Sono passati diversi anni da quando un terremoto con epicentro sulla costa danese ha provocato l’apertura di una misteriosa faglia, a centinaia di metri di profondità.
Da allora la frattura ha continuato a espandersi, andando progressivamente a destabilizzare il campo magnetico
terrestre, innescando un meccanismo che, secondo gli scienziati, sarebbe stato
in grado in pochi anni di portare all’estinzione umana.
Oggi la NPFA, la Northener Partnership
for Fractural Activity, una squadra internazionale di studio, ricerca e
intervento nato per studiare questo fenomeno, è pronta per dare inizio alla
prima missione di “cicatrizzazione della frattura”.
Dal centro di comando Babylon il piccolo
sottomarino biposto Fortune, comandato dal taciturno scienziato Elias (Simon
Sears), scenderà nelle profondità oceaniche insieme ad alcuni droni di ultima
generazione, comandati a distanza e dotati di componenti sperimentali. Il
meglio della tecnologia più avanzata per curare quella che viene definita come
una “ferita della Terra”, riportando il mondo a una nuova stabilità.
Nonostante il continuo contatto radio con
la base, la discesa del mezzo, a ridosso di un infinito muro roccioso, è cupa e
solitaria. I fari del sottomarino vengono continuamente avvolti da strane
“nuvole nere”. L’arrivo all’obiettivo è sconcertante: dall’apertura più grande,
simile a un lungo corridoio, a base rettangolare, viene sprigionata una luce
dorata. Una luce che sembra viva e pare “guardare” i piloti del Fortune, come l’enorme
occhio di un titano. Dal tunnel viene sprigionata una specie di onda d’urto, simile
a una voce, che provoca il momentaneo Blackout dei sistemi di bordo e la
perdita di sensi dell’equipaggio.
Elias si sveglia nella stanza di quando
era ragazzo, a pochi mesi dal terremoto che aveva provocato la frattura
oceanica e cambiato la vita di tutti.
È giovane, ha la testa sulla scrivania e
circondato da schemi e grafici sul cambiamento climatico, dati in elaborazione
sul pc, modellini in scala di sottomarini che sta studiando a fondo per prendere
il brevetto di pilota. “Studia per diventare un eroe”, con passione e
entusiasmo, ma quella sera ha più che altro voglia di una birra. La trova in un
locale rumoroso del centro, insieme alla bella cantante Anita (Nanna Oland
Fabricus). L’intesa tra i due diventa in pochi giorni qualcosa di profondo come
il mare, anche se presto il destino li avrebbe portati a un bivio e a una inevitabile
frattura.
Elias si riprende sul lettino della sala
medica della Babylon, di nuovo più anziano e di nuovo eroe. Gli comunicano che
grazie al suo copilota la prima fase della missione ha avuto buon esito,
nonostante le interferenze elettromagnetiche che hanno messo a dura prova la
comunicazione con i droni. Per celebrare l’evento, Elias e il suo copilota
visitano il faro sulla costa da cui si è partito anni prima il terremoto, non
troppo distante dai luoghi in cui viveva da giovane. L’eroe, inseguendo la
visione avuta a centinaia di metri di profondità, la sera stessa va in cerca di
Anita, nello stesso locale in cui la aveva incontrata per la prima volta anni
prima. Il posto è appartato e buio, fumoso e solitario. Poi una luce e una voce
guidano Elias verso Anita, che come allora canta accompagnata da un'orchestra.
Il tempo non sembra averla cambiata molto. Si trovano e si riconoscono,
organizzano un appuntamento per parlare del passato e riprendere a camminare
insieme per la città. Lui è ogni giorno in televisione, non ha più frequentato
nessuno, vive e lavora solo per ultimare la sua missione. Lei non sogna più di
diventare una cantante professionista, insegna canto ai bambini, è spostata e
ha un figlio che è super fan di Elias. Un figlio (Victor Hjelmsoe) che si
chiama come avrebbe dovuto chiamarsi il figlio mai nato di Elias e Anita. Una
tragedia che anni fa li aveva separati, facendo
prendere a lui la decisione di partire per studiare in America e salvare il
mondo, con quel gruppo embrionale che sarebbe diventato l’NPFA.
