domenica 31 dicembre 2017

Il primo trailer di Macchine Mortali, il nuovo film prodotto da Peter Jackson


Immaginate il castello robot - armato Titan Emperor di Warhammer 40000.


Se siete più pacifisti, pensate invece al Castello errante di Howl.



E ora concepite un mondo intero pieno di case semoventi su cui vivono delle persone, ci dormono, mangiano, lavorano e si amano.


Ok... forse ho sbagliato esempio...

Ma basta aggiungere Peter Jackson e il romanzo fantasy di Philip Reeve all'equazione per avere davanti quello che già ci vendono come uno dei più importanti kolossal dell'anno prossimo. Si parla di una saga steam punk post apocalittica divisa in quattro libri piena di città volanti, città "viaggianti", automi, zombie stile Frankenstein, cacciatori di taglie, gilde di ingegneri e ovviamente Londra, perché se fai steam punk e non ci metti Londra sei fallito in partenza. Il piatto è ricchissimo, nel nutrito cast, di cui non vediamo altro per tutto il trailer che mezza faccia della protagonista (le altre facce comunque fuori fuoco potrebbero essere comparse), che ipotizziamo essere Hera Hilmar (per ora sconosciuta a Wikipedia e protagonista per imdb di roba che non abbiamo visto), figurano anche il mitico Hugo Weaving, Stephen Lang e la cantante sud coreana Jihae, di cui tutti abbiamo i cd a casa. Dal poco che vediamo ci sono cose enormi che sembrano case o castelli medioevali, piene di tentacoli meccanici, cingolati e pistoni vari, che si muovono veloci in un mondo fantasy. Direi che per ora siamo contenti così... attendiamo aggiornamenti e incrociamo le dita, che quella roba chiamata Tomorrowland ce la ricordiamo ancora e un Tomorrowland può sempre nascondersi dietro un angolo. 
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sabato 30 dicembre 2017

Smetto quando voglio masterclass e ad honorem. Il nostro parere!


A volte prendere la laurea conferisce una sorta di superpotere, ma in Italia non crediamo molto ai supereroi e il mondo del lavoro lo dimostra. Incarichi sottopagati, competenze ridicolizzate, nessuna certezza per il futuro. Per chi comanda ci sono sempre prima parenti da piazzare, politici da soddisfare, posti di lavoro da non far prendere a chi può in futuro fargli le scarpe. E così i laureati che non riescono a trovare un posto adeguato, o per lo meno retribuito, fuggono all'estero insieme ai loro cervelli o sono costretti a vivere "nella clandestinità del loro superpotere" inventandosi una professione al di sotto del loro livello. Un po' come gli X-men. E se ci sono gli X-men non è impossibile che ci sia in giro anche la malvagia confraternita dei mutanti di Magneto. In un attimo,  Breaking Bad docet, per disperazione, si può passare al lato oscuro. Metti alle strette un uomo buono e intelligente e questo può incazzarsi oltre l'inimmaginabile perché, come scriveva  Moffat per il suo Doctor Who: "Il diavolo scappa quando un uomo buono va in guerra". Così, per pagarsi una lavatrice a rate, il precarissimo ricercatore universitario della Sapienza di Roma Pietro Zinni (Edoardo Leo), percorrendo la strada del Walter White di Bryan Cranston in Breaking Bad, inizia a scavallare il confine del bene e del male e a improvvisarsi novello drug lord. Però siamo in Italia e tutto virtualmente cambia. Una droga è illegale per la nostra legge solo se è presente in un elenco che si aggiorna ogni semestre, indi per cui produrre una droga nuova non è reato finché la stessa non compare nella lista e se prima non si riesce a identificarla chimicamente, i tempi possono allungarsi. Con questo bonus temporale di impunità (in realtà ci sono mille altri capi di imputazione anche per la vendita di una droga nuova, ma sono pene "virtualmente" più basse... anche se può capitare che se si accumulano possono sempre fare "l'onda") Pietro chiama a raccolta tutti i suoi "amici con superpotere" finiti male. Antropologi che si fingono burini per essere assunti come operai e non ce la fanno, chimici ridotti a fare da lavapiatti di ristoranti etnici, latinisti che lavorano come benzinai notturni e altro ancora. Tutti con studi disparati e disperati, tutti in cerca di una seconda occasione, possono fondendo insieme il loro super potere costruire la droga più elaborata e ambita, possono creare il sistema di business più articolato ed efficiente per smerciarla, possono riuscire a diventare invisibili alla polizia anche perché per cultura e stile di vita "improbabili". La disperazione fa la forza, il business parte bene. C'è solo da fare i conti con chi è venuto prima di loro anche in quel campo. 


