giovedì 25 giugno 2020

Dragonero - il ribelle numero 8 - I segreti degli Ubiqui: la nostra recensione!


Esistono nel mondo di Dragonero delle dimensioni parallele psichedeliche quanto le copertine degli album dei Supertramp.


Sembra che siano delle autostrade vagamente psicotrope che legano luoghi lontani, seguendo i principi del teletrasporto trekker  quanto di una sceneggiatura standard di Christopher Nolan. Un giorno, durante gli eventi trattati nel numero 12 della serie regolare di Dragonero,  un buffo “mappatore” era finito in una di queste dimensioni. Sulla faida tra I “cartografi“ (categoria cui appartiene il nostro Dragonero), dipinti  tutti come uomini liberi, palestrati, indipendenti, bellissimi, sessualmente attivi, con occhi azzurri e codino, contrapposti a quei brutti, magrolini, depressi, zozzi, nerdosi burocrati imperiali dei “mappatori” erondariani, vi lascio all’indispensabile approfondimento critico ad opera di Barbieri di pagina 4. Ma sappiate già da ora che scoprirete un dramma socio-politico-economico di cui presto Leario dovrà farsi carico, altro che cassa integrazione in deroga! Il nostro mappatore del cuore, Radah’El, magrolino, con i suoi baffoni e occhialoni vagamente Lynyrd Skynyrd era finito dentro a questa dimensione, nessuno si era più curato di lui e poi... "sorpresa", oggi scopriremo finalmente che fine ha fatto, come il teletrasporto nolaniano funzioni e relativi utilizzi bellici o ludici possibili, ma soprattutto scopriremo quanto ancora è vasto e inesplorato, in positivo, il mondo di Dragonero. Al punto che ora sappiamo che chiunque, anche i più sfigati, possono trovare alla fine di queste buche del bianconiglio psichedeliche una bella gnocca, se non più “gnocche” disposte “ad harem personale”, pronte ad amarli alla follia. Magari si parla di femmine con un paio di occhi in più sulla faccia, ma se sono occhi disposti armoniosamente sul viso, tipo D’vorah in Mortal Kombat X (Meno in Mortal Kombat 11) si può davvero stare a guardare al capello? Cioè, all’occhio extra? Se quindi il mondo di Dragonero permette sesso assicurato a chi si teletrasporta, a patto di accettare piccoli dettagli anatomici insettiformi che dopo la seconda birra di Solian scompaiono, era chiaro che questa features non piacesse agli imperiali adepti di Radio Maria/Bendata. Questi bacchettoni imperiali, con la scusa di evitare teletrasporti da zone piene di draghi sputafuoco, in aggiunta alla constatazione pratica di non riuscire a usare bene questi passaggi, preferiscono distruggerli, come i vecchietti che tirano il telecomando al televisore quando non gli riesce di cambiare canale. La corsa contro il tempo di Ian e soci consiste quindi nel nascondere e preservare, perché i ribelli sono più smart, smanettoni, vedono nei portali una opportunità tattica e più o meno li sanno usare. Hanno capito che questi passaggi funzionano attraverso un “telepass fantasy” realizzato dagli antichi Ubiqui, costituito da delle pietre sonore che ne gestiscono i percorsi e ne registrano il transito. Ma qual è la pietra e la strada giusta? Ovviamente se becchi la strada sbagliata finisci come in Lombardia sulla Pedemontana e ti arriva a casa da pagare la multa, e giù bestemmie ai Khame. Mentre c’è chi si pone il problema di non finire di nuovo sulla Pedemontana, la maga vampira Aura giocherella con le pietre, utilizzandole per realizzare scherzi buffissimi ai danni dj Ian e Gmor, teletrasportandoli in mondi alla Rick e Morty. Così i nostri eroi, come chiunque si sia trovato controvoglia sulla Pedemontana,  si trovano presto a imprecare un Gharn e due Ozghur, finendo chissà dove sulla world Map. Prima in una zona dell'Erondar boschivo/pluviale piena di mega-insetti, blatte e uomini-insetto alla Mortal Kombat, poi in un luogo sabbioso carico di mostri tentacolari e dune che sembrano facce enormi realizzare dal tizio di Art Attack (non Muciaccia, l’altro). Pur tra latitudini diverse i nostri eroi si imbattono comunque in donne di razze strane ma sempre sexy e in bikini, in un caso tanto arrapate alla visione dell'orco Gmor, che prontamente il nostro viene spogliato per farne il modello di una statua gigante in posa adamitica. L'Erondar quindi è pieno di località turistiche nuove e carico di donne arrapate, a pochi passi dal primo teletrasporto. Quindi riuscirà la coppia uomo-orco a sopravvivere e a foraggiare la ribellione aprendo magari un'agenzia turistica sfruttando il teletrasporto verso mete di intrattenimento? 


