sabato 30 luglio 2016

Ghostbusters - versione "quote rosa" - la nostra recensione



Sinossi fatta male: ragazzi statemi vicino con pensieri positivi che questa volta è davvero dura. Ho bisogno di tutta la vostra energia, scrivere questo pezzo è una specie di martirio auto-imposto. Procederò a tentoni e a casaccio quindi. Allora, c'è Erin (Kristen Wiig) che è tipo una docente universitaria di quelle materie scientifiche complicate, credo fisica. Lotta da anni per avere la cattedra alla Columbia, ci è arrivata a tanto così, questione di giorni, ma ecco l'imprevisto, il passato che bussa alla porta. In gioventù ha scritto un libro sui fantasmi insieme alla amica Abby (Melissa McCarthy), qualcosa di molto "a-tecnico" e ingenuo ma in grado di minare la sua credibilità nell'ambiente scientifico. Un libro che pensava scomparso e distrutto, con le ultime copie bruciate personalmente da lei, sino a quando se ne trova davanti una, in mano a un tizio che le chiede di indagare su una magione infestata. Lei declina e scopre che il libro è vivo e vegeto, ordinabile on-line, anche in formato e-book, perché la sua amica Abby, che lavora anche lei come docente ma in una facoltà sfigata, è finita in bolletta e con quello ci paga le spese di casa. Mamma la noia e il fastidio che ho anche solo nel raccontarvi la trama. Allora Erin va da Abby, che è ancora fissata con i fantasmi e divide lo studio con Jillian (Kate McKinnon), una biondina fuori di testa stile scienziato pazzo sotto crak. Un cartone animato vivente tutto faccette stroze ee stupidità che vorrete dopo due scene prendere a calci nel culo, ma non divaghimo.  Erin chiede ad Abby di ritirare il libro prima che venga scoperto dalla università, che poi non le danno più la cattedra, le accenna inoltre al tizio che ha la casa infestata e si è rivolto a lei. Come conseguenza tutte si gasano, fanno un balletto irritante (finto fino al vomito) e corrono a controllare se i fantasmi esistono. E i fantasmi esistono davvero, lasciano moccio verde ovunque, fluttuano, sono bluastri e quando scappano se ne scoreggiano via in scie blu. Le ragazze li riprendono e mettono il video su youtube, non prima di aver fatto un altro balletto di merda. Il video diventa vitale e ovviamente il preside della Columbia (Charles Dance... Poraccio, Ma che ci fa Taiwin Lannister qui dentro? Per buttarlo via in due scene ? Mistero.,.) lo vede per poi buttare fuori dalla facoltà Erin per manifesta "eccentricità". Ma i fantasmi ora sono reali, loro li hanno visti e si può far partire il business di acchiapparli, o meglio di "ufficio mediazione paranormale". I fantasmi pare si possano combattere e contenere ( ma non viene mai spiegato come o perchè) sulla base delle ricerche riportate dal testo sacro scritto dalle due scienziate da ragazze e grazie ai congegni pazzerelli che la biondina e fusa Jillian inventa a ripetizione mentre dà fuoco cantando al suo tavolo da lavoro. Jillian è sempre irritante. Sempre.  In poco tempo pure il preside della università sfigata di Abby la caccia via e il gruppo dovrà trovare una nuova sede per mettersi in proprio e soprattutto un segretario sexy (il "Thor Marvel" Chris Hemsworth). Incredibilmente il video girato nella magione infestata attira i primi clienti. E così arriva Wiston... cioè Patty, che porta il gruppo nella metropolitana in cui lavora per farle vedere un fantasma elettrico che loro affrontano con il primo prototipo di zaino protonico. Scena che fa cagare e in risposta alla quale il fantasma se ne scoreggia via in un raggio blu. E loro si mettono a rifare dei balletti di vittoria fintissimi dimmerda. Se questo è l'ultimo grido della comicità femminile, continui balletti di merda ed espressioni facciali cretine di chi non crede minimamente in quello che sta facendo o vivendo il suo personaggio, sarebbe da vietare alle donne la professione di comiche. Che fine hanno fatto Sarah Jessica Parker, Tina Fey, Diane Keaton, Whoopi Goldberg, Meg Ryan, Rebel Wilson? Ci sono in giro delle attrici comiche pazzesche!!! Perchè ridurre la comicità femmilie a questo streco maleodorante? Ma sono così scarse queste comiche ( soprattutto due, come in seguito analizzeremo)? Vorrei dare la colpa a Feig e basta, ma un'attrice dovrebbe ribellarsi quando interpreta scene tanto idiote. Ma andiamo avanti con il film. Anzi tagliamo, che non ne posso già più.  Di colpo la città sembra vittima di una escalation di attacchi operati da fantasmi come nel primo e seconda film. Chi ci sarà dietro? Un dio sumero che esce da un frigorifero non di marca? Un tiranno dei Carpazi dall'aria imbronciata perché quando lo hanno ritratto su un quadro maledetto aveva perso il suo orsacchiotto? No, solo un deprimente fesso al contempo stupido quanto geniale. No solo stupido ma con la parte  scritta malissimo.

Dai cacchio, ma è Ghostbusters?: Mi sono sempre piaciuti i film horror, fin da pupattolo. Amavo cacarmi sotto vedendo in tv le rassegne dello Zio Tibia per poi dormire con la luce accesa. Mi piaceva più di tutto quando l'eroe o l'eroina riuscivano a confrontarsi con mostro. Nonostante fossi terrorizzato amavo vedere questi film perché  gli eroi magari perdevano o arrivavano troppo tardi, ma riuscivano in qualche modo a prendere a calci il Babau che sta nell'armadio di ogni bambino (e che non era buono come gli spaventatori di Monsters & Co  che la Pixar avrebbe sfornato secoli dopo). I miei horror preferiti all'epoca erano senza dubbio Nightmare 3: i guerrieri del sogno, La cosa, ma anche il film a episodi L'occhio del gatto. In questi film c'erano gli eroi più fighi. Mi sono sempre piaciuti anche i film comici americani, la National Lampoones, i buddy movie con Eddie Murphy, tutto ciò che hanno creato Landis, Oz, Brooks, Reitman, gli Zucker. Mi piace tutto, da Stiller, Ferrell, Black, passando ai Farrelly, ai Cohen, a Peter Lord, Seth Rogen, a Todd Phillips. Tutto tranne ciò che riguarda quell'attore ignobile di Aston Kutcher (che il suo volto da ragazzo carino, a fronte di capacità espressive sub-umane, gli permetta di essere su pellicola è il più grande mistero della storia dell'umanità)  e Adam Sandler, che per me, Zohan a parte, confeziona solo lammerda in terra. I mix horror-commedia, cioè film che riescono ad abbracciare entrambi i generi,  mi gasano da paura ed erano pochi quando ero pupattolo. Film che stavano in un equilibrio difficilissimo da ottenere ma guarda caso, ancora oggi, i film che ho più cari. Film che quando dovevano spaventare erano degli horror a tutti gli effetti, prendevano la cosa sul serio, ti facevano tremare, i personaggi morivano in scena e c'era sangue dappertutto. Film che quando facevano ridere ritagliavano dei momenti ad hoc che non minavano la credibilità generale della cornice, non diventava un film comici, erano film con persone che sapevano "essere divertenti nonostante tutto". Ne avevo almeno tre di film preferiti di questo tipo: Gremlins, Un lupo mannaro americano a Londra, Chi è sepolto in quella casa (Raimi lo avrei scoperto in seguito) e appunto, e più di tutti, Ghostbusters (oggi aggiungerei anche in questa particolare categoria I recenti Krampus e L'alba dei morti dementi). Ora non vi racconterò (perché cacchio sto parlando a caso già da un casino di tempo) dei pupazzetti dei Ghostbusters che avevo in casa (con i fantasmini che si trovavano nel Nesquik... ma uno special sul fantasma con faccia da deretano del giocatore di football dovreste trovarlo indietro nel blog). Non vi parlerò dei lacrimevoli ricordi di infanzia legati all'unica volta che mio padre mi abbia mai portato solo con lui al cinema e di un'intera settimana passata con alle spalle un fustino di detersivo, collegato con tubo di mini-aspirapolvere, legato con corda e graffette alle spalle a mo' di zaino protonico. Non vi parlerò di Bill Murray, che da allora è diventato il mio attore preferito in assoluto, non vi parlerò del videogioco per c64 che mi aveva ipnotizzato ma non potevo avere (quello per Megadrive uscito anni dopo era magnifico) non vi parlerò della gioia folle che provavo a guardare i cartoni animati (quelli fatti bene, non la serie low budget incentrata su Slimer che era anche lei, senza alcun appello, come i film di Sandler,  lammerda). Non vi romperò le scatole con tutte queste menate, perché quel film era quel film, in quell'epoca, con quegli attori straordinari, con quel mondo straordinario. Sta di fatto che Gozer faceva una paura dannata, i suoi mastini facevano una paura dannata, la città invasa dai fantasmi faceva una paura dannata. Anche Slimer, quando ti correva addosso incazzatissimo, faceva paura. Dannata. E Murray e soci facevano i fessi con i test sui poteri mentali, si sognavano rapporti sessuali con donne volanti, collezionavano spore, muffe e funghi e dicevano "splendido, conservamene un campione!" se qualcuno del gruppo veniva smerdato da moccio ectoplasmico. Ma quando c'era da fare gli eroi non ce ne era per nessuno, si incrociavano i flussi, si salvava il mondo e ,come in quello storico e bellissimo episodio della serie animata, prevedevano a calci nel culo il Babau che si nascondeva nell'armadio. E a me il Babau faceva una paura dannata.




