Eddie
Brock (Tom Hardy) è un giornalista d'assalto che dopo essere stato
"cacciato" dai quotidiani di New York (per questioni
"misteriose") finisce sulla East Cost, a cercare scoop tra le strade
sali e scendi di San Francisco, che lui ama percorrere come un truzzo su una
moto truzza. È un tipo sudato, incasinato, perdente e un po' arrogante il
nostro Eddie. Troppo spavaldo, troppo grossolano, pure un po' viscido, non ce
la fai mai a volergli davvero bene ma nemmeno a volergli male, è un po' come
quell'amico un po' stronzo che abbiamo tutti e che quando si esce in gruppo si
teme faccia qualche cazzata. Per questi e altri motivi, ma soprattutto per un
grosso problema di "fiducia", il buon Eddie viene mollato dalla
ragazza quasi a un passo d'altare (Michelle Williams), viene buttato fuori
dall'ennesimo quotidiano e si riduce a vivere in un lercio palazzone dei
bassifondi, circondato dalla povertà, con la sola compagnia di una pianta
semi-morta e con vicino di casa un immane rompipalle che tiene tutto il giorno
musica metal a palla. Questa "terapia sociale d'urto" fa però quasi
bene a Eddie, che si può dire diventi di lì a sei mesi una brava persona, che
vive integrato nel nuovo quartiere, aiuta i più bisognosi e ha una parola buona
per tutti. Quasi un assistente sociale, anche grazie alle audio-lezioni su come
mantenere la calma e il giusto equilibrio mentale, comprate in cd nel piccolo
store sotto casa gestito dai cinesi. Eddie è pronto a "ritornare in
sella" quando accetta, un po' per rivalsa un po' per altruismo, di
riprendere mano alla stessa inchiesta che ha distrutto la sua carriera,
un'indagine che riguarda i loschi traffici di una corporation che tra medicina
all'avanguardia e viaggi spaziali sembra seminare cadaveri di povera gente,
rastrellata dai marciapiedi per essere usata come cavia per misteriosi e
surreali esperimenti. Eddie si trova presto in un guaio più grande di lui
quando scopre che gli homeless vengono usati per combinare i loro corpi con una
strana razza di parassiti alieni. Alieni che nessuno ci spiegherà mai bene come ci sono arrivati a 'sta corporation, quando invece se la produzione
avesse usato il (bel) film Life di Espinoza come "prequel ufficiale" di
questo Venom (cosa che poteva pure fare visto che era roba sua) le cose
sarebbero sembrate più coerenti e meno vicine al plot-truffa dell'ultimo Rampage con
The Rock. Certo con il senno di poi ci si potrebbe aspettare un Life 2
decisamente più bello di questo Venom, ma torniamo sul pezzo. Anche Eddie
dopo un po' di peripezie finirà infettato da un alieno, che dopo un
grottesco periodo di "assestamento" inizia a parlargli come una
"vocina nella testa", si autoproclama "Venom" e sembra
trovarsi benissimo a dividere il corpo con il giornalista. Tanto da renderlo forte
quasi come un supereroe, tanto da offrirgli supporto nel gestire le relazioni
sentimentali. Si può dire che i due "si sono trovati". Anche Venom è
in fondo viscido, pomposo, un po' bullo, supponente e dotato di tutti i
terribili e amabilissimi difetti. Ma come vivranno Eddie e Venom il fatto che
qualcuno, umani e non, inizierà a dargli la caccia? E soprattutto, il
film sarà più vicino a Spiderman o a Spawn?
Venom è
ripugnante. Prima si presenta come una versione senziente della gelatina
mocciolosa "skifiltor" in colorazione nero variegato vomito, poi
assume il corpo dello stupro di una blatta operato da Hulk e in un costante
incubo di denti e tentacoli gioca pure a fare la voce cavernosa di un Freddy
Kruger che "parla coi rutti" ed esce come seconda testa dal corpo del
giornalista (proprio come nel bruttino Nightmare 2). Ogni tanto cerca di fare
il "buffo" sfoderando un sorriso a seimila denti aguzzi e occhioni
cartoon, quasi fosse il fratello sotto acido di The Mask, ma per lo più gli
riesce male. Ogni tanto si mette a muovere il suo "organismo ospite"
come una bambola umana posseduta dal demonio, tra movimenti a scatti alla The
Ring e la fisica di quei pupazzetti di gomma che lanci sulle finestre e loro si
impiastrano e poi scendono verso il basso. C'è un che di affascinante e sinistro
in questo character sghembo, liquido, unto e rilucente come la benzina e
indefinito, organico e filamentoso dentro e fuori. Chi legge i fumetti
troverà richiami visivi più vicini al Venom disegnato da Clayton Crain
piuttosto che da Todd McFarlane, nonostante certe inquadrature citino con forza
la fonte originale, qualcosa di Dark Origin fino agli ultimi numeri dedicati al
simbionte (saltando tutta la saga di Flash Thompson "oscuro
avengers", che peraltro non è mai stata oggetto di attenzione del regista
fin dai suoi primi test di adattamento di Venom). Ma l'effetto finale è più
pasticciato che appagante, a meno che non siate fan che si sanno accontentare.
