(Dove trovare Eggshell): Amo profondamente la label Midnight Factory di Koch media, poche storie. Porta in home video horror di tutti i paesi e le tendenze, da Train to Busan di Yeon Sang-oh a Goodnight Mommy dei fratelli Franz, passando da Amer di Cattet e Forzani, virando verso il Babadook della Kent, i film Blumhouse, Lucky McKee, Nicholas Winding Refn, Robert Mitchell, Pascal Laugier, Kevin Smith, Kitamura, Maury e Bustillo. La lista è lunga. Midnight Factory inoltre recupera dal passato, restaura e traduce cose introvabili o mai viste, come Street Trash, il delirante hobo-splatter di Muro, gli Halloween 5 e 6, i film di amabile serie z come Troll 2, Squirm - I carnivori venuti dalla savana e il suo quantitativo oversize di vermi viscidosi. Ci sono le antologie horror come ABC of The death, V.H.S, Holidays, ci sono i classici, Re-Animator, La Mosca, Zombie... tanta roba e tutta gustosa per chi ama il genere horror in tutte le sue declinazioni, al punto che spesso viene la voglia di pescare a scatola chiusa un titolo mai sentito, rischiare sulla fiducia e scoprire magari Road of The Dead, un Mad Max in cui dagli zombie si ricava carburate per auto. Non è certo un rischio comunque prendere tra le mani il lussuoso cofanetto contenete Funhouse di Tobe Hooper, conosciuto da noi come Il tunnel dell’orrore. E‘ un piccolo cult del papà di Texas Chainsaw Massacre (Non aprite quella porta), per una volta in quel periodo non scritto dall’amico Kim Henkel, con cui realizzò oltre che i due primi capitoli della saga di Faccia di Cuoio (Henkel dirigerà il terzo capitolo: Texas Chainsaw Massacre: New Generation) anche Eaten Alive (Da noi Quel motel vicino alla palude), ma dal carneade Larry Block. Uno slasher divertente, con un villain estremamente interessante, Twibunt (un freak pieno di fragilità che nasconde il volto sotto una maschera di Frankenstein... quasi un personaggio felliniano, nel senso migliore del termine), una bella ambientazione sudicia e fatiscente come da “manuale Hooper”, tanto ritmo, ironia e squartamenti, ragazzetti odiosi che vorremmo vedere subito falcidiati. In un certo senso è la risposta “ironica“ di Hooper all’Halloween di Carpenter, una lettera d’amore all’interno di una palla infuocata di odio, dal New Horror sociale anni ‘70 indirizzata al principale (anche se ancora incolpevole) ispiratore del pruriginoso Teen-horror anni ‘80. Guardate Funhouse e capirete ancora di più l’amore di Rob Zombie per i freak-show che fuoriesce fin dalla Casa dei 1000 corpi. Certo non costa esattamente due lire il cofanetto de Il tunnel dell’orrore confezionato da Midnight Factory, ma ecco la sorpresa. Nel disco 3. Il primo corto di Hooper, per lo più una prova tecnica di stile con personaggi sopra le righe che si tirano torte in faccia in un contesto medieval-umoristico sotto acido. Poi un film intero, accidenti, questo Eggshells, che è invece tutto un acido ricolmo di amore dalla testa ai piedi!
È decisamente un film fatto senza una
lira con un gruppi di amici, tra cui lo stesso Kim Henkel a pisello al vento (peraltro c’è una scena in cui senza un perché manca un personaggio, forse
perché nel pomeriggio aveva Judo o per via della personalità multipla...).
Molte scene sembrano rubacchiate a filmati d’epoca, matrimoni e cresime per
dare l’impressione che i nostri eroi siano in mezzo a una folla di comparse.
Ma quante idee, quanta poesia! Monologhi pre-tarantiniani a non finire, scene
di montaggio veloce a telecamera invisibile che piroetta, sgasa, si ribalta,
frulla e farebbero impallidire Sam Raimi, psichedelia e roba surreale in ogni
dove, tra aeroplanini di carta che prendono fuoco e strumenti alchemici che
succhiano e spremono hippie. Perché tutto questo non ha avuto un seguito?
Perché Hooper è finito a fare gli horror sporchi e cattivi (tra i più bei film
sporchi e cattivi di sempre) senza tornare a bazzicare questa anarchica e
satirica visione del mondo? Questo Eggshells dovrebbe essere nella filmografia
privata di Nanni Moretti, dovrebbe essere tra i film indipendenti più di grido,
invece è semi-nascosto come extra di un film di nicchia (pur un bellissimo
film di nicchia), nessuno ha avuto l’incoscienza di scommetterci sopra un
ghello. Forse perché Hooper è davvero troppo libero e come sempre, come nei
suoi Texas Chainsaw Massacre, “pericoloso”. Nei suoi film i “cattivi” non sono
più i mostri fuori dal tempo e dallo spazio della Universal, ma dei freak, dei
dimenticato dalla società moderna. Chi va più alla macelleria di
Leatherface, se la nuova superstrada in trenta minuti ti porta al centro
commerciale più fornito (Texas Chainsaw Massacre)? Chi va più al circo degli
orrori, quando in tv c’è già tutto e non si rischia di incontrare la “brutta
gente” come i giostrai (Funhouse)? Anche gli Hippie di Eggshells sono a loro
modo dei dimenticati. Dimenticati e arrabbiati quanto “bambinoni”, come
Leatherface o Twibunt. Gli adulti, il cui credo e idea di famiglia è per loro
da rinnegare dichiarandosi “comunisti”, sono sempre fuori fuoco, lontani, come
nelle strisce dei Paenuts. Anche gli atti di ribellione alla società più rumorosi (accompagnati da motivetti stile comiche) non sortiscono effetto e
l’unica valvola di sfogo è la fuga psicotropa dal reale, la necessità di
diventare “spirito”, fondersi con il partner e con il mondo (accompagnati da
musiche mistiche) fino a leccare le radici degli alberi, consapevoli che come
nel cerchio della vita Disney tutto ritorna e diventeremo concime di quegli
alberi da leccare. C’è molta magnificata autodistruzione in Eggshells, come fuga
dallo stigma della “normalità”. Ma forse è più forte la gioiosa voglia di
vivere degli hippie che brulicano la pellicola, sbattendo gli uni contro gli
altri sulle scale della piccola comune/mondo, condividendo i letti in quattro.
Forse Hooper li ama davvero e un po’ li rimpiange, quei giovani scapestrati
degli anni '60 di Austin. Al punto da sottrargli un futuro deprimente facendoli
metaforicamente sbranare dai suoi orchi mangia-uomini di provincia,
palude o Freak-Show. Un po’ come il pifferaio di Hamlin, Hooper con la sua arte
“nichilista” porta via i bambini e il futuro da quel grande paesone che è
l’America, in cui non si riconosce più. È forse per questo pessimismo verso il
futuro, come Fulci in Non si sevizia un paperino, che Hooper è diventato un creatore
di mostri di celluloide, rinunciando a cantare l’amore e la ribellione
giovanile come un Bertolucci in The Dreamers.
The Eggshells ci arriva quindi di
nascosto, solo sottotitolato, nel terzo disco di uno slasher a tema freak-show.
Ma è un bel tesoro ed è carico di tutta la malinconia e dolcezza che solo chi
suona musica pesante sa infondere in una ballata.
Attenzione al viso d’angelo e al sorriso della splendida Amy Lester, c’è il serio rischio di innamorarsi e iniziare a volare in aria sospesi a palloncini colorati.
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