Con il nuovo film di Paul Feig era troppo attendersi che almeno questo, il connubio tra horror e commedia, venisse rispettato? Mi aspettavo, perché sono mesi che se ne parla, che fosse un film diverso, con dinamiche di gruppo diverse, con un umorismo diverso portato dall'esperienza di attrici comiche diverse. Sapevo quello a cui andavo incontro, l'ho accettato e ho pagato il biglietto. Ma quell'obiettivo minimo, alla base della credibilità di un film come questo, doveva essere rispettato, almeno lui. Spaventi e risate insieme in equilibrio sul filo del rasoio. E qui il film invece fallisce. Come sbaglia clamorosamente non sfruttando delle idee davvero valide. Fa rabbia vedere quanto in fondo, se gestito in modo meno miope e più coraggioso, poteva essere qualcosa di bello. Proseguo per punti, come fanno i bambini. 
Le tante buone idee: Kristen Wiig è bellissima e bravissima, la sua Erin si vorrebbe abbracciarla tutto il tempo. Ne sono innamorato pazzo. Sa essere timida ma decisa, ironica quanto sensibile, adulta ma con animo ancora ingenuo. E' il personaggio più credibile, autentico e "funziona". E' bello vederla flirtare come una ragazzina con l'idiotissimo toy boy interpretato (bene) da Chris Hensworth, è toccante quando parla del passato del suo personaggio. Ugualmente convincente è l'attrice comica Leslie Jones nella parte della gigantesca Patty, piantata con i piedi per terra, concreta, di cuore. Il suo carattere fiero, generoso e solare viene definito fin dalle prime scene, quelle in cui lavora come addetta alla metropolitana, e non muta di una virgola durante il film, rafforzandosi. Alcuni si sono scagliati su di lei dicendo che rappresenta uno stereotipo retrò delle donne di colore di bassa estrazione culturale e dal mio punto di vista ci hanno visto davvero male. Non hanno colto né la cultura né la forte autoironia e altruismo del personaggio e in genere non hanno forse mai visto in vita loro una donna che a New York lavora in un ambiente come il settore dei trasporto pubblici, così duro, sfiancante e deprimente che per sopravviverci occorrono tre quarti di santità. Vediamo Patty trattare con gentilezza i pazzi, fare da assistente sociale a un writer, conoscere la Storia che si cela ad ogni vicolo di New York. E' la più razionale, ha due palle grandi così nell'affrontare le situazioni più spinose ed in fondo è l'unica autorizzata a dire, come in un passaggio del film, se è vittima di discriminazioni razziste o sessiste. Molto buoni anche i ruoli di Andy Garcia e Cecily Strong, rispettivamente sindaco di New York e sua assistente. I due credono a quello che sta accadendo di soprannaturale in città, anche perché lo vedono, ma hanno tutta una strategia di basso profilo per non spaventare troppo la popolazione. Questa prevede una "consensuale" macchina del fango indirizzata alle Ghostbusters che in pratica le permette di agire, anche finanziate dalla città, ma solo se considerate pubblicamente delle ciarlatane. Ed è davvero una trovata carina, che diventa esilarante quando i due cercano di convincere tutti, con sempre più insistenza, che le persone che hanno assistito a fenomeni paranormali sono in realtà state vittime di gas chimici o allucinazioni collettive dovute all'innalzamento della temperatura  e che le Ghostbusters sono di fatto delle mitomani donne di mezza età fallite e depresse che fanno uso di effetti speciali per influenzare la gente. Il personaggio della Strong è divertente nel modo in cui in privato eccede in gentilezze nei confronti delle eroine per poi nel pubblico coprirle di melma. Garcia invece, da vero politico, ha il potere di far credere anche a chi ha appena visto con i propri occhi qualcosa di clamoroso di essersi completamente sbagliato. Il loro non è un ruolo molto ampio nella pellicola, ma è fantastico. La Jones e la Wiig insieme a Garcia e alla Strong sono i pilastri su cui si fonda la credibilità del film, gli attori le cui interpretazioni danno l'impressione per un momento che Feig abbia centrato il tono giusto. 
New York poi è quella che ci ricordavamo e in fondo tutto il settore "costumi e marchingegni" funziona. A livello visivo, concedendo delle licenze poetiche, inizia il secondo tempo e ci troviamo esattamente nel film dei Ghostbusters che volevamo vedere. Dura tipo tre minuti, non sappiamo bene come ci siamo arrivati o vogliamo semplicemente "dimenticarcene", ma sono i tre minuti giusti. 


Le grosse potenzialità non sfruttate ed erroracci concettuali alla base del film: questa è decisamente area spoiler, da leggersi dopo la visione o se proprio non vorrete andare in sala.

Quindi SPOILER 

Tra le pieghe della trama si accenna a Erin, che da piccola è stata tormentata per ben un anno dal fantasma della vicina di casa senza che nessuno le credesse. Si accenna agli anni solitari del liceo in cui ha trovato Abby come unica amica e al momento in cui insieme hanno scritto il famoso libro. Un libro fantomatico e mai spiegato nel contenuto durante la pellicola, ma che si evince, dal personaggio del villain, contenga informazioni importanti sull'essenza dei fantasmi e su come imbrigliare la loro energia. Si poteva scrivere un film intero, e nelle mani di un James Wan sarebbe stato un film fantastico, sull'infanzia e adolescenza di Erin, sulle teorie e magari i primi rudimentali strumenti creati da lei e da Abby per la caccia ai fantasmi. Dai film classici intuivamo che gli zaini protonici servivano per bloccare i fantasmi e avvicinarli alla trappola per poi imbrigliarli e portarli "in prigione" nell'ecto-contenitore, una specie di realtà parallela (nel cartone animato) addirittura esplorabile. Sarebbe stato Figo capire "come ci erano arrivate" Erin ed Abby a questa tecnologia, come avesse influenzato i loro studi e la loro vita. Parliamo di una specie di aldilà!!! Si potrebbe scriverci film e film sull'argomento!! Ora viene spontanea la domanda: "quindi basterebbe fare un prequel per aggiustare il tiro?". Forse sì, di certo aiuterebbe molto. Rimane però il fatto che tutto l'ambito para-scientifico della pellicola sia stato "trattato accazzo" e cercando di innovare a tutti i costi si siano confuse troppo le carte. Non si capisce, per esempio, la stessa idea di "fantasmi" che Feig ha in mente. Perché dovrebbero essere malvagi, se non di fatto influenzati da nessuna forza malvagia ancestrale? Si possono poi davvero, se non sul piano metafisico anche solo a livello morale,  "tritare e fare esplodere i fantasmi"? In assenza di ecto-contenitori (in pratica la base di tutta la caccia ai fantasmi secondo il film classico) e a monte dell'utilizzo della trappola una sola volta, si può realmente "ucciderli", come suggeriscono le armi create da Jillian (un po' dal niente e senza un perché... Presentare come fosse l'arsenale di Man in Black... Citazione? Mistero) , o l'uso delle stesse comporta solo un ritorno del loro spirito ad uno stadio più inoffensivo? Un altro dubbio viene dagli zaini protonici. Sono resi "inoffensivi alle persone e all'ambiente circostante non fantasmatico" e quindi capaci come unica conseguenza sul piano reale, se puntati verso terra, di far saltellare in aria chi li usa per uno strano "effetto di rinculo". Però a volte rompono statue e incendiano tende, "perché era bello e divertente farlo, perché c'era la battuta del tizio che strillava strano vedendo il locale a pezzi", mentre quando vengono usati contro una metropolitana in corsa, immaginiamo piena di passeggeri, non pare esserci alcuna conseguenza. Sul piano astrale invece consentono di legare i fantasmi e sbatacchiarli contro i muri, che di colpo loro avvertono come confini fisici delimitanti, ma possono addirittura arrivare a tagliare in due i fantasmi stessi con varianti più potenti dei raggi stessi. Chiaro l'intento di rendere meno pericolose queste armi rispetto ai film classici, dove il loro utilizzo distruggeva interi locali. Chiara l'idea di distaccarsi in parte dal concetto di trattieni-depotenzia-cattura del passato, alla base della caccia al fantasma "tradizionale" e forse avvertito come qualcosa di già visto. Però che confusione realizzativa! Ma davvero, e qui spero sia solo un mio abbaglio, "uccidere i fantasmi?". Ripeto, la cosa non è specificata, così come non è specificato il modo in cui il villain crea dei congegni per potenziare i luoghi infestati fino a rendere visibili i fantasmi stessi, utilizzando come unico riferimento il libro di Abby e Erin. Ve la giro da un'altra prospettiva più paradossale: Abby e Erin hanno smesso in passato di cercare fantasmi perché non ne trovavano quando loro stesse, sulla base del contenuto del fantomatico libro, erano in grado di creare un congegno per renderli visibili? Oppure, e peggio, è possibile che siano tutte euforiche e facciano i balletti di gioia quando vedono per la prima volta il fantasma nella magione infestata di inizio film, dicendole addirittura "sei bellissima" quando di fatto Erin (come viene spiegato solo più tardi nel film) dovrebbe invece essere stata perseguitata da uno di loro per un anno intero nella sua infanzia ? Almeno lei, non dovrebbe averne una paura fottuta? E qui torniamo al discorso che facevo prima, la paura che questo film dovrebbe suscitare e dalla quale fugge in continuazione. I fantasmi sono ridotti a cose colorate senza anima da disintegrare. Le armi sono giocattoli inoffensivi per il mondo reale, ma pericolose "a uso ridere". In fondo non c'è nemmeno mai "qualcuno da salvare", non si avverte alcun senso del pericolo. Il potenziale horror e la credibilità della trama sono presi e gettati via. Ed è un peccato perché bastava un po' di attenzione in più. Bastava tenere la caccia sui binari classici, bastava introdurre il villain non come uno che leggeva a caso un libro e creava dal nulla cose geniali, ma come uno che conosceva già Erin ed Abby, magari un assistente sfigato di cui entrambe non si ricordavano (e ci stava, considerando il carattere di Erin di dare attenzione solo ad uomini bellissimi). 

FINE SPOILER

Gli errori/ orrori più inaccettabili legati alla pellicola "in sé ": Melissa McCarthy e Kate McKinnon (che sarebbe pure molto carina) fanno cagare, perché i loro personaggi non sono mai credibili, totalmente sopra le righe, forzati, finti. Potrebbero funzionare (ma non farebbero comunque ridere)  recitando così in un film comico senza pretese che va avanti con battute a braccio di pura improvvisazione, perfette in ottica demenziale. Ma questo non è ( "non dovrebbe essere", per lo meno ) un film comico al 100% e sembra che le parti di trama importanti se le dimentichino per privilegiare battutine improvvisate su balletti, vocine stridule, scoregge. Stonano e quando fanno uso di gag basate per lo più su un tipo di comicità corporale risultano forzate, insulse, fastidiose, urtanti. Mancano solo le risate registrare delle sit-com più becere a corredo dei loro siparietti più laidi. Non si evince mai che siano davvero le scienziate che dovrebbero essere, sono la triste parodia di loro stesse. La scena delle "pringles" (che compare a culo di cane come se di colpo ci trovassimo in Scary Movie 8) è emblematica in questo atteggiamento e uccide letteralmente un momento che poteva avere un bell'impatto  nell'economia del film. La McCarthy e la McKinnon, davvero  mal dirette, danno l'impressione di non sapere che cazzo stiano facendo per tutta la durata della pellicola, confondono il film con la sua parodia da Saturnday Night Live. Di conseguenza non ci credono tipo "mai" nei loro ruoli e sminchiano il tono generale del film. Bastava che si spaventassero almeno una volta alla vista di un fantasma, "stringi stringi",  ma questa gioia non ce la offrono mai. Mai. E' come vedere un film alla Bourne Identity con un agente dormiente collega del protagonista interpretato in tutto e per tutto da Mr Bean che si esprime unicamente con gag alla Mr Bean. In più in questo caso "due Mr Bean" con un'idea di comicità inesistente, sul livello più triste delle comiche Zelig tipo "Sconsolata": non il massimo. 

