È nato
un nuovo grande autore del cinema horror? Dopo questa opera prima Ari Aster,
regista e sceneggiatore, sembra avere già tutte le carte in regola per colpire
l'immaginario degli appassionati più esigenti e sorprendere anche gli avventori
occasionali del brivido. Una trama costruita sapientemente su più livelli
interpretativi, una tecnica di ripresa, solida e rigorosa, in grado di
trasmettere tensione quanto empatia per i personaggi, una direzione degli
attori impeccabile e in grado di valorizzare al meglio le capacità di
ognuno.
Non ho
contato le battute, ma sto sperticando fin dall'inizio lodi infinite per questo
Hereditary (il titolo invero è "difficoltoso" e poco attraente,
Aster su questo aspetto deve migliorare, ma su poco altro), senza spiccicare
una sola parola sul contesto e intreccio. Voglio che questo film sia per voi
una sorpresa assoluta e per questo vi invito a non guardare alcun trailer o
anticipazione. È un Horror psicologico che esplora i limiti della "sanità
mentale", al centro della vicenda c'è la anomala disgregazione progressiva
di una famiglia sempre più afflitta da problemi di comunicazione, si parla
del "supporto morale" che possono offrire (forse solo) gli estranei.
C'è un grande rompicapo da risolvere, con indizi sparsi ovunque ma sempre in
qualche modo nascosti, c'è la frustrazione, tipica degli horror migliori, di
assistere a eventi terribili e inevitabili che lasciano personaggi e spettatori
del tutto impotenti, arrabbiati e soli. Siamo quindi lontani dagli slasher,
anche se l'elemento "cruento" è ben rappresentato, siamo lontani dal
black humour di molte produzioni recenti, Hereditary non è un film
"accogliente". Piuttosto idealmente viaggiammo, per
sceneggiatura e interpretazione, tra le migliori opere Horror di Polanski, De
Palma e Hooper, cadiamo con le scenografie in incubi geometrici / psicologici
degni del migliore Argento. Ritroviamo quindi molto della metrica della
tensione, nonché la raffinatezza della messa in scena, delle pellicole tra la
fine dei '60 e gli inizi degli '80.
Tra gli attori è davvero difficile scegliere
il più bravo. Da una splendida, agguerrita ma devastata, Tony Colette alla
piccola, taciturna ma dolcissima Milly Shapiro. Da Alex Wolff, che
"corazza" (per quanto riesce) con l'indifferenza la dissoluzione
emotiva del suo staio d'animo, a Gabriel Byrne, che nonostante tutto e
nonostante tutti cerca con affetto di tenere uniti i cocci della famiglia. Il
personaggio della Colette è una donna che per lavoro (è un'artista) realizza
case e personaggi in miniatura, che spesso usa per dare corpo anche ai suoi
sogni e ricordi, attraverso un gioco di specchi tra realtà e finzione che mette
vertigine. Ha un passato triste dal quale cerca di difendere la sua famiglia,
ha molti rimpianti con cui non riesce a convivere e attraverso le sue opere
cerca di "oggettivizzare", dando un ordine, la sua vita. Il
personaggio di Milly Shapiro è una bambina afflitta da un handicap che la
fa apparire anaffettiva, ma i suoi gesti rivelano in lei molta tenerezza. Come
la madre "plasma" i suoi ricordi con disegni e pupazzetti da lei
creati, che nella realizzazione possono apparire anche inquietanti. Da quando è
morta la nonna, che ha voluto accudirla personalmente, ha paura che nessuno si
occuperà più di lei. Alex Wolff interpreta un adolescente che vorrebbe che la tragica realtà familiare che sta vivendo fosse solo un sogno, si sente
come nel corpo di un altro e vive esprimendo sentimenti che non gli
appartengono, arrotolandosi emotivamente su se stesso nel più classico "dilemma
del porcospino". Il personaggio di Byrne è un "monolite
benigno", un uomo che vuole venire incontro alla sua famiglia per
consolarla, ma che non riesce davvero ad ascoltare e comprendere i problemi,
rimane quindi "bloccato", diventando di fatto il personaggio con cui
lo spettatore può più sentirsi in sintonia, trovando lo stesso spaesamento
davanti alle vicende della pellicola. Su tutti i personaggi aleggia il
personaggio della nonna "assente ma presente in ogni momento", dolce
quanto sinistro, misterioso. Con questi personaggi Hereditary
colpisce duro lo spettatore e colpisce al cuore, facendo riflettere su cosa sia
davvero la "vera ricchezza", l'eredità, di cui una famiglia può
disporre.
Se amate
l'horror, l'opera prima di Aster è una pellicola che DOVETE vedere,
magari scansando le comitive di ragazzini che non sono più abitate a questo
tipo di cinema e, non sapendo emotivamente "come rispondere",
inizieranno in sala a fare "ridolini a caso" (dall'inizio alla
fine nel mio caso) in attesa che il film gli regali un "reale
momento di humour nero" che SPOILER DA DUE SOLDI non arriverà mai. L'horror
non è sempre le montagne russe e questo è un film che ti macina sotto la pelle.
Se amate i jump scare preparatevi ad averne in quantità ad ogni modo (e non saranno
di quelli "forzati", fidatevi). Cercate quindi sale silenziose ma
fatevi un piacere e guardate Hereditary. È una bella sorpresa.
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