Scoprire che Anita ha un figlio, che
poteva essere “suo figlio”, riapre una frattura interiore nel cuore dell’eroe. Elis
pensa di aver sbagliato tutto nella vita, pensa che la sua missione fallirà e
lui non avrà più uno scopo nel mondo. È come se si riaprisse in lui una frattura
emotiva a lungo negata, ma che forse poco prima, a centinaia di metri di
profondità, era già stata “rilevata da qualcuno” e usata contro di lui come un’arma.
Forse per opera dalla misteriosa luce dorata. Nella seconda missione del
Fortune quella stessa “arma psichica” avrebbe portato alla follia e morte del
copilota di Elias.
Per potersi “difendere” dagli attacchi
mentali di chiunque si nasconde al di là della faglia, Elias dovrà fare i conti
con il suo passato, riparando quella frattura emotiva che tanto lo
destabilizza, prima di finire distrutto dalla stessa. Il suo viaggio inizierà
dallo scoprire qualcosa di più sul figlio di Anita. Dovrà lasciarsi tutto il
dolore e il rimpianto alle spalle per salvare il mondo, ma Anita sarà in grado
di aiutarlo. Le loro vite procedono da troppo tempo su binari lontani e le
pretese di “tornare indietro nel tempo” sono difficili da realizzare. Troppo è
stato perso a livello emotivo, da quando Elias ha deciso di salvare il mondo
sacrificando però la loro relazione.
Il regista e produttore cinematografico
danese Ulaa Salim, nato a Copenhagen nel 1987, dopo una serie di corti ha
esordito al lungometraggio nel 2019, con il film Figli di Danimarca. Un
film crudo e bellissimo sul “senso di appartenenza a un territorio”, che
parlava dell’integrazione sociale (im)possibile tra i nuovi migranti e i “figli
di Danimarca”, attingendo dal cinema sociale più ruvido e di denuncia, ma anche
giocando bene con i registri del “cinema di genere”: sapendo mischiare il drammatico con l’horror e
l’action. Per Eternal, il suo secondo film, che Salim nelle interviste
descrive come una “riflessione su come le singole scelte possano cambiare una
intera vita”, ma anche come “un viaggio all’interno delle sfumature
dell’amore”, il regista ha deciso di farsi guidare dalla grande fantascienza di
classici come 2001 Odissea nello Spazio di Kubrick e Solaris di
Tarkovskj. Questo si sarebbe tradotto in una sorta di “odissea spaziale
capovolta”, in cui il viaggio dell’eroe non punta alle stelle, quanto al centro
della terra e della sua anima. Alla ricerca delle “radici esistenziali liquide”
da cui derivano sogni, incubi, speranze e scelte individuali. Portandolo poi a
esplorare i legami sottili e complessi con cui le scelte individuali vanno
inesorabilmente a entrare il relazione e in conflitto con le scelte di vita di
altre persone. Proprio durante la produzione del film, Ulaa Salim diventava
padre: con temi come la genitorialità e il “futuro” che nella composizione
dell’opera andavano ad aggiungersi e sovrapporsi con i timori del riscaldamento
globale e del “futuro negato” alle nuove generazioni. sfumature che per lui portavano
l’opera anche nei territori di Interstellar di Nolan.
Per interpretare Elias, Salim ha scelto
l’attore Simon Sears, protagonista nel 2020 dell’action Enforcement e
poi nel 2021 tra i protagonisti della serie Netflix Shadow & Bone.
