- La
trama in breve: presente. Sono passati quarant'anni dagli eventi di sangue del
1978 che hanno colpito nella notte di Halloween la piccola cittadina di
Haddonfield nell'Illinois. Il ventenne Michael Mayers, che nel 1963, aveva
ucciso la sorella durante la stessa notte, era evaso dal manicomio dove era
rinchiuso, aveva percorso due ore di macchina senza aver mai saputo guidare ed
era tornato nella cittadina di origine, uccidendo alcune persone facendo uso di
funi e coltelli. Indossava una maschera bianca rovinata, con le fattezze del
Capitano Kirk di Star Trek. Era stato fermato e rinchiuso di nuovo, mentre una
delle sue vittime, Laurie, (Jamie Lee Curtis), miracolosamente sopravvissuta
alla mattanza, non è mai riuscita a superare quel trauma, diventando con gli
anni una donna aggressiva e autoritaria.
Ora, nel
2018, mentre un ormai vecchio Michael sta per essere trasferito in una nuova
struttura detentiva, due giornalisti in cerca di una storia riescono a
incontrarlo e gli portano la stessa maschera bianca che aveva indosso nel 1978.
Sarà l'inizio di una nuova mattanza.
- È tornato anche Michael: Ero al cinema a vedere l'ultimo Terminator, Dark Fate,
quando mi è tornato in mente questo film del 2018 prodotto da Blumhouse e
Universal, seguito ufficiale e benedetto da John Carpenter in persona del solo
e unico primo capitolo di quello che poi è diventato un vero e proprio
franchise, l'Halloween del 1978. Nell'articolo sull'ultimo Terminator parlo di
come per me il primo film di James Cameron sia almeno al 70-80% un rip-off di
Halloween. C'è un mostro inarrestabile che indossa una "finta maschera
umana", una donna con un destino avverso (si parla di destino e della
capacità o meno di cambiarlo il una sibillina sequenza ambientata a scuola nel
primo Halloween) che dovrà affrontarlo laddove gente più preparata e venuta
allo scopo ha fallito per anni (Il Doctor Loomis di Peasance ha stesso scopo e
informazioni, ma forse è però meno sexy, del Kyle Reese di Michael Bien,
peraltro con a curriculum un altro personaggio "aiutante" di una
altra celebre final girl, in Aliens), c'è una placida provincia americana come
scenario. Poi ovviamente c'è una "salsa diversa", ma il succo è
quello, a volte pure le scelte di fotografia. Amo Michael quanto il T-800, amo
Laurie quanto Sarah, non è una gara e sono fan di entrambe le saghe. Nella mia
testa avevo già scritto l'anno scorso la recensione di questo Halloween del
2018, pensavo pure di averla pubblicata (al punto che oggi sono andato a
cercarla in archivio) ma credo di aver perso il file. In quel file avevo
scritto di come David Gordon Green con questo Halloween avesse a sua volta
omaggiato Terminator 2, facendo vivere alla Laurie Stode di Jamie Lee Curtis un
percorso da Final Girl a guerriero definitivo, minaccioso quanto paranoico,
simile a quello intrapreso dalla Sarah Connor di Linda Hamilton. Ora, nel 2019,
vedendo l'ultimo Terminator mi sono stupito di come praticamente
rielabori delle idee da questo Halloween del 2018! A partire dalla bellissima
dicotomia mostro e final girl entrambi "invecchiati ma ancora
ruggenti", passando per le tre generazioni di donne protagoniste, toccando
il tema dell'educazione della "più giovane", perché il male, anche se
sconfitto, prima o poi può presentarsi in nuove forme senza poter essere
sconfitto per sempre. Con due seguiti già programmati (anche perché Halloween
è costato una caccola rispetto a Terminator, incassando tantissimo), che ora si
stanno girando step by step per via di un meritato successo di critica e
pubblico, chissà che Terminator prenderà spunto anche dai futuri capitoli di
Halloween.
