Con l'uscita in
blu ray di Frankenweenie alle porte, “dovevo” moralmente
recuperare la precedente pellicola burtoniana, all'epoca rimandata a
tempi migliori causa una pioggia di commenti non proprio lusinghieri
da parte della critica e alcuni dubbi su Alice, non solo inerenti al
tremendo balletto del cappellaio matto, che comunque mi ha
perseguitato per mesi fino alle luci dell'alba in cerca di un
significato recondito. “Bollito” è forse l'aggettivo più tenero
che i recensori di Dark Shadow hanno utilizzato nelle inquisizioni
blogghesche, seguito da “film che non è né comico né drammatico,
insipido”. Siccome l'aggettivo più utilizzato dai medesimi per
Frankenweenie è “rinato, con qualche riserva”, ho deciso,
complice un'offerta al megastore, di dare una possibilità a Dark
Shadows (che pallone gonfiato magnanimo che sono...).

Di sicuro uno dei
registi più stralunati di Hollywood, un tempo “genio”, sta
vivendo un periodo di ripensamento, alla ricerca di una vena perduta
o in qualche modo “inibita” dai produttori delle mayor. Burton
allora “torna a casa”, in greatest hits di ricordi, fa un film
come Dark Shadows che si ispira a una serie televisiva che guardava
da piccolo, di pomeriggio, alla televisione, fa un film come
Frankenweenie che è di fatto la extended edition di uno dei suoi
primi corti cinematografici con la tecnica del passo uno che lo ha
reso grande in Nightmare before xmas, il suo film per l'infanzia più
amato (no, non la sposa cadavere...).
Dark Shadows è un
manifesto dell'amore di Burton per la serie che guardava da piccolo
sul divano mangiando le girelle con la copertina di ordinanza per non
prendere freddo. Era una serie colossale di mille e passa puntate, un
polpettone infinito che mischiava atmosfera da soap con tematiche
horror classiche, quelle da sempre amate da Burton. In più è una
rilettura della stessa serie, arricchita dalla passione Burtoniana
per l'horror classico.
Un casato in
declino, anni '70 appena iniziati, giochi di potere, tradimenti,
rivalse, ma con un po' di soprannaturale extra, mostri, pazzi,
psicopatici. Ecco sì, tipo Melrose Place. La serie decolla e diventa
leggenda quando al cast si aggiunge Barnabas Collins, un patriarca
venuto da molto lontano, da un paio di secoli prima, un vampiro.
Burton sintetizza,
mette il vampiro al centro della storia, taglia, cuce, reinventa e
crea il suo personalissimo Nosferatu delle quattro del pomeriggio.
Barnabas Collins
(Depp, molto ispirato) arriva in America con la sua famiglia per fare
grandi cose, ben presto creano una flotta di pescherecci intorno alla
quale si sviluppa un'intera città. Barnabas ama Josette (Bella
Heatcote, classica madonnina infilzata burtoniana, parte che in
genere va a Winona Raider), ma Angelique (una magnifica Eva Green,
tragica e per la quale non è possibile provare troppa antipatia),
una strega dai grandi poteri, lo vuole tutto per sé. Con i suoi
sortilegi, Angelique spinge Josette e suicidarsi, gettandosi sulla
scogliera. Barnabas, distrutto nel vedere l'amata cadere, la raggiunge
nel vuoto e i due corpi su incontrano di nuovo, con un suono orribile,
in mezzo all'acqua schiumante, sangue e rocce. Ma Barnabas non muore,
Angelique ha una maledizione su misura pronta per lui, l'ha
trasformato in vampiro con la convinzione che, persa Josette,
Barnabas si dedicherà in eterno a lei. Barnabas ovviamente non
accetta, sicché la strega decide di dargli un po' di tempo per
“pensarci su”, seppellendolo non-morto in una bara fino a data da
destinarsi. Tempi odierni, sono passati duecento anni, la famiglia
Collins è in declino, l'azienda di famiglia ha una sfiga da primato
attivamente alimentata da Angelique, che gestisce una flotta di
pescherecci concorrenti. La magione Collins è solo un'ombra del
passato, Elizabeth Collins (Michelle Pfeiffer, che sarebbe stato bene
vedere di più sullo schermo) è allea ricerca di una tata per
l'irrequieta Carolyn (una sempre più brava e sensuale Chloe Grace
Moretz, di cui aspettiamo con interesse le prossime performance),
adolescente in piena fase ribelle, e per il piccolo e strano David,
che vede di continuo il fantasma della madre defunta, sorella di
Elizabeth. La tata scelta è Victoria Winters (sempre Bella
Heatcote), che sembra da subito avere grande familiarità con i
ragazzini e la casa. Al contempo, spinta dalla fame di espansione del
suo impero, Angelique autorizza gli scavi in una zona che forse si
era dimenticata di controllare. Una pala meccanica arriva così a
trovare la bara di Barnabas Collins. La famiglia ha di nuovo il suo
patriarca, dracula ha di nuovo il suo amore, è tempo di rifondare
l'azienda decaduta.
Burton confeziona
una pellicola in cui si dichiara che il tesoro più prezioso è la
famiglia. In senso lato burtoniano è il “sangue” l'elemento che
lega e mai tale metafora è stata meglio ripresa in una pellicola.

Per i suoi piccoli
difetti, credo che questo film, almeno dalle nostre parti, non sia
stato apprezzato del tutto, tanto dai distributori che dal pubblico
che dalla critica. Ci si aspettava il 100% da Burton, un prodotto più
“suo” rispetto ad Alice, si dimenticava il fatto che anche “Dark
Shadows” fosse un'opera derivativa. A conti fatti ho gradito e molto
lo spettacolo. Non ne sono stato “travolto”, ma ho apprezzato
l'impegno profuso.
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