Orribili anche i fantasmi, tutti i fantasmi. Viene abbandonata la rappresentazione semi-caricaturale (alla Slimer o stile i due condannati alla sedia elettrica del secondo film) o ultra-horror (i mastini infernali, Gozer e Vigo) a vantaggio di "tizi blu fluttuanti" stile cattivi televisivi di Scooby Doo che volano in cielo come scoregge azzurrine e lasciano come traccia di passaggio spiritico solo moccio verde (per lo meno c'erano mocci di più colore e consistenza una volta.., ma non voglio infierire). Sono figurine banali inconsistenti, le vedi due secondi e poi se ne scoreggiano via in una scia azzurrina. Salvo giusto il pupazzone finale e i mostri-citazione, il resto davvero è troppo inconsistente. 
Fa schifo anche la trama, che presenta voragini di sceneggiatura di vario tipo. Le più tollerabili riguardano personaggi che si incontrano a caso in un punto preciso della città nonostante prima si trovino a chilometri di distanza e non posseggano mezzi di trasporto, ma vabbeh. La voragine di trama più fastidiosa di tutte si palesa però quando le Ghostbusters hanno il primo incontro con il sindaco della città interpretato da Andy Garcia. Riferiscono di una indagine paranormale su vasta scala volta a giustificare l'intensità degli attacchi dei fantasmi. Il problema è che è un argomento di cui noi spettatori non sappiamo che poco nulla. Solo ciò che ci viene fatto intuire attraverso un fugace dialogo nella scena della metro di un sacco di minuti prima e la visione di certi dettagli nelle scenografie. Mancano diverse scene di raccordo, magari soppiantare in corso d'opera da cose tipo "le critiche dei fan al nuovo Ghostbusters". Una cosa un po' patetica che vi liquido in due righe. Dopo il primo trailer diffuso in rete sono piovute milioni di critiche e alcune di queste Feig le ha "appiccicate" al video virale di youtube che in questo film rappresenta il primo incontro del gruppo con un fantasma. Così i fan scrivevano "acchiappare fantasmi non è un lavoro da donne" oppure "i fantasmi nel video si vede che sono fatti male al computer" e le protagoniste "dal film" rispondevano a queste critiche, non mancando di denigrare i programmi tv di cacciatori di fantasmi e gli EVP. Decisamente la reazione di un isterico. Che brutte poi le scene di possessione... Ne avrete già avuto un assaggio dal trailer ma non potete davvero immaginare la portata dello schifo a cui arrivano. E poi c'è il tremendo remix pseudo rap a uso stupro del tema classico dell'86 di  Ghostbusters e il fastidioso e insostenibile maxi balletto finale dei titoli di coda che dura tipo 49 minuti (almeno quelli percepiti).
E poi il cattivo. In cattivo è inesistente e il livello di tensione che dovrebbe procurare nullo. Vorrei riempire dieci cartelle di world di insulti per una mancanza del genere. Ma Feig lo ha almeno visto l'originale, anche una sola volta?  Lo ha "capito"? O i fantasmi sono per lui solo brutti pokemon da catturare in giro per New York? Ha mai parlato con un fan della serie? Lo sa che molti bambini hanno vinto la paura del buio proprio grazie ai Ghostbusters e che i "comici protagonisti" di quel film dei primi anni 80 sono adorati quasi più dei supereroi? Crede davvero che chi critica male questo film lo fa solo perchè è sessista e razzista? Gli auguro di trovare un dio sumero nel frigo di casa.


Tiriamo male le somme:  Il dato incontrovertibile (da leggersi però come "mia schifata e soggettiva impressione del momento"... qui non vendiamo mai giudizi universalmente validi... E diamo del fesso a chiunque si esprima con termini tipo "oggettivamente brutto"...) è che Paul Feig, nonostante la lettera con cui si è raccomandato alla Sony per dirigere la pellicola scalzando gente più brava di lui, incredibilmente e sideralmente più brava di lui, non ami Ghostbusters e non gli sia mai importato di fare un buon film su quel modello. Zero interesse per la materia. Zero interesse per lo sviluppo della sceneggiatura nella parte horror, zero interesse anche solo per gli effetti speciali. Possiede buone se non ottime capacità nel dirigere le sue attrici, come ha dimostrato in altri film e come forse voleva fare qui, prediligendo una linea puramente comica. Ma qui non trova il tono giusto e ritaglia, soprattutto per la McCarthy e la McKinnon, delle parti che non c'entrano molto con il resto del cast. E'criminale poi come avesse garantito per mesi che il film sarebbe stato "terrorizzante", fottendosene sul nascere di questo aspetto-chiave.  E' lui l'anello debole di tutta l'operazione e gli hanno dato totale carta bianca sul lato creativo, le scuse stanno a zero. Ma come avete letto, o leggerete in seguito, nella parte sotto spoiler, le potenzialità per fare bene le aveva tutte, anche secondo le regole che lui aveva imposto. Alla fine ci troviamo davanti a un film che sa essere pure divertente a tratti ma in cui regna una assoluta e deprimente inconsistenza che si trascina fino alla fine. Non bastano le gag stupidine e dei balletti scemi per costruire un film, soprattutto quando fanno cagare. E alla fine non ci frega della trama. Non ci frega del "cattivo". Non ci frega dei fantasmi né degli un tempo amati zaini protonici. Non ci frega di tutta la menata del "girl power" da cui è partita, in modo vigliacco e ipocrita, tutta l'operazione. Non ci frega dei vertici Sony contenti per la pubblicità virale fatta solo di pernacchie nei loro confronti. Questo Ghostbusters 2016 fa sembrare Pixels il nuovo Men in Black. E rivedere un po' tutto il cast originale fare delle comparsate di pochi secondi, in cui irradia ancora il carisma di un tempo, non fa che accrescere il magone. 
Talk0

martedì 26 luglio 2016

Tartarughe Ninja : fuori dall'ombra - la nostra recensione.



Sinossi fatta male: Shredder, il malvagio capo dei "ninja del piede" che terrorizzava la città di New York con un folle piano a tema virus strani mutanti è stato sconfitto. La sua pazzesca super - tuta - esoscheletro da svariati miliardi, frutto della collusione con un importante magnate della farmaceutica, era stata demolita pezzo per pezzo da un gruppo di quattro tartarughe mutanti grosse come Hulk, aiutate dalla giornalista gnocca April O'Neil. Ma per misteriosi motivi che succedono solo nei cartoni animati (che implicano il fatto che al centro di New York non si trovi nemmeno una telecamera o uno Smart Phone), la sconfitta di Shredder non è stata filmata da nessuno né attribuita ai quattro eroi con guscio Michelangelo, Donatello, Leonardo e Raffaello. La popolazione ha creduto invece, in un inusitato moto di sospensione della realtà, che ad abbattere il capo ninja cattivo fosse stato il rachitico e imbelle cameraman di April, Vernon  (il "diversamente divertente" Will Arnett), che da allora si fa chiamare "il falco" e possiede superpoteri mediatici a livello del Mister Satan di Dragon Ball. Il mondo non è forse ancora pronto perché le eroiche tartarughe escano dall'ombra, cinicamente potrebbe ancora scambiarli per mostri, aspettare sembra la strategia migliore per il momento. Ma non tutte le Turtles sono d'accordo e stanno sorgendo a catena una serie di problemi interni al gruppo. I quattro eroi dovranno far fronte al più letale nemico di sempre: l'arrivo della loro adolescenza. Enormi brufoli verdi e animi che si scaldano per niente. La scoperta di avere delle individualità forti e una scarsa propensione a dare ascolto agli altri. Michelangelo, la Rockstar, vuole pubblicare a natale un cd rap con le voci del quartetto e non ne può più, ora che sono eroi, di stare nelle fogne che hanno come casa e da cui guardano fin da bambini il mondo, vuole camminare tra la gente comune senza nascondersi anche solo durante il carnevale, mentre tutti sono nascosti, vuole essere amato perché è sicuro che nessuno ora lo vedrebbe come un mostro. Donatello, il nerd tecnomaniaco del gruppo, sta diventando un precisino insopportabile, sempre più magro e sempre più geloso dei giocattoli che appiccica in modo sempre più invasivo sulla sua corazza. Non vuole che nessuno faccia casino con la sua attrezzatura. Raffaello lo spaccone, la montagna di muscoli, l'uomo action che cita Vin Diesel come nume tutelare ed è sempre pronto a menare le mani, l'unico dei fratelli che ha guardato negli occhi una tartaruga gigante femmina nella giungla, continua a lamentarsi per la leadership di Leonardo, perché si sente ingiustamente trattato da lui come un bambino. Quanto a Leonardo, effettivamente  non riesce a guardare i propri fratelli se non come mocciosi problematici, non condivide con loro importanti informazioni e continua a piagnucolare di quanto è difficile e solo il ruolo del capo mentre si sottopone a ossessivi e autistici esercizi con le spade. Ma l'adolescenza si può combattere e Splinter, il loro padre-topo-mutante, sa come affrontarla: lasciare che i quattro si "scannino-confrontandosi" fino a che imparino a ritrovarsi, finché capiscano che tutti loro, in modo diverso, sono ugualmente importanti per il gruppo, che non esiste un modo di essere giusto o sbagliato, che sono tutti fratelli. E non c'è niente di meglio per risaldare i rapporti di una bella minaccia cosmica e una nuova ondata di mutanti tra le strade di New York. Stanno infatti per fare la loro comparsa il terribile alieno Krang (doppiato in origine dallo specialista dei cattivi da cartone animato Brad Garrett e da noi dal doppiatore di Robert De Niro, Stefano de Sando) e il suo Technodrome, mentre il vecchio nemico Shredder (ora interpretato da Brian Tee) è riuscito ad evadere e a trovare come temibili, nuovi alleati i mutanti Bebop (il comico Gary Anthony Williams) e Rocksteady (il wrestler Sheamus). Ma in questa lotta le tartarughe non saranno da soli. Ad aiutarli, oltre a Vernon "il falco" e a una sempre più sexy April O'Neil, arriverà il sanguigno vigilante Casey Jones (Stephen Amell... Il bisteccone inespressivo di Arrow). 