Quindi
colgo l'occasione per parlarvi un po' di Halloween, rigorosamente dopo che la
festa è passata, per essere meno mainstream possibili. Vi parlo della nuova
pellicola in parallelo a quella del 1978, invitandovi a vederle insieme (prima
1978 poi 2018), per cogliere il modo magistrale in cui si combinano tra loro.
- Le
mille vite di una saga: Halloween, il cui titolo di produzione era The
Babysitter Murders, è un film semplice, diretto ed emozionante, dotato di
personaggi e una colonna sonora indimenticabile. Come i cuochi più esperti
potrebbero certificarvi, realizzare qualcosa di semplice riuscendo a stupire è
in realtà di una difficoltà assoluta, bisogna essere perfetti negli ingredienti
e cottura, perché tutti "a pelle" sanno di poter realizzare qualcosa
di semplice. Nella sua semplicità Halloween è considerato a ragione un
capolavoro, un archetipo del genere, per il modo in cui descrive i personaggi,
per la tecnica di ripresa utilizzata, per l'uso della colonna sonora.
Personaggi realistici (né buoni né cattivi), telecamera a mano (usata per
delle soggettive e per un taglio più da documentario, e all'epoca non c'erano i
cellulari, le telecamere erano enormi e pesavano!!), musica che dialogava con
la scena senza anticiparla (come era uso negli horror classici, mentre qui ha
anche funzione di "bus", alzandosi e trovando note in evidenza,
spesso stridenti, solo quando l'azione effettivamente si realizza, "a
tradimento"). Praticamente ogni slasher in seguito ha "giocato a imitare Halloween" (o la scena del bagno con le medicine dietro lo
specchio, creata da Landis per Un lupo mannaro americano a Londra), moltissime
opere hanno cercato di replicarlo (Venerdì 13 su tutte) o dovuto per forza di
cose confrontarsi con la sua fama (Nightmare). Nella sua semplicità, il film
del 1978 riesce a essere criptico, misterioso, nella caratterizzazione di
Michael. Non è spiegato perché usi una maschera quando uccide, non si comprende
la sua apparente immortalità, non si capisce se abbia sentimenti o regole nella
sua scelte delle vittime. C'è solo un bisogno primario, per i più Freudiani
scaturito quando da piccolo ha cercato di penetrare con un coltello sua sorella
mentre nuda si truccava allo specchio. Un bisogno che sembra fargli seguire
altre vittime come un predatore, osservarle da lontano per poi colpirle ma
rimanendo lucido, reagendo in modo intelligente nel caso qualcuno si
sovrapponga al suo piano. Oltre alla Final Girl ad affrontarlo c'è uno psicologo,
il Dottor Loomis, che diventerà ricorrente in tutti i film fino alla morte
dell'attore, Donald Pleasence. Loomis ha un legame quasi paterno con Michael,
che di fatto chiama sempre per nome. Avendolo supervisionato per 15 anni, ma
trovandosi incapace di curarlo, si è trasformato in una specie di crociato.
Convinto che Michael sia "male allo stato puro" vuole che venga
condannato e giustiziato dalla società, portandolo sul patibolo con le sue
stesse mani, colpevolizzandosi di non aver potuto fare di più. Donald Pleasence
è una specie di Van Helsing, un uomo di scienza che scruta i limiti del suo
sapere e si arrende alla propria impotenza, ma anche un personaggio allegro,
spesso gioviale ed eroico.
Un altro personaggio è la cittadina di Haddonfield, percorsa
metro per metro con la telecamera a mano seguendo i percorsi da casa a scuola
delle babysitter. Chilometri a piedi di adolescenti reali, che parlano di loro
problemi piccoli e grandi di tutti i giorni, inquadrate come secoli dopo in
Elephant di Gus Van Sant. La calma dei paesaggi ha contrappunto nella colonna
sonora, opera dello stesso Carpenter, che non lascia un momento di pace,
evidenziando la tensione a ogni passo, facendoci scorgere la minaccia del mostro
in agguato anche quando la sua sagoma da stalker non viene intravista tra le
siepi o dietro una porta delle casette del viale alberato. Le ragazzine parlano
e camminano in queste stradine verdi e ordinate, un po' stile Edward Mani di
Forbice, mentre noi avvertiamo che qualcosa di brutto è in agguato. Qualcosa di
cui loro sono consapevoli, perché essere seguiti è una sensazione percepibile,
ma che sottovalutano proprio perché è Halloween e seguire le persone per
spaventarle è accettato, incentivato durante questa festa.
