martedì 15 novembre 2016

Si sente il mare - le perle nascoste dello studio Ghibli


Kochi, da qualche parte nel Giappone, nella prima metà degli anni novanta. A quanto ci dicono  (lo dice il film) il modo di parlare dei "Kochesi" è tutto particolare, almeno per l'abitante di Tokyo medio, in quanto "si esprimono come nei romanzi storici". Di contro per il "kochese" medio il modo di parlare di Tokyo è troppo super-veloce e inquisitorio-snervante. Tuttavia, sia vera o meno 'sta cosa, questa, di 75 minuti a opera Ghibli è la commovente (?), dolcissima (?) e profonda (?) , divertente (?) love story (?) adolescenziale tra un "kochese" e una "tokyese". E i punti di domanda non sono un errore di capslock o roba così, ma chiari segni di sconforto del vostro blogger preferito (io, immodestamente) nel constatare, anche in questa pellicola, i più drammatici topoi dell'adolescenza giapponese media, come tradottami da un numero sempre più cospicuo e quasi quarantennale di "prove audiovisive" da me raccolte e fornitemi da letteratura, tv e cinema orientale. Da osservatore occidentale con il cuore "latino" (e quindi con un punto di osservazione esterno-sbagliato) per me è un assoluto mistero, sulla base di ritenere vere le informazioni fornite da pellicole come questa e in genere di tutta la produzione recente di Makoto Shinkai (che qui richiamo per vicinanza tematica), comprendere come la razza giapponese non si sia ancora estinta. Ma procediamo con ordine. 
Un "kochese" e una "tokyese", a Koiche, nell'ultimo anno del liceo. Poiché la vita scolastica è tremenda al punto che il fallimento comporta l'impossibilità di trovare un'università e conseguente lavoro dignitoso, lo studente giappo medio "sa" che il tempo del cazzeggio a quel punto della vita è finito. Bisogna dire addio all'adolescenza e buttarsi sui corsi di preparazione universitaria. Tutti i manga ad ambientazione liceale sono drammaticamente univoci in questo: senza l'ingresso in una università prestigiosa a fine anno o si diventa atleti professionisti come nei manga sportivi (e la cosa in genere non succede) o si sfonda nel teatro-musica-cinema-disegno grazie alle attività del club liceale (e pure questo non accade... Sono realisti i giapponesi) o si va a vendere il pesce nell'impresa di famiglia. A meno che, come moda recente, fuori dalla scuola il mondo non stia implodendo per apocalissi zombie, invasioni aliene o fallout vari. Non c'è alternativa né scampo. La scuola è vita e LA vita è un doposcuola. In caso contrario l'emarginazione e gli istinti suicidi della condizione di hikikomori. Per tagliare la testa al toro, per "sdrammatizzare ", i nostri due piccioncini (?) ci vengono presentati come dei maledetti geni nella graduatoria-voti nazionale. Delle infallibili macchine da dieci e lode senza troppo impegno, a prescindere da qualsiasi uragano che travolge la loro esistenza umana. Largo ai sentimenti, allora!