Sempre più verde: il regista Dave Greed, che non a caso viene da cartoni animati come Earth of Echo, succede alla direzione di Jonathan Liebesman nel maxi giocattolone estivo di Michal Bay. Ed è un bene sotto tutti i fronti, perché è un fan della serie tv e sa esattamente dove portare la pellicola facendo la cosa più semplice: copiando i cartoni animati che guardava anche lui da piccolo. La sceneggiatura è sempre a firma  Appelbaum e Nemec e oltre ad approfondire l'adolescenza dei verdi eroi continua (e meglio) ad affrontare delicatamente e sorprendentemente, nelle linee narrative migliori della pellicola, i temi già affiorati nel primo capitolo come l'accettazione della diversità e la rilevanza della  famiglia come luogo più importante del mondo, il bene ultimo da preservare in un senso, ormai sdoganato terminologicamente, che si può dire "fast'n'furiesco". Per quanto concerne il restante 80% della sceneggiatura, come logica vuole per un secondo capitolo, aumentano in modo esponenziale le esplosioni, i personaggi strambi digitali su schermo, le scene d'azione sono più lunghe e coinvolgenti. Le tartarughe, assecondando l'anima più leggera del film, sono meno "grosse e cattive" e il tono, la fisica, l'umorismo e l'intreccio complessivo è più correttamente settato sui canoni del cartone animato, addomesticato per i più piccoli. Nonostante la presenza di attori e ambienti dal vivo, questo è a tutti gli effetti un cartone animato delle tartarughe ninja con computer grafica sbalorditiva di ultima generazione. L'imperativo categorico  perseguito è trascinarci, farci divertire per un centinaio di minuti come quando guardavamo lo show negli anni ottanta. E allora via alla caccia al tesoro di manufatti alieni che porta alla stramba avventura nella giungla dove Bobop per un istante si scopre parente del Pumba del Re Leone. Via all'inseguimento per le strade di New York, tra ninja motorizzati e macchine della polizia, con al centro dell'azione lo storico furgoncino dei cartoni animati (e non quell'aborto fighetto visto a fine del film scorso), truccato, superaccessoriato, armato, blindato, dotato di braccia meccaniche armate di nunchaku e tombini-proiettile non compresi nella confezione. Via al quasi metafisico scontro tra i cieli multidimensionali di New York con Krang e il suo esoscheletro gigantesco e corazzato con arti estensibili, armi laser e congelanti  (magari in attesa di vederlo in futuro combattere, probabilmente per questioni di leadership, contro Shredder e il suo di esoscheletro, che in questa pellicola sta un po' troppo "in panchina"... sarebbe eccitante). Tanta, tantissima azione, spesso su più fronti contemporaneamente, spesso alternata a tanti siparietti comici ingenui ma graziosi. Certo non manca lo sventolio di bandiere, in fondo siamo in un film prodotto da Bay, ma la cosa non ci disturba troppo. Certo la formula, combattimento finale compreso, replica molto quanto si è già visto nel primo capitolo. Ma è forse un male? 


Attori digitali:  Le tartarughe sono in forma, parzialmente riviste nella stazza e nel look rispetto al primo capitolo, più leggere e meno corazzate (anche se Raf sfoggia fiero nuovi spallacci sul modello di Mad Max - Kenshiro), ma sempre sulla stessa linea creativa (se non vi piacevano quelle non vi piaceranno queste). Sono dinamiche, sempre più differenti l'una dall'altra, acrobatiche, si chiudono pure "a testuggine"come non le avevo mai viste fare e menano alla grande, anche se il focus qui scelto è più negli inseguimenti che sui combattimenti. Anche Splinter sembra rivisitato, il vestito più sgualcito, il pelo più arruffato e l'aria meno severa rispetto al primo capitolo. Così assomiglia molto di più alla controparte animata anni '80 (in fondo la forma più amata) rispetto alla versione a fumetti moderna. E poi vengono i pezzi forti, almeno per il sottoscritto.
Giravano dei concept su Krang, Bebop e Rocksteady fin dal primo film, erano bellissimi e rivelavano
che la produzione si stava muovendo nella direzione giusta, ma era corretto aspettare un secondo capitolo e lasciare per il primo film che l'attenzione fosse tutta per le tartarughe. Si poteva introdurre con calma tutto il resto. E' per lo stesso motivo che Splinter e Shredder si vedono poco in Fuori dall'ombra (come un nuovo personaggio che qui viene solo introdotto), sono in qualche modo "vittime di turn-over" per consentire ai nuovi arrivi di presentarsi al meglio. Bebop e Rocksteady sono fenomenali, esattamente come dovevano essere e non sminchiati come accadeva ne Il segreto di Ooze. Sono stupidissimi e divertentissimi quanto massicci e temibili, pronti a buttare fuori la loro natura bestiale e quadrupede quando più arrabbiati (quasi un parallelo con Zootropolis). Hanno l'appeal del classico elefante nella cristalleria, più che di portentose armi biologiche. Ogni loro passo a fronte di inaspettati sporadici successi provoca danni enormi e insensati. Zero risentimenti e tristezza per essere diventati dei grossi mutanti, solo gioia. Sono grassocci, maldestri, sovraeccitati e in fondo infantilmente ingenui, con un contenuto nelle mutande post-trasformazione che li rende fieri. Non si può che volergli bene, incondizionatamente, da subito.  Gli attori si sono divertiti un mondo a interpretarli e questa gioia traspare al cento per cento, quasi si tocca, vorremmo andare a bere una birra con loro. Il look dagli anni ottanta non è cambiato di una virgola (forse gli spallacci a guscio di tartaruga mancano ancora, ma li vedrei bene implementati in futuro) e sta così fuori dal tempo oggi che, per giustificarlo, hanno deciso che il dinamico duo sia appassionato dell'epoca d'oro dei paninari, al punto da frequentare unicamente e ossessivamente uno spettacolare nostalgia-bar in cui si trova ancora nel 2016 un jubox con le canzoni di Vanilla Ice. Mi aspettavo Ninja Rap, che ho letto presente nei titoli di coda ma non ho trovato, ho sentito al suo posto Ice, Ice Baby. E' stato comunque bello, triste (nel senso di deprimente, come lo era 30 anni fa) ma bello. E poi c'è Krang. Vedere in un film Krang, il robot con "il cervello nella panza" sulla scia di tanti cattivi nagaiani, era il mio sogno bagnato fin da bambino. Quello era il pupazzo che volevo, non le tartarughe. Non si era mai visto nelle pellicole anni '80, quando invece era il perno della serie tv, insieme a tutti i suoi robottini. Mi ha sempre rattristato la sua assenza in considerazione del fatto che avevano realizzato per Grosso guaio a Chinatown di Carpenter un Beholder con la stessa sputata faccia di Krang. Di conseguenza perché non avevano provato a metterlo nei film delle tartarughe, magari pagando il noleggio del pupazzo animato a Carpenter? Mistero. Ma ora ci siamo e il personaggio è venuto davvero bellissimo da vedere. Con il testone rosa e i suoi tentacolini. Con la voce irritante e il carattere manipolatore. Con il supporto robotico che "lo prende a pugni" per alloggiarlo nella cabina di comando nella pancia. Krang è perfettamente viscido, tridimensionale, sgradevole, con il suo inseparabile e rugginoso robot con la faccia-finta di un Ranx ebete (chissà se pensarono al personaggio cyberpunk di Tanino Liberatore quando crearono l'alieno Krang, mi piace pensare di sì). Krang  è esilarante e può apparire goffo ma non scherza affatto quando bisogna menare. E' a tutti gli effetti il boss di fine livello in ogni videogame delle tartarughe.


Attori di carne: Il Casey Jones di Arnett sa il fatto suo, è massiccio, veloce, con una maschera pazzesca, la pazzesca ossessione per l'hokey e con una muscle car ancora più pazzesca.  Un simpatico psicopatico, tanto sopra le righe quanto buffo, un personaggio decisamente riuscito anche nella vecchia trilogia e che qui si riconferma gradevolissimo. Arnett si diverte a interpretarlo e qualche volta prova a rubare la scena alle star. E ci riesce. Sto seriamente iniziando a pensare che posso rivedere la definizione di "bisteccone inespressivo" che gli ho sempre affibbiato. E poi c'è l'effetto speciale migliore di tutti: Megan Fox. Fare la giornalista d'assalto in un cartone animato per ragazzini significa camuffarsi continuamente in modo buffo per seguire una notizia e la nostra April O'neil non lesina di completini ultra-sexy e audaci. Solo che rispetto alla eroina animata vestita con tutona anti-stupro giallo banana e stivaloni bianchi da cavallerizza Megan Fox è su un altro livello. Sa di essere una delle donne più desiderate al mondo e sfoggia senza esitazione un fascino esplosivo e ammiccante all'interno di micro vestitini che starebbero stretti a una barbie. Non sarà la più grande attrice della storia, ma ammazza che presenza. Anche il suo ruolo è stato messo un po' da parte, insieme a una comprimaria di lusso quale era Whoopi Goldberg, ma in effetti il ruolo di April nella prima pellicola era eccessivo, quasi da protagonista assoluta. Will Arnett invece è esattamente come nel primo film, insignificante. Non fa ridere tipo "mai", è penosa ogni sua comparsa sullo schermo anche quando è finalizzata a sbeffeggiarsi di lui, non ha alcun carisma. Si trascina lungo la pellicola con la sua palletta gigante di battute di merda come uno stercorario. Fortuna che si vede poco. In lingua originale ha una voce buffa, inutilmente da figo, al punto che in Lego the Movie interpretava Batman e in 30th Rock faceva a gara con Alec Baldwin su chi aveva il tono di voce più basso e più figo. In italiano gli hanno appioppato un doppiatore che non valorizza nemmeno questo suo unico talento. Un po' spiazzante Brian Tee su Shredder e non per colpa dell'attore, che una presenza scenica ce l'ha pure. Il personaggio si vede troppo poco e fa realmente poco rispetto ai divertenti, lunghi e cattivi combattimenti in cui si scatenava nel precedente film. Come ho accennato sopra, sarà una questione di turn-over, ma si ha quasi l'amaro in bocca. Forse Tee avrà l'occasione di rifarsi con il terzo possibile film. Ci si chiede quale ragione abbia comportato il cambio dell'attore precedente, Tohoru Masamune, mettendo anche da parte la prospettiva del suo "successore", che si speculava dalla prima pellicola interpretato dal personaggio di Fichtner. Forse per l'intenzione conclamata di renderlo qui un villain secondario? Forse per garantire in futuro a Fichtner di tornate in cattedra con un ruolo dal minutaggio più consistente? Lo sapremo solo vivendo. Tyler Perry infine ha già le faccette buffe giuste per incarnare lo scienziato pazzo Baxter Stochman ma il suo destino, che i fan del cartone animato già ben conoscono, è ancora tutto da scrivere. 


