Anna (Jasmine Trinca) e Marco (Alessandro Borghi) si incontrano un giorno a Milano, zona Navigli, sotto la
pioggia, di sera, per caso. Si stanno inzuppando i vestiti davanti a un locale,
in attesa che spiova, quando si scambiano la prima occhiata. È il momento
perfetto per conoscersi, confrontarsi, riflettere sulla sfiga e parlare
della velocità di caduta della pioggia, come in un’opera romantica di
Makoto Shinkai. Si piacciono subito, forse si amano, ma scelgono che sia il
destino a decidere se si incontreranno di nuovo. Il destino risponde e ne
fa presto una coppia unità da ben 10 anni.
Certo che restare insieme oggi, dopo 10
anni, è un’impresa difficile, quasi da supereroi. Ma Anna ,che per
vivere disegna, si scopre presto avere il super-potere di leggere il
mondo “trasformandosi in Drusilla” (un po’ come la Lucrezia di Silvia
Ziche), la protagonista di una striscia umoristica che diviene conosciutissima (il caporedattore è un Bebbe Severgnini in odore di santità)
con cui affronta con ironia il quotidiano, conquistando anche uno spazio sulle
scatole di cereali. Marco di contro è un super-scienziato alla Reed
Richards, in grado di trovare per le sue lezioni di fisica dell’Università
delle formula matematiche perfette per interpretare non solo il mondo, ma anche
la vita delle persone. Come in Watchmen di Alan Moore, i nostri eroi dovranno
cercare di sopravvivere al conto alla rovescia che scandirà la fine del loro
“mondo di coppia”. Sarà difficile, anche perché la vita li metterà presto
davanti ai più acerrimi nemici di una relazione di coppia: il lavoro di chi
deve spostarsi per qualche tempo all’estero, la difficoltà ad avere figli, il
confronto con i propri genitori (Anna ha per madre una “diabolica” attrice
standup commedian anaffettiva interpretata da Elena Sofia Ricci), i vecchi
amori che si ripresentato (come l’ex Pilar di Greta Scarano), la stanchezza.
Riusciranno i nostri supereroi a sopravvivere?
Paolo Genovese dopo Perfetti Sconosciuti
e The Place rimane sul territorio della sperimentazione e mette in scena una
storia romantica e atipica sul fluire del tempo. Quasi alla Christopher Nolan
ma anche alla Maurizio Nichetti, con un tocco di Shinkai. C’è la Milano
romantica piena di fumetti di Ho fatto splash di Nichetti pur se aggiornata
al 2022, al Cartoomics, ai cosplayers e alle riviste al femminile. Ci sono i
personaggi che si confondono e sovrappongono ai cartoni animati come in Volere
Volare. Ci sono i protagonisti principali che incontrano se stessi per
strada, ma in diverse linee temporali, con età, abbigliamenti e acconciature
diverse, un po’ come in Stefano QuanteStorie (e prima di Sliding Doors). È un
mondo “nichettiano” pieno di colori e possibilità, ironia e malinconia. C’è invece l’influenza di Nolan quando le leggi della fisica diventano
dalla cattedra di Marco la struttura e spiegazione narrativa delle
relazioni di coppia. Azione e attrazione, decadimento e caduta, descritte in
modo quasi scientifico, asettico, trasformando lo stesso mondo solare di prima
in un luogo plumbeo, meccanico e senza uscita. L’amore è il bene che i
“supereroi” possono preservare, la scienza il limite umano da combattere, il
“villain” da sconfiggere. Ed è in questa tensione tra gli estremi che Genovese ci porta un un po’ anche dalle parti di Makoto Shinkai e al suo esuberante modo
di leggere e farsi travolgere dall’amore. Ci sono echi degli scambi di vite di Your Name (dove la tragicità della vicenda è occultata come in un rebus per
non diventare predominante), le riflessioni sulla distanza di 5cm al secondo (specie nella parentesi all’estero di Marco), la poetica delle affinità
elettive che fioriscono di sorpresa, proprio nei giorni di pioggia, come nel Giardino delle Parole. È un mix intrigante la struttura di Supereroi, anche
nel suo snodarsi piano piano, svelandosi a chi ha più cura nel seguirlo nei
dettagli visivi e narrativi. Il film parte labirintico per poi iniziare a farci
unire i tasselli del puzzle aguzzando lo sguardo, soffermandoci su barbe,
soppalchi, vasi di terracotta. Sul finale tutto diventa più chiaro, ma la
componente “enigmistica” è molto presente, è parte centrale del “gioco”,
insieme alla poetica sui Supereroi che rimane sempre presente, quanto spesso
sottotraccia. Non uno scontro alla Marvel o Dc, con i palazzi che si piegano
sotto la magia e titani che appaiono dal cielo, quando un sincero omaggio
all’uomo che può volare, come massimo simbolo di libertà e gioia, sovversione
alle regole del “mondo”.
Molto brava Jasmine Trinca, che dà vita
a una Anna piena di vita e di dubbi, che si butta nel mondo a testa bassa e
per questo qualche volta si perde. Bravo ma non aiutato troppo dal make-up (ma
può essere una “strategia voluta”) e dal personaggio “azimato” Alessandro
Borghi, che sembra nelle varie fasi della storia dare corpo a figure troppo
distanti, difficili da incastrare temporalmente (all’inizio sembrano quasi
attori diversi). Nelle prime fasi il film può risultare in effetti un po’
complicato da seguire, quasi criptico, ma verso la fine e poi grazie a una
seconda visione si “aggiusta tutto”. Il risultato finale, se non ci si perde
troppo, rimane comunque appagante e qualche volta pure ci si
commuove.
Supereroi offre la conferma ulteriore del talento di Paolo Genovese nel saper raccontare vicende comuni con grande originalità e curiosità, facendo uso di linguaggi poco convenzionali. Una originalità di cui il cinema italiano ha tanto bisogno.
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