Visto
il successo al botteghino, è arrivata la voglia di sequel. Il primo, datato
1981, come una continuazione diretta, senza inventare o evolvere molto, ma
stabilendo un possibile legame tra mostro e Final girl (che poteva essere
sottinteso nel primo film) e offendo uno scenario, l'ospedale, sufficientemente
claustrofobico e pieno di idee visive interessanti legate al posto e al
particolare modo in cui si era scelto di impostarne la fotografia del grande
premio Oscar Dean Cundey (un bianco e nero dalle tonalità blu scuro che sarà
"prestato" alla saga di Terminator). Insomma, Laurie era imparentata
con Micheal come pochi mesi prima, anno 1980, avevamo scoperto che Dart Vader
era padre di Luke Skywalker. Era un periodo filmico che dove ti giravi trovavi giovani protagonisti buoni di film fantasy/horror imparentati con i cattivi, i loro stessi genitori, che erano cattivi in quanto frutto di
una società precedente, con una scala di valori ormai inaccettabile. Per qualche sociologo era la voce di generazioni nate
dopo le gradi guerre che giudicavano i loro padri per i loro errori passati e
recenti, come il Vietnam. Michael fa la prima mattanza nel 1963, anno del più
alto invio di americani in Vietnam, 15.500). I fan di Star Wars dicevano che
"Il mondo sta copiando Star Wars", dimostrandosi già all'epoca dei
luminari. Ad ogni modo Halloween 2, aumentando il numero dei morti come regola
aurea vuole e puntando più o meno sulle stesse carte, fece il suo lavoro
dignitosamente e fu un buon successo. Ma l'assenza di Carpenter alla regia si
sentiva, con il regista che per altro stava girando La cosa, remake
de La cosa dell'altro mondo, uno dei film che venivano visti dai
bambini e dalle babysitter durante la notte del primo Halloween. Per Halloween
3 sembrava non ci fossero idee nuove su Michael, si parlava di girare pagina e
creare una specie di serie antologica, venne sviluppata una trama diversa con protagoniste
sempre delle maschere inquietanti. Non brutto ma un po' fuori tema, i fan
volevano ancora Michael e così tornava Michael per i capitoli 4, 5, 6 di
una trilogia rimasta ancora in parte inedita in Italia. Il 4 non è nemmeno così malvagio, il 5 e 6 sono
piuttosto bruttini. Michael qui veniva narrativamente "spiegato del
tutto", anche perché occorreva qualcosa da inventarsi oltre alla sequenza
di omicidi, in quanto il personaggio della sua nemesi originale, la Final
girl della Curtis, dal secondo film non era più tornata in scena (perché
nel frattempo la Curtis, diventata "miss seno d'America", era passata
ad attrice brillante per Una poltrona per due e poi Un pesce
di nome Wanda, la farà tornare action girl James Cameron nel 1994 con la
parte di super sexy milf definitiva in True Lies). Michael veniva detto (nel
classico modo confuso di tutti i film horror all'alba del capitolo 4 del
brand) che era una sorta di burattino satanico che veniva utilizzato dai
cittadini del paesello per ricevere prosperità e successo in cambio di un
piccolo sacrificio, sfiga e disgrazia per una delle loro famiglie scelta dal
destino. La famiglia di Michael era predestinata ad autodistruggersi
immolandosi per la setta, per mano del bambino posseduto da un demone che non
essendo riuscito a finire l'incarico era tornato in pista 15 anni dopo, nel
mentre avendo strategicamente ucciso le figlie di altre famiglie sacrificali.