Una trama più "semplice": Certo la nuova impostazione "cartoonesca" della pellicola va a cozzare con tutto il lato scientifico che veniva invece esaltato (mai termine fu più "ambizioso") nel primo film e in questo ci lascia un po' le penne la serietà di Donatello, che si deve qui cimentare continuamente nell'esposizione di una serie infinita di irripetibili Supercazzole "pseudoscientifiche", basate sul nulla siderale, esaltanti se avete giusto sette anni. Vede un pezzo di ferro volare a cacchio su New York e da questo va a capire  grazie a un  programma eccezionale di sua invenzione che capta ogni tipo di onde e fornisce un database di tutto lo scibile umano, non solo che è un componente di una nave aliena, ma anche che è il pezzo di una nave con un preciso comandante in carica. Guarda un raggio bluastro e riesce a teorizzare che è l'effetto di un teletrasporto la cui traccia energetica riporta a manufatti presenti in un museo. Osserva una componente aliena di origini ignote e in tre minuti passa alla sperimentazione su se stesso senza effetti collaterali. Esticazzi. La quintessenza dello "scienziato che fa e dice cose scienziate", il "macguffin" definitivo per portare senza un perché la trama laddove nessun rettile era giunto prima. Un espediente quasi da truffa per inanellare scene d'azione senza costruire una trama sensata. Certo noi siamo qui per vedere le tartarughe che affrontano Bibop e Rocksteady armati di un carrarmato con mitragliatrice pesante all'interno della stiva di un aereo-hangar che precipita su una giungla tropicale. Alla fine ci si abitua anche a questa tecnologia-fuffa  e in fondo "chissenefrega". Quasi. Per me, per continuare questo discorso masochistico, l'apice  di non-sense si raggiunge comunque in una scena che riguarda Shredder e un museo (il modo in cui sia lui il primo ad "aprire" un certo congegno e non "chiunque" in duemila anni di storia umana per puro caso grida davvero vendetta) e susseguente analisi dei luoghi da parte di Donatello (che si poteva fare solo conoscendo cose umanamente ignote), ma è una bella lotta. Tuttavia posizionando il cervello su "off", la posizione che dovreste aver tenuto in memoria dall'ultimo Transformers, si possono sorvolare tali fesserie e godersi in pieno lo spettacolo.
Allora, mi è piaciuto?  Il film merita ed è divertente, passa veloce senza tempi morti, esalta come non mai, soprattutto se siete bambini o bambinoni cresciuti con i cartoni animati delle tartarughe. Un seguito si fa già aspettare con trepidazione e speriamo che i cinesi (che qui cofinanziano come nel caso dell'ultimo Transformers, sempre di Bay) ci mettano una buona parola. Perché se aspettiamo gli americani mi sa che sarà dura vedere qualcosa. Perché complice Dory, Independence Day Resurgence, l'ultimo di Wan, la linea lunga di Civil War e X-men (le tartarughe sono uscite a inizio giugno in Usa) e le nuove pellicole che in America e solo in America arrivano in questi giorni, dei 183 milioni costati, in terre yankee la Paramount-Platinum Dune ha ripreso solo 80 milioni. E alla loro audience poco importa se nel resto nel mondo, uscendo anche con un mese in ritardo,  ha già racimolati 233 milioni in più. Il film è un floppone. Floppone in patria ma non all'estero quanto Pacific Rim, che solo ora, a distanza di troppo tempo, riparte per un seguito proprio grazie ai fondi cinesi. Rischiamo di vedere una Megan Fox ultra-quarantenne la prossima volta, ma voglio con tutto me stesso sbagliarmi. Anche perché la prossima tappa del franchise, come trapela da dialoghi e indiscrezioni, dovrebbe essere proprio il misterioso oriente e sarebbe bello vedere i ninja del piede trasformarsi, acquisire quella consistenza "fantasmatica e zomboide" già intuita nella serie tv insieme alle espressioni facciali caricaturali da tanti piccoli Deadpool viola. E poi dobbiamo ancora vedere le trivelle del Technodromo, i robottini, gli altri mutanti (e io in un'operazione nostalgia metterei dentro anche guest star,riprese dal cartone animato e del fumetto come Usagi, Savage Dragon  e magari gli Street Shark, che in fondo non c'entrano una fava ma sono pure loro stretti parenti mutanti degli show televisivi per ragazzi). Questo TMNT fuori dall'ombra è appagante, ma ha molto l'aria per potenziale di essere solo l'antipasto a più ampi sviluppi del brand. Manca ancora un po' a queste pellicole per trasformarsi in tutto e per tutto in quel cabinato da sala giochi di Konami che mi fece innamorare del tartarughe nel 1990.

N.B: TMNT Fuori dall'ombra migliora sotto molti aspetti il film uscito un paio di anni fa, ma sostanzialmente ne ripercorre filosofia e tecnica. Se avete amato la prima pellicola anche solo come "guilty pleasure"amerete anche questa. Se la prima non vi è piaciuta è davvero molto difficile, se non utopia, che questa riesca a farvi cambiare idea. Pertanto pur nella nostra logica di non dare mai un giudizio sintetico, riteniamo questo TMNT 2 con un ipotetico "punto in più" rispetto al primo capitolo. A voi e alla vostra valutazione personale della prima pellicola consigliamo di agire di conseguenza. 
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venerdì 22 luglio 2016

Dylan Dog n. 358 : Il prezzo della carne



Sinossi fatta male: Siamo nel Kent, in piena provincia inglese, a Grain, descritta come "un granello di polvere sulle mappe geografiche". Durante un'uscita notturna un gruppo di pescatori fa una scoperta inquietante: a pelo d'acqua affiora il corpo di una giovane donna decapitata. Uno di loro sbianca, sulla schiena la ragazza riporta dei tatuaggi identici a quelli di sua figlia, morta due anni prima a seguito di una grave malattia. Dylan si incuriosisce, ne parla con Bloch (in un Pub londinese, ritratto da pagina 15 a 18,che mi ricorda tantissimo tanto come interni che per facciata, uno in cui sono entrato anch'io, dalle parti di Victoria Station... se ci passate chiedete una porzione grande di fish'n'chips, puro orgasmo culinario) e decide di andare sul posto non "Groucho - munito". Arrivato in loco per indagare, trova una situazione ancora più strana del previsto, in quanto viene ostacolato nelle indagini in ogni modo dalle istituzioni locali, capitanate da uno sceriffo dai tratti quantomeno "lombrosiani". Tuttavia alcuni cittadini sembrano accoglienti e simpatici e dicono al nostro eroe che la città in effetti un tempo era da cartolina ma che si è imbruttita di colpo solo nel recente. Più il detective scava a fondo, più emerge una realtà soprannaturale tanto brutale, inquietante e perversa, quanto nascosta malamente sotto l'apparente normalità della piovosa e un po' deprimente provincia in riva al mare. E troppe persone sono complici degli orrori che si stanno perpetrando in quei luoghi. 
Giù nella provincia: Il mondo è un posto brutto ance se ci allontaniamo dalla tentacolare città, addentrandoci nell'apparentemente serena provincia dove vive "la gente perbene". E' un adagio sempre di più insistente, forse avvalorato dalle "pro loco" che non vogliono invasioni di forestieri. Più il posto è tranquillo e rilassante, più c'è da aspettarsi che la calma apparente costituisca solo la quiete prima della tempesta e che tutto all'improvviso possa degenerare e deflagrare in modo dirompente. In questa storia c'è un elemento sovrannaturale che prescinde la strana situazione che sta accadendo nel paesino e questo aspetto costituisce il vero colpo di genio dell'autore. Quello che "fa male" è il modo in cui le persone coinvolte in questo "soprannaturale" ne facciano uso, in totale sfregio delle mille possibilità e pericoli che tale potere comporta. Un uso distorto e continuativo atto a perpetrare una barbarie che supera l'umano e attenta direttamente allo spirituale. 
Fabrizio Accatino dopo l'ottimo Il generale inquisitore ci regala una struggente, amara e disturbante storia sulla più svilente delle condizioni umane, sulla mercificazione della carne e dello spirito. L'autore non punta alla costruzione di un giallo troppo complesso, giacché il percorso narrativo è di facile intuizione, ma lavora molto accuratamente sulla suggestione, sul contrasto tra una natura misteriosa e le devianze più brutte dell'animo umano che si sfogano su di essa nei tratti più sporchi e osceni. L'esito della vicenda è pura grammatica cinematografica, non sorprende ma appaga in una ricercato e assiduo ribaltamento dei ruoli, tra vittime e carnefici, cacciatori e prede. Un gioco "alimentare" di carne e sangue che tanto sarebbe piaciuto al Romero di Zombie. Certo l'inizio è lento,  procedurale, e dobbiamo passare quasi la metà dell'albo, con la sequenza di pagg. 40-47, per vedere quanto c'è di davvero interessante. Da qui però riusciamo ad accedere a un contesto davvero forte, quasi dantesco.

I disegni di Roberto Rinaldi sono squisitamente crepuscolari, sporchi e cattivi, sanguigni e rugginosi.  I suoi "mostri" sono visivamente qualcosa di davvero inquietante, unico e innovativo. Tragici angeli caduti con avvitate parti in acciaio, sensuali quanto agghiaccianti. Sarebbe davvero un peccato non rivederli su grande schermo, sono idee visive come queste che possono risollevare l'anemico cinema italiano di genere. L'azione ritratta da Rinaldi è sempre chiara e crudele, feroce e avvilente. Molto appropriata la splash page di pagina 74 nel descrivere un autentico inferno in terra. Molto bella la sequenza tra pagina 59 e 62, sottolineata, come dice l'autore, dal Mambo n. 5 di Lou Bega, improbabile quanto cinicamente amaro. Davvero riuscito l'overture visivo da pagina 70 a 81. Struggenti le pagine 94 e 95.
Mi sembra quasi di aver detto troppo, ogni parola che aggiungo potrebbe rovinarvi la scoperta di un numero davvero inconsueto e affascinante. E' una storia di piccoli e cattivi uomini che giocano nel modo più triste possibile con un potere quasi divino. E' una storia di creature spezzate, perse e sole,tra realtà e aldilà. Davvero un buon numero, che se si toglie un certo senso di lentezza nella parte iniziale non si espone per il sottoscritto a molte altre critiche . 
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giovedì 21 luglio 2016

I magnifici 7 nel magnifico nuovo trailer


Dirige Fuqua, il regista di Training Day e quel "diverso" maglifici 7 che fu King Arthur. C'è al centro un gigantesco Denzel Washington, baffuto, nella parte di Yul Brynner. L'azione, per quanto visto dal trailer, sembra interessante. Certo I magnifici 7, l'originale, è davvero "troppo magnifico", un film epico, spietato e gigantesco che visto oggi non è invecchiato di un solo minuto. Dovranno inventarsi qualcosa di pazzesco per non far partire le classiche critiche sulla necessità di fare remake di tutto. Sarà una bella sfida, 
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lunedì 18 luglio 2016

Gods of Egypt: un vero esempio di orgoglio tamarro - la nostra recensione in concomitanza con l'uscita del dvd / Blu Ray!