Morisaki è il nostro eroe (?), il classico protagonista da storia scolastica tipo: inconsistente, privo di carisma, belloccio ma neanche troppo. Vorresti dire "timido ma gentile" ma ti esce "anaffettivo e bidimensionale" per la totale indifferenza con cui lo colpiscono gli eventi esterni, per il non avere un difetto che sia uno, forse anche per il mio gap culturale sopra rimarcato. Tuttavia per gli standard nipponici Morisaki è un "ribelle". Lo è a ragione perché una volta in terza media ha battuto con forza i pugni contro il marcio sistema scolastico nipponico. In pratica la sua scuola non è andata bene nelle medie-voto dei test nazionali degli alunni del liceo e quindi gli insegnanti e genitori hanno deciso di non far fare la gita di tre giorni agli alunni delle medie. Coerenza nipponica. Morisaki, da novello Che Guevara, allora parte con una delegazione di quattro-cinque studenti alla volta dell'ufficio della dirigente scolastica. Bussa, entra e chiede gentilmente delucidazioni illustrando in modo sintetico e pacato il suo disappunto. La qual cosa in Giappone in effetti è estrema, in quanto è vista come aggressione e danneggiamento dei locali del corpo insegnanti. La dirigente scolastica alla sola vista dei  quattro ragazzetti di terza media infatti sbianca, è una situazione non contemplata nel manuale!!! E' così in crisi che un collega lì nei pressi redarguisce democraticamente i pischelli, vietando il diritto di parola  a tutti coloro che nella stanza non siano tra i primi cento migliori studenti della graduatoria nazionale nella categoria scuole medie. Solo che Morisaki è un fiero 92 dei migliori del Giappone, l'insegnante sbianca dinnanzi a tale primato superomistico e indice un'assemblea in cui, molto democraticamente, chiunque fosse d'accordo con Morisaki (implicitamente senza la protezione sociale fornita dalla sua media-voti) potesse dichiararlo pubblicamente, ad alzata di mano sotto gli occhi adirati del corpo insegnanti. Al che la rivoluzione entra nel vivo. Il drappello di Morisaki, mentre il nostro eroe non si sottrae alla pugna alzando la mano, gli fa vuoto intorno. Solo un ragazzo tra tutti risponde alla chiamata, Matsuno. Anche lui un genio (e quindi intoccabile), ma appartenente alla categoria dei character "misteriosi e intelligenti" perché portano gli occhiali. Perché storicamente per la cultura dei giappi chi vede la vita con occhio semi-chiusi in quanto "miope" è in realtà una persona molto acuta e riflessiva. Morisaki e Matsuno vengono quindi invitati a una "riunione esplicativa" ultra-democratica nella quale i due, in assenza di qualsiasi insegnante o contraddittorio (strategicamente assenti), potranno scrivere su un foglietto, con specificato nome e cognome e media-voto, i motivi del loro disappunto. Morisaki viene profondamente colpito dalla risposta di Matsuno, che scrive come la mancata gita potrà avere per lui ripercussioni negative quando da lì a una decina di anni ci ripenserà. Matsuno è un ragazzo acuto, pensa, non è solo miope. E da lì parte l'adorazione e "l'amicizia profonda", che si concretizza su schermo nel parlare ancora con Matsuno in almeno quattro o cinque occasioni nel resto della sua intera vita, sempre in momenti scazzati, non più di tre battute per volta. Vera bromance. Un giorno però a guastare l'idillio arriva "la donna". Si crea subito tra lei e i due amici un avvincente (?) triangolo sentimentale (le cui relazioni interpersonali nell'arco dell'ultimo anno non credo sfiorino più dei 23 minuti complessivi, salvo un evento particolare che deve essere di fatto molto ridimensionato). 