Se all'epoca ci fossero stati i nerd complottari con YouTube, qualcuno avrebbe
pure notato in Halloween 1 una bambola come Annabelle nella stanza di
Laurie, inventandosi che il vero demone era quello e tutto Halloween è
collegato alla saga di James Wan e Warner Bros / New Line. Sintetizzando, un
risvolto che è poco divertente, macchinoso, un po' pretestuoso, privo di
mordente, banalissimo e che per poco uccide il franchise. Ma nel 1998 al cinema
arriva l'episodio 7, Halloween H20 in celebrazione dei venti anni dei
brand cavalcati a tutto spiano per riportare il pubblico in sala. Non si si
parla più di demoni e bambolotti, con la trama che si riavvolge considerando
canonici solo i primi due capitoli, con i complottari dell'epoca che vedevano
anche 4, 5 e 6 in "continuity nascosta", roba da veri "believers".
Interessante il fatto che nel 1998 esca pure Scream, che celebra gli
slasher-movie proprio citando Halloween in modo diretto. Se nella scuola di
Scream il preside è Fonzie di Happy days, icona immortale degli anni '80, nella
scuola teatro del nuovo Halloween il preside è ancora Jamie Lee Curtis, icona
immortale anni '80 pure lei (non alziamo l'età ad una signora). Il film è
diretto da Steve Miner, regista anche "della concorrenza", di
quei Venerdì 13 2 e 3 che avevano scopiazzato senza pietà Halloween (perché
voi sapete chi è il villain del primo Venerdì 13) e di quella perla con Julian "Aracnofobia" Sands di nome Warlock e di una delle mie horror comedy
preferite, Chi è sepolto in quella casa. Si parla nel film di come
Laurie non fosse morta fuori campo perché l'attrice non c'aveva voglia di
girare Halloween 4, 5 e 6, si inventa una scusa credibile che le dà un
background tragico e si allestisce un re-match alla presenza di una figlia non
riconosciuta di Laurie e con la partecipazione della madre della stessa Laurie
(la diva Janet Leigh, la vera mamma di Jamie Lee Curtis). Avevamo quindi tre
generazioni di Stode in scena, segnate questo dettaglio che poi ci ritorneremo.
Il film va bene, tra le chicche mostra gli occhi di Michael dietro la maschera e
tutto si commuovono, non è assolutamente 'sto capolavoro e anzi si segnala per
un Josh Hartnett pettinato come un vero deficiente e per una diffusa mosceria
del cast, comunque si mette in cantiere il film del 2002, Halloween
Resurrection. Il regista a sorpresa è Rick Rosenthal, già dietro alla
macchia da presa per quel comunque riuscito Halloween 2 del 1981. Si cambia un
po' strada di nuovo, si punta alla stronzata divertente che strizza l'occhio
alla nuova mania di quel momento, i reality show. Così degli attori improbabili
danno vita a dei proto-influencer ancora più improbabili, che vengono invitati
da Busta Rhymes in persona a passare una notte, ovviamente sotto l'occhio delle
telecamere, nella casetta abbandonata di Michael. Una situazione abominevole. Jason
pur vestito da pagliaccio Power Ranger per Jason X del 2001 non era caduto
tanto in basso. Il film in sé è pure divertente, ma si guarda con una tristezza
infinita e giustamente fa affondare la baracca. Nel 2007 arrivava il reboot di
Zombie ed Halloween tornava ad avere un cuore, al punto da piacere e generare
un sequel autonomo nel 2009 (che sarà come tradizione vuole un mezzo passo
falso). Il regista della Casa del diavolo prese Michael e lo reinventò, pur
formalmente seguendo alla lettera il film originale. Zombie cercava di farci
addentrare nell'animo di Michael, voleva farci vedere il suo mondo al di là del
suo modus operandi da predatore. La sua ossessione per le maschere diventava
una sorta di sfogo artistico, i suoi legami forti con il personale della
clinica facevano intuire un'esistenza non del tutto terribile (anche
grazie a un enorme e umanissimo Danny Trejo a dare supporto morale), le
rappresentazioni mentali con cui leggeva il mondo e che apparivano simili a quanto percepiva sua sorella, una "nuova" Final