Sinossi fatta male: Antico Egitto. Gli Dei camminano tra i mortali e indossano sandaloni dorati. Come nei fumetti di Enki Bilal (e forse pure nei geroglifici, ma non metto la mano sul fuoco) sono più alti degli umani, quasi il doppio. Hanno oro che scorre nel sangue, sono nevrotici come i colleghi dei greci e possono incredibilmente mutare aspetto. Solo che in questo caso non assumono forme zoomorfe, divengono direttamente dei transformers-bio-meccanici con tanto di "pezzi" del proprio corpo o dell'armatura scomponibili e riassemblabili. Tipo Jeeg Robot d'acciaio, con pezzi robotici che si ricompongono con aggiunta di ali e trivelle. A un certo punto, anno più anno meno, il buon Osiride (un grande attore che finito in questa tamarrata si nasconde come può sotto un trucco pesante) decide di abdicare a favore del figlio Horus (l'attore Nokolaj Coster-Waldau, che interpreta Jemie Lannister del Trono di Spade, qui spesso a petto nudo come quando è in vacanza a Sharm'el'sheik e in effetti la prima persona che viene in mente pensando a un dio medio-orientale) e tutti gli egiziani sono felici, compreso Bek (l'attoraccio brutto e inespressivo Brenton Thwaites, che ci siamo già sorbiti in Maleficent e Oculus), la brutta copia di Alladin della Disney, e la sua amata ragazza-gnocca-senza-fine Saya (Courtney Eaton, bellissima, vista come Jinx nei G.I.Joe 2) che veste già, ante litteram, con un push-up da paura. Pure Horus è contento, anche perché, eredità a parte, pure lui sta con una mega manza fotonica (Eodie Yung, l'Elektra della nuova serie tv Netfix su Daredevil), la dea dell'amore egizio, e si fa ogni mattina il bagnetto con manze mezze nude come Eddie Murphy ne Il principe cerca moglie. Tutti felici anche perché gli Dei sono benevolissimi e per tradizione "regalano" l'aldilà anche ai mortali, ma qualcuno non è d'accordo. E' Set, interpretato da un Gerald Butler in forma splendida, stra-contento di interpretare un cattivo come ai tempi di Giustizia Privata, che sembra uscito dritto e incazzatissimo e con la stessa armatura spartana da 300. Ce l'ha con il fratello Osiride, col padre Rah (il grande Geoffrey Rush, che si è ispirato ad una tartaruga secolare per interpretare con la giusta trascendenza il ruolo di un monaco spaziale in pigiama che vive su una barchetta cosmica), con il nipote Horus, con il corriere Bartolini che non arriva mai e anche con i tizi che ti mettono nella posta i buoni sconto di Mediaworld. Gli sta sulle palle chiunque. Decide di pigliare lui il potere "perché sì" e dopo essere comparso non invitato alla cerimonia di successione come la Malefica della Disney uccide a tradimento il fratello Osiride e inizia un mega scontro con Horus. Una zuffa colossale in cui entrambi sfoggiano per l'occasione super armature zarre dorate animaliformi che paiono direttamente uscite da serial tv live action giapponesi tipo Garo. L'impatto visivo dello scontro rimanda tanto alla stop motion quanto a un concetto di computer grafica che fa tanto "fine anni novanta", modello "Bio-transformers" o "Filmati di Tekken 2", qualcosa del genere, diventata "animazione 3d vintage", roba che spero sempre dimenticata ma che nei miei incubi peggiori fa capolino di tanto in tanto. Set in versione cyber--megazord in breve sconfigge il nipote spezzando le sue ali da Vultus V di plastica e lo priva del suo superpotere, gli occhi, che si trasformano subito in gemme azzurre. Vincitore e autoeletto capo di tutto, come segno di magnanimità verso i mortali Set decide di cambiare la politica del welfare ultraterreno: da allora in poi, se vogliono l'aldilà, devono pagarlo in oro. Si introduce così la prima tassa modello unico post-mortem (e speriamo che la cosa non faccia venire strane idee anche al nostri governo). Passa un po' di tempo, la gente mormora mentre Set, carico di tributi, sta facendo guerra a tutto il mondo, perché è uno sempre con le palle girate. In più sta costruendo, in puro oro ricavato dalle tasse, edifici quasi più costosi del Ponte sullo Stretto di Messina. L'Aladdin dei poveri, dalle folte sopracciglia rese stupidissime da un barbiere che lo odia, spinto dalla morosa che lavora per l'architetto del dio in carica (Rufus Sewell, che dopo Lancilotto in King Arthur racimola solo ruoli da stronzo, chissà perché), decide di farla finita con questo regime totalitario. Vuole essere comandato da un dittatore più simpatico. Con le mappe dello studio dell'architetto, usate come fossero le guide ufficiali di un videogioco di cui lui è il protagonista, Bek tra seghe circolari, passerelle semoventi, una prova a tempo e due trofei conquistati, penetra nell'edificio in cui Set nasconde gli occhi di Horus. Li ruba e dopo una fuga rocambolesca e sfigatissima il restituisce al legittimo proprietario, che momentaneamente versa per terra nel suo vomito, formalmente guardiano di una tomba part-time pagato cui voucher comunali, ubriaco come se non ci fosse un domani. Riuscirà con questo gesto a motivare Horos a prendere a calci Set? Li aiuterà in questa missione il dio della saggezza egizia (interpretato da Chadwick Boseman, felice di essere sulla pellicola quanto lo si è in coda alla posta)? 


Un film non per tutti: Prima di passare al commento è giusto però fare "una chiamata alle armi", anche perché il film non è decisamente per tutti. Quindi prendo idealmente un megafono e parto con l'appello.


Voi che avete apprezzato la sobrietà e stile neoclassico architettonico dei film di Riddick, in specie del secondo. Voi che avete un poster di Barbarians Brothers sulla porta dell'ufficio del vostro posto di lavoro. Voi che il sabato pomeriggio vi sparate Masters of the Universe con Dolph Lundgren conoscendo a memoria le battute. Voi che (unici) cercate febbrilmente in rete informazioni su Scontro tra Titani 3. Voi che comprate i Transformers e i Cavalieri dello Zodiaco di metallo a quarant'anni, pagandoli oro, perché le armature sono fighissime. Voi che pensate che Zardoz sia stato il top di Sean Connery. Voi che avete comprato un album di Grace Jones solo perché la avete vista in Conan il distruttore. Voi che avete scritto una mail a Sommers incitandolo a girare La Mummia 4. Voi che volevate altri 16 film di Stargate al cinema, al posto della serie tv con McGuyver. Voi adoratori dell'Hercules del 1983 con Lou Ferrigno. Voi tutti. Se incarnate tutti questi aspetti, insieme e non disgiuntamente, Fratelli, venite a me! Perché questa pellicola accolta ancora prima dell'uscita come "lammerda", potrebbe in fondo non farvi poi così schifo. E' un film tremendo sotto vari aspetti, ma pure colorato, innocuamente eccessivo e divertente. E' un giocattolone, sa di esserlo e non pretende di sembrare qualcosa di altro. Per alcuni questa schiettezza è squalificante, per altri si può accettare. 


Un kolossal con l'animo infelice del b-movie retrò: Gods of Egypt ha suggestioni del mito greco di Orfeo ed Euridice, la forma esteriore di un super-hero movie ante-litteram, ma soprattutto il cuore frenetico di un videogame. Vorrebbe sembrare di conseguenza una tragedia greca sull'orgoglio spezzato e sul destino che uccide la libertà umana, vorrebbe incarnare, come oggi di moda, il mito moderno dei "grandi poteri da cui derivano grandi responsabilità", ma alla fine si accontenta dello spettacolo visivo che vuole offrire, frenetico, zarro e fracassone, e risulta una lunga corsa videoludica, di livello in livello, all'interno di una mitologia egizia amabilmente pasticciata. Un Rollercoaster visivamente intrigante, anche se in un modo del tutto "analogico", e non privo di momenti divertenti. I personaggi e gli ambienti sembrano uscire da graphic novel fantasy anni 70-80. La recitazione è la stessa che trovavamo nei peplum classici, pomposa ed epicheggiante, ma modernizzata con ironia, un po' di buddy movie e un pizzico di romanticismo ripercorrendo la formula di Scontro tra Titani, pellicola con cui condivide gli sceneggiatori e produttori. I vestiti, le armi, i tesori preziosi da ritrovare per "finire l'avventura", sono l'evoluzione kitch dei materiali di scena di mille pellicole su Maciste e Ursus. Horus, quando non è un unico effetto digitale dorato con appiccicata la faccia di Nokolaj Coster-Waldau, indossa un completino in pelle neo hippy, Set sembra sempre corazzato come uno spartano, la dea dell'amoe porta un vestito con reggiseno a vista. Non c'è coerenza storica tra un abito e l'altro, ma sono "belli da vedere", puro "fantasy disimpegnato".  Non mancano dei super serpenti (stile vermoni di Dune) cavalcati da amazzoni, mostri grandi quanto il Kraken (ve lo ricordate Scontro tra titani e il suo "liberate il kraken!!"? Quello è lo stile e imponenza). Non mancano mega templi fantomatici,  pieni di trappole, architetture mobili, marmi e fiaccole perenni in stile Cinecittà sandalona anni '60 - '70, ma purtroppo tutti o quasi virtuali, creati in digitale. L'intero film è stato infatti girato senza una sola scenografia, con il blu screen che sembra essere stato usato su ogni superficie e suppellettile. Una sfida creativa spesso così invasiva che se da un lato è riuscita a creare scene sicuramente evocative, dall'altra ha portato a momenti in cui queste di colpo appaiono forzosamente fasulle, con gli attori  incollati come figurine su ambienti digitali.  Un continuo strizzare l'occhio alle tecniche e ai movimenti  delle creature di film come Gli Argonauti e I viaggi di Simbad, che hanno parte del fascino anche nel risultare in una certa misura "posticci" non incontra poi spesso i gusti del grande pubblico, ma piacerà ai fan. Sembra un film pensato per nerd di quarant'anni senza ritardi della nuova odience. Non mancano mai scenograficamente ispirati tocchi di classe da "copertina generica di album metal anni '80" come la Nave di Rah, come i giudici del tribunale delle anime, come la biblioteca di Thoth. La trama è per lo più un pretesto per infilare più scene d'azione possibile, non vuole essere altro.
Il montaggio è serrato, la fotografia "dorata" in modo quasi imbarazzante. Il realismo scenico non è nemmeno lontanamente preso in considerazione. Certe coreografie di combattimento (vedi la sequenza della cascata) sono esaltanti, colorate, piene di mostri anche se "posticci". L'aspetto visivo non si discosta "per teatralità" (soprattutto nella parte finale) da Immortals di Tarsen e alcune creature (e ce ne sono davvero tantissime) sembrano copia-incollate da Jupiter Ascending (si vede che anche i mostri digitali hanno una famiglia da mantenere). Diciamolo senza filtro: è kitsch da paura ma non è orribile, solo maledettamente eccessivo e gratuito. Ed è fiero di esserlo, questo film desidera apparire eccessivo espressamente, in tutto. Gli attori, Butler in testa, sembrano essersi divertiti un mondo a giocare con personaggi sopra le righe, caricandoli e donando loro un surplus di eccentricità e follia. Butler non era così intenso da tempo, Geoffrey Rush dona credibilità a un personaggio sinceramente assurdo anche solo per come è vestito (e c'è un interessante momento alla Tron con lui protagonista), Nikolaj Coster-Waldau ha la giusta faccia da schiaffi e ricorda pure il Kurt Russell degli anni '80. Edolie Yung e Courtney Eaton oltre a essere belle da infarto sono molto dolci e reggono bene il lato emotivo della pellicola. Brenton Thwaites e le sue buffe sopracciglia sono da cinghiate sui denti, siamo in quei caso in cui il protagonista è reso tanto male (per incapacità dell'attore manifesta) che si spera muoia presto e malissimo. Ma "in media" il cast se la cava bene. Trasmettono quindi ai loro personaggi molta vitalità e si lanciano senza pensarci troppo in stunt scavezzacollo. 


