martedì 15 ottobre 2024

Ken il guerriero: il film - la nostra recensione della pellicola del 1986, che arriva nelle sale per la prima volta grazie a Yamato Video e Nexo Digital


C’era una volta il mondo post-atomico di Ken il guerriero, tratto da un fumetto scritto dal malinconico/tamarro “Bronson” (pseudonimo di Yoshiyuki Okamura, dovuto alla somiglianza del mangaka con l’attore Charles Bronson) e disegnato dal “iper-muscolare/tamarro” Tetsuo Hara. 

L’opera cartacea arrivò in Italia grazie alla leggendaria Granata Press negli anni novanta, ma il cartone animato prodotto da Toei aveva già furoreggiato sulle tv locali, da inizi anni ‘80, assurgendo fin da subito allo status di “mito totale” per più generazioni di ragazzini adoranti. 

Qualsiasi cosa relativa alla serie, dalle action figures ai videogame passando per i “polsini in pelle”, vende ancora tantissimo. Tutto merito di un protagonista, Ken, che frullava al meglio tutto ciò che era davvero figo ai tempi. 

Ken in un’epoca di logorrea compulsiva (tutti negli anni '80 parlavano tantissimo) diceva cinque parole in cinque episodi: per lo più riferendosi al suo grande amore perduto, “Giulia”, oppure alla bambina che avrebbe riportato la felicità sulla terra desertica ripiantando dei semi, “Lynn”.  

Romantico, ecologista, sintetico. 

Nei frenetici anni della Milano da bere lui camminava lentissimo e ascetico, in un deserto infinito come Mad Max o Corradine in Kung Fu. Sfoggiava volto e muscoli tirati mutuati dal Sylvester Stallone del periodo Ronald Reagan, praticava arti marziali alla Bruce Lee per ripristinare “l’ordine sociale”. 

In ogni episodio arrivava in un piccolo villaggio bullizzato da punk ipersteroidati che leccavano coltelli e affamavano la popolazione. Faceva fuori i bulli, in genere rompendo un giubbotto in jeans nell’atto di gonfiare i muscoli per sfoggiare super tecniche marziali, poi procedeva oltre. 

Chi ricuciva o dove comprava giubbotti jeans di ricambio non è mai stato dato saperlo. 

Ma la serie aveva molto di più da offrire, specie quando la trama ci introduceva alle massime guide alla spiritualità post-atomica: le  scuole di Hokuto e Nanto. Tra le loro fila militavano personaggi che di fatto erano figure morali centrali per le comunità come Toki, Fudo e Shu. Altri erano a capo di grandi eserciti pseudo-organizzati come Raoh e Souther, che in un periodo in cui la maggior parte delle persone era coperta da pelli di lupo ed era tornata a vivere nelle caverne era pur un passo avanti. Altri esponenti di spicco ancora erano “schegge impazzite” come Jagi e Yuda, di fatto amanti del caos ma anche dotati di un non trascurabile “apparato di disinformazione” che ne accentuava il potere. C’erano poi in Hokuto e Nanto i “sognatori” come Juza, Ken e Shin: di fatto in giro per i deserti in cerca di “se stessi”, in genere inseguendo una tragedia personale, eroi controvoglia ma pur sempre eroi. C’erano i politici in senso stretto come Rihaku, c’era anche un personaggio magnificamente romantico e irrisolto come Shin: uno che prima detesti, poi lo capisci e quasi piangi per lui. 

Funzionava tutto bene perché Bronson pompava intrecci para-Shakespeariani quanto Hara pompava i muscoli di tutti i personaggi sulla scena: puro ipertrofismo olistico, che spesso esplodeva in infinite lacrime e splatter coreografate con tanto stile quanto ritmo. 


Questo spettacolare film del 1986 fa un po’ una sintesi degli eventi relativi alla prima serie animata della Toei ed è diretto dal mitico Toyoo Ashida, autore nel 1985 anche di quella gemma di Vampire Hunter D e di un film di Arale. 

Su grande schermo, liberi dalle restrizioni delle produzioni televisive quanto “costretti” dalla necessità folle di condensare lo spirito di 109 puntate in 2 ore, Ken e il suo mondo appaiono se mai possibile ancora più ipertrofici, spettacolari e drammatici. 

Gli inseguimenti dei punk non si svolgono più solo lunghe piste sabbiose, ma anche su vertiginose facciate di palazzi fatiscenti. L’aria di energia che precede alcuni combattimenti incanalando la forza, ora non si limita a distruggere giubbotti in pelle ed è in grado di scatenare fulmini e tornado di sabbia. Per farci capire quanto è invincibile il nostro protagonista, Ashura ce lo presenta come una entità in grado di avanzare mentre un grattacielo gli cade letteralmente sulla testa, di fatto squarciando e aprendo in due il palazzo come fosse burro. 

Sul lato simbolico/iconografico le suggestioni sul valore salvifico di Ken, si estrinsecano nel film in mille omaggi all’arte occidentale di stampo religioso, con Ken e compagni che più volte vengono ritratti in pose ultra drammatico-plastiche che ricordano la Pietà di Michelangelo o la Vergine delle Rocce. Il personaggio di Lynn spesso ci appare invece con luci stroboscopiche anni ‘60 a melodia dolce al seguito, come facesse parte di una fantasia cromatica alla Jesus Christ Superstar

Il budget della produzione ci permette pure di vedere incredibili e spettacolari scene di massa, come una battaglia tra l’esercito di Raoh e gli “uomini-lupo”. Ma c’è pure una suggestiva sequenza che viviamo in prima persona attraverso gli occhi di Jagi, di fatto sperimentando la mitica mossa dei cento colpi di Hokuto “quasi” personalmente. 


Le animazioni sono sontuose quanto la musica, che presenta al suo interno pure un mitico brano cantato per “sintetizzare una scena”, sul modello dei film di Rocky di Stallone. 

Tutto questo ci appare bellissimo proprio nel suo essere estremo, davvero unico a livello visivo e sonoro, “gasante”, epico e ovviamente “tamarrissimo”. 

Parliamo davvero di “storia dell’animazione”, perché di fatto quasi tutto ciò che è presente in questo film è stato poi “omaggiatissimo” nel mondo degli anime quanto dei videogame fino a oggi. 

Una vera gioia visiva per i fan e non solo, che Yamato Video e Nexo ci portano con nuovo doppiaggio e una nuova codifica video in 4K, frutto di un restauro certosino quanto pregevole. 

Non so se Ken sarà “anche” il salvatore del ventunesimo secolo o se la sua parabola di gloria si è ormai interrotta al termine del 198X (poi passato a 199X nella seconda serie, per “stare più larghi”), con solo i vecchi fan che ancora rimangono fedeli al personaggio. Ma dalla sala cinematografica dove ho assistito allo spettacolo ho avvertito ancora tanto calore, entusiasmo, perfino lacrime. 

Ken è tornato ed è in ottima forma. 

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