Lei si chiama Rikako, viene da Tokyo, è affascinante e introversa e ha una media voto da genio. Matsuno vuole provarci (lo vogliono tutti ma lui di più) ma siccome è miope-intelligente-introverso decide di fissarla intensamente da lontano senza combinarci mai niente di niente, guardando malissimo chiunque le si avvicini entro i trecento metri. Questo porta Matsuno a odiare tantissimo l'amico Morisaki, che ha avuto solo la sventura di frequentare (???) brevemente Rikako per una serie di circostanze strane partorite dalla mente contorta della ragazza. Una frequentazione (?) che per l'occhio inesperto del vostro blogger occidentale (sempre io) ha più a che fare con la pietas umana piuttosto che con il trasporto amoroso. Rikako ha dei grossi voti scolastici quanto grossi problemi a casa e non riesce a integrarsi tra le sue invidiose compagnucce di classe di Kochi per il solo fatto che è la ragazza più carina e intelligente della scuola e probabilmente di tutta la prefettura. Morisaki sembra l'unico che non la giudichi ed è l'unico con una certa indipendenza economica (si direbbe il contrario per quanto dirò da qui a breve, ma la ragazza ritiene che sia così) che conosce a Koiche, anche perché oltre allo studio fa un secondo lavoro in un ristorante (l'adattatore Gualtiero Cannarsi, qui comunque meno eccentrico del solito, cosa di cui mi rallegro, regala al "secondo lavoro" di Morisaki il termine "lavoretto". Ed è  esilarante perché non usa mai un termine diverso da "lavoretto" per descriverlo, con le assurde ambiguità che tale espressione comporta per chi non sia davvero una "anima candida"..."Morisaki, come è andato il lavoretto"; "Ho appena finito un lavoretto", "Mamma esco, vado a fare il lavoretto"... Se non lo vedevo nelle cucine di un ristorante a un certo punto iniziavo a pensare male...). Peraltro il primo rapporto che la ragazza ha con lui consiste nel chiedergli unicamente dei soldi, che la ragazza in un attimo ficca in borsa per scappare via di soppiatto senza salutare o parlare con lui per i futuri quattro mesi. Morisaki siamo convinti poi, per davvero, che non possa essere gay, visto il modo, più "partecipe" con cui guarda Matsuno? Ma sarà davvero amore? Come si evolverà il rapporto (???) dei tre? Cosa sarà di questa amicizia e di questo amore quando le tre tappe classiche della apocalisse adolescenziale nipponica (gita, golden week e festival scolastico..Tre eventi più traumatici che felici) saranno ormai storia passata? E alla fine del film converrete con me sul fatto che, se i rapporti interpersonali tra nipponici si limitano a quelli descritti, sia davvero un miracolo che il popolo di Yamato non si sia ancora estinto?


Lucky Red sta ultimando la raccolta definitiva, l'adattamento e traduzione per mercato italiano di TUTTE le opere dello studio Ghibli al netto de "La tomba per le lucciole" (unico titolo fieramente nelle mani di Yamato Video). L'orgasmo completistico massimo per l'appassionato del decaduto ma sempre prestigioso studio animato di Totoro ma non solo. Una occasione ghiottissima, unica e forse irripetibile al mondo per noi occidentali "medi" per scoprire TUTTO ma proprio IL DANNATO TUTTO di quello che è uscito nel corso in TUTTA LA COMPLETA STORIA di una casa di produzione nipponica, TUTTO L'IMDB STRAMALEDETTO dal più famoso e amato film alla più misconosciuto mediometraggio uscito solo Direct to video. Forse alla fine mancherà il blu ray solo questo...




E ora, grazie alla wiki e anche al fondamentale documentario Il regno dei sogni e della follia, anch'esso uscito per Lucky Red e per me a tutti gli effetti il "film horror del secolo", sappiamo davvero il "perché e il percome" negli anni siano arrivate le fortune avverse e i grandi trionfi, le sperimentazioni e le conferme delle strategie produttive dell'arci-amatissima casa di Totoro, dal suo inizio sfolgorante ad opera del genio di Miyazaki alla distruzione perpetrata dal "terribile e autodistruttivo" (produttivamente parlando ma forse non solo...) ultimo progetto dell'ugualmente geniale Takahata. Quindi, oramai che i titoli più noti di Miyazaki e dello studio Ghibli in genere sono già stati pubblicati, ecco che ci capita tra le mani questo Si sente il mare, di Mochizuki, produzione "minore" del 1993 ma pur sempre "produzione Ghibli", dalle atmosfere vicinissime a quelle del pluri-osannato recente nuovo genio dell'animazione nipponica Makoto Shinkai, con la medesima maniera di trattare la delicata, quasi ectoplasmatica, natura sentimentale degli amori adolescenziali nipponici. C'è un lui, c'è una lei, a volte c'è un terzo incomodo ma non lo nota quasi nessuno. Ci sono tanti viaggi in auto, treno, aereo in cui nessuno parla. Poi si fermano in un posto e stanno tutti zitti per ore. Non ci sono dichiarazioni d'amore vere e proprie, mancano le più innocue effusioni se non sfioramenti accidentali e assolutamente non voluti. L'amore è visto nella sua accezione più pura, zen, nello "stare insieme nei momenti che contano", soprattutto i più dolorosi. Tuttavia il "fattore umano" per via della cultura orientale (così rappresentata) non riesce mai (non vuole proprio farlo!!) a infrangere quella parete spessa di incomunicabilità che le persone ergono altissima, un po' l'emblema di quel "dilemma del porcospino" esposto da Anno in Evangelion. Stare insieme è collegato sempre al comprendere le "giuste distanze" tra le persone, cercare di non invadere troppo il privato altrui (non pungersi con gli aculei per i porcospini) senza però al contempo essere troppo distanti, navigando a vista quel tanto che permette di captare fortunosamente dei segnali dall'altra parte. In qualche modo è una buona cura questa visione del mondo per chi si nutre eccessivamente delle melensaggini e smancerie infinite delle pellicole Hollywoodiane, ma qui il sottile è così sublimato che davvero si fatica a vedere dove ci sia amore e dove non ci sia. 