Siamo comunque lontani anni luce dai colori e compostezza dei fumetti di
supereroi Marvel, c'è la voglia di abbassare la gamma sui grigi, acchiappare i
gggiovani con un urban style graffitaro e musica rap (Eminem in soundtrack). È
un buon segno se la perla di marketing di tutta l'operazione è un cappellino
nero con i denti di Venom disegnati sopra l'aletta. Anche positivo e
"originale" il fatto che sguazziamo nel trash visivo al punto che
questo ricade nel contenutistico e il naufragar ci è dolce, in questo mare di
melma nera che fa molto anni ottanta/novanta. Ed è un viaggio
"dolce", simpatico, meglio allestito di un Suicide Squad, con trovate
a volte divertenti. Ma in fondo a fine visione rimane un trip un po'
moscio, come un film Troma senza humor, splatter e tette. Venom visivamente
vuole citare il cyborg al mercurio di Terminator 2 ma in versione low cost,
vuole avere l'appeal di film "cattivo" come Robocop ma senza splatter
e politica, parte come un episodio di X-files della seconda stagione e termina
come il famigerato/amato film di Spawn, ma privo di particolare anarchia ed
eccessi. Ha i denti ma non morde. Questo Venom è un po' come il vostro vicino
di casa ultra-tranquillo e pelato che vuole uscire di casa per una volta
vestito da tamarro, con parruccone a casco e tutto dipinto, per andare al
concerto dei Kiss. Anche se un po' ci crede e fa simpatia, per voi non è
credibile e risulterà solo un "finto maledetto". Da buon complottista
so che Tom Hardy ha detto qualcosa sul fatto che il film doveva essere un
altro, che ci sono almeno quaranta minuti di scene tagliate e che l'intento di
avere il pg 13 a tutti i costi ha castrato sangue e politically uncorrect che
si consideravano non inferiori ad un Deadpool o un Logan. Ovviamente non
sapremo mai che cacchio è successo veramente, ma ho come già stampata in testa
l'immagine di un dirigente Sony che frena in discesa per non far superare alla
pellicola il vm18 per ficcare in sala il pubblico che vedrà il prossimo
Spiderman animato. Hardy andava bene come Brock, aveva la giusta faccia da
looser incazzato, il giusto corpo contratto di muscoli e cattiveria già sfoggiato
in Bronson. Venom, che si muove in video in modo altalenante tra il convincente
e lo scarsissimo, ha tutti i denti che doveva avere, ma li usa
rigorosamente fuori campo e per lo più parla con i rutti nella testa di Eddie
facendo il simpatico triste. Il finale è affrettato, troppo veloce, pasticciato
e per di più sfoggia una resa visiva non appagante (non ne faccio una
questione di budget ma proprio di messa in scena blanda) nemmeno
nell'inevitabile duello (con un villain che dopo la partenza interessante
da finto altruista ideologo alla Steve Jobs si butta via sempre di più fino
alla fine del suo minutaggio). E ovviamente niente tette, niente sesso,
che in Sony sono tutti inglesi. Se vogliamo il primo tempo prova a costruire
una trama dai risvolti Horror non male sulla carta, sorretta dalla
presenza/assenza di una creatura concepita in modo inquietante quanto
interessante (che non è Venom). Se vogliamo la visione non annoia e ci si può
anche divertire con questo atipico anti-eroe fuori di testa, che parte cupo e
diventa sempre più buffo e realizzato al computer nel modo più amabilmente
maldestro (anche se avrei preferito spaventarmi dall'inizio alla fine, potendo
scegliere). Facendo il sadico bastardo direi che Ruben Fleischer dopo
Zombieland continua ad aver il fiato corto e a perdersi nella seconda parte dei
suoi lavori, ma considerando le logiche produttive di un cinecomic non si può
mai addossare le colpe al solo regista e, ripeto, non siamo davanti a un
disastro, quanto a un film che si fa vedere e magari in dvd si piglia. Un
b-movie divertente (quasi) quanto lo erano il film di Spawn con
Leguizamo (più clown di It) o il Faust di Yuzna (che io però, pur nella sua
"tromitudine" amo alla follia e mi riguardo in combo con Il fantasma
del palcoscenico di De Palma). Ma con il freno
troppo tirato. Con personaggi come Venom bisogna osare di più.
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