Come funziona la tutela anziani in America? Quanto aiuta le persone e le
comunità? Quanto rende a chi se ne occupa? Dalla voce disincantata di una
cinica specialista della tutela (Rosamund Pike) ci viene raccontato che è un
business necessario in un’epoca (ma siamo nel pre-covid) in cui l’età
anagrafica si è innalzata, i figli sempre più assenti e distratti, i servizi
sempre più efficienti. È per questi stessi motivi, continua la
professionista, anche un business che può arricchire molto chi sa sfruttarlo,
ungendo le giuste leve di potere, conoscendo i medici e avvocati giusti,
intrattenendo le giuste relazioni con casa di cura. Le prede più ambite sono
definite “ciliegie”, pensione benestanti, con pensione alta ma sole. Una volta
individuata la “preda”, un medico compiacente la segnala al tutore e se
l’affare è buono parte la procedura. Si fa convincere progressivamente la
persona che ormai è vecchia e inizia a “perdere i pezzi”, si chiama un giudice
per togliergli i suoi diritti “per il suo bene”, si fa internare in una casa di
cura compiacente e il vecchietto finisce in una stanza. Una stanza che diventa
così una scatola in cui depositare l’anziano, tenendolo perennemente
impasticcato e sedato, in vita ma senza poter scappare, fino all’ultimo respiro.
La tutrice ci mostra la parete del suo studio, su chi appende le foto di tutti
i suoi vecchietti che segue, calcolandone la resistenza e il ritorno economico
mensile. Lo schema ha un buco, ma una sua conoscenza promette una ciliegia e
lei si è già “attivata”. Solo che forse ha puntato la ciliegia sbagliata. Una
ciliegia che conosce brutte persone.
Chi è davvero peggio? Un boss del crimine specializzato in spaccio e prostituzione (Peter Dinklage) o una biondina altezzosa (Rosamund Pike) che si occupa della tutela dei vecchietti In modo truffaldino? Quale dei due vi farebbe più “paura”, se doveste finire tra i loro artigli? È una bella sfida tra mostri, quella proposta dal film scritto e diretto da J.Blakeson. In un continuo gioco di cattiverie e manipolazioni i due “cattivi” si fanno a turno sempre più giganteschi e spietati, sempre più inumani e “ineluttabili” (Thanos cit..), manco fossero Godzilla contro King Kong. La “preda del contendere“ è una vecchina graziosa e sorridente, apparentemente inerme e sola al mondo. La spietatezza con cui i due mostri “oggettificano” tutti gli esseri umani, giovani e anziani, che li circondano, è così estrema e crudele da fare il giro ed essere parossistica, da Black humor. Lo spettatore ha la sensazione che questi mostri siano davvero onnipotenti, invincibili, almeno fino a sperare che compaia un “trickster” in grado di ribaltare il tavolo, in modo socialmente liberatorio, quasi fosse un esorcismo. Rosamund Pike riprende un po’ il character che l’ha resa famosa in Gone Girl, ossia l’inumano demone dallo sguardo di vetro verso cui non si può provare che un odio quasi atavico. Anche se la tutrice che interpreta possiede un lato del carattere più sentimentale, è molto difficile tifare ed empatizzare per lei. Dinklage è estremamente carismatico, come sempre. Il suo gangster sa essere buffo e umano. È spietato per lo più “fuori falla scene” e quando si scaglia sulla tutrice sentiamo “che se lo merita”. Anche se ci dovrebbe fare schifo esattamente come lei, probabilmente il pubblico (mi sarebbe piaciuto vedere le reazioni del pubblico in una sala cinematografica) può facilmente tifare per lui, anche se le sue azioni non sono meno terribili, anche se pure lui di fatto tratta le persone come oggetti. Non voglio rovinarvi la trama, perché I care a lot è quel tipo di film da affrontare senza sapere niente, godendo delle piccole e grandi tragedie umane che i suoi personaggi sanno innescare. Godendo di colpi di scena in grado di capovolgere ogni tre minuti la prospettiva generale. È un film molto divertente, sagace, ben recitato e ritmato. Forse più giocoso che profondo, più esagerato che empatico, ma un film che funziona. Qualcuno ci vedrà felici affinità con Joker di Todd Phillips e qualcun altro troverà la pellicola spaventosa per lo stesso motivo. Sul finale diventa un po’ schematico, ma quanto accade nei crudelissimi ultimi minuti sa riportare in carreggiata la trama, sa riportare il mondo “in bolla”, almeno a livello emotivo. Ideale per una serata da film dell’orrore, perché quanto accade ai vecchietti della pellicola può spaventare di più di qualsiasi apocalisse zombie o invasione aliena.
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