Anita ha invece il volto di Nanna Oland
Fabricius, conosciuta anche nel mondo della musica con il nome di Oh Land, nota
per collaborazioni con Katy Perry e i Coldplay, Pharrell e John Legend. Nel
film Salvation di Kristian Levring ha recitato a fianco di Mads
Mikkelsen.
Victor Hjelmsoe è invece un giovane
attore danese già attivo in alcune serie tv locali.
Per precisa volontà del regista, durante
il film il ruolo di protagonista della scena si sarebbe alternato dal
personaggio di Sears a quello della Fabricus: per offrire una diversa
prospettiva dei fatti narrati e permette alla pellicola di mutare il suo registro
narrativo dalla fantascienza al film sentimentale.
Ulaa Salim porta sulla scena la classica
idea del “What if…?”, familiare a pellicole sentimentali molto amate come Sliding
Doors di Peter Howitt, A family man di Bret Ratner e Stefano
Quantestorie del nostro mai abbastanza celebrato Maurizio Nichetti, per poi
“fonderla” con suggestioni di una fantascienza di stampo “esistenziale”, che
passa da Kubrick a Tarkovskj, ma sembra trovare un territorio affine soprattutto
con opere come Contact di Robert Zemeckis.
È una formula che effettivamente riesce
bene sul “piano sentimentale”, con bravi attori che riescono in modo naturale a
esprimersi al meglio sul lato emotivo, andando a raccontare un percorso di
coppia e genitorialità tortuoso ma mai banale, ricco di molti spunti di
riflessione e dotato di pathos quanto imprevedibilità.
Tuttavia il piano della “fantascienza” e
della “avventura sottomarina” rimangono aspetti solo sfumati, quasi dimessi,
relegati per lo più a un livello simbolico.
Sebbene durante la visione possiamo
rimanere affascinati da tute di profondità che ricordano Sfera di Barry
Levison, “mini-sottomarini ibridi/droni” che non sarebbero dispiaciuti a James
Cameron e un discreto bagaglio di nomenclatura tecnico/scientifica volta a
conferire “la giusta atmosfera”, c’è da dire che avremmo voluto sapere molto di
più della missione della Babylon e dei suoi sottomarini.
Da fan dei “film sottomarini” da Leviathan a Creatura degli Abissi, passando per Abyss e il “dimenticato” Underwater, avrei preferito entrare un po’ di più nella “tana del Bianconiglio” che nasconde la frattura oceanica. Avrei voluto più dettagli sulle procedure di “fissazione della frattura”, magari immaginandole frutto di qualche studio sui testi scientifici, come quelle ricerche sulle tute di profondità alimentate da un liquido al posto delle bombole di ossigeno, che avevano ai tempi ispirato Cameron in Abyss. Avrei voluto più simulazioni ambientali, descrizioni sui droni, informazioni sulle procedure extra-veicolari. Il Fortune sul piano operativo più che un sottomarino a tratti pare una specie di ascensore con frequenti guasti elettrici.
Se il lato “tecnico” ha dei limiti,
quello simbolico non è affatto male.
A livello visivo/psicologico ci appare forte e potente l’idea del “tunnel sotterraneo tra i mondi”. Una struttura megalitica quasi metafisica, che effettivamente profuma di Kubrick, ma che è anche un elemento centrale/spirituale in Figli di Danimarca di Salim. Un tunnel che lega uomini e territori, come natura e società, in modo indissolubile, quasi un cordone ombelicale o una radice. Salim “cita sé stesso” e in questo frangente funziona bene, affascina e forse ha trova il suo personale “monolite”.
Molto riuscito sul piano
emotivo/sentimentale, forse solo accennato sul piano “fantastico”, Eternal
risulta un film comunque interessante, originale e bene interpretato. Un film
che parla di sottomarini in piena estate è poi sempre un grande classico del
cinema: attraverso la fantasia e una sala ben arieggiata forse riusciremo a
sopportare con meno fatica i terribili sbalzi termici di questa stagione.
Romantico e rinfrescante.
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