giovedì 19 agosto 2021

La ragazza con il braccialetto: la nostra recensione del film diretto da Stephane Demoustier


In tribunale, davanti al giudice, Lise (Melissa Guers) è una ragazza silenziosa. Risponde con monosillabe, guada nel vuoto, nasconde segreti. Era l’amica più intima di Flora, forse qualcosa di più, anche se ultimamente le due avevano litigato. Di sicuro Lise è stata l’ultima a vedere Flora viva. Probabilmente è stata lei a ucciderla, perché non ci sono altre piste o altri moventi.

Così, in attesa del verdetto, Lisa è agli arresti domiciliari e  porta un bracciale di sorveglianza sulla caviglia, cercando tra un’udienza e l’altra di vivere la sua vita da sedicenne, di innamorarsi, di colmare in qualche modo l’improvvisa e spietata assenza della sua migliore amica. 

Ma come si può credere e parteggiare per una persona che non parla, non si esprime, appare a tratti così incredibilmente altera e antipatica. Il pubblico ministero (Anais Demoustier) non ha alcun dubbio sulla colpevolezza, a rischio di apparire spietata e insensibile. 



Stephanie Demoustier che dirige è adatta per lo schema la piece Acusada di Gonzalo Tobal, ha voluto Melissa Guers, una attrice al suo esordio, come protagonista per il suo nuovo film. La scommessa era puntare su un volto non ancora avvezzo a esprimere in modo “impostato” le proprie emozioni, per dare forma a un personaggio affascinante quanto ambiguo, misterioso. Una giovane donna che nella sua bellezza appare “strana” e appariscente per un dettaglio, quel braccialetto sulla caviglia che per qualche critico d’oltralpe ha permesso un paragone, illuminante con la protagonista del quadro della Ragazza con l’orecchio di perla di Vermeer. Come spettatori viviamo il tempo presente della vicenda, quello relativo al processo, seguendo a distanza i personaggi, come in un documentario. Sbirciamo così, quasi dal buco della serratura, i legami della ragazza con i suoi genitori (Roschdy Zem e Chiara Mastroianni), con il fratello e con un nuovo ragazzo conosciuto online. Viviamo con apprensione l’incedere inquisitorio delle domande del pubblico ministero, i piccoli segni di fragilità di Lisa, i turbamenti di un padre che non sa più se conosce davvero la ragazza che ha in casa, la rabbia della madre della ragazza uccisa, le illazioni cattive dei compagni di classe (che ci richiamano alla cronaca recente, dove si fa un gran parlare del limite percepito tra libertà sessuale e condizioni idonee per parlare di “stupro“, nei rapporti tra adolescenti “consenzienti”). Quello che davvero da spettatori ci turba, e non ci lascia anche una volta finito lo spettacolo, è la mancanza di “una risposta”. Perché se arriva la risposta della “giustizia” insieme al verdetto, alla fine del film, il “cinema” non ci ha questa volta regalato un flashback chiarificatore, una prova decisiva, una “pistola fumante”, un dialogo rivelatore. Solo piccoli gesti di Lisa da interpretare liberamente, forse per qualcuno in grado di farci costruire enormi castelli mentali, forse per altri del tutto ininfluenti. Indizi che ci riportano a quella singola immagine della ragazza con il braccialetto, incatenando anche noi a quel suo stato sospeso quanto “reale”, che frustra la nostra passione di fare i detective, separare il bene dal male, sentirci “nel giusto”. Con questa immagine Demoustier riesce ad allacciarci al cinema sociale migliore, quello dei fratelli Dardenne e che “ha un piede nell’Italia degli anni '70 “ con le opere di Petri. Un cinema di volti sotto accusa, spesso analizzati con fare da entomologo da quel pubblico che non riesce ad accettare che la vita non sempre è “un giallo da risolvere“, anche se viene raccontata in un film. È questo il buon cinema che attraverso la forza dell’arte ci fa “dubitare” e forse ci permette di sviluppare così quella competenza empatica, quel “sapersi mettere nei panni degli altri”, che oggi è tanto raro e prezioso da trovare. 

Molto bravi gli attori, davvero straordinaria la Guers. Glaciale e malinconica la messa in scena. Un buon ritmo e tanti dubbi che accompagneranno per un po’ gli spettatori alla fine della visione. 

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