lunedì 14 settembre 2020

Ghost in The shell SAC: 2045 - Netfix produce il seguito della serie tv di Production I.G. per la regia di Kenji Kamiyama, affiancandogli alla regia il mago della animazione digitale Shinji Aramaki

 


Futuro, anno 2045. Il mondo è in piena crisi di inflazione, al punto che un hamburger costa 15.000 dollari. Lavori pagati ai minimi storici, prospettive future annientate, povertà ovunque e un grado di intrusività nella privacy attraverso la tecnologia “di portata Orwelliana” (non a caso Il libro 1984 è filo conduttore delle vicende). Il potere in mano a oscure/occulte multinazionali/agenzie che fanno il bello e cattivo tempo gestendo come gli pare degli Stati Fantoccio. La gente è incazzata e vuole sparare a qualcosa, focolai di rivolta arrivano un po’ da tutte le parti. Il business del momento sembra l’inaspettata quanto graditissima per l’economia USA, “Guerra sostenibile”. Alla base di questi mini-conflitti ci sarebbero indefiniti soggetti chiamati “post-umani“ (che suonano un po’ come i NewType di Gundam), degli umani evolutisi in ragione dei mille impianti sottocutanei che l’umanità ora è solita applicarsi sottopelle. Riescono a essere invisibili alle telecamere “spegnendole”. Sanno hackerare le menti e utilizzare passanti a caso come milizia personale. Possono fare uso di disinvolto di terminali, droni, esoscheletri. Le Guerre sono “Sostenibili”, ci viene spiegato, perché gli Stati, chiamando militari o mercenari “pagati” per sedare questi tizi, creano dei circoli di investimento economici positivi, soprattutto in un momento di recessione mondiale. In sostanza, per dirlo con uno slogan: “Non c’è lavoro e la disoccupazione è a mille? Diventate soldati lautamente stipendiati e andate a sparare ai post-umani con armi e cannoni che altrimenti sarebbero a prendere muffa! Se avrete successo potrete comprarvi un hamburger da 15.000 dollari!!!”

Certo il gioco è bello se i post-umani non diventano troppo forti. 

In questo scenario capita che i cyber-poliziotti della scomparsa/smembrata Sezione 9 di Pubblica Sicurezza Giapponese (alla fine della serie Tv Stand Alone Complex, con il film Solid State Society), si sono re-inventati “Squadra Speciale Ghost” per lavorare pure loro da contractor per un’agenzia americana nel business delle guerre sostenibili, perché  si vede che gli hamburger da 15.000 dollari sono buonissimi . Ma presto la NSA decide di posare gli occhi su di loro per una missione suicida, dalla quale forse può salvarli solo qualche mega intrallazzo politico di quella vecchia volpe di Aramaki.

Riusciranno il regista cinematografico Aramaki e il capo della sezione 9 Aramaki, in pratica se fusi un “Aramaki al quadrato”, a far tornare in vita gli eroi di Ghost in the Shell




Riportiamo le lancette di Ghost in The Shell (da qui GITS) al 2005. Messi momentaneamente da parte la serie “Prequel/reboot” GITS: Arise (del 2013) e il film “dal vivo/reboot “con protagonista Scarlett Johansson (del 2017), GITS riparte dalla fine della serie tv Stand Alone Complex e guarda in avanti. La lunga e gloriosa saga cross-mediale (fumetti, libri, videogame, audiolibri) cyberpunk nata con il manga di culto (del 1989) di Masamune Shirow, arrivato da noi in Italia su Kappa Magazine come Squadra speciale Ghost, “riparte“ ed è incredibile come i cyber-poliziotti della sezione 9 di pubblica sicurezza si facciano chiamare ora effettivamente “Squadra Speciale Ghost”!!! 

Si vede che gli storici e indimenticati redattori italiani della  rivista Star Comics “Kappa Magazine” , i Kappa Boys, ci hanno visto lunghissimo con la scelta di quel titolo!!