girl che nasceva quindi imperfetta, malata (la bella e brava Scout
Taylor-Compton). C'era anche un trascorso di abusi subiti abbastanza evidente,
a opera degli strani amanti che la madre portava in casa. Era un uomo
nero ancora più grosso e minaccioso, un gigante muto che però era cresciuto in
un contesto familiare diverso dalla perfetta famiglia americana del primo film,
con una madre presente ma forse non in grado di accudirlo, (la mitica Sherie
Moon Zombie, nella sua parte più dolce). Soprattutto era stato un ragazzino
difficile con problemi mentali non adeguatamente affrontati che diventano nella
seconda pellicola qualcosa di peggio, delle vere e proprie "voci nella
testa" che proiettavano una distorta immagine materna, forse un po' dalle
parti (ma con meno metafisica) dello stesso tormento che muoveva il
"collega" Jason di Venerdì 13. Questo Michael aveva intenti
vendicativi legittimi verso chi si era approfittato di lui senza aiutarlo, ed
il Loomis di Malcom McDowell è un ripugnante approfittatore. Insomma, la
casetta nel verde della famiglia perfetta dove abitava una forza distruttiva
senza forma e senso (ogni riferimento al Joker di Ledger è puramente casuale),
diventava una lurida magione di periferia davanti alla quale l'assistenza
sociale girava al largo (ogni riferimento al nuovo Joker di Phoenix è
puramente causale). Visivamente sontuosi, i due film di Zombie, quasi fotocopia
classico del 1978 il primo e del tutto matto e rivoluzionario ("zombiezzato") il secondo, portarono Michael da un'altra parte
ancora, lo "universalizzano" nelle fasce più deboli della società.
Nascosto tra gli homeless, pronto a rispondere e insorgere contro i
privilegiati più insensibili, indossando una maschera bianca che tiene nascosta in una tasca della giacca (anche questo mi ricorda un Joker che indossa una
maschera da Joker di un film recente). Michael può essere ovunque e può essere
radicato in chiunque, contagioso e nascosto nel DNA di qualcuno. Non avvallato
al botteghino come il film del 2007, Halloween 2, bello ma decisamente lontano
al modello originale, non avrà un seguito. E così arriviamo al 2018.
Il film
del 2018 torna al 1978, immagina un epilogo diverso con gli eventi del sequel
mai accaduti e di fatto azzerando tutte le precedenti evoluzioni del franchise.
Cosa combina? Già si stanno girando due seguiti, perché le cose sono andate
bene e possiamo quindi fare dei felici paralleli tra l'Halloween originale e
questo.
- Il
primo e ultimo Michael: a indossare la maschera del cattivo nel 2018 è Nick
Castle, che riprende il ruolo dopo essere stato il primissimo Michael
dell'Halloween del 1978. A dargli una mano con gli Stunt c'è James Courtney, ma
il buon
Nick, che è stato per anni un collaboratore di Carpenter, fa gran parte del
lavoro. Castle è anche un regista e ha diretto una delle pellicole anni '80 a
cui sono più affezionato, The last starfighter (Giochi
Stellari in Italia). Il suo Micheal è una creatura gigantesca e
terribile, ma anche silenziosa (si muove nel buio non facendo rumore), amante
della tattica (ha spostato più cadaveri lui che Snake in Metal Gear, ama
riempire di trappole i suoi terreni di caccia), attendista (segue la vittima
per ore intere), spesso veloce ed essenziale nell'esecuzione (non è un esteta
o un particolare sadico, punta al sodo), soprattutto intelligente (sa
raccogliere indizi e usarli). C'è qualcosa di soprannaturale in lui, in qualche
modo legato alla sua maschera, che riesce a "sentire a distanza" (è
strano e terrificante il fatto che non emetta alcun rumore, ma quando indossa
la maschera lo sentiamo "respirare con affanno", come se provasse
imbarazzo o godimento da quel comportamento), ma di fatto è un incredibile
combattente, una specie di Rambo che misteriosamente non ama le armi da fuoco.
