono apparire possibili. Il secondo, boss auto-recluso e temuto, frutto di un destino criminale dal quale non è mai riuscito a scappare, non può che diventare un fantasma autodistruttivo per tutti, in virtù di una fredda conservazione dello status quo. Al di là di questa coppia disfunzionale di amici, la pellicola si impregna della grande umanità e gentilezza del personaggio di Aurora Quattrocchi, della ruvida empatia del personaggio di un Francesco Di Leva sempre attento nella costruzione di ruoli molto sfaccettati . 

Nostalgia vive di una sceneggiatura moderna, amara quanto commovente. Ci schiaccia sotto il sole di strade che sembrano trincee ma sa ogni tanto concederci un po’ di fiato per assaporare un paesaggio del tutto diverso, pieno di luce e di aria. È un film che sa riflettere in modo non banale sulla situazione della periferia napoletana attraverso l’arte, colorando la storia dei toni della tragedia ma senza mai alzare troppo i toni, scegliendo un registro intimo, quasi sussurrato. Molto bella la fotografia calda rovente e piena di colori accesi. Interessanti  le scelte musicali a cavallo tra passato e presente. 

Nostalgia è una nuova perla nella filmografia di Martone. Un film d’amore più che un film politico e per questo un film più politicamente onesto e potente.

Talk0

Nessun commento:

Posta un commento