sabato 20 ottobre 2018

The Predator - la nostra recensione





Volete davvero che vi dica quanto amo Predator? Volete sapere del numero vergognoso di volte che ho guardato Alien vs Predator 2: Requiem, trovandolo, in incubi etilici più o meno lucidi, uno dei migliori Horror slasher degli ultimi tempi? Devo raccontarvi di quando quasi stavo per andare in Messico a picchiare Robert Rodriguez per non aver fatto la regia di Predators (che poi ho comunque amato)? Serve a qualcosa dirvi che nonostante questo nuovo The Predator di Shane Black mi abbia convinto pochissimo, sarò tra i primi a procurasi la versione in home video?
La verità è che sono un dannato schiavo di questo franchise, uno che si esalta al solo pensare alle armi e armature, nunchaku alieni, mandibole mobili, codice d'onore samurai, cultura dell'arma vintage, mondo alieno misterioso rosso fuoco e gusti alimentati vari della razza xenomorpha conosciuta come "Yautja". Il Predator è uno degli alieni cinematografici più fighi e carismatici di sempre, più figo della maggior parte dei film in cui è finito dentro. Film in cui la 20th Century Fox ha sempre riversato il più alto menefreghismo produttivo, sganciando pochi dobloni a monte di astronavi, effetti speciali e star power sempre più risicati. Nonostante tutti i limiti, i Predator sono fighi.  I Predator - eroi ipertrofici (moooolto anni '80, quasi guest star di un possibile Conan) di Alien vs Predator di Anderson riescono sempre con le loro belle scazzottate (contro i sempre divertenti alieni di Scott) a base di laser e reti retrattili a risollevare parecchio un film con non troppe idee. Il Predator "Wolf "con la sua aria scafata, la professionalità assoluta, la frusta e il suo stile di caccia a doppio cannone riesce a distrarmi dal fatto che AvP 2 Requiem senza di lui sia piuttosto sgraziato. Il Predator maldestro e un po' sfigato che combatte contro un Danny Glover che pare il prototipo del Last Action Hero di Schwarzy mi fa sempre tenerezza, ma poi mi gasa nella scena con i men in Black di Gary Busy. I 3 super-Predator di Predators, eccessivi e barocchi, sporchi, feroci, pieni di caschi di ossa, cani spaziali e roba volante, hanno cazzimma, paiono usciti da Cannibal Holocaust mentre seviziano un Predator più piccolo appendendolo a un palo, partono che rompono muri come cinghiali arrabbiati, poi si cospargono di stile, diventano asceti e si confrontano da samurai contro uno yakuza in una notte di luna, all'arma bianca. Anche senza McTiernan, senza Carl "Apollo" Wathers, Schwarzenegger e Jessie Ventura che "non sanguina perché non ne ha il tempo", anche tutti i sequel dell'illustre primo Predator, per me, hanno un loro perché e allestiscono un sacco di "divertimento action-spaccone", spesso gestito bene, che sa alternate thriller e Gore, sparatorie e spadate, condendo con qualche succosa battutaccia da action movie anni '80 già in fase post-machismo. E infatti i grossi e anabolizzanti eroi che affrontano l'alieno nel primo film, con il meglio della superiorità fisica e bellica USA sono destinati a fallire, perché il nuovo archetipo dell'action hero "che ce la fa", non a caso sempre creato da McTiernan, è l'uomo della strada, che suda e soffre, il Bruce Willis del primo Die Hard, figlio di un'epoca post Reganiana. Ma sto divagando e non vi frega di questo, volete giustamente sapere di questo ultimo Predator di Shane Black, già sceneggiatore (e interprete) del primo film. Black è uno che è nato come autore tra l'epoca machista e post-machista, ama l'ironia e l'auto-ironia, gli eroi perdenti, le scene di gruppo in cui tutti dicono battute e si insultano a vicenda, il Natale e il vintage. 