Come in tutti i giochi di ruolo fantasy, anche per Dragonero i teletrasporti a un certo punto della narrazione arrivano. Perché è bello girare a piedi come Tex Willer e Carson per infinite praterie, ma dopo che abbiamo passato dieci milioni di pagine per far arrivare i personaggi dal punto A al punto B della World Map, se non si ama troppo la magia eterna del trekking, tra campeggio, caffè sul fuoco e tramonti, e si deve raggiungere per esigenze di trama luoghi tra loro sideralmente lontani... ci si rompe un po’ le palle. Così arrivano i teletrasporti, anche solo per accedere a nuove aree della World Map, anche giusto per esplorarle a piedi, diranno i lettori di Tex come gli appassionati di AD&D che vogliono giusto vedere scenari nuovi anche dopo 16 anni passati appresso al loro "elfo caotico" che hanno downgradato 76 volte per evitare che abbatta Chathulu con un peto tirando un dado da sei. È un po' che Dragonero ci parla delle possibilità di "viaggio veloce", ma con questo numero potrebbe nascere quasi un permanente e utile servizio taxi interdimensionale, che sarebbe utilissimo per permettere il distanziamento sociale inibito dall'uso dei mezzi pubblici come i grifoni e mongolfiere nell'era Covid19 (forza ragazzi! Teniamo ancora duro!), ma che è una procedura che personalmente mi farebbe, se fattibile, una paura fottuta. Il teletrasporto mi fa paura fin dal primo episodio di Star Trek che ho visto in vita mia. Anche perché chi ci garantisce che la persona teletrasportata sia la stessa prima del passaggio? Se fosse solo una copia e l’originale fosse morto? Se succedessero robe tipo La Mosca di Cronenberg? Non se ne esce! Fortuna che è tutto così psichedelico, per lo meno! Fesserie a parte, il numero 8 di Dragonero Il Ribelle, scritto da un Luca Enoch che punta a intrattenerci in modo leggero quanto spettacolare,  è un divertente overture visivo in cui Ian e Gmor vengono sbalzati da una parte all’altra dell’Erondar tra crepacci, insetti giganti, mostri sabbiosi, fortini pieni di scale di legno e carrucole, mentre Aura si dimostra sempre più un personaggio ambiguo, pericoloso e non pienamente con il controllo della sua natura vampirica. Le tavole, particolarmente dinamiche e ricche di splash-page, sono ripartite tra Alessandro Bignamini, Alex Massacci e Luca Bonessi. Il trio di disegnatori, tutti molto bravi nella descrizione dei luoghi e caratterizzazione dei personaggi, non si occupa di una ambientazione o fase della storia  “esclusiva” e il loro stile tende ad amalgamarsi, con dovute peculiarità descrittive. Di Bignamini apprezzo per esempio la capacità enciclopedica, sfoggiata nelle prime pagine, di descrivere con minuzia di dettagli scene di massa di bacarozzi di ogni forma e dimensione. Su qualche tavola ho spruzzato del DDT per sicurezza, da tanto realismo descrittivo.


I bacarozzi di Massacci sono meno angoscianti e più pucciosi (anche in riferimento alla trama che si evolve) ci si può montare sopra o appendersi a loro come fossero le aquile di Tolkien, fanno molto Nausicaa della Valle del Vento di Miyazaki.


Bonessi non ha da disegnare blatte, scorpioncini e forbicine varie, ma si impegna al massimo, per la gioia di grandi e piccini, nel disegnare la bellissima, gigantesca, tentacolosa, viscidosa e pluri-occhiuta piovra delle sabbie. Un mostro panciuto che si erge sostenendosi avviluppato tra le colonne di qualche tempio abbattuto di una civiltà perduta, con il suo corpaccione, lunghissimi arti poliposi e pure per gradire articolazioni insettoidi con aculei vari. Roba che “Sarlacc spostati” la semi-splash page di pag. 89, dove la piovrona si cimenta in un GROOOUURRR a tutta riga che passerebbe facile le selezioni di X-Factor. 


Insomma, gli amanti dei mostrazzi saranno felicissimi di questa nuova uscita mensile di Dragonero, ambientata in un mondo carico di sabbie e strutture a carrucole che a molti gamers ricorderà dei livelli di God of War. La storia è divertente e leggera, riesce tanto a espandere l’universo narrativo quanto a introdurre sfiziose innovazioni “tecnologiche” come le pietre sonore, che si aggiungono a cose già sfiziose in tal senso come il “vortice della luce che devia” (di fatto la versione di Dragonero della Fog of war degli strategici alla Warcraft). Enoch in questa folle corsa riesce a trovare il tempo di parlarci un po’ di Aura e lo fa come suo solito in modo non banale e carico di sensibilità, confermando che il personaggio ha ancora tantissimo da raccontarci, nella sua continua ricerca di una “forma in cui riconoscersi”, tanto emotiva quanto fisica. Ma quello che ci portiamo a casa con più entusiasmo è il fatto che ogni mappatore nerd da oggi può trovare nell’Erondar il suo personale harem dietro l’angolo. Basta imbroccare il passaggio e le giuste pietre sonore. Si rischia di finire sulla Pedemontana o trovare una compagna che feconda uova, ma il gioco vale la candela. 
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