Il film del 2018 segue quindi per Michael lo stesso spirito dell'originale,
senza indugiare in svelamenti identitari che forse lo depotenzierebbero.
Michael fa paura perché è insondabile.
- La
sola (e triplice) Final girl: Jamie Lee Curtis aveva 20 anni nel 1978, era al
suo primo film. Alta, di una bellezza androgina da infarto, intelligente,
determinata nonché credibilissima come combattente di mostri. Quando fu scelta
da Carpenter si stava allenando per entrare nell'accademia militare e dietro
agli abiti castigati e il ciuffo di capelli gioiosamente vaporoso di Laurie
Strode nasconde non troppo bene la determinazione di una tigre. Il povero
Michael, dopo un filotto di vittime abbattute senza sforzo, si trova davanti
qualcuno che sa smontare un attaccapanni per creare spuntoni cava-occhi, riesce
a rubargli il coltello/fallico per pugnalarlo a sua volta e probabilmente
sarebbe riuscito a strozzarlo (l'attore e il personaggio) se non che appare
fuori campo qualcuno che spara al mostro, permettendogli fortunosamente di
scappare. E non vi ho detto quanto è brava a raccontare le favole, creare
zucche votive con un art attack, far rispettare ai bambini l'ora del pisolino e
in caso di emergenza occuparsi di altri bambini, fare il popcorn e vigilare sul
lavaggio dei denti!! È la babysitter definitiva che non si fa prima abbattere
per poi vendicarsi come la collega protagonista, nello stesso anno del signore
1978, di I split in your grave (tradotto dalle nostre parti con
l'ancora allucinante titolo/preghiera Non violentate Jennifer).
Jennifer non si è ancora "messa a nudo" per Dan Aykroyd, accadrà
nell'81, offrendoci con le sue grazie la massima prova dell'esistenza di Dio,
nel 78 è solo un concentrato di acerbo coraggio ed elegante
determinazione.
Nel 2018
la Curtis se ne esce con una pubblicità a questo nuovo film che mi inquieta.
Dice che non si parlerà più di Halloween, ma di "Hallo-women" (che
si legge "allowimen"). È già in questo momento infernale, che spero
finisca presto, del post "metoo", dove le donne si sono impossessate
di ogni pellicola per urlare che sono meglio degli uomini in qualsiasi cosa,
comprese quelle cose di cui alle donne non frega nulla. È una campagna pur
legittima, ma che finirà se non contenuta per scatenare i più bassi istinti
misogini anche in un santo. Peraltro Halloween è una saga che da sempre parla
di donne forti, che riescono a essere eroiche quanto affettuose, gentili
quanto letali. Non ci sono damine in pericolo, è semmai l'opposto. Pertanto le
donne di Halloween 2018 non sono affatto le stucchevoli donne-so-tutto di
Ghostbusters, MIB internazional, Captain Marvel, ma vengono toste dalla
tradizione della Ripley di Sigurney Weaver, la Sarah Connor della Hamilton, la
stessa Laurie Strode della Curtis, la Red Sonja di Brigitte Nielsen. Sono
guerriere Laurie (la Curtis), la figlia Karen (Judy Greer) e la nipote
Allyson (Andi Matichak), educate fin da giovani a combattere, al punto che
sull'esasperazione di un infinito training i rapporti si sono logorati e hanno
reso realisticamente le loro vite uno schifo. C'erano nonna, figlia e nipote
anche in Halloween H20, ma la famiglia lì era qualcosa da cui fuggire, un peso
da dimenticare. Nel nuovo Halloween la famiglia è un motore che faticosamente
si tiene insieme e i suoi singoli ingranaggi, le "Final girl"
agiscono con uno scopo, a un certo punto prendendosi gioco del loro aguzzino,
fingendo di essere delle persone deboli, umane. Il finale è pura epica e si fa
potente proprio per queste donne che agiscono insieme con un realismo e
coerenza che le varie ghostbusters e altre farlocche varie non hanno. E far
vedere che le donne sono forti, come in questo Halloween, è più utile alle
donne che rappresentarle forti a parole ed effetti speciali. È ciò che passa
tra il fare l'attrice in un film o essere una sorta di cartellone pubblicitario
dei diritti femminili. E in tema di donne...