Ho amato il suo Iron Man 3 e i suoi Nice Guys. È sceneggiature della serie Arma Letale, è dietro a Last Action Hero, L'ultimo boy-scout. Ha uno stile così preciso e codificato che su Wikipedia si parla di Shaneblackismo". Con The Predator vuole recuperare il fashion style di Scuola di Mostri, sempre scritto da lui in compagnia di Fred Drekker, che ne era anche il regista. In pratica un film molto buffo pieno di mostri classici che si scatenano in una piccola cittadina, combattuti da eroi improvvisati e soprattutto bambini. È una scelta, è coerente con la sua filmografia e i suoi shaneblackismi, è una diversa lettura del l'alieno di Predator, che è già stato declinato peraltro al War movie, all'horror, al fantasy, all'hard boiled. Però a mio vedere è una scelta infelice, causa di una devastante serie di scelte infelici collegate. Questo Predator è forse un alieno troppo amabilmente preso in giro dal cast, è troppo colpevolmente fuori dalla scena per troppo tempo. Purtroppo, e non so quanto sia colpa di Black, è un alieno a livello realizzativo orribile per via di una brutta computer grafica (i vecchi Predator analogici erano mooolto più fighi è stavano in scena con maggiore realismo) che interpreta però di fatto altrettante brutte idee di sviluppo del personaggio (come a dire che si è fatto errori a più livelli). Non lo temi, non ti affascina, non ti interessa più di tanto quello che vuole fare (e infatti la trama del film si fonda su un "equivoco" incredibilmente male contestualizzato e compreso), è meno originale del solito (nessun nuovo giocattolo per lui, le armi sono più o meno quelle già presenti con i vecchi modellini in plastica). Un brutto orco in cg, inspiegabilmente anonimo (e se conoscete il franchise a questo aspetto c'è quasi da non crederci). Si muove come uno dei Masters di He-Man, con quella inconfondibile camminata di ginocchia ipertrofica che si muovono sghembe come se il personaggio si fosse cacato addosso. Si vede male a causa di una messa in scena notturna e confusionale, non buca mai lo schermo. Se prima, negli altri film, si poteva intravedere anche solo da movimenti, costumi e scenografie, se non una "storia dei Predator" una sorta di "mitologia" fatta di onore, religione, abduction e "riserve di caccia", tutto ora appare semplificato se non semplicistico. Poi certo c'è la trovata interessante che ribalta il senso della "caccia del Predator", laddove i suoi lavoretti in ossa si vede che possono venire usati in modi non solo estetici quanto scientifici, ma è poca cosa e concettualmente pure negativa per l'evoluzione del franchise, con le ultime scene che urlano quanto ormai del Mostro alieno ce ne possa fregare poco, in quanto ormai character morto e sostituibile/intercambiabile con un guscio vuoto di se stesso. Avulso di carisma quanto di significato.  È triste. Ed è ancora più triste perché il film risulta quantomai pasticciato, tagliato (male) di molte scene, confuso in una trama che perde i pezzi e afflitto da personaggi che per voragini narrative scompaiono e ricompaiono a caso. Sembra ci sia dietro una post-produzione devastata dagli screen-test, che nel tentativo di migliorare il rapporto con il pubblico ha seminato morte e distruzione su ogni frame della pellicola. Anche questo è triste. Mi sembra quindi di sparare sull'ambulanza quando vi dico che Boyd Holbrook si conferma, dopo i "dubbi" sorti in Wolverine-Logan, un vero attore di merda. Ha la parte giusta per trasmettere empatia e solidarietà virile, ha delle buone battute e una famiglia virtuale (ci torno dopo) che ce lo possono rendere simpatico, ma lui pare solo e sempre la versione anabolizzata di Draco Malfoy, antipatico come un pelo che pende dal naso, mono espressivo, non aiutato da un taglio di capelli laido ma soprattutto un tizio incapace di calamitare l'attenzione su di lui. Una pigna. Una scommessa persa quanto attoracci abominevoli della risma di Liam Hemsworth e Scott Eastwood. Davvero il peggio che Hollywood sta proponendo, in un periodo peraltro foriero di giovani leve interessanti come Adam Driver, Miles Teller, Michael B. Jordan, Ansel Elgort... Meglio non pensarci. Olivia Munn invece dà vita a un bel character femminile. Energica e sexy, risoluta e per nulla damigella da salvare, più tridimensionale di quanto ci si aspetti (e se fossimo stati negli anni '80 ci sarebbe stata anche una scena "hot" che qui viene impietosamente alleggerita anche se sembra servita sul piatto d'argento... si vede che sono altri tempi). Sembra quasi una Biancaneve postmoderna alla corte di (quasi) sette nani / veterani-traumatizzati, tutti figli di John Rambo. Il film vale tanto oro per quanti minuti si trova su schermo il plotoncino di ex soldati esauriti e complessati formato da Tom Jane, Keegan-Michael Key, Trevante Rhodes, Alfie Allen, Augusto Aguilera e ci metto pure Jake Busey (che purtroppo di schermo ci sta troppo poco). Sgangherati, molesti, fattoni e svalvolati. Amabilmente difettosi. Loro sono i classici eroi di Shane Black, loro dominano la scena con fantastiche e cretinissine battute, loro ti spiazzano e conquistano (come quando per "svegliare Biancaneve" senza traumatizzarla della loro presenza le costruiscono un unicorno di carta stagnola da offrirle in dono... una cosa davvero senza senso, spiazzante ma che commuove prima di far ribaltare dal ridere). Peccato che il film con le sue magagne visivo/narrative butti via anche questo manipolo di eroi amabilmente sfigati. C'è anche il bimbo con problemi di autismo, che diviene un po' deus ex machina degli eventi e con le sue scene porta molte delle suggestioni dei film per ragazzi, ovviamente anni ottanta, stile Navigator o Explorers. Dal trailer pareva una nota stonata, invece è parte di una sottotrama funzionale e anche tenera (anche se buttata alle ortiche dalla recitazione abominevole di Boyd vattelapesca). Gli antagonisti "umani" sono non pervenuti, per essere buoni. Tra troppi effetti speciali "così così", le astronavi aliene sono piuttosto fighe. Vorrei volere più bene a questo film, sono sicuro che dopo la sesta visione tutti i difetti tenderò a minimizzarli, ma tanto potenziale buttato via fa bruciare gli occhi e le buone intenzioni forse non bastano. Mi aspettavo qualcosa di diverso. Se volete giusto un po' di splatter comunque vi divertirete. Speriamo che il prossimo film torni un po' in pista. Intanto non vedo l'ora di farmi una bella a-critica visione di pancia, con frittata e rutto libero. 
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