mercoledì 6 marzo 2024

Connected - The post Human species: la nostra recensione del documentario sull’intelligenza artificiale di Simona Calo, scritto da Luca Monaco e prodotto dalla multinazionale di consulenza Bip, vincitore del Western Canadian Film Festival e da ora disponibile su Prime Video ed Apple TV

In un appartamento periferico di una grande città del giorni nostri un musicista è in crisi creativa (Richard Rowden). 

Si trova impantanato da mesi, a riascoltare vecchi vinili nel suo loft rigorosamente “analogico”, un eremo privo di ogni diavoleria social e a contatto con la sua sola ispirazione. Suonano alla porta, lui apre, entra il suo agente (Ketora Williams) insieme a un losco figuro (Tom Feasby), si siedono tutti in salotto. 

L’agente rimbrotta l’artista che non risponde mai al telefono o alle mail, l’artista rimbrotta l’agente dicendo che lui può fare a meno di telefono e mail. 

L’agente gli propone un “aiuto forzato”, una “intelligenza artificiale”, in gergo una “IA”,  che poi sarebbe il tizio che è ora con loro due in salotto: il meglio del meglio del futuro/presente, da usare non come “sostituto dell’artista” ma come “un suo strumento di lavoro più performante”, come se fosse una nuova pianola hi-tech. 

Il musicista accetta un po’ riluttante, inizia a far fare all'intelligenza artificiale i primi lavori di casa, le attività più ripetitive e pesanti. Poi, stimolato dalla sua presenza, decide di iniziare a comporre qualche nuova musica con lui, scegliendo di accedere “per ispirarsi” alla sconfinata banca dati di cui dispone. In un attimo la musica creata da loro due “insieme” fa presa sui followers. 

Ma potrà davvero fidarsi il musicista di questa “IA” o finirà malissimo come in Terminator, Matrix, M3gan, Ex Machina, con i robo-soldati di Guerre Stellari, come ne Il mondo dei robot, Blade Runner, come con i borg di Star Trek, come in Avengers Age of Ultron, Caterina, come con l’ED209 di Robocop, Frankenstein, con la cattiva di Superman 3, con i prof di Classe 1999, come con i dalek del Doctor Who, come in Pluto, Cyborg, Cyborg 2, Cyborg 3, 2001 odissea nello spazio, Kill Commando, Tron, Hardware, Dovevi essere morta, Alien, Christmas Bloody Christmas, Monsters and Man, Daitarn 3 e potrei continuare ancora e ancora e ancora?

In sostanza: nonostante da secoli la tradizione mitologica e religiosa (Talos, il Golem), la letteratura (da Shelley a Dick passando per Asimov), l’arte e il mondo del cinema ci portino a diffidare quasi istintivamente della tecnologia, siamo davvero arrivati a uno snodo storico in cui possiamo accoglierla nel nostro quotidiano senza timore di essere annientati da lei all’istante? Citando i cattivi di Star Trek, “io sono Borg, la resistenza è inutile?”

Oltre alla storia del musicista di cui sopra, ispirata proprio dalla esperienza personale con le IA legate del compositore della colonna sonora Vincenzo Adelini, lo scopriamo con una serie di interviste e persone come l’eurodeputato Brando Benifei, il parlamentare con disabilità Maurizio Molinari, la responsabile del centro di eccellenza Human Capital di Bip Alessia Canfarini, il competence manager Andrea Taglioni, il romanziere Paolo Ciuccarelli, il manager Ryan Duff e tanti altri. Sono approfondimenti che spaziano su più campi: dal mondo della politica alla inclusività, dal business al design alla scrittura creativa. Interventi che parlano anche di come l’Italia sia stata centrale nel regolamentare a livello europeo un uso delle IA che sia “consapevole ed equo” sul piano tanto della competitività che del diritto al lavoro. Interventi che parlano di come la nuova tecnologia stia già aiutando moltissimo le persone con disabilità, permettendo anche ai ciechi di “vedere” attraverso IA, integrate ai sistemi di geolocalizzazione, che descrivono loro fotograficamente gli ambienti in cui si trovano e le persone che incontrano. Interventi che parlano della futura necessaria transizione a un modello di lavoro 2.0 ancora “in fase di sviluppo”, come del fatto che le macchine abbiano portato a una efficienza aumentata sul piano produttivo cambiando le regole della concorrenza, di come anche l’ambiente potrà essere meglio tutelato con l’uomo proprio grazie alle nuove tecnologie. 

Per ogni tesi ci sarà un pro e un contro, come in ogni ambito si incontrano scettici ed entusiasti. Si parla quindi anche dei timori più recenti, tra ChatGPT e Sora, intelligenze in grado di esprimersi anche in ambito “artistico”: per molti l’ultimo passo prima che le IA soppiantino l’uomo anche nel campo della “fantasia” e forse dei “sogni”: dando presto probabilmente una risposta al famoso romanzo di Philip Dick “Do androids dream of electric sheep?”.

Connected non punta a offrire risposte semplici ma domande interessanti su cui riflettere… anche perché, nonostante tutti i nostri sforzi, a questo mondo super tecnologico siamo già tutti, da anni, “connessi”. 

Domande se vogliamo solo parziali, ma pur gioiosamente pionieristiche, in attesa che altre opere raccontino le intelligenze artificiali magari maggiormente sul piano degli effetti sociali e sociologici sugli “esseri di carne e ossa”, sul piano medico e psicologico. 

Ma è già un inizio e brilla per una certa equidistanza, non glorificando o abbattendo troppo il dibattito, facendo un uso suggestivo, un po’ inquietante ma anche “gioiosamente labirintico” della colonna sonora del bravo Vincenzo Adelini, utilizzando uno stile narrativo sobrio e a tratti quasi chirurgico, scegliendo testimonianze concrete, a tratti “brutalmente materiali”, ma per questo anche oneste.

Connected, giocando intelligentemente con le paure scaturite dai “freddi dati” è un’opera che punta a non far dormire qualcuno la notte, come il migliore horror fantascientifico. Al contempo è qualcosa che riesce a scatenare un dibattito che oggi diventa sempre più centrale e inevitabile.

Il sorriso “terrificantemente neutro” della IA di Tom Feasby ci apre davvero a un mondo nuovo, dove forse sì “la resistenza è inutile”, ma almeno un dibattito per ora si può fare.

Un plauso alla regia di Simona Calo e a tutto il suo staff per l’interessante opportunità di iniziare a esplorare queste nuove intelligenze artificiali. Almeno fino a che si ribelleranno agli umani e finiremo tutti come in Terminator. 

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