lunedì 14 ottobre 2013

Kyashan Sins

(o Casshan/Casshern Sins se preferite) finalmente in home video by Yamato

ATTENZIONE: la disamina di Talk0 è talmente approfondita (lunga) che il post verrà editato in tre parti, quindi continuate a seguirci nei prossimi giorni per non perdervi il profondo (lungo) excursus su questo prodotto!

PARTE SECONDA

La questione del nome e l'uniforme Parte del fascino dell'opera risiede anche su questi due peculiari aspetti legati all'eroe, nome e uniforme.
Il nome. Kyashan viene ad essere esportato in America come Casshan o Casshern per il solo fatto che i giappi leggendo i caratteri occidentali di “Casshern” pronunciano “Kyashan”, come risulta evidente anche dalla sigla giapponese, in cui il nome del personaggio (nel ritornello) appunto Kyashan. Per una volta noi italiani abbiamo tradotto correttamente in kyashan il fonema, ma per il resto del mondo la serie si chiama appunto “Casshern”. È una divagazione ma è interessante valutare come ci si sia alambiccati sulla “reale fonte” del nome Kyashan, in quanto i giappi dicono di riferirsi a una divinità portatrice di pace. Potrebbe per certi aspetti essere pure Krishna, avatar del dio Visnu, che nel periodo epico del testo sacro indù Mahabharata assume le vesti di protettore del mondo. I giappi sono soliti “giocare con le religioni” e il fatto che Kyashan sia un androide, quindi un avatar meccanico in cui è infuso lo spirito dell'eroe, potrebbe far filare questa teoria. Anche altri personaggi di Kyashan Sins hanno nei nomi delle implicazioni religiose, vedasi Dio e Leda, che sembra proprio una storpiatura di Veda.

L'uniforme. Kyashan indossa una tuta completamente bianca, un cinturone con due pistole razzo e un elmo che all'occorrenza può chiudersi sul volto, proteggendo il viso durante gli scontri. Partiamo dal casco. È quasi la riproduzione dello storico elmo a falce di luna di Masamune Date e in effetti c'è qualcosa che ha in comune Kyashan con il celebre generale: una vita dedicata alla guerra fin dalla giovane età in supporto al padre. L'elmo rappresenta al contempo l'onore del guerriero ed è peculiare il fatto che nel film "Kyashan la rinascita" questo accessorio sia stato distrutto prima che il nostro eroe si appropri dell'armatura. Ne riparleremo! Ci sono delle razzo-pistole ma Kyashan le utilizza per spiccare il volo in salto più che per combattere. Questo perché il nostro eroe è per lo più un artista marziale che affronta a mani nude i suoi avversari. In questo aspetto l'autore mette in luce probabilmente la sua avversione per le armi da fuoco, strumenti che nella maggior parte dei casi mette nelle mani degli antagonisti. Una scelta di campo che mitiga in parte la violenza dell'opera e avvicina Kyashan alla filosofia tipica dei supereroi americani. 

Infine il colore dell'uniforme, bianco. Ve lo ho già raccontato in un post di Gundam U.C. Ma la questione qui è la stessa. Il bianco è il colore della purezza tanto del corpo quanto dell'anima, tuttavia per i giapponesi assume anche una seconda connotazione, l'incognita. Perché il bianco è anche inteso come “assenza di un colore” e in senso lato come assenza di appartenenza a uno schieramento, un vessillo vuoto. Giocando su questo dualismo da un lato comprendiamo come in effetti Kyashan sia il “buono”, dall'altro accettiamo il fatto che la gente non si fidi di lui, che lo veda come un possibile nemico. Dubbi che non dovrebbero esserci sui supereroi ma di cui i fumetti sui supereroi sono pieni. A ogni modo l'uniforme piace e rimane per lo più invariata fino alle odierne rivisitazioni di Kyashan.
Kyashan – il mito / Casshan Robot Hunter. (in dvd by Yamato video)



Nel 1993 ecco che si palesa l'occasione di celebrare i 20 anni dalla prima messa in onda di Kyashan con una nuova miniserie. Certo 4 episodi da 30 minuti l'uno non possono competere contro gli originali 36 episodi e la trama, che grossomodo ripercorre il canovaccio originale, non innova particolarmente. Visto negli anni '90 l'opera aveva un suo fascino. Rivista oggi vengono in luce tutti i suoi limiti: un chara design troppo anonimo se paragonato all'originale, digressioni sessuali un po' gratuite, musica pop-jap triste in luogo della marziale colonna sonora originale. Zero epicità, zero trasporto emotivo. Pare tanto un espediente per battere cassa e di fatto costituisce un tassello del tutto bypassabile. Non fosse per un paio di combattimenti carini il recupero non è essenziale.

FINE SECONDA PARTE

1 commento:

  1. giusto una precisazione su Masamune Date, figura storica che cito nell'articolo così, come se si trattasse di mio zio..è uno dei più acclamati protagonisti dell'epoca Sengoku, un periodo storico caratterizzato da lotte intestine convulse che porteranno sotto l'impulso di un altro warlord famoso, Oda Nobunaga ad una prima unificazione del Giappone. I giappi ci vanno a nozze su questo periodo,conoscono a menadito tutti i warlord,e non mancano di allestire rievocazioni storiche, scrivere romanzi e, perchè no, pure cartoni animati e videogiochi. Nello specifico la serie koei Samurai Warriors e la serie capcom Sengoku Basara sono rievocazioni, sotto l'ottica del picchiaduro e con varie licenze poetiche di autentiche battaglie dell'epoca Sengoku.poi c'è la serie Onimusha, che comunque tratta in modo più "fantastico"il periodo. il titolo koei è spettacolare ma abbastanza serioso, il titolo capcom è esageratissimo, fuori di testa e figherrimo. Nello specifico è proprio dal primo Basara uscito per ps2(di cui c'è anche una bella serie animata) che mi dedico a spulciare dove posso informazioni sul periodo e sul "mito"dei Warlords (anche se Kenji il magnifico di Hara mi aveva già incuriosito verso la ricerca), scoprendo come questi siano citati a sprombattuto in grandissima parte dell'animazione jappa. Masamune Date è uno dei miei preferiti e dei più amati dai jappi in genere, ha una fama quasi della portata del nostro Garibaldi e un aspetto così iconico che riscontrarlo nel vari omaggi è facilissimo. Talk0

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