martedì 12 maggio 2015

Dylan Dog n. 344 : Il sapore dell'acqua



Sparizioni misteriose di tuffatrici, morti improvvise al bar e inspiegabili, terrificanti, lavatrici a gettoni che corrodono chi incautamente cerca di aprirle. Tutto sembra legato all'acqua ed è terribilmente inquietante. Tanto che il commissariato di Gubbio Scotland Yard 2.0, nelle vesti di Nino Frassica Ranya cerca l'aiuto di Don Matteo Dylan Dog, il famigerato accalappia-polli-creduloni che nasconde, sotto il suo aspetto naif, le qualità del vero detective. Riuscirà il nostro eroe a risolvere l'ingarbugliata matassa, che cela oscure pratiche alchemiche appannaggio di ancora più oscuri figuri, senza incorrere nelle ire di Flavio Insinna un sempre irascibile ispettore Carpenter?
Premessa: Scotland Yard 2.0 non ci piace. L'assetto dovremo farcelo piacere in là con i numeri ma  per ora il siparietto tra Ranya, Carpenter e il Soprintendente sul chiamare o meno Dylan a partecipare dei casi ci ha già rotto. E' vecchio, non è divertente, ha solo lo scopo di allungare "col nulla" intere pagine. Mettiamo tutto sotto IMHO, non sia mai, non stiamo demolendo tutto il "lore" (ormai noi giovini parliamo di "lore", di atmosfera generale... ma che pischelli che siamo) di Recchioni. Ma cheppalle. Certo Ranya ci piace come personaggio, non è per niente banale, è sexy e questo 344 ce la rende ancora più intrigante, familiare, grazie alla scrittura di Simeoni.
Fine parentesi. Arriviamo al numero e al suo terribile, spaventoso mostro del mese. L'acqua.
L'argomento stimola le paure più primordiali, ci fa sentire piccoli piccoli, inermi. Ci torna alla mente persino un film di M.Night Shyamalan, E venne il giorno, uno di quelli del periodo buono (che speriamo ritorni con The Visit). L'acqua è la vita stessa, noi stessi siamo "sacche piene d'acqua" o così almeno ci descriveva un alieno-robot-qualcosa al capitano Picard in una puntata "nonmelaricordo" di Star Trek Next Generation (azz che precisione nelle citazioni che abbiamo oggi...). L'acqua killer è un mostro spaventoso, un assassino fulmineo, inesorabile, in grado di cancellare letteralmente la vittima in una scena, annullarla. E Simeoni allestisce queste scene di uccisione in tavole dove "urla" il silenzio, quasi si disconoscesse il classico cliché del momento horror perfetto quale l'attimo in cui la musica si alza a manetta e l'orrore si manifesta. E in fondo è così che ci sentiamo nell'acqua quando viene a mancarci il respiro, avvolti dal silenzio, il vuoto siderale. E le morti, così come le scene action, di questo volume hanno una strabiliante potenza anche perché a volte le vediamo solo nella testa, ci immaginiamo quello che verrà dopo, sono pure suggestioni che vivono nella testa del lettore. Il violento stacco tra pagina 6 e pagina 7, che gioca solo sul tempo che passa per farci prefigurare qualcosa che di fatto non abbiamo visto (visivamente poi è come se il personaggio fosse stato cancellato con una gomma dalla tavola). Le ciabattine della nuotatrice che a pagina 8 vengono buttate nella spazzatura, non sono forse un segno potentissimo, quasi un omaggio agli "oggetti dimenticati-segni di chi non c'è più" di Hitchcockiana memoria (ripresi nel concetto in Schindler's List... vedi il cappottino rosso). La scena a pagina 70, con l'acqua che esce dalla lavatrice a gettoni non potrebbe essere di per sé buffa graficamente, in un qualsiasi altro contesto? Ma qui no, qui l'acqua uccide e pure una sequenza "empirica", come quella a pagina 63 è dirompente, così come diventa di colpo una scena spaventosa quella di pagina 93.  E allora si ricrea, in forme nuove, la stessa magia di E venne il giorno, dove una folata di vento che apre una finestra riesce a impressionarci più di un maniaco che brandisce il coltello. Al di là delle scene horror c'è anche l'indagine, legata a determinati oggetti sempre ben rappresentati in scena. Un acuto osservatore può scovare, come nei migliori numeri di Detective Conan, l'esatta relazione causa-effetto degli eventi, scoprendo "l'assassino". E questo è frutto anche della accuratezza delle tavole di Pontrelli. Che abbina a una così alta sensibilità del dettaglio figure estremamente fluide, tratteggiate. Quasi se stessimo a guardare tutto il mondo narrativo attraverso un bicchiere di vetro.
In tutto questo gioco di immagini e paure primordiali veniamo guidati verso un finale magari classico, ma carico di mistero, che rimanda quasi certamente a un futuro scontro. Figure sempre più potenti tramano nell'ombra, nel futuro del nostro Indagatore dell'Incubo.
Speriamo sono che Dyan sappia affrontarla senza perdersi, come nella suggestiva e ironica copertina di Angelo Stano, nel proverbiale bicchiere d'acqua.
Suggestivo. 
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