- Ragazzine che fanno le ragazzine, ieri come oggi: uno dei punti di forza
dell'Halloween classico è il contesto realistico della provincia americana. Le babysitter di Carpenter potevano essere benissimo le vostre vicine di casa,
un po' sante e un po' no, "vere" e coerenti nel loro piccolo mondo.
Non erano stereotipi urlati e bozzettistici come il 90% delle vittime degli
slasher, erano gente credibile la cui dipartita (siamo in un horror e le
dipartite capitano) ti dispiace. Anche Rob Zombie aveva riposto particolare
cura a questo aspetto, ma forse aveva esagerato in venerazione/replicazione al
punto che le babysitter del suo personale Halloween avevano molto il mood di
una celebrazione di quelle babysitter anni '70, come lo Psycho di Gus Van Sant.
David Gordon Green e Danny McBride sono dei "bro" di James Franco e
Seth Rogen. È gente dietro a robe come Suxbed - tre metri sopra il pelo, Lo spaventapassere, Strafumati on The Road e molta
commedia scorreggiona. Non per questo si sono limitati alle risate grasse,
lavorano anche a ottimi drammi come Stronger con Jake Gyllenhaal, ma
la cifra migliore dei loro lavori risiede sempre in un modo molto spontaneo di
rappresentare i giovani. Le babysitter del 2018 parlano e si comportano quindi
come normali ragazze del 2018. Si fanno le canne, sono brave studentesse,
convivono con la forfora, si occupano davvero dei bambini che curano, bevono,
si preoccupano per la nonna che è troppo sola. Sono sensibili e fanno cazzate,
come tutte le ragazzine, "zero stereotipi viventi" e centro pieno per
il coinvolgimento emotivo. Un'altra regola aurea degli horror (dopo
l'aumentare il numero di morti nel seguito) applicata da Tarantino nel suo
omaggio al genere, Bullet proof- A prova di morte. Ve lo ricordate,
in versione estesa? È uno dei miei film preferiti. Minuti e minuti in cui delle
ragazze normali parlano di problemi normali fino a che arriva un mostro a
distruggere la loro innocenza (Si, anche Jungle Julia alla fine è una
ragazzona infelice, nonostante la super carica sexy, e ci dispiace per lei).
Perché funzionano le babysitter come "ragazze normali", funzionano
anche tutti i personaggi che ci gravitano intorno. I loro coetanei /spasimanti
sono deficienti quanto basta, i bambini sono teneri e convincenti nel sentirsi
spaventati e inadeguati (mitico il bambino che sogna di fare il
ballerino), gli adulti hanno uno scopo per cui esporsi eroicamente o fare
errori clamorosi.
- La
notte: Nella notte del '63 il piccolo Michael, con sul volto la maschera di un
pagliaccio, prima spia la sorella nuda da dietro l'armadio (scena
omaggiata anche dalla commedia horror Il ritorno dei morti
viventi del 1985, da un bambino con però la maschera di Frankenstein), poi
esce dal nascondiglio e la accoltella, con la testa (lo vediamo perché
l'inquadratura è argentianamente in prima persona) che sembra andare da tutte
le parti, non si capisce se per un rigurgito di vergogna, per odio o per una
sensazione simile all'orgasmo. Di sicuro sono i corpi femminili quelli che
nella sua vita più predilige come omicida, quelli con cui "gioca di
più", ma da bambino rimane indifeso, viene fermato dai genitori e una
volta smascherato si ferma, non proferirà più parola per 15 anni.
Nell'Halloween del 1978 si respira aria di coprifuoco. Gli amori tra ragazzi
sono clandestini, all'ombra di adulti assenti come su una striscia dei Peanuts.