C'è un'idea di cinema che parte da John Landis, passa  per Robert Zemeckiis e Ivan Reitman e arriva a Todd Phillips, c'è una strada in parte percorsa negli anni '80 da Neri Parenti con Scuola di ladri e Pompieri. C'è la voglia di usare facce nuove, magari prese da un serial di cult come Boris, la voglia di reinventare un genere e parlare anche di attualità senza essere troppo consolatorii. Miscelate commedia e azione, usare la serialità, conferire lustro all'intelligenza. Obiettivi ambiziosi e raggiunti in questa unica e imperdibile trilogia di Sydney Sibilla. Una serie in continuo crescendo che culmina con un scontro, quello tra i personaggi di Leo e Lo Cascio, che è una delle pagine più belle e critiche del cinema italiano dei giorni nostri. Ci si diverte in questa storia di "fuga dei cervelli dalla legalità", ma anche ci si commuove, si riflette e si spera in un mondo migliore, un mondo in cui per i giovani possa esistere un futuro.
Strepitoso il cast, divertenti la parti comiche e le parti action, geniale una sceneggiatura che riesce ad intessere una trama elaborata, interessante, ironica, satirica, spietata e mai banale. Mi ci sono innamorato, ve lo confesso. Al punto che non voglio rovinarvi nulla sulla trama, perché voglio che per voi sia una scoperta come lo è stato per me. Questi film parlano alla mia generazione, quella dei neo-quarantenni, urlandoci in faccia la realtà. In molti non sono riusciti a realizzare quello che volevano fare da grandi, anche se erano "sogni piccoli". Non abbiamo cambiato il mondo o non ce lo hanno fatto cambiare, ma teniamo botta e abbiamo ancora molto da dire. Film come questi sono un manifesto importante per tutti quei supereroi in incognito che con due lauree oggi sistemano gli yogurt al supermercato o fanno lavori per cui basterebbe una scuola professionale. Sibilla non vende american dreams e di questo gli saremo sempre grati.

Sono sceso un po' sul malinconico. Ne è venuta fuori  un'analisi più di cuore che di testa ma questo ogni tanto ci sta, siamo pur sempre in un blog. Vi invito comunque tutti a scoprire questa saga, a cercarla in videoteca e correre al cinema a vedere l'ultimo capitolo ancora nelle sale. È una saga dal sapore internazionale per la produzione e le soluzioni registiche messe in campo, che sicuramente può fare breccia anche tra più giovani per il ritmo narrativo e l'umorismo. Davvero ottimi gli attori, da Leo a Fresi, da Marcoré e Lo Cascio. Personaggi tridimensionali, non macchiette. È il modo più moderno possibile anche per fare satira nel nostro paese, puntando il dito su politici, professori, forze dell'ordine. Tante risate, un po' di inseguimenti e un po' di autocritica: il cocktail perfetto per me. Andate a vederlo e fatemi sapere. 
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Dragon Ball Fighterz: parliamone un po' nell'attesa


