sabato 21 giugno 2014

Frankenstein's Army - i colorati nazi-cenobiti per grandi e piccini!


Collezionali tutti!!!!


Sinossi: Fine della seconda guerra mondiale. Una piccola squadra di soldati dell'armata rossa è in missione per liberare delle zone dagli ultimi superstiti dell'esercito tedesco in ritirata. Il truppame è classico. Novikov (Robert Gwilyn) comandante serio e compassato ma stanco. Ivan (Hon Ping Tang)  un tizio grosso e potente, altruista e quindi papabile cadavere. Il cecchino dall'aria scontrosa e dal capello lungo biondo trattato con il balsamo d'api, Alexei (Mark Stevenson). Il carismatico Sergei (Joshua Sasse), esule polacco dalla triste storia e che fa tanto George Clooney. Il tizio agitato dalla pettinatura anni fine settanta alla Han Solo e che farà qualcosa di stupido, Vassili (Andrei Zayats),  e un ragazzino, Sasha (Luke Newberry) alle prime armi, faccia poco sveglia ma furbino. Per rendere ancora più emozionante la cosa hanno dietro Dimitri (Alexander Mercury) un loschissimo soggetto (già dagli occhialetti...) che si porta dietro una telecamera ultrapiatta full hd nel 1945 una telecamera a manovella dalle prestazioni pazzesche, ovviamente di fabbricazione russa, perché possa immortalare i momenti migliori dell'operazione. Dimitri filma tutto. I nostri che imitano il passo dell'oca marciando nel fango. Finti appostamenti e azioni simulate a migliorare il montaggio finale. Liberazione di ostaggi che temono di essere menati con la scusa di vuotagli le dispense di casa per poi ubriachi ridere nella brughiera. Gare di rutti. Finti soccorsi a soldati tedeschi congelati  facendo facce lollose e offrendogli scatoline di tonno. Di cazzata in cazzata l'allegro manipolo giunge infine in un posto stranissimo, indicato da un misterioso messaggio radio. Un posto dove il pro-pro-nipote del barone Victor Frankenstein (Karel Roden - Rasputin nel mitico primo Hellboy di Del Toro e qui l'attore più bravo di tutti),  sta riassemblando corpi umani con quello che ha a disposizione, cioè eliche, pezzi di motoscafo, trappole per orsi, fornelli da campo, tazze del cesso. Da cotanto estro creativo prende così vita la gioiosa armata di Frankenstein, prodigio tecnologico senza pari, ambito tesoro che potrebbe far gola anche ai russi. Certo bisogna andarci a parlare, con il pro-pro-nipote, fare una proposta, emettere fattura. Peccato che la sua armata giri minacciosa per l'area e ami smembrare tutto quello che gli si para davanti. Ma al manipolo russo non piace l'idea di cadere davanti al nemico.


