Interpretato
da Ashton Kutcher...
Il mondo non si è
ancora ripigliato dalla scomparsa del grande guru della Apple ed è
evidente che i prodotti del marchio della mela usciti dopo la sua tragica scomparsa siano abbastanza bruttini. Ma la storia di Jobs è
pura epica moderna. Lo sforzo titanico di un uomo che credeva nel
sogno americano e lo ha riplasmato ingoiando quintalate di palta da
parte di “uomini coi soldi” che in tutti i modi hanno cercato di
estrometterlo, dileggiarlo, cacciarlo in prepensionamento. Nonostante
le fatiche e le sconfitte Jobs ha resistito, ha innovato, ha fatto
una montagna di soldi perseguendo il sogno di una tecnologia alla
portata di tutti, semplice e pure figa da sfoggiare. Non solo roba da
nerd. Jobs non è sono quindi un brutto gollum con gli occhiali, ma
un visionario che ha sempre cercato di sdoganare la tecnologia
unendola al bello estetico e al funzionale a prova di fesso. Roba
grandiosa per alcuni, roba da niubbi per altri, roba da fighette per
altri ancora: la Apple è di fatto roba che vende e vende un botto e
nulla sarebbe stato possibile se dalla cantina di una casetta
americana il piccolo e bruttino Jobs, fissato con la dieta "verduriana" e coi microchip, non fosse scaturito l'ormai leggendario apple1. Una
bella storia. Una storia a lieto fine che ha ispirato e ispira
milioni di ragazzi che oggi ce l'hanno anche loro una cantina dove
possono fare cose fantastiche per cambiare il mondo. Fosse la cura
per il cancro o un pezzo metal da paura. Il grande sogno americano a
cui si affianca la malinconia per una vita densa ma troppo breve, il
cui ultimo triste atto ho ancora negli occhi. “Siate
affamati” diceva. Non smettere di credere nei sogni, non averne mai
abbastanza di imparare, migliorarsi, creare. Parole che dette da uno
che ce l'ha fatta non sono semplici consigli di vita ma testimonianza
che ce la si può fare. Con l'impegno si può cambiare il mondo. Lui
ce l'ha fatta.
La biografia di
Walter Isaacson, stravenduta, è un libro che vi consiglio di leggere
e sarà la base di un futuro, grande film dedicato a Jobs. Un film di
cui si parla già con fermento sia per la produzione Sony già
avviata, sia per il coinvolgimento nella sceneggiatura di Aaron
Sorkin, autore di quel Social Network di Fincher che già ha portato
alla ribalta la storia dell'odiosissimo ideatore di Facebook (ma
forse è l'attore che lo rende così antipatico... di fatto il film è
molto bello). Ma vi dico di più, circola pure una pre-bozza del
lavoro di Sorkin, con tanto di annotazioni e temi portanti
evolutivi-tecnologici che saranno affrontati nel film su Jobs della
Sony, ossia il film su Jobs bello.
Perché esiste
anche un film brutto. E da qui parleremo del film brutto.
Perché quello di
cui vi sto per parlare non è il film Sony, ma l'impossibile parto
interspecie scaturito dal connubio di un regista, Josha Michael
Stern, poco in vena (ma forse vittima della produzione e di una
sceneggiatura atroce) e Ashton Kutcher, un tizio noto per essere
stato il toy boy di Demi Moore e che senza spiegazione alcuna dei
produttori hollywoodiani che devono essere almeno ciechi e sordi (o
sarebbe davvero ingiustificabile) insistono a ficcare a forza in
produzioni cinematografiche. Kutcher come fisionomia e grazie al make
up assomiglia a un giovane Steve Jobs, un giovane Steve Jobs
totalmente lobotomizzato o il cui cervello è stato scambiato da uno
scienziato pazzo con quello di un bovino con gravi problemi
cerebrali. Ashtonjobs il ricombinato. L'attore (uso questo termine
solo a scopo esplicativo) non ha nessuna idea di dove si trovi,
della telecamera che deve inquadrarlo, del personaggio che
interpreta. Non sembra avere dimestichezza con gli strumenti
elettronici, motivo per cui non lo vedrete quasi mai interagire con
uno strumento elettronico (che a contrario fissa con la classica
diffidenza della mucca che guarda il treno) e, credetemi, in un film
come questo è una cosa che ha del surreale. Qualcuno deve averlo
avvertito che è una pellicola di tipo drammatico e qui si vede come
il nostro abbia fatto tesoro della più elaborata tecnica del Joey
Triviani Actor studios (Friends cit.): “Se devi sembrare pensoso e
intenso, fai l'espressione che ti viene quando senti una strana
puzza”.
Ashtonjobs usa questa espressione per la totalità della
pellicola. Sempre. Il regista Stern ha qui uno dei guizzi di regia
più folli e appropriati per mettere una toppa alla recitazione di
Ashontjobs. Citando Elephant di Gus Van Sant, gran parte delle scene
vedono Ashtonjobs camminare in corridoi inquadrato di spalle. Van
Sant in Elephant utilizzava questa tecnica per farci vedere la
banalità della vita adolescenziale, un lungo tragitto senza senso
tra un luogo e l'altro in cui in vista di una meta-realizzazione futura un giovane non bada spesso ai suoi compagni di viaggio, che
rimangono appunto delle nuche di spalle che si affiancano e nulla
più, già dimenticate alla prossima tappa. Stern in Jobs permette
con questo espediente di far apprezzare la bontà delle scenografie,
si dimostra bravino nel piano sequenza e di farci empatizzare con il
taglio di capelli di Ashotnjobs, di fatto molto più espressivo del
volto. Tuttavia nonostante l'impegno citazionistico del regista, lo
sforzo degli scenografi nel riprodurre fedelmente le atmosfere anni '80, i trucchi ed effetti dolly di cameraman e direttori della
fotografia, le doviziose creazioni d'epoca dei costumisti e la lacca
anni ottanta (probabilmente merce di contrabbando) impiegata
abilmente dai parrucchieri queste scene di camminata di spalle, così
apparentemente geniali, falliscono. Perché c'è lui al centro.