I personaggi sono davvero poco empatici e il "non detto" assume davvero spesso la forma del "non pensato". Non voglio esagerare, ma se qualcuno davvero ritenesse di riuscire a conquistare il cuore di una ragazza (pretendendo qualsiasi tipo di "segnale" da parte sua) in ragione delle stesse azioni che, meccanicamente, compie il protagonista di questa pellicola, starebbe davvero a un passo dalla follia e presto sarebbe noto alle forze dell'ordine. Due parole "in più" andavano necessariamente spese nella costruzione di un pur tanto platonico rapporto. Forse la caratterizzazione grafica, gradevole ma parecchio convenzionale, che fa riferimento a un fumetto magari già conosciuto e famoso e "più approfondito", non aiuta molto in questo. I volti dei personaggi passano dall'allegro al cupo senza vie intermedia. Tuttavia non è difficile "ritrovarsi" in questa Kochi del 1993, almeno per me che in quegli anni avevo effettivamente l'età dei protagonisti e se non avevo il castello di Kochi illuminato strano dai fari notturni avevo pure il Castello Sforzesco di Milano illuminato strano dai fari notturni. Se la relazione tra i due - tre convince poco (Shinkai in questo è più bravo) ci sono dei bei momenti di "slice of life" adolescenziale. Sembra davvero di tornare ai banchi di scuola, di partecipare a una gita vera (e quindi non divertente), di respirare la gioia delle cose semplici come fare una camminata insieme a una persona amica o bere in compagnia ricordando i tempi passati. La scena con il nostro protagonista che dorme in una vasca da bagno, incurante del mal di schiena che avrebbe in età adulta a fare la stessa cosa, usata anche nel menù del dvd e blu ray è splendida ed emblematica di una innocenza ancora non perduta alla quale, se comunque non riusciremo mai a credere, ci fa piacere almeno poter "pensare". Così alla fine riusciamo almeno con il nostro vissuto e la nostra immaginazione a far quadrare i conti con la pellicola, temperando le peculiarità del nipponico sentire e una certa omologata inespressività facciale dei protagonisti. Riusciamo a fare nostra questa storia e c'è da ammettere che la visione scorre via veloce nei suoi essenziali e non stiracchiati ottanta minuti scarsi. Le animazioni come i fondali non sono impressionanti e il Ghibli Touch si avverte solo in parte, il prodotto non nasconde una produzione più economica del solito ma risulta gradevolissimo. Il titolo non ho ancora capito a cosa cacchio si riferisca, ma comunque a Kochi c'è il mare e quindi pensare alla gioventù per il nostro protagonista significa pensare anche al mare. Forse. 
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