Cose colorate. Parecchio tempo fa girava in rete un maxi progetto mostro-zomboide in cerca di fondi, una montagna di fondi. Un progetto così grosso che alla fine il regista, Richard Raaphorst, decise di rimpiazzarlo con qualcosa di più piccolo e fattibile. Un progetto che si è concretizzato nel  Found Footage delirante ambientato alla fine della seconda guerra mondiale oggetto di questo articolo.
Ma come ci siamo arrivati?
La nostra storia parte qui, cari i miei piccoli lettori.
Raaphorst come tutti i fan dell'horror è probabilmente un fan dei cenobiti, i folli mostri protagonisti di Hellraiser di Clive Barker. In sostanza tizi vestiti come drag queen armati di trivelle rotanti e con facce di gomma deformanti. Bellissimi e creativi, ideali per esporli in replica in soggiorno.  Il problema è che di cenobiti con il tempo se ne vedono sempre meno e il tanto invocato reboot della serie con un budget non inferiore a due trilogie del Signore degli Anelli, il minimo per dare giusto lustro alla saga, pare non aver ancora preso la via realizzativa. Così Raaphorst voleva per lo meno riproporne lo spirito in qualcosa di adeguato, come ogni buon fan dovrebbe fare. Ci mise impegno e creatività. Solo che non potendo alla fine contare nemmeno su un budget sufficiente per offrire un latte macchiato alla Light'n'Magic nella pausa caffè, Raaphorst fu costretto alla grande scelta. Non farlo o farlo nei minimi termini puntando tutto sul salto della fede del nerd in astinenza cenobitica. Bastavano i pupazzoni in sostanza, ma fatti bene. Avrebbe risparmiato sugli attori, avrebbe risparmiato sulla trama, sulla credibilità esteriore della messa in scena, ma avrebbe speso tutto nella realizzazione di tanti mostri strani e colorati, creando una sorta di casa degli orrori da lunapark in salsa nazi-zombesca, la migliore possibile. Una gioia visiva tale da fare tutti felici e lasciar soprassedere su tutto il resto. Quello che alla fine serve "ma non serve". Il contorno a cui nessuno bada.
Hans tra le nuvole
Cose insensate. Così chiamò i più fighi dei fighi dei tecnici di trucco, disegnatori storti, animatori raminghi e geniali alla Tim Burton in acido. Gli diede il tema e tutti arrivarono con al seguito un librone di schizzi assurdi e demenziali partoriti durante incubi etilici. Il buon Richard vide il materiale. Immagino si commosse, alzò lo sguardo al cielo e sorrise. Prese la decisione. Disse loro che li avrebbe realizzati tutti, che avrebbe fatto felici tutti, che babbo natale non esiste ma che lui era il nuovo babbo natale dei fan dei cenobiti. Tutti piansero. Di gioia, ma anche di preoccupazione. Perché per realizzare al 100% quegli schizzi più di due lire servivano.
Rudolph testa-pazza
Cose "così così". Realizzati i pupazzi, realizzato un numero imprecisato e folle di pupazzi a essere pignoli, ci si accorse subito di quanto fossero estremamente fighi, ispirati e colorati. Nello stesso tempo si avvertì chiaro un problema: quelle robe non si muovevano di un passo, pesavano un casino, non avevano quasi articolazioni. I tizi che stavano all'interno facevano fatica a vedere dove andavano e sbattevano contro i muri le volte che non cadevano da trampoli posticci o da impalcature di fortuna. Avevano tenaglie, arpioni, motoseghe, alabarde. Ma erano minacciosi quanto un palo della luce. Un palo della luce con la luce perfettamente funzionante. Bisognava ingegnarsi.

Gruber gambe-in-spalla
Cose riprese storte. Per far interagire lo spettatore con le spaventose creature a livello subconscio, Raaphorst, prese una decisione folle, coraggiosa, estrema. Ce le avrebbe tirate letteralmente addosso. Per farlo usa il maledetto found foutage. La tecnica di ripresa che mette lo spettatore nei panni di un fesso  che per tutto il tempo della pellicola riprende ossessivamente tutto quello che succede.

Kitty orsacchiotta
Ora, non è che io sia un detrattore della telecamera a mano. Trovo interessante quando questo sistema è utilizzato con logica, pathos, passione. Ho amato Cannibal Holocaust, dove ha un ruolo preciso, determinato nel tempo, (in)sensato. Ho apprezzato i cambi di cameraman-prospettiva in Blair Witch Project, Cloverfield, Project x. Mi piace alla follia l'utilizzo di tale tecnica in Rec e Rec 2.

Mika'o pesce palla - citazione ad Edward mani di forbice
Molti detestano questo film per preconcetto perché si basa sostanzialmente sull'errore (accettazione del fatto) che nel '45 esistessero telecamere con resa e peso simile a quelle digitali in hd. In effetti non si può dargli tutti i torti. Ci sono dei momenti in cui si può sospendere l'incredulità, quando l'operatore compie riprese compatibili a quelle di un documentario. Ci sono diverse scene ber riuscite di questo senso nel film, l'accorgimento di far sembrare poi le riprese sgranate e degradate dal tempo funziona. Ma pur chiudendo un occhio, è davvero difficile immaginare un tizio che continui ostinatamente a riprendere esposto sotto una pioggia di proiettili, in fuga davanti a mostri tentacolosi che gli si paiono innanzi ogni tre minuti, mentre cercano di cavargli un braccio. Anche perché le soluzioni possibili in merito a questo problema di coerenza sono facili. Come in Salvate il soldato Ryan si può accettare che l'azione venga ripresa da una telecamera a mano senza che di fatto esista un cameraman. Oppure si può girare tutto il film come se fosse in prima persona, visto attraverso il punto di vista di un personaggio. Ma alla fine, per amore di questi magnifici pupazzi, tutto passa. Chiudi un occhio, ne chiudi due. 

Otto coltellino-svizzero
Per gli estimatori del gaming, l'effetto telecamera traballante dà al tutto un'aria da videogame,  alla Outlast per intenderci. L'atmosfera malata che si respira rimanda a Bioshock, a Caste Wolfenstein. Per tutti gli altri si ha davvero l'impressione di essere in una macabra giostra dell'orrore da fiera, una di quelle con i figuranti vestiti male che ti si lanciano addosso per spaventarti. Offre una paura atavica, ingenua, che parte diretta. E pensare che è tutto un artificio per farci spaventare davanti a pupazzoni per lo più immobili. Pensare che abbiamo il punto di vista di uno che di fatto va continuamente a sbattere di faccia contro a dei muri. Certo il tutto non funzionerebbe se mancassero bravi attori a farci credere che è vero.
Adolfino miao. No, questo non c'è, ma serve per stemperare un po'
Un attorone o due per me posson bastare. Si è risparmiato sugli attori, alcuni paiono quasi dei cosplayer, ma due sono gradite eccezioni. Joshua Sasse, che interpreta il soldato polacco, è un grande. Domina la scena, dice cose fighe, sa quello che fa, è credibile. Sembra davvero un Clooney in erba. Il resto del manipolo è un po' amorfo, esagitato, ma lui è perfetto, è uno dei due poli carismatici della pellicola. L'altro è Karel Roden, il novello Frankenstein. La sua è una interpretazione da mad doctor da manuale, con punte che rimandano dritte a Vincent Price. Un po' sognatore, un po' crudele, ebbro di essere un novello Prometeo, dall'aria regale. Parla a vanvera, racconta qualcosa e poi perde il punto della questione, si irrita per nulla, guarda gli altri come il predatore guarda la vittima. Quando Karel Roden è in scena a fare cose folli, la pellicola decolla e arriva nella stratosfera, si respira l'aria dei classici film horror dei tempi che furono, viene davvero voglia di paragonare la pellicola a uno splatteroso Tim Burton. Perché lo splatter è tanto, ricercato, elaborato, ma sono personaggi come il Frankensten di Roden a dare anima alla pellicola, a renderla irripetibile e da rivedere più volte. Grazie a loro anche la trama più strampalata può reggere, trasformando una sfilata di mostri in un film.

anche i mostri hanno bisogni fisiologici
Conclusioni: Poco budget. Tanta fantasia e voglia di divertire. Almeno un paio di attori davvero validi. Non troverete un film horror con una equivalente numero di mostri in scena, non troverete qualcosa di più simile a un barocco, ruspante ma divertente casa degli spettri. Frankenstein's Army è un fiero B-movie, concepito per divertire i fan dei mostri horror più classici, fare due risate, cogliere la bellezza dei bambolottoni. Non è un film troppo raffinato, credo che a molti non piacerà, che lo troveranno superficiale, stupidino e dal finale abbozzato. Magari non si apprezzerà nemmeno il crasso senso dell'umorismo della pellicola. Il film divide tra fan e detrattori in un attimo.

il regista Richard Raaphorst, che ci saluta da dietro una scenografia
Altri prodotti di genere indipendenti, come Dead Snow, sono decisamente più riusciti (e non è un caso se il regista di Dead Snow ha poi fatto Hansel e Gretel cacciatori di Streghe). Qui invece la trama necessiterebbe di più di un'aggiustata. Diciamolo pure Frankenstein's Army vale molto di più come tunnel dell'orrore che come film Horror. Se vi piacciono i mostroni una visione ve la consiglio. Magari due no, ma una sì. Chissà, potrebbe piacervi e potreste apprezzarlo per quello che è: la dimostrazione dell'estro gioioso di un regista che magari in futuro, magari con un budget sufficiente, sarà un nome da tenere d'occhio.
il barone all'opera sul primo mostro nazi-comunista
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