(Premessa) In tempi di cinema chiusi ci
viene incontro il Catalogo spesso sterminato dei canali streaming, ottime occasioni per recuperare perle del passato. Con le retro-recensioni
possiamo quindi accedere ad un gran numero di tesori nascosti, come questo
Robot Jox, disponibile su Amazon Prime.
(Micro sinossi essenziale) Un vecchio
gladiatore (Gary Graham) giunto alla fine del contratto viene obbligato a un
ultimo incontro con il suo acerrimo nemico (Paul Kosio), per salvare la vita a
chi dovrà prendere il suo posto (Anne-Marie Johnson). Una storia di pugni e
mazzate in pratica senza tempo, ambientata in un presente distopico prospero e
salubre più o meno come il nostro, in cui tutta la popolazione è poverissima
e indossa la mascherina chirurgica per qualche imprecisato motivo. Le
dispute tra gli Stati, per evitare altri danni a una popolazione in
ginocchio, vengono risolte democraticamente “a cazzotti” in una specie di
sport gladiatorio dove chi è il più forte, nonché il più vivo alla fine
dell’incontro, vince.
(Di sport del futuro e robottoni) Ma
quale “blood sport“, per dirla alla Van Damme, viene usato? Più sullo stile di
Speedball su Amiga o Blood Bowl con le miniature? Niente “corse della
morte” alla maniera di Death Race. Niente inseguimenti a squadre a caccia
di una palla metallica alla maniera di Rollerball, niente giochi di morte
e mazzate alla maniera di... Giochi di Morte. Niente varianti mortali del
nascondino alla maniera di Running Man ed epigoni moderni, dagli scontri tra
killer di Tournament agli Hunger Games passando per Verve.. Qui si fanno
scontri con robottoni giganti che si guidano dall’interno tramite piloti che
“gesticolano” come in Pacific Rim, non con robottini che si guidano
dall’esterno con piloti che “gesticolano” come in Real Steel. I. Robottoni sono
colorati, plasticosi e pupazzosi come “grossi model-kit in stop-motion“, ma con
quel fascino di fumi e lucette e “moduli trasformabili” che per i nostalgici
portano alla memoria X-bomber. In più sono trasformabili come il Trider G-7, in
configurazione mech, cingolato e aereo, moddabili parte per parte e con un
sacco di armi intercambiabili dai pugni a razzo, motoseghe, missili e “raggi
della morte”, come in Battletech, Front Mission, Armored Core, con tanto di
gestione strategica delle componenti per la gioia di ogni mech-fan che si
rispetti. I piloti? Super-uomini con nomi di battaglia epici come Alessandro,
Achille, Atena, che vivono in un mondo plasticoso di culto del corpo e dello
sport alla Starship Troopers, pronti a essere sostituiti da umani
eugeneticamente ingegnerizzati alla Gattaca. Gli scontri? I giganti escono da
enormi box sotterranei, staccandosi dall’argano di supporto alla maniera
di Evangelion, portandosi su una Arena. Seguono scontri uno contro uno, prima
usando le armi dalla distanza e poi corpo a corpo, fino a che un arbitro
decreta la vittoria di una fazione sulla base dei danni inflitti. Le
arene sono grandi e in genere gremite di povera gente esultante e sacrificabile
in caso di incidente, alla maniera di Mad Max oltre la sfera del tuono. È
tutto un maxi show televisivo, in cui si stimola tutto un circuito legale di
scommesse.