Un giocattolone per nostalgici che costa troppo: Allora perché tanta acredine, per un film che si presenta da subito con le carte scopertissime, come rappresentante della baracconata cinematografica medio-classica? Si è visto di meglio, ma pure parecchio di peggio. Il film è esattamente in linea con le due pellicole sui Titani, che avevano incassato tantissimo, al punto che ne condivide sceneggiatori e produzione. Se avete gradito i due film con Sam Worthington non c'è davvero qui un solo motivo per cui questo non dovrebbe piacervi. Gli attori sono pure in parte e con una dose maxi di autoironia "divertiti nei ruoli".  Alex Proyas, qui molto meno cupo del solito, ha diretto Il Corvo, Dark City, Io robot e ha una vera passione per la messa in scena della fantascienza e del fantasy, riesce a donare il "colore giusto" alle sue pellicole.  E questa pellicola è oro placcato, fasullo ma che se ci si accontenta non appare così male. Il film diverte, ha un modo di prendersi sul serio che spinge al parodistico, scorre veloce. Forse è però un film troppo ricco di budget in ragione del vasto target finale e delle sue aspettative. Poca introspezione, una trama che si svolge tutta in una specie di Gardaland, pupazzi digitali vintage che apparentemente, anche se frutto di una precisa scelta creativa, sembrano molto economici. Per certa critica se fai b-movie in genere devi produrteli in casa, con attori-comparse amici tuoi, con la sceneggiatura che hai scritto alle medie, un po' vergognandotene. Allora si apprezzano i pupazzi, si perdona l' ingenuità, a volte si applaude il "cult". Mentre qui ci stava una montagna di soldi tutta volta al divertimento più basso ed elementare. Il pubblico spesso faccio fatica a comprenderlo, ma la shit-storm caduta sul film è di dimensioni così vaste che prima di entrare in sala quasi mi davo del coglione per aver speso i soldi del biglietto. Tutti, critica compresa che già in anteprima lo ha bocciato, volevano qualcosa "di più" e non trovandola si sono divertiti a demolire pezzo per pezzo questo film. Cioè 14% su Rotten Tomatoes! Il film ha il biglietto da visita di un ristorante con vomitate non pulite sul pavimento e infestato dai ratti giganti!  Al pubblico e ai critici non sono soprattutto piaciuti, oltre al maxi budget a fini giocattolosi, soprattutto gli effetti speciali vintage. Ma alla fine, vuoi in proporzioni diverse, non è piaciuto nemmeno "tutto il testo". La trama è risultata risibile e inappropriata per introdurre dei miti nuovi per Hollywood. Le scelte visive sono risultate pessime, la recitazione troppo sopra le righe ha infastidito, gli attori occidentali sono stati giudicati  inappropriati per interpretare degli egizi, anche se potevano andare bene per fare i "greci" qui non erano molto politically correct. E il film ce le ha tutte a ben vedere queste magagne, ma se amate l'intrattenimento disimpegnato e pellicole come l'Hercules di Lou Ferrigno a Flash Gordon passando per i due Titani (tre se contiamo l'originale Scontro tra titani del 1981), sono convinto che in fondo non riuscirete a volergli così male. Allora gli effetti visivi li apprezzerete per quello che vogliono essere, una via di mezzo tra modellini anni '70 e computer grafica. Allora i set pomposi fino all'eccesso vi faranno ricordare Ursus, allora gli attori sopra le righe li apprezzerete come in quei film biblici che propone rete 4. Non è forse il modo migliore di fare le cose , ma per quei quattro o cinque come me che amano i fantasy anni '70 - '80 è "aria di casa". Forse siamo in pochi, troppo pochi rispetto a una platea da blockbuster . 
Giudizio finale: Difficilmente, visto il responso ai botteghini (costo dichiarato 140 milioni per un guadagno, considerando anche i boxoffice mondiali, di miseri 30), vedremo un Gods of Egypt 2, a meno che non faccia i numeri stratosferici in home video, diventando magari un guilty pleasure. Una perla ultra kitch di fantasy retrò destinata a rimanere isolata. Ma il film ha per lo meno il merito di chiudere le trame ed essere abbastanza "conclusivo" (un po'btimidamente una porta mezza aperta la lascia, ma è davvero poca cosa). A me comunque vedere un dio egizio uomo-uccello armato di spade e raggi laser che si azzuffa in cielo contro il bio-transformers di un uomo-cane composto da organi organico-pseudo-robotici di  Dei egizi (fusi a lui addosso come in un megazord dei power rangers) non è affatto dispiaciuto. Anche se in effetti la frase che ho appena scritto sembra non avere alcun senso logico. Più che le persone a cui non è piaciuto e, diciamolo, questo film non è piaciuto praticamente a nessuno, mi piacerebbe trovare nei commenti qualcuno che per un verso o per l'altro ha trovato questo Gods in Egypt non così tremendo. Mi sentirei meno solo e 
meno folle. Forse.
L'home video: Leone Editore confeziona un prodotto non troppo pingue di contenuti extra, ma dal video brillante e dal sonoro potente. Ad ogni modo vi consiglio prima un noleggio se non lo avete ancora visto.
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venerdì 15 luglio 2016

It follows - lo abbiamo visto, ma per fortuna solo al cinema


Sinossi fatta male: America provinciale contemporanea ma un po' vintage, che è di moda (in questi ricorda un po' il Babadook). I nostri eroi sono ragazzi verso la fine della adolescenza, quasi fuori dall'essere "teen-agers", sul calare degli spaventosi 19 anni. Quella dolce e incosciente età tra il bambino e l'adulto alimentata dalla voglia di diventare subito grandi, abbattere tutti i paletti ultra protettivi imposti dal mondo dei genitori, voler fuggire fuori a esplorare il mondo. La voglia di indipendenza, la voglia e la possibilità di farsi una birra o di vedere i film vietati, la voglia della macchina e la voglia del sesso, ri-scoperto e apprezzato dopo che maldestramente e "scientificamente" lo si è incrociato da bambini, in quelle "rivistacce porno vintage" abbandonate da qualcuno, dove appariva roba illogica e buffissima. Persone messe in posizioni strane che in una curiosa ginnastica nudista si incastravano come i lego e che facevano un sacco ridere, ora non lo fanno più. Più si diventa grandi più si trovano sexy quegli strani riti, in armonia con un corpo sodo, spaziale e in piena esplosione ormonale come quello di Jay, la bellissima protagonista di questa pellicola interpretata da Maika Monroe (attrice e surfista, ci racconta imdb). Jay che ha il fisico da modella di intimo ma che è ancora bambina. Jay che gioca a fare la sirenetta passando le ore più calde della giornata a fare "cif ciaff" nella piscina di plastica sotto casa. Jay che subito dopo, a piedi scalzi, ancora bagnata, va in giro per casa mezza nuda, coperta da un micro asciugamano e nient'altro addosso, con esposte delle chilometriche gambe da puro infarto, irretendo l'amico di infanzia, il nerd, sensibile, coscienzioso e pure parecchio sfigato Paul (Keir Gilchrist... Brutto, sfigato e dal nome impronunciabile ). Paul che si trova a casa sua su quel divano a giocare con la sorella più piccola di Jay aspettando solo queste sue celestiali visioni. Paul che spera, da vero servo della gleba, che l'amicizia di lunga data con Jay possa un giorno, magari presto, consentirgli di accedere a quello che poco cela quel micro asciugamano di cui sopra. Illuso. Jay guarda già lontano, verso Hugh (Jake Weary). Più bello di Paul. Con la macchina figa che non ha Paul. Dall'aria maledetta e misteriosa che non ha Paul. Jay si trucca da adulta per Hugh non avara di rossetto e ombretto, si mette lo smalto rosa sbriluccicante che trasforma le unghie in caramelle al lampone, indossa il vestitino corto vedo-non vedo che si può levare in due mosse. Non importa se Hugh è strano e forse inquietante. Hugh è figo, un aspetto che smerda la capacità cognitiva di quasi ogni donna diciannovenne e non. Hugh potrebbe essere un killer, un agente della folletto, un collezionista di orecchie ma è figo e Jay ha deciso che va bene. Insieme vanno al cinema, a uno spettacolo ovviante vintage. Poco dopo sono su un prato al chiaro di luna, appartati nell'auto di Hugh. Qui il ragazzo scatena tutta la passione che è in lui. Sedici secondi di pura passione dopo, Jay sdraiata sull'auto con le braccia a penzoloni verso il prato, con le sue unghie che sembrano caramelle al lampone che accarezzano l'erba, riflette sul fatto che il romanticismo, il "diventare grandi e farsi il ganzo, quello giusto=Figo" lo aveva pensato come diverso. Lunghi abbracci in riva al mare, baci gentili e non succhiotti sul collo, raccontarsi tutta la propria vita scambiandosi le smemo e un fuggire dalle regole di casa, dalla scuola e da tutti, insieme all'uomo dei sogni, liberi nel mondo, facendosi forza in due contro il sistema, in colesterolo, le tasse. Scriversi FTW con un tatuaggio sulla schiena, come in quel film con Mickey Rourke. No aspetta, questa ultima cosa andava di moda nel 94... 


