mercoledì 20 marzo 2024

Race for glory - Audi vs Lancia : la nostra recensione del film di Stefano Mordini sulla gloriosa stagione del campionato mondiale di rally del 1983, con protagonisti Riccardo Scamarcio, Daniel Bruhl e Volker Bruch

 


Siamo nel 1983, un anno leggendario per la storia del rally. 

Tra i ruggenti circuiti mondiali, i tracciati di prova e le fabbriche, si perfeziona la nuova tecnologia delle quattro ruote motrici, si testano leghe leggere per rendere più veloci i bolidi da corsa, si “manipolano creativamente” i regolamenti, ci si scontra e forse ci si innamora. 

Qualche volta, molto rispettosamente, un po’ ci si odia. 

Il rally per Cesare Florio (Riccardo Scamarcio), ex pilota nonché direttore tecnico della Lancia Abarth, è uno sport che deve restare moderno e popolare. Si fonda sulla scienza ingegneristica e si evolve con essa, come se fosse sempre in atto tra le scuderie una gara a chi è più intelligente come ai tempi di Oppenheimer. Si corre su strade cittadine come di campagna, conosciute e vissute dalla gente comune, vicino a una scuola o a una fabbrica o a un campo arato, a diretto contatto con il pubblico. La gente ama le corse, esulta e applaude, circonda e quasi si butta sotto le auto “come per abbracciarle”, gioiosa e incosciente, mentre i bolidi sgommano a pochi centimetri da loro a tutta velocità. Qualcuno tra di loro poi magari, come spera il marketing, farà il mutuo sulla casa per comprarsi una di quelle auto da sogno, rivivere in prima persona quel rombo e quella frenesia. Forse qualcuno in futuro diventerà un meccanico e qualcun altro un nuovo pilota del circo dei motori.  

Il rally è uno sport che mette titanicamente gli uomini in lotta tra loro ma prima ancora contro il tempo, il “dio Chrono”, con le armi dell’esperienza, la tecnologia, l’istinto e un po’ di follia. Tutto per essere più veloci e quindi più competitivi in un mondo diventato “veloce e ultra competitivo” come gli anni ‘80, un mondo “tutto da bere” bevendo gli avversari più lenti in quanto “più lenti” e a volte pure “meno spregiudicati”. 

Ma forse qualcuno da battere “di umano”, poco filosoficamente e anche per “tigna”, c’è. 

Specie quando il tuo rivale è la Audi Sport, i tedeschi, i rivali “naturali” di sempre in quanto figli di una cultura quasi opposta all'italiana. 

Hanno fondi quasi illimitati, hanno il supporto nella ricerca e sviluppo pure della loro tecnologia bellico/militare nazionale. Sono precisi e metodici, imbattibili o quasi, specie da quando il loro direttore è il freddo e meticoloso Roland Gumpter (Daniel  Bruhl), uno che sui tracciati ci passa anche tutta la notte, stremando piloti, meccanici e famigliari, dormendo in camper, mai un sorriso o una pausa, pur di massimizzare la pratica di una pista. 

La tecnologia delle quattro ruote motrici poi, i crucchi l’hanno già sviluppata e implementata nei loro veicoli, mentre tutti gli altri team annaspano tra budget inaccessibili e tempi tecnici ancora improponibili. La possono usare in gara grazie anche a un regolamento che sono riusciti a farsi approvare all’ultimo minuto. Una nuova regola scritta tutta per loro che per Lancia è un KO tecnico, politico, scientifico e morale, ancora prima di inizio campionato. 

Contrastare l’Audi per la scattante ma “già vintage” due ruote motrici prodotta a Torino, è complicato e impegnativo sul lungo periodo, quasi come andare in guerra, specie se alla prova pratica sui tracciati sterrati l’auto italiana non tiene più la pista dopo due o tre dossi, le sospensioni si rompono e i piloti anche più bravi si deprimono, se non “crasciano” o esplodono. Florio sa che bisogna puntare su tattiche di gara originali, non scontentare “l’avvocato”, trovare la pubblicità giusta per infiammare il pubblico, lavorare sulle falle del regolamento per barare un po’, fare affidamento su un pilota in grado di fare miracoli. 

Florio il pilota ce l’ha, si chiama Walter Rohrl (Volker Bruch). È un genio in grado di ascoltare il suono di ogni componente meccanica come se facesse parte di una unica armonia cosmica; riesce a trovare sempre possibili “stonature del motore” e a contrastarle. È un uomo “poco degli anni ‘80”, “analogico”, che non è ossessionato dalla voglia di vincere “a tutti i costi” e per questo particolarmente riflessivo, quasi zen, se non a volte del tutto disinteressato a correre: preferisce allevare le api a casa sua, in piena tranquillità, anche se il ronzio delle piccole operaie somiglia molto a quello di un motore da gara e la voglia di correre lo assale. Almeno a giorni alterni. Walter accetta di aiutare Florio, ma correrà solo su circuiti asfaltati, quelli dove sa di non ammazzarsi prendendo un dosso. In pratica la metà delle gare. Florio accetta ma avrà così nuove originali gatte da pelare per far quadrare i conti, come trovare un nuovo pilota abbastanza valido. 