(Stuart Gordon nerd come noi) Nel 1989
un regista dall’animo lovecraftiano come Stuart Gordon, con un budget
abbastanza contenuto (6.5 milioni dell’89, con il Batman di Burton che costò 48 milioni, giusto per dare un’idea) e con tanta passione, se ne usciva con un
film sui robottoni giganti come Robot Jox. Allo stesso modo il lovecraftiano
Guillermo del Toro, nel 2013, usciva in sala con il più “ricco” (180 milioni
del 2013) Pacific Rim, riprendendo la stessa formula. Stuart Gordon, purtroppo
scomparso di recente, è giustamente un regista amatissimo, un artigiano sincero
quanto travolgente, sarcastico, diretto e appassionato. Da Re-Animator passando
per Castle Freak, From Beyond, Il pozzo e il pendolo, spesso accompagnato dal
suo attore-feticcio Jeffrey Combs, Gordon lavora con effetti speciali
meccanici, insegue l’estetica dei b-movie più genuini per atmosfere e direzione
degli attori, sceglie colori pop, non lesina umorismo e gusto del grottesco,
dimostra amore sconfinato per i mostri. Spesso scrive e dirige le sue opere,
spesso non trova tutti i fondi che servirebbero, come per la sua riduzione di
Dagon, ma ci prova, con stile, a confezionare al meglio il prodotto, in modo
fieramente indipendente. C’era molto di From Beyond in Slither di James Gunn,
Re-Animator ha ispirato moltissimi zombie-movie In chiave Black comedy, Dolls
aveva molte idee che arrivano anche ai film sui pupazzi maledetti odierni,
Robot Jox radicò un ponte estetico fatto di gesti, cabine di pilotaggio e
ingranaggi che portò Del Toro a ripetere quelle formule, dai piloti/combattenti
fin dal classico “saluto di attivazione”, in Pacific Rim. Sfortunato nella
grande sala, il piccolo e artigianale Robot Jox ha vissuto grandi fortune e
noleggi multipli nel circuito delle videoteche, suscitando l’avida curiosità di
tutti coloro che da Goldrake in poi avevano messo un pezzo di cuore in
Giappone, sognando prima Gundam e dopo Robotech (come chiamavamo allora il
paciugo americano di Macross, Mospeada e Southen Cross, paciugo che venne
traslato poi nell’universo ruolistico Battletech), fondendo poi i sogni bagnati
con la fantascienza a base di esoscheletri e robotttini vari di Cameron, tra
Aliens (1986) e Abyss (1989). Mi piace immaginare Gordon intento a leggersi
Lovecraft prima di dormire e con la stessa emozione intento a costruire il
modellino di un Gundam o un’astronave di Spazio 1999, perché questo amore
traspare da ogni fotogramma dei suoi film.
(Andare oltre la copertina) Certo la
copertina “in technicolor” del VHS di Robot Jox prometteva un entusiasmo che
girando il retro si smorzava già un po’. Due foto di scena riportavano
un appeal ben lontano, anni ‘70, dalle parti del pur amatissimo Spazio 1999 più
che alla science fiction ad alto budget intravista negli anni '80, ma che
era all’epoca ancora eccezione e non regola. Occorreva, come occorre oggi di
più, sulla base del trailer, un “atto di fede” da parte di chi guarda alla
science fiction come genere “estetico per eccellenza”. Ma quando “succede“,
quando si intraprende la visione senza pregiudizi, lo sforzo viene
pienamente ripagato e “gli si vuole bene”, come (per me) si vuole bene a tutti
i film di Gordon, anche se fa incazzare l’idea di “cosa poteva essere“ un Robot
Jox in mano a una produzione più ricca (anche perché la stessa idea ha
preso forma eccellente in G Gundam per la regia di Yasuhiro “Giant
Robot” Imagawa). Il film di Gordon è piccolo piccolo, dalla trama lineare, quasi in linea con un episodio dell’Uomo Tigre e forse diretta allo stesso
target. Presenta tante ingenuità dovute al budget come alla messa in scena, non
ci prova mai a convincerci di essere più complicato di quanto appare spendendo
come Dead Race (l’originale di Paul Bartel prodotto da Corman con Corradine) o
Rollerball (l’originale di Norman Jewison con James Caan) una chiave
politica. Ma scorre dall’inizio alla fine, trasuda di artigianale passione, è
divertente e carico di idee seminali che hanno stimolato generazioni di autori.
Tra cui il buon Del Toro, che ce lo vediamo in piedi sul divano nella scena del
modulo di volo o all’apparizione della motosega. Tra cui Verhoeven, che crea i
suoi Starship Troopers sullo stampo dei combattenti-atleti-modelli di Robot
Jox. I videogame di Battletech, basati sulla simulazione di combattimento con i
mech, devono tantissimo per il cockpit e le dinamiche da gioco a Robot Jox,
anche più dei cartoni animati giapponesi. È la visione di un gaijin di un
Kaiju-movie sostanzialmente, un prodotto “occidentalizzato” e che per questo si
può capire di più, può essere uno step per avvicinare i prodotti originali
senza voglia di sostituirli ma con il sincero scopo di omaggiarli.
(Sigla di coda) Per chi è sui quaranta, ama i robottoni giapponesi e non ha mai visto Robot Jox, il film di Stewart Gordon ha il sapore di una nostalgica carezza e troverà sorprendente scorgere quanto abbia influenzato prodotti usciti in seguito. Vi sfido a non sussultare nei momenti in cui il robottone si trasforma. Per chi è più giovane può essere effettivamente un prodotto stranissimo, forse “troppo artigianale” e datato, ma non per questo meno divertente. Fatemi sapere.
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