Comunque. I sedici secondi di Hugh non devono essere stati il massimo della vita. Jay è ancora sul sedile posteriore dell'auto a rimuginare sulla poco spettacolare fine della sua fanciullezza quando Hugh, da vero signore, la anestetizza con il cloroformio. Ne usa poco e lo fa male. Hugh è un coglione anche come psicopatico. Ma è Figo. E' per questo che le ragazze escono con lui. La ragazza si risveglia legata a una sedia a rotelle in quello che pare un ospedale o comunque un grosso edificio abbandonato. E' imbavagliata e legata. A questo punto Hugh inizia a parlare come in quei film giapponesi con una ragazzina con i capelli sugli occhi, quella roba che alle ragazze non è mai piaciuta e che nelle sale è durata poco. Roba da nerd. Jay è spaventata, ma forse di più adirata per aver trovato l'uomo sbagliato basandosi solo sull'aspetto fisico. Ma è un pensiero che dura sei secondi, poi torna a pensare a quanto sia Figo. Hugh, come uscito da un manga, parla di una strana maledizione che si trasmette con il sesso, un ricordino che le ha passato senza sensi di colpa in quei sedici secondi di cui sopra. Per lui comunque impegnativi (anche perché i "Fighi", nota per il genere femminile tutto: "ce l'hanno piccolo"). La maledizione prevede che la vittima, cioè Jay, venga perseguitata a morte da una misteriosa entità che cambia più volte aspetto. A vederla è solo la vittima, mentre al resto del mondo appare invisibile. L'entità, chiamiamola "clamidia-zombie", segue  la vittima ovunque nel mondo, cercando sempre di raggiungerla. Se la raggiunge la vittima muore. Ci sono poi tutta una serie di regole comportamentali che lascio a voi scoprire per non rovinarvi il film. C'è un dettaglio, presente già nel trailer, che svela ulteriormente la buona fede dietro al piano di Hugh. Se vuole la ragazza, glielo dice esplicitamente, può levarsi il clamidia-zombie "dandola via" a qualcun altro, aggiungendo: "Cosa che per te sarà più facile". Sedotta, abbandonata, maledetta e trattata da mignotta. Ma il succo è: a questo punto Jay ha capito quanto sono stronzi i fighetti. Quindi si troverà un ragazzo per bene come Paul, che le vorrebbe bene, non parlerebbe per deliri, la accompagnerebbe a fare shopping tutti i sabati, le curerebbe il giardino, spazzatura, il bagno intasato e la pulizia della sua cacchio di piscina di gomma? E che soprattutto non la infetterebbe, dettaglio importante, con una specie di clamidia zombesca, frutto di sesso occasionale con una sconosciuta? Certo, potrebbe farlo, ma in giro c'è Greg (Daniel Zovatto). Più figo di Paul, con la macchina che non ha Paul, bello e misterioso come non lo sarà mai Paul. Con tutta una serie di casini in casa che non ha Paul. Un nuovo amore per Jay è quindi in vista, ma il problema secondario (anche se non troppo) rimane ed è la maledizione del "coso che ti segue", il frutto della sua prima, "spettacolare", "consapevole", "appagante" e "romanticissima" esperienza di vita. Una clamidia-zombie da combattere insieme ai suoi amici più cari. Perché Hugh nel mentre si è dato alla macchia. Riuscirà Jay a sopravvive all'essere che "ti segue"? 



Un nuovo modo di fare horror. 
Sorprendente! Il nuovo film di David Robert Mitchell, regista giovane che ha sempre avuto un occhio di riguardo nel trattare i temi adolescenziali, è l'autentica sorpresa di questa estate cinematografica. Come va di moda oggi, è vintage. Gli anni ottanta si respirano a pieni polmoni, attraverso la splendida fotografia con colori caldi e un po' acidi, attraverso una scenografia che fatta da villini di legno, muscle car e catafalchi come unici dominatori delle strade, piccoli supermercati e soggiorni con la tv che trasmette solo film in bianco e nero stile Ai confini della realtà. Se non fosse per un palmare che per un secondo fa capolino,  vediamo la stessa provincia americana che pare uscire dai "Goonies". E c'è pure, a scopo scena buffa, la stessa bicicletta per bambine goffamente rubata in quel film da un adolescente Matt Dillon. Come sottofondo una colonna sonora elettronica da film horror, anche lei vintage (suona come qualcosa dei Goblin, ma pre simile al tema di Supercar), ad opera dei Disasterpeace, semplicemente bellissima quanto aliena in questo 2016.



Un montaggio azzeccato, alla Wes Craven,  e non un solo minuto morto per tutta la durata della pellicola.

Attori bene nella parte, nulla di sconvolgente ma azzeccati. Tra loro svetta un bellissima Maika Monroe che già ci immaginiamo all'assalto di Hollywood, che ci ha ricordato per la sensuale ingenuità la Juliette Lewis di Dal Tramonto all'Alba. La Monroe riesce a magnetizzare l'attenzione su di lei, qualche volta persino oscura il mostro "che ti segue", la vera trovata registica di Mitchell, un babau che si muove seguendo schemi inediti e che potrebbe essere già pronto per mille altre pellicole. L'intrigante sceneggiatura, anch'essa ad opera di Mitchell, è una autentica bomba a orologeria volta a nascondere e sublimare, incuriosire e depistare circa i poteri e le ragioni di questa entità metafisica. L'entità "nasce nelle parole" e solo dopo compare, attesa, riuscendo comunque a spaventare nonostante l'anticipazione. Ricorda in questo il demone fuori dalla tavola calda di Mulholland Drive di David Lynch. Stiamo tutti ad attenderlo e poi lui inevitabilmente arriva, aspettato come il treno delle 18.00. Il mostro non parla, cambia forma (e ogni forma potrebbe avere istinti diversi), non è stupido, raggiunge sempre la sua vittima, è lento ma può attaccare all'improvviso, si può stordire ma di rialza, non dorme mai. Può essere facilissimo da riconoscere o può mimetizzarsi completamente, la sua origine è tuttora ignota. Un rebus insondabile. Forse un fantasma o demone vendicativo dalle parti dei J-horror, forse un alieno, forse un esperimento mentale. Unica certezza è il modo in cui si "trasmette", il sesso. Il tabù massimo del genere slasher, la pratica che dettava la condanna immediata per i ragazzini che avevano a che fare con Freddy o Jason nei puritani Stati Uniti anni '80, qui, 36 anni dopo, rimane il peccato originale, l'impurità che uccide la giovinezza, ma di riflesso è anche il modo in cui si può combattere il male. Insomma negli slasher di una volta non si poteva fare nulla, soprattutto il sesso, come ci ricordava il Fake - trailer di Wright-Penn legato a Grindhouse



Ora invece possiamo gridarlo con tripudio e gioia



E quindi il sesso diviene la metafora perfetta dell'ingresso nella vita adulta, la fine dell'innocenza. Un evento però molto meno bello di come sembrava, una prova iniziatica insoddisfacente. Sesso che non c'entra nulla, dai fatti narrati, con l'amore, inteso come un "sentimento scomodo ma utile". La maledizione svilisce e in qualche modo riesce a uccidere l'amore, lo cannibalizza, se ne serve in modo utilitaristico. Un falso amore usato letteralmente per tradire il prossimo e lasciarselo alle spalle, una volta "salvo dal mostro", come una presenza sporca, un fardello scomodo. E la pellicola ci dice fra le righe che così devono rimanere le cose, se si vuole sopravvivere. A meno che non si sia intenzionati a lottare, pur con armi spuntate, contro un essere metafisico. Per sempre, titanicamente. Incredibile come con una scrittura così a prova di bomba possiamo fare a meno di tutta quella serie di effetti speciali di cui oggi siamo abituati. It follows spaventa, tantissimo, non con salti continui dalla sedia ma con un malessere che si insinua di più scena dopo scena, fino a diventare insostenibile, fino a portarci la tensione fuori dalla sala. A casa ci si ripensa e ci si innamora di questa pellicola. Si chiudono gli occhi davanti alle piccole ingenuità che presenta, ci si affeziona al gioco intellettuale di inquadrare il mostro, definirlo. Si vorrebbe vedere il seguito, che non è ancora stato pianificato ma è nell'aria, il grosso successo internazionale ricevuto lo esige. Anche se non servirebbe, anche se il film può concludersi benissimo così, l'entità che segue, come uno zombie della clamidia ma forse anche qualcosa di più, è un personaggio troppo bello per non essere ulteriormente esplorato. Come sarebbe criminale non vedere più sullo schermo la lolita Maika Monroe, ingenua e sensuale, ferita e sconfitta, una delle più belle scream Queen degli ultimi anni. 



Ma vogliamo davvero vederlo al cinema d'estate alle nove di sera?: Quando arrivi nel cinema ti accoglie la locandina di It follows con un flano da annali del cinema. "Non pensa. Non ha pietà. Non si ferma". Quello che subito ti viene in mente sono quei ragazzetti di merda che giorno dopo giorno infestano sempre di più gli horror al cinema. Parlano tutto il tempo di cazzi loro, urlano ogni due scene come fossero sulle giostre e commentano ad alta voce, facendo i versi con la bocca. Sono sempre con quei cellulari accesi a faro che rompono i coglioni accecando  fino a 300 metri, e che quando non illuminano direttamente nei vostri occhi vengono usati più  canonicamente per parlare, in lunghi giri di telefonate che: "Fanculo chi è al cinema, dobbiamo organizzare il calcetto domani". Inoltre ruminano popcorn infiniti che alla fine smerdano sul pavimento. E poi l'ultima frontiera, che non avevo ancora sperimentato e non credevo esistesse: i vestiti e braccialetti "con i campanelli". Giuro, sarò diventato vecchio e intransigente, ma ho sempre meno voglia di andare al cinema, soprattutto a vedere gli horror, fino a che questo è il pubblico medio che ci trovo. Avevo quindi (e ho sempre) una paura stra-fottuta del buio in sala, il momento topico in cui compaiono e appoggiano la loro scarpa da ginnastica sudata sopra il vostro poggiatesta. Questa volta mi è andata abbastanza bene, ma il livello di guardia lo si sta passando già da un po'. Per questo film vi consiglio di evitare le ore di punta quindi, anche perché merita dannatamente di essere visto su grande schermo ed è un bellissimo regalo quello che ci ha fatto Midnight Factory mettendocelo in programmazione. E' un film immersivo, sexy, enigmistico, anche ironico. Andate a vederlo, perché ne vale la pena, ma prendete degli accorgimenti per vederlo tranquilli e potervi così calare al meglio nelle immagini. 
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