Qualche tempo fa (il luglio del 2002) Sega, in
collaborazione con il mangaka Yasuhiro "Trigun" Nightow portò sulle
PlayStation 2 un assurdo videogioco sparatutto realizzato da Red Entertainment
(che ricordo soprattutto per il per me bellissimo Blood will tell, videogame
sempre per ps2, realizzato qualche tempo dopo, tratto dal manga Dororo di
Tezuka). Parliamo ovviamente di Gungrave.
Realizzato in grafica cell shading per renderlo più
simile ad un anime, arricchito di una struggente musica jazz e ambientato in un
futuro hardboiled con elementi neo-noir, Gungrave era uno sparatutto in terza
persona che ci metteva nei panni di un misterioso omone armato pesantemente,
che portava costantemente con sé (come nello storico western Django) una
bara. I'ingombrante feretro, pesante ed eccentrico (opera come tutto il mecha
design di un altro nome illustre tra i mangaka, Kosuke "Oh mia Dea/Tales
of" Fujishima), era legato alle braccia stesse del protagonista ed
era in grado di cambiare il suo aspetto in una combinazione infinita di armi
pesanti, similmente alla leggendaria croce del reverendo Wolfwood di Trigun. Ma
il nostro oscuro eroe, conosciuto come Beyold the Grave, la teneva solo come
extra, prediligendo farsi strada, tra montagne di gangster futuribili,
robot da combattimento e una casta di vampiri, dando voce alle sue due enormi
pistole. Grave è un non-morto, una specie di mostro di Frankenstein muto, tragico e
letale. Per portare a compimento l'inevitabile sterminio che un gioco action a
base di tanti proiettili impone, seguendo una trama che lo porterà a scontrarsi
con figure legate al suo oscuro passato, Grave viene collegato
periodicamente da uno scienziato a un macchinario che gli trasfonde
grosse quantità di sangue. Giocare nei panni di Grave permette di assaporare
l'onnipotenza, la tragicità e la bellezza di un personaggio unico, ma questo
non rende il gioco un titolo perfetto, anzi. Grave è "troppo grosso",
al punto che il suo personaggio di spalle + bara copre i tre quarti dello
schermo di gioco. Grave è "troppo potente" e se si cerca una sfida il
gioco risulta molto facile anche nei livelli di difficoltà più elevati. I
livelli sono "troppo simili", pur contando su alcuni guizzi
davvero felici (che me lo fanno paragonare alle opere di Susa 51), la trama è
"troppo breve". In genere c'è di molto meglio in giro per i videogame
action e Red non è il top degli sviluppatori quanto un onesto e volenteroso
team di pochi membri. Però l'intero gioco trasuda carisma e se preso nel modo
giusto sa farsi amare. Il blasonato studio di animazione Mad House, non a caso uno
degli sviluppatori di alcune puntate di Cowboy Bebop, non si lascia certo
perdere il fascino di Beyond The Grave e del suo mondo. E così nasce un
anime da paura, che è una vera tragedia non sia mai arrivato in italiano.
La trama dell'anima è più hard-boiled e molte delle
derive steampunk "alla Batman di Tim Burton" del videogioco
originale vengono accantonate in ragione di un contesto più concreto e tragico.
Ma lo spirito è ancora quello, la realizzazione ottima e la storia avvincente.
Non passa troppo tempo e arriva un nuovo capitolo del videogame, sempre targato
Red.
Questa volta il nostro eroe è accompagnato nelle
scorribande da una sua banda di Mariachi (ogni riferimento alla trilogia
western moderna di Robert Rodriguez è assolutamente voluto). I livelli sono più
vasti e ragionati, il divertimento è sempre presente, ma tutte le amabili
imperfezioni che rendevano unico il primo gioco sono sparite. Gungrave Overdose
è imprescindibile per i fan ma allo stesso tempo una delusione che di fatto
affossa il piccolo brand. Ci sono meno scene animate evocative, si sente di
trovarsi tra livelli spogli, anche se la formula e il budget impiegato sarà
probabilmente lo stesso. La danza delle pistole ipnotizza come sempre i
fan di Equilibrium (altra citazione voluta), ma il corpo lento e pesante di
Grave appare "troppo piccolo". Gungrave chiude.
Qualcosa
è però rimasto nei sogni di una silenziosa comunità di videogiocatori che hanno
adorato il primo piccolo ed imperfettissimo capitolo. Qualcuno aspettava un
ritorno del pistolero con la bara. Ogni tanto ci rigioco a dispetto delle
animazioni legnose, della scarsa interazione di gioco, dell'approssimazione dei
comandi. Per me è uno dei titolo che riescono ancora oggi a trascinarmi di peso
in un anime, come Asura Wrath, Killer is dead e Killer 7. Tutti titoli
imperfetti (per questo non ho citato cose come Zone of The Enders second
runner, che gli sta diverse spanne sopra), ma che rigioco come "riguardando
un anime". Così ho fatto i salti quando un annetto fa sono iniziati i
lavori di non uno, ma due Gungrave. Un titolo è per i visori vr e di lui per
ora non mi interesso (forse i vr di prossima generazione...). L'altro è Gungrave
Gore, ed è a tutti gli effetti il nuovo capitolo.
Sembra che presto, intorno all'inverno 2019, tornerò a
impersonale il buon Grave su ps4. La storia è ovviamente ancora blindata,
il timore di un titolo non epocale è palpabile e giustificato da un Gungrave
Overdose così così. Ma il fascino c'è tutto ed è ancora intatto e la produzione
sembra promettere un lavoro di classe, benedetto da un alto budget. Se fosse
uscito un capito 3 di Gungrave per la ps3 mi sarei immaginato meccaniche alla
Gear of War o un ritmo di gioco indiavolato alla Vanquish. Certo aspettative
altissime per il Red studio, ma qualcosa di "similare" mi avrebbe per
lo meno fatto felice. Oggi incrocio le dita più che posso e non vedo l'ora di
sapere di più di questo Gungrave Gore. Se saranno guilty pleasure fioriranno (tanto anche se sarà una ciofeca so che vorrò prenderlo), ma se la saga godrà
di un primo, vero, titolo tripla A non vedo l'ora di esultare.
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