Riuscirà la Lancia nell’impresa di battere Audi?


Stefano Mordini, regista di film molto belli e interessanti come Acciaio e La scuola cattolica, porta in scena una coproduzione Italo-Inglese molto ambiziosa. La sceneggiatura, quasi un atto d’amore per le quattro ruote, è dello stesso Mordini ed è realizzata insieme a Filippo Bologna e Riccardo Scamarcio, che qui figura anche come protagonista, come produttore (insieme a Jeremy Thomas), nonché autore del soggetto.

Le riprese sono iniziate a Torino nel 2022, tra Italia e Grecia, la sede della Lancia e il circuito di Balocco, alcuni tratti del rally di Sanremo. Anche se non è stato possibile andare in altri circuiti europei la voglia di ricrearli al meglio è stata nella maggior parte dei casi davvero meticolosa. 

Tutto trasuda amore e passione infinita per la descrizione più puntigliosa e spettacolare possibile di quel mondo glorioso e dei suoi “eroi”. Tecnica ed epica. 

La trama si srotola attraverso tutta la stagione motoristica, intrecciando storie umane e tattiche da gara, srotolando mille dati tecnici, ricreando sfide leggendarie, rappresentando con intelligenza e sarcasmo i dietro le quinte, perfino i piccoli “giochi politici” dietro a ogni corsa. 

Il tutto è approfondito e appare intrigante più che complesso, fruibilissimo anche a una platea di non appassionati, grazie a un'ottima messa in scena, dialoghi brillanti e attori molto attenti a cogliere il lato umano quanto ironico delle “vere leggende” che sono chiamati a impersonare. 

Pur non troppo versatile dal punto di vista espressivo, Scamarcio con gli anni e l’esperienza dimostra di compensare sempre meglio, con l’ironia, una fisicità “mobile” quasi alla Buster Keaton, la scelta di apparire sempre quasi defilato dalla macchina da presa. Bravissimo il come sempre “malinconico e arrabbiato” Daniel Bruhl, che non a caso è già stato il pilota Lauda al cinema e mastica bene “l’ambiente dei motori”, ma soprattutto pazzesco Volker Bruch, il cui Walter Rohrl sprigiona carisma e umanità da tutti i pori, di fatto rubando sempre la scena a tutto il resto del cast. Rohrl vive al di sopra delle corse e delle logiche di gara, si ferma seraficamente tra i boschi a comprare miele greco durante una competizione a cronometro, vive ogni conflitto come un monaco buddista, sorride quasi “etereo” alle critiche più aspre sul “non essere competitivi” e snocciola perle di saggezza sublimi (come: chi ha troppo l’ossessione di vincere in fondo “non l’ha mai fatto” e forse è il vero “perdente”).  Cannibalizza il film ed è uno spettacolo a sé, all’interno della trama, quanto le mille citazioni storiche (la storia della neve spalata nottetempo prima di una gara) e l’ossessione per la componentistica delle auto (il carbonio). Molto belle anche le scene di guida, dinamiche e accurate, che ci fanno pensare, specie dopo Veloce come il vento, che sarebbe davvero ora che in Italia ricominciassimo seriamene e con più continuità a fare come negli anni ‘70 dei film sulle auto e gli inseguimenti, come i famosi “poliziotteschi.” 

Dopo l'atroce “deriva minimal” del cinema italiano (quella sui filmetti drammatici sulla  crisi della coppia media e ambientata in genere a Roma, con protagonisti due attori tristi e una pianta grassa sul tavolo) che ha voluto con forza tarpare le ali alle pellicole di genere, agli action e agli horror, sembra che qualcosa in controtendenza finalmente si muova, “pulsi”. 

Del resto siamo un paese amante dei motori e fare nuove pellicole su corse ed auto veloci è nel nostro dna, come fa un po’ rabbia che siano registi e attori stranieri a stendere le biografie di personaggi come Ferrari, che potremmo benissimo, con un po’ di orgoglio,  girare anche da noi (o almeno come qui in co-produzione). Race of glory va nella “direzione giusta” e non annoia dal primo all’ultimo minuto, a meno di avere un po’ di mal di pancia per le automobili o per una visione degli anni ‘80 che, in effetti, in più punti può apparire piuttosto “patinata”, anche se non diventa mai la cifra preponderante della produzione. 


Race for glory è un film per appassionati e non del rally, ricchissimo di dettagli tecnici e di una narrazione che, seppur romanzata e forse patinata, fa sentire con forza l’idea di trovarsi dentro quel mondo sportivo frenetico quanto affascinante. Il ritmo è concitato e travolgente, molto belle le scene di gara ma anche la rappresentazione dei piccoli e grandi “giochi di potere”, molto riuscita la fotografia e le scenografie “storiche” ricreate ad arte.

Validi anche gli attori, su cui tra tutti svetta  Volker Bruch. 

Il film ideale “d’azione e Storia” da vedere al cinema, su grande schermo, magari con figli o nipoti, per assaporare al meglio la velocità e un sonoro avvolgente e potente come il rombo dei motori, a volte spiritualmente attraente ed estatico come il brusio “quasi zen” di api arrabbiate. 

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