Stand Alone Complex (da qui SAC) era una serie lunga, costituita da due stagioni da 25 puntate l’una e un film conclusivo. Più che riprendere lo stile e la narrazione del fumetto di Shirow, carico di umorismo, donne nude e dialoghi cervellotici, SAC si ispirava ai successivi film di Mamoru Oshii legati al brand, che portavano GITS più dalle parti della detective story dalla forte componente realistica, con zero umorismo e tette. Il regista kamiyama sposava l’essenza seria della “revisione di Oshii”, faceva compiere al racconto un passo indietro a livello di “scenario” creando storie a livello visivo e tecnologico più vicine alla “futuribilità“ dei giorni nostri. Recuperava però da Shirow i Tachikoma, gli irresistibili robottini ragnetto che i cyber-soldati del manga usavano come mezzo di trasporto e infiltrazione, dotati di una intelligenza artificiale, movenze e vocine che li facevano percepire come dei bambini iperattivi. È di fatto impossibile parlare male di ogni opera legata a GITS. GITS SAC, il seguito Second Gig e il film Solid State Society (trovate qualcosa sul blog qui), sono a tutti gli effetti capolavori  assoluti dell’animazione giapponese, il fiore all’occhiello di Production I.G. Ci sono puntate bellissime sia sul piano visivo che della storia, i personaggi sono gestiti al meglio, l’azione è travolgente, alcune riflessioni filosofiche, sociologiche e addirittura geo-politiche alla base della narrazione sono davvero valide, illuminanti, adulte. Una critica comune, che beninteso ha a che fare con il gusto personale, si può muovere al fatto che ogni opera legata a GITS presenti dei passaggi narrativi particolarmente complessi, a volte labirintici. Se nei film di Oshii la narrazione è oggettivamente complessa, stratificata su più piani di lettura, dal filosofico al tecnico, nelle serie tv di Kamiyama, ma anche in Arise, capita ogni tanto che la narrazione sia “forzatamente complessa”. Capita  che si scelga la via dell’ambiguità ricercata, del “non detto fino in fondo”. È un approccio comune a molte opere di fantascienza orientali, è probabilmente una nota di complessità “ricercata“, ma può non piacere a tutti. Questo, cioè la necessità di ricercare un pubblico “più ampio” può essere il motivo alla base del fatto che per una volta, incredibilmente, all’alba del 2020, questo GITS SAC 2045 è moooooooolto meno cervellotico di un adattamento medio di GITS. Ci sono ovviamente alcuni passaggi che richiedono un futuro approfondimento (ma di fatto si aspetta già una stagione 2 che avrà come la prima 12 puntate ), come il discorso della “Guerra sostenibile” (su cui nel pezzo ho scherzato un po’ sopra, da incosciente, perché il fan medio di GITS è privo di ogni senso dell’umorismo), ma davvero si capisce quasi tutto alla prima visione. C’è tanta azione e per una volta facile da seguire, ci sono storie che iniziano e finiscono senza il “senso di colpa“ di risultare criptiche e, sto per dire qualcosa di forte, quindi sedetevi: “A GUARDARE GITS 2045 CI SI DIVERTE!!!!”. Ora so che il 70% dei fan storici stanno già pensando di andare a dare fuoco a Netfix...



Guardando questa prima stagione io mi sono divertito. Ho apprezzato i riferimenti a 1984 di Orwell, ho apprezzato la visione di un mondo sotto “iper-inflazione” monetaria (stupendo l’episodio sul trading bancario con protagonista Batou), mi sono piaciuti concettualmente i post-umani, ho apprezzato l’intreccio geo-politico. Kamiyama è in questa serie in “versione light”, forse per necessità di mercato internazionale, ma devo dire che ho apprezzato. 

E poi c’è da parlare, ovviamente, del piano visivo, legato ai più recenti sviluppi del cinema tridimensionale di Shinji Aramaki. Aramaki ha una carriera di lungo corso negli anime “fantascientifici”, iniziata nientemeno che con Magazone 23 insieme ad un team di autori legati a Macross. Come Oshii e Kamiyama è legato alle opere di Masamune Shirow, nello specifico adattando in anime la saga di Appleseed, oggi divisa in tre pellicole da lui dirette. È famoso inoltre, e per qualcuno “famigerato”, per il peculiare stile visivo che adotta in gran parte dei suoi lavori: l’animazione in computer grafica con motion capture “realistico”. La persegue con metodica e disperata passione. dal suo primo Appleseed, almeno quando Robert Zemeckis dai tempi di Beowulf. Sono di Aramaki, oltre agli Appleseed, i film in computer grafica di Starship Troopers e l’ultimo lungometraggio dedicato a Captain Harlock. Con gli anni, esattamente come è successo a Zemekis che persiste con questa tecnica anche nell’ultimo Benvenuti a Marwen, Aramaki ha affinato il risultato, rendendo i veicoli meno simili a macchinine giocattolo e gli esseri umani meno simili a manichini senz’anima dai capelli misteriosamente “vivi”. Pur apprezzando lo sforzo, almeno fino ad Harlock (del 2013) devo dire di non aver mai fatto i salti di gioia per questa strana animazione a base di motion capture spinta. Già da quando in GITS SAC (del 2004) veniva esibita una opening con la tecnica che ha reso noto Aramaki, confesso che ho pensato fosse un pessima, orribile idea, utilizzarla per un intero episodio. Ringrazio il mio amico Marco che mi ha costretto a guardare GITS SAC 2045 nonostante la mia repulsione a questo “stile”, che ho sempre considerato “il fratellino molto, molto povero e scemo” di pellicole come il primo Final Fantasy cinematografico (del 2001). Allo stesso modo in cui guardo ancora da lontanissimo prodotti come Clone Wars e Rebels. E mi sbagliavo. GITS SAC 2045, forse perché opera del 2020, ha uno stile visivo niente male, anche grazie a un oculato uso del cell shading. Non mi appassiona e sorprende come l’animazione fatta a mano (soprattutto a livello di espressività dei volti), ma nemmeno mi dispiace e in un contesto di inseguimenti furibondi su veicoli corazzati che lanciano missili non ci faccio troppo caso, trovandolo anzi molto accattivante a livello visivo. Sembra che la join venture tra Aramaki e Katayama sia stata riconfermata anche per un recente nuovo Anime dedicato a Blade Runner. 

In sostanza: Un GIST incredibilmente più accessibile del solito sul piano dei contenuti, con un approccio visivo che sulla carta ritenevo devastante ma che alla fine ho trovato niente male, anche in ragione al contesto visivo. Aspetto la stagione 2.

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