Ashtonjobs. Che non è nemmeno in grado di camminare come un essere
umano. Si dice che Kutcher si sia preparato alla parte seguendo la
rigida dieta fruttariana seguita da Jobs. Certo De Niro se deve
interpretare un pescatore di anguille si trasferisce nel sud Italia
per due anni vivendo a contatto con dei pescatori locali. Se Kutcher
deve interpretare un genio informatico senza sapere nulla di
informatica deve limitarsi a copiare “il possibile”, giusto la
dieta alimentare. La fruttariana stava prima dell'inizio delle
riprese per offrire un significativo apporto alla cinematografia
moderna, portando quasi alla morte Kutcher. La debilitazione subita
dal coso (richiamarlo “attore” mi manderebbe ai pazzi) comportò la
nascita del nuovo modo di camminare di Ashtonjobs, una falcata a
scatti allungati che potrebbe starci in un film di zombie ma che anche
in quella sede apparirebbe strana. E di questo movimento
deambulatorio nel film ci sono intere paccate di minuti.
Terrificante.
Ma Ashtonjobs a
parte (mica facile) il resto del film com'è? Una roba delle 3 del
pomeriggio su rete quattro. Dialoghi banali, schieramenti stagni dei
personaggi tra “buoni-idealisti” e
“cattivi-opportunisti-ottusi-tirchi-traditori”, trama che
tuttavia scorre, va ammesso,pur nelle mille insensatezze e in una
pallosità manifesta e che se siete un minimo interessati
all'argomento vorrete comunque vedere fino alla fine tra voragini più
o meno contenute. Se c'è un buco, ecco che in soccorso intervengono
massime di Jobs recitate con la stessa solennità, e ascoltate con la
stessa passione, delle parole dette da Gesù nell'ultima cena. Trovo
questo uso didascalico delle massime di vita, di fatto il top dei
memorabilia ad uso e consumo di storici, collocate così a cazzo in
una pellicola sinceramente offensivo della memoria del de cuius. Ho
detestato Lincoln di Spielberg e il film su Confucio per lo stesso
motivo. La scena si iberna e qualcuno, come ad una recita delle
elementari valevole come compito di storia, inizia a recitare la
frase celebre. Orribile. Anche perché tra il pubblico trovi sempre
qualcuno che la ripete, perché l'ha studiata sui banchi, come una
preghiera. Ma forse sono io, a qualcuno devono piacere questi
memorabilia se li ficcano sempre in qualche biografia. Poi diciamo
che nel caso di questo film non è la cosa più fastidiosa e anzi
vedere Ashtonjobs proferire frasi-citazione come un messia, con
l'espressione di chi ha sentito una puzza e la mente rivolta al
cestino da pranzo, mi ha fatto prorompere in sane e convulse risate.
Ma sento già i miei piccoli lettori accorarsi: “Ma ci saranno
anche altri attori, magari passabili?”. Tremende macchiette che
passano e si dimenticano appena scorte di nuca. Il nerd farà il
nerd, il tecnico dall'aura figa e biker avrà due battute due, il
tipo infido capirete che è il tipo infido dopo 6 secondi che lo
avete visto, gli hippy sballati sono hippy sballati. Tutto è
bidimensionale, preconfezionato, banale. Una pellicolaccia dunque, il
cui numero delle pecche è così strabordante da nullificarne l'unico
esigua merito, ossia il fatto che Kutcher assomiglia un po' (ma mica
troppo) a Jobs. Mille sono gli aspetti che avremmo voluto vedere
trattati e tra questi spiccano la vita privata, di cui si sa poco e
dopo la visione se ne sa anche di meno, e una convincente parabola
anche feticistica sull'ossessione-progettualità di Jobs nel rendere
la tecnologia cool e alla portata di tutti. È interessante il perché ci sia un computer che si chiama Apple come ci sia un Apple Lisa ma
se ne vorrebbe di più, magari (in luogo di un paio di camminate di
spalle in meno) un approfondimento sulle ragioni del progetto
Macintosh, magari qualcosa che riguardi la fondazione della Pixar, la
spinta per l'Apple store, Jobs è stato un rivoluzionario al di là
dell'hippy triste e rancoroso che pare essere Ashtonjobs. Quest'uomo
ha creato indubbiamente poi degli oggetti esteticamente fighi, dai
monitor a “casco” con componenti a vista (di cui grazie al cielo
almeno si accenna nel film, ma solo per inquadrare l'ennesima
supercazzola recitata male da Kutcher) all'ipad e tutte le
decinazioni ipad, ibook, itunes e ha continuato così tutta la vita.
Soffermarsi sul fatto cronologico “ieri era ricco-poi lo hanno
trombato – poi è ritornato”, lo ripeto, offensivo. È come
girare un film su Senna in cui il protagonista non sale mai e nemmeno
vede da lontano un'auto. Una scelta di stile? No, solo pura idiozia!
Fatevi un piacere,
non vedete questo film. Non lo rimpiangerete. Certo se lo volete
vedere come una trashata, la dimostrazione che la pellicola può far
sorridere quando un attore cane riesce ad essere così cane da
rendere sublime la sua non-performance siete i benvenuti. Ma questo
non è territorio mio, ma del grande Yotobi.
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