La notte delle streghe arriva piano, con il sole che scende e si accendono le
poche luci dei lampioni, con le strade che si popolano di pochi bambini.
Michael si nasconde e confonde con la vegetazione, esce dal buio e ritorna al
buio dopo un'esecuzione. È un ragazzone in forma che gioca al gatto e il topo,
freddissimo e quasi chirurgico nelle azioni. Ha ancora bisogno di una maschera
per sentirsi bene mentre uccide, se nel passato aveva avuto un'unica vittima,
ora punta ad averne tre, a triplicare il piacere. Non senza dimenticare la
prudenza, calcolando piani fulminei per bloccare sul nascere chi disturba i
suoi piani. La notte di Halloween del 2018 è un vero casino. Le strade sono più
illuminate e popolare di Riccione, i ragazzi vanno alle mega-feste e le
babysitter sono in meno anche se di razza, come la bellissima Vicky di Virginia
Gardner. Se Michael non facesse un vero casino, nessuno si accorgerebbe di lui.
Sembra quasi che patisca la presenza di tutta quella gente "a casa
sua", lo fa agire per frenesia come fosse (ed in effetti è) un vecchietto
a cui scoppia la testa per il troppo casino. Anche la maschera riconquistata
non gli dà gioia come un tempo, anche le donne diventano un trastullo meno
interessante. Sembra Grendel del Beowulf di Zemekis, una creatura che agisce
con fretta e frenesia perché lo stanno stressando e questo lo rende meno
lucido, più inutilmente brutale.
È
un'evoluzione interessante del personaggio, ce lo rende più
""""vicino""" ai canoni umani vederlo così
spaesato. Anche se l'old Michael semina un casino infinito, dieci volte peggio
del 1978, spesso arranca, viene investito dalle auto, deve fare affidamento su
aiuti inaspettati per riprendersi dopo l'ennesima botta e non riesce più a
nascondersi come prima, al punto che quasi lo fa fesso un ragazzino e
l'esecuzione più riuscita è quella di una massaia che guarda Barbara d'Urso.
Pare di leggere Senilità di Svevo e un pelo si rimpiangono le fesserie da
reality show di Resurrection, ma il nuovo Michael ci piace, insieme alla sua
maschera ormai consunta che ha sempre più l'aspetto di una coperta di Linus.
Magari invece di Loomis o dello psicologo nuovo (che dà comunque delle gioie,
non vi rovino però la sorpresa), Michael vorrebbe parlare con la psicologa
Lucy. E qui chiudo perché citare tre volte il fumetto di Schulz parlando di
Halloween mi fa troppo strano.
-Conclusione:
dopo mille tentativi di bissare il successo del 1978, questo è l'esito più
bello, quello che convince di più. Addio a parentele attaccate pretestuosamente
con lo sputo, addio ai bambolotti satanici, addio alle buffonate dei reality
show. Michael facendo lo spacca montagne torna a casa per avere un altro
incontro ravvicinato con la miss "Seno d'America" Jamie Lee Curtis e
come ogni maniaco che si rispetti viene menato da lei, da sua figlia e pure da
sua nipote. Occasionalmente viene picchiato pure da altri. Il film ci parla
inoltre di una bella e complessa storia familiare e sa tenerci vigili con un
finale fulminante e sorprendente... che mi ha ricordato un po' l'epilogo
dell'ultimo Rambo. Ma è normale, di Halloween non si butta via niente e tutti
lo "omaggiano", direttamente o indirettamente. Ora siamo pronti ai nuovi round previsti per gli Halloween di 2020 e 2021. Siamo carichi.
Oggi grazie a Midnight Factory abbiamo un mega cofanetto da collezione con tutta la saga originale, compresi i capitoli all'epoca mai tradotti in Italia. E' un'occasione ghiotta per riscoprire uno dei mostri più fighi del cinema horror di sempre e constatare come Jason possa solo inginocchiarsi di fronte a lui.
Talk0