lunedì 8 giugno 2020

The white storm - la nostra recensione di un classico action di Hong Kong del grande Benny Chan



C'è un momento molto specifico in cui si può essere sicuri di avere un buon amico. Quando ti trovi in una foresta Thailandese, sul ciglio di un salto da 200 metri che porta tra le acque paludose piene di coccodrilli affamati, con un narcotrafficante che ti punta la pistola alla tempia circondato da quaranta suoi sgherri armati e due elicotteri in volo con mitragliatrici min-gun puntate ai tuoi coglioni. Accanto a te, nella situazione di merda, due tuoi amici. Il mega trafficante con esercito ed elicotteri ti dice, indicando i tuoi amici: "Chi ammazzo? Magari il secondo lo risparmio, devi scegliere tu". E allora la brocca ti parte del tutto, inizi a razionalizzare l'irrazionalizzabile, pesi il "valore della vita" di entrambi, chi ha più da perderci a livello famigliare e di comunità, al netto dei torti che sicuramente hai fatto alla vita di uno o dell'altro e che vuoi espiare qui, ora, tra le fauci di un coccodrillo, il piombo di un bastardo e il fango dal cazzo di set naturalistico della tua decisione, la Thai-fottuta-landia, che si mischia al tuo piscio nel giorno più dimmerda della tua esistenza terrena. "Chi ammazzo? Se non scegli sparo a entrambi", ti dice calmo, quasi ridendo, ma con tutta la serietà di andare in fondo. Allora scegli e sbagli. Sbagli perché non c'è modo di fare la cosa giusta in quel momento, ma credi comunque di aver premuto tu il grilletto, qualcosa di quello che eri muore in quel momento e inizia il lato B della audiocassetta della tua vita, dove sai che arriveranno solo i pezzi più merdosi e che nessuno chiederà mai ai concerti. Il bastardo ride, spara, un tuo amico cade nel vuoto spinto dal piombo nelle fauci dei coccodrilli. Il bastardo mantiene la promessa, libera tutti gli altri, scompare con i suoi elicotteri e ti lascia lì a riflettere sull'esistenzialismo. 
Ci sono tre amici, amici veri che amano come tutti gli asiatici il karaoke e una serie TV di cappa e spada di cui ricordano a memoria la sigla. Uno è diventato un pezzo grosso in polizia (Sean Lau), uno è un piccolo poliziotto sottopagato (Nicholas Cheung, attore feticcio di Dante Lam, da The Best Stalker a Undeatable), uno fa parte del team ma è infiltrato (Louis Koo), da 6 anni, nel mondo della droga di Hong Kong e non ne può più, il "pezzo grosso" non vuole far finire mai la sua infiltrazione, sta diventando anche lui un criminale come le persone con cui passa tutta la sua giornata. Poi arriviamo alla scena del burrone in Thailandia, al centro di un'operazione andata alle ortiche che presupponeva la cattura del drug-lord conosciuto come il Buddha a 8 facce. Usciti da questa brutta situazione uno di loro diventerà un pezzo grosso della polizia, uno sarà un poliziotto sottopagato, uno vivrà con dei criminali fino forse a diventarlo anche lui. Tutti i ruoli si sono mischiati e l'amicizia sembra essere finita. 


So però che vi è rimasta una domanda in sospeso. Chi è davvero morto tra le fauci dei coccodrilli? 
Cecchi Gori HV e la Tuckerfilm, etichetta principale che distribuisce i film che hanno reso grande il Far East Festival di Udine, portano in home video un intricato e spettacolare thriller di Benny Chan. Un autentico congegno ad orologeria in cui action e dramma si mischiano in un appagante e spietato balletto tra micro e macro cosmo, confezionato nel migliore dei modi possibili e con un ritmo che una volta che ti prende non molla, ti rapisce.  
Benny Chan è un regista che si è fatto le ossa alla corte del leggendario Johnnie To (PTU, Election, A Hero never die) dirigendo alla sua prima pellicola, Moment of romance, il super-divo Andy Lau (Infernal affair, Detective Dee, Firestorm). Che la classe non è acqua lo ha dimostrato poi nei molti lavori per altri divi di Hong Kong come Jackie Chan (lo ha diretto in cosette leggere quanto in un capitolo della sua serie "seria" New Police Story) e Nicholas Cheung, che è riuscito pure a dirigere tutti e tre insieme nel 2011 in  Shaolin - la leggenda dei monaci guerrieri (arrivato anche da noi per gli amici di Minerva). Dopo Shaolin dirige con questo The White Storm, un film con protagonisti un altro tris di divi, il già citato Nicholas Tse, accompagnato da una coppia di grandi attori che ha fatto sfaceli, tra gli altri, con la saga di Overheard (di cui troverete qualcosa sul blog) Louis Koo (visto anche in Bullet over Summer di Wiston "Ip-Man" Yip) e Sean Lau (sempre A Hero never dies). Oggi The White Storm ha generato un sequel che è stato nominato agli Oscar come miglior film straniero, ma anche il capitolo numero 1 ha macinato i suoi premi, tra cui 5 nomination agli Hong Kong Film Festival del 2013.
Ci si affeziona in fretta al trio di protagonisti. Il burbero ispettore di Sean Lau è un omone rude ma dallo sguardo buono che ricorda Bud Spencer. Il piccolo poliziotto, sfigato e con madre malata, un generoso e con poche ambizioni interpretato da Cheung è la parte più gentile del gruppo. L'infiltrato di Koo è dolente, combattuto, costantemente in bilico verso la follia. Il materiale umano che i personaggi esprimono è denso, stratificato, complicato, al punto che nel film arriva quella che per me è LA "scena madre per antonomasia" ed è qualcosa di grandioso, inaspettato, così pazzesco che se ve ne parlo ci devo dedicare un pezzo a parte. Per me LA Scena madre è quasi meglio della scena con elicotteri e coccodrilli, a tutti gli effetti uno dei più roboanti selling point di una pellicola di sempre. Se amate i film drammatici troverete quindi in The White Storm tutta la profondità che cercare. Se amate gli action, troverete in The White Storm tutte le scene action che potete desiderare, dalle fughe sui tetti agli inseguimenti tra le paludi, passando per infiniti e viscerali scontri a fuoco sullo stile di A better tomorrow. Anche le auto "combattono" e diventano "oggetti di sviluppo drammatico", in una stranissima e originale scena ambientata in un porto, dove i nostri tre amici letteralmente si "prendono a botte, incidentandosi a vicenda", guidando ognuno una macchina diversa, in una sequenza che piacerebbe come spunto  a David Cronenberg per un ipotetico Crash 2 che dopo "l'amore sessuale" tratta di "amicizia virile". 
The White Storm ha molte facce diverse, è un riuscito e armonico mix di generi come solo l'Oriente riesce a confezionare. Migliora molto a una seconda visione, dove tutti i pezzi narrativi diventano noti e la "trasformazione dei personaggi" assume una luce ancora più netta. Una pellicola da non perdere. 
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