Da dove comincio? Forse dal Dragon Ball uscito per Megadrive/Genesis della Sega.
1994. In Giappone la serie storica del maestro Toriyama aveva da poco concluso l'argo narrativo del "Cell Game". Ai tempi Dragon Ball non era ancora arrivato nel nostro paese in "pompa magna" su Italia 1 (1996) si era solo intravista la prima serie sulle reti locali (1989) e anche il fumetto della Star Comics era di là a venire (1995). Erano tempi in cui gli anime erano ancora  simili ad amori clandestini, con tutto il merchandising saldamente fermo al porto di Tokyo. Ma c'erano i videogame, sopratutto gdr e declinati (me ne ricordo almeno un paio di Patlabor) ma anche i picchiaduro, che potevano in parte essere usufruiti senza conoscere appieno l'idioma di Oda Nobunaga. Su Megadrive uscivano così un galattico gioco basato su Ken il Guerriero (in occidente censurato/riadattato/misconosciuto come Last Battle), un imprescindibile Mazinsaga (che diventava Mazin Wars mi pare), uno interessante su Yu Yu Hakusho, uno su Ranma (ma solo se avevi il fantomatico e costosissimo Mega CD). Io stavo già in fissa per Dragon Ball dal 1989 e avevo letteralmente orgasmato quando avevo visto (in un ormai scomparso negozio di memorabilia giapponesi al capolinea della linea gialla della metro di Milano) la prima statuina di Goku da adulto, avvolta come era dal suo fascio di carisma assoluto. Volevo quel gioco, reclamizzato "bene" (non troppo bene a essere onesti...) anche sulla storica rivista Console Mania, ma non sono mai riuscito a trovarlo a un prezzo umano.


Dragon Ball Z Butouden 2, del 1993, per Super Famicom è stato invece il gioco che ho cercato di più in assoluto. Perché non l'ho cercato prima del gioco per Megadrive? Perché il Super Famicom (nello specifico un Super Nes con adattatore compatibile con il Super Famicom) l'ho avuto solo dopo la breve esperienza con il Megadrive. Il Super Famicom aveva tonnellate di giochi in più tratti da anime / manga, tra cui Mazinga Zeta, Macross, Ranma, Ken in Guerriero (anche se quello su Genesis era più belllo), Cyborg 009... e naturalmente Dragon Ball, che in questa iterazione aveva pure preso dei votoni sulla rivista di cui sopra. Era ovviamente un picchiaduro, era interessante anche perché riproduceva per la prima volta il feeling degli scontri a grande distanza del manga / anime dividendo in due lo schermo quando i combattenti si allontanavano troppo. 


Ovviamente pure questo titolo non lo avrò mai. Lo avevo cercato disperatamente per mari e monti tra i rivenditori nazionali che lo pubblicizzavano in listino, telefonandogli in negozi sparsi per l'Italia. Quando internet non c'era, i rivenditori si pubblicizzavano sulle pagine delle riviste di videogame, avevano una sezione del negozio che importava direttamente dal Giappone con prezzi da manicomio e tempi d'attesa biblici dovuti al costo del carburante per le navi... erano altri tempi... Comunque per due volte sono stato sul punto di averlo, 'sto benedetto gioco, ma è epicamente finita male: una volta il gioco arrivato nel pacco era diverso, l'altra volta... pure...


Finalmente il successivo gioco della serie, Dragon Ball Butouden 3, entra di diritto in casa mia come mio primo gioco del brand. È un titolo simile al predecessore ma con meno protagonisti fighi e senza Kid Buu, in quanto realizzato mentre la serie del ciccione rosa era ancora in corso e non comprendente personaggi delle saghe precedenti.



9 personaggi in tutto. Oggi farebbero la rivoluzione per un roster così limitato. Mi diverticchio giocandoci, senza stracciarmi le vesti si intende. È divertente ma non siamo ancora al top. Un top che per me si raggiungerà solo con il prossimo titolo...


Passiamo dal 1994 al 1996, un'epoca strepitosa per il Super Famicom. Più o meno nello stesso periodo (fine 1995) esce per Square Soft, in collaborazione con il Bird Studio di Akira Toriyama, Chrono Trigger, che a tutti gli effetti diventa il mio gioco preferito di sempre nonché il mio primo gioco di ruolo giapponese. In Europa non esce nemmeno all'epoca, succederà secoli dopo in versione NIntendo DS. Ma torniamo a noi. Hyper Dimension lo vedo in un celebre negozio di Milano zona Bande Nere. Celebre per i prezzi assolutamente folli. Dragon Ball Hyper Dimension da solo costa quanto una console o una sera nell'albergo più caro dell'epoca. Uno stillicidio. Ma già dalla copertina, che sfoggia un Vegetto da antologia bad-assica, promette faville. E le mantiene. C'è il meglio del manga, i personaggi più tosti e le mosse riprodotte nel modo più fedele possibile. Non c'è più lo schermo che si divide mentre si allontanano i personaggi, ma la grafica è migliore sotto tutti i punti di vista.


Non mi sono mai divertito ed esaltato tanto, anche perché nel frattempo il manga Star Comics era arrivato e questi personaggi li conoscevo, leggevo le loro storie prima di andare a scuola alle 7.00 di mattina. Negli anni ho poi preso un paio di titoli di Dragon Ball in tutto. Una cosa brutta e laida in 3D pedestre, dedicato alla saga GT, giocato e rivenduto in una settimana. Anche la saga GT all'epoca la vedo poco e male, non mi prende un granché e non mi piace manco l'accompagnamento musicale (però la sigla e le trasformazioni non sono male, come il livello medio dell'animazione... è la storia che ingolfa tutto). Il numero due della saga Boudokai Tenkaiki per ps2, realizzato bene, con tre milioni di personaggi ma noioso come la morte. Sarà che il primo gioco di questa serie lo regalano a McDonalds... mi sento fuori target. E arriviamo ai giorni nostri, quando in TV compare la saga Dragon Ball Super.

Ma quanto è bella questa sigla? Ma quanto sono "lo stato massimo dellammerda" le sigle italiane di Dragon Ball a confronto ?
Certo la serie Super è leggerina leggerina e ha seimila difetti circa storia, ritmo, animazioni. Eppure. Sarà che si colloca dopo la fine del fumetto classico (la saga di buu) e prima di quel "pasticcio" di GT, sarà che Dragon Ball mi fa riaffiorare ricordi di quando avevo vent'anni, ma Dragon Ball Super mi attira più di quanto gli scavi attirino i pensionati. Ed eccoci all'argomento di cui al titolo del post, che a tutti gli effetti è la quadra del cerchio (non so esattamente se ha senso quanto ho appena scritto)


Questo è Dragon Ball Hyper dimension al quadrato. Ha lo stesso roster più tutte le aggiunte che ho sempre sognato, in specie C-16, il mio personaggio preferito in assoluto. Presenta l'evoluzione in cell shading aggiornata al 2018 delle stesse animazioni usate in Hyper Dimension (che prendeva dritto dal manga, ma aggiungeva qualcosa di suo che qui è riconoscibilissimo). Ha poi dietro Arc System Works, lo studio di Guilty Gear e Blazblue, gli unici che dai tempi di Darkstalkers di Capcom cercano (riuscendoci) di creare titoli picchiaduro originali, tecnici e che visivamente sembrino dei cartoni animati. Io quando i maggiori picchiaduro hanno barattato i pixel per una grafica tridimensionale da tre soldi ho pianto, anche se oggi il livello è talmente alto che non mi lamento più. Dragon Ball Fighterz, come Hyper Dimension, butta finalmente via quella palla desolante dei combattimenti aerei. Si inventa una meccanica 3v3 stile Marvel vs Capcom in tempi in cui Marvel vs Capcom Infinity (che è un salto carpiato all'indietro rispetto a MvC 3 in tutto) si "riduce" al 2v2. Diventa finalmente un titolo competitivo per gli EVO et simila, i giocatori e giornalisti che lo hanno provato lo hanno già promosso a pieni voti: tecnico e avvincente (oltre che visivamente da urlo). Ha uno story mode originale con personaggi nuovi ad hoc e tonnellate di filmati narrativi, sempre in ottimo cell shading che rilegge il fumetto di Toriyama epurato dalle brutture del GT e lancia ponti proprio con la serie Super (c'è Golden Freezer, i Sayan Blu e magari in futuro altri). Uscita il 28 gennaio ma qui sul blog stiamo già contando le ore.



E l'anno prossimo arriva pure il videogioco di Ken il guerriero realizzato dallo Yakuza Team di Sega. Tutto come vent'anni fa. Io sono un po' invecchiato, ma Dragon Ball è decisamente in ottima forma a giudicare dalle premesse e di sicuro ne riparleremo all'uscita del titolo. E ora, da vero tredicenne dei tempi che furono, un po' di wish list sui personaggi giocabili non ancora annunciati ma che vedrei volentieri nel gioco. 

Dalla serie classica: 
Vegetto: perché è troppo figo nel suo modo di combattere "svogliato a braccia conserte". Sarebbe di fatto l'unico personaggio che manca rispetto al roster di quello storico Hyper Dimension.
Zarbon (con Dodoria di supporto): nel gioco compaiono già personaggi "a gruppo", come C17+C18, Tenshinan+Jaozi o Ginew insieme a "tutta la squadra Ginew". I due generali di Freezer mancano ancora all'appello è proprio Zarbon potrebbe essere interessante per via anche della trasformazione. 
Dottor Gero (con supporto C19): perché amo i Cyborg (pure c17 del GT per questo) e perché potrebbero essere insieme buoni combattenti dalla distanza grazie a raggi laser e colpi assorbi-energia
Darbula (con supporto Babidy) Il diavolone con spada ha sempre il suo perché. Sarebbe figo fargli incrociare le lame contro Trunks 

Dagli oav:
Un nome su tutti: quel pompato di Broly. Altro personaggio amatissimo dal fandom, altro picchiatore pazzesco. Brutale, grosso e cattivo. 
Tapion: uno dei personaggi meglio caratterizzati visivamente per me, anche lui uno spadaccino. 

Dalla serie super:
Black Goku: perché è uno dei cattivi più fighi della serie Super e il perfetto "doppio" di Vegetto.
Lord Beerus (con Whis di supporto): lo immagino con uno stile alla Vegetto.
Zamasu (magari anche in versione Merged), Hit e Kafla (che però non ho ancora capito come combatta). 

Ma alla fine è fin troppa roba da aggiungere e credo che il focus rimarrà più sulla serie classica "rivisitata". 

Ok, sono tornato bambino per una mezz'ora e sono contento. Ci risentiamo in tema a febbraio. 
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giovedì 28 dicembre 2017

Bad moms 2: la nostra recensione


È Natale, tutte le famiglie si ricompongono e allargano per le feste e succede anche alle nostre amabili e un po' scorrette "mamme cattive". E dietro a una mamma cattiva c'è sempre un'altra mamma cattiva. L'insicura Amy (Mila Kunis) scopriamo quindi che ha alle spalle, forse, una mamma ultra-autoritaria ed egocentrica (Christine Baranski). La perfettina Kiki (Kristen Bell) è inseguita, oltre che dall'analista, da una mamma, forse, troppo-amica (Cheryl Hines). La coatta Carla (Kathryn Hahn) c'ha addirittura una mamma (Susan Sarandon) che si presenta solo per chiedere i soldi e sparire di nuovo. E tutto questo circolo affettivo vizioso non può che peggiorare sotto le feste, cariche come sono degli indispensabili, e forse un po' tediosi,  riti natalizi. Il coretto di Natale casa per casa, che la mamma di Amy trasforma per egocentrismo in una rappresentazione teatrale itinerante. Il regalo più bello, che per la mamma di Kiki è trasferirsi nello stesso pianerottolo in cui abita la figlia. La festa del giorno di Natale, che per Carla significa stare in solitudine con il figlio adorabile ma mezzo scemo mentre la mamma è nottetempo scappata con i soldi e un camionista. Riuscirà la magia del Natale di dickensiana e cattolica memoria a salvare la situazione? Anche perché le nonne, forse, non sono così male come sembra.


Secondo film delle mamme cattive, in America uscito come A Bad Moms Christmas, diretto e scritto sempre da quei diavolacci di Jon Lucas e Scott Moore, autori dietro ai testi, tra le altre cose, della trilogia di Hangover- una notte da leoni. E se in Una notte da leoni il senso finale del tutto era il latinissimo ma modernissimo "selem in anno licet insanire", con Bad Mom la parola d'ordine era e continua ad essere "anche le donne scorreggiano". Anzi "scurreggiano", per dare all'espressione la giusta caratura. E non parliamo