Siamo in una Cesena del 1991, giusto due anni dopo il viaggio in Romania di Pago (Matteo Gatta), Rice (Lodo Guenzi) e Bibi (Jacopo Costantini).
Il “sognatore” Pago, messi da parte i troppi sogni di viaggi strampalati nell’est Europa, è tornato in pianta stabile a fare la guida turistica: specializzazione San Marino, con un po’ di alti e bassi. Anche se in fondo ha trovato un altro grande sogno, “aprire un cinema”, per ora fa avanti e indietro con le comitive tedesche.
Il pragmatico, sarcastico e forse un po’ “bonariamente cinico” Rice, sta ancora in banca: a fare un lavoro che non gli piace e non lo rappresenta, concedendosi al più sporadiche fughe etiliche ed erotiche, a dire il vero più millantate che vissute.
Il “puro” Bibi, eterno ragazzotto dall’aria troppo buona, si è di nuovo innamorato. Questa volta è una relazione a distanza, con una ragazza bulgara di nome Yuliya: mai vista dal vivo, manco ascoltata la voce al telefono, per lo più “sovvenzionata spontaneamente” con somme di denaro inviate mezzo banca. Che forse davvero ricambi il suo amore? Da “buon puro”, Bibi ci crede.
E siccome “l’amore” è da sempre il motore che muove il sole, le altre stelle e pure questo strampalato gruppo di amici, si riparte per l’Est.
Il gruppo lo decide stando in “meditazione” durante il secondo tempo di una partita allo stadio del Cesena. Il fine è etico: far incontrare Bibi e Yuliya, direzione Bulgaria.
“Ufficialmente” per far incontrare Bibi, “ufficiosamente” per rinverdire il loro desiderio di scoperta e avventura: che tanto a Cesena ci si rompe solo le palle, quando nel bagagliaio c’è ancora quel set di calze a rete, comprate al mercato, con cui in modo corsaro cercavano due anni prima di sedurre qualche ragazza dell’est.
Alla dogana la guardia chiede ai tre informazioni sul finale de “La piovra”, ancora non arrivato in tv da quelle parti, ma oltre quel confine per Bibi, Rice e Pago è di nuovo di nuovo tutto sconosciuto, come la prima volta.
Un mondo da cui la gente scappa e nessuno si sogna di tornare. Con supermercati e alberghi mezzi vuoti, un clima da spie e complotti, troppa povertà e ingiustizia ovunque. Perfino qualche insospettabile italiano inguaiato in loschi traffici con la malavita locale. Loschi traffici e casini, tra soldi sporchi, ricatti e giri di prostituzione, nei quali i nostri tre finiranno per cadere dentro. Come sempre: un po’ per amicizia, un po’ per amore, un po’ per varie ed eventuali. Torneranno di nuovo a Cesena da vincitori, con in sottofondo in radio un pezzo di Al Bano o dei Ricchi e Poveri?
Antonio Pisu torna “sul luogo del delitto” con il seguito di uno dei film più nostalgicamente carini ma pure originali della rinnovata commedia italiana 2.0.
È un modo di fare cinema scanzonato e affettuoso, che parte dal primo Verdone di Un sacco bello del 1980: con quel personaggio coatto che cercava qualcuno per partire in auto con lui verso l’est, direzione Polonia, inseguendo sogni erotici con calze a rete e penne a sfera. C’è qualcosa del Dorelli “da bar”, italiano medico malinconico all’estero, de Il cappotto di Astrakan. C’è un scampolo del Jerry Calà viaggiatore cosmopolita di Sottozero. I paesaggi di un est Europa di confine, infinito quanto crepuscolare, come ne Il Toro con Abatantuono.
C’è soprattutto una intelligente e non scontata riflessione sulla Storia, ironica ma precisa, in grado di far riflettere su realtà a noi vicinissime eppure quasi ignote dal cosiddetto “mainstream”, European Song Contest a parte.
Pisu ci parla con trasporto anche del “valore morale” di spalancare gli occhi, allontanarsi dal nido-casa-Italia e attraversare il mondo, in cerca anche di se stessi. È quindi un cinema in parte del passato, ambientato nel passato e con riferimenti alla bella commedia del passato, la musica del passato, i “sogni del passato”. Ma al contempo è un'occasione per guardare al futuro, grazie a attori simpatici e perfettamente in parte, una ambientazione unica e tutta da scoprire grazie a una bella fotografia e un montaggio non scontato.
La storia forse non brilla come nel primo capitolo e qui e là “vacilla”, ma l’aria picaresca c’è ancora, i personaggi funzionano ancora, il senso di avventura è immutato.
Siamo felici di ritrovare in splendida forma i personaggi interpretati da Matteo Gatta, Lodo Guenzi e Jacopo Costantini. Aspettiamo nuove eroiche avventure, nella speranza che la commedia italiana riesca infine ad abbandonare definitivamente le “storie depresse”, ambientate tutte dentro il solito raccordo anulare, con sempre gli stessi tre registi e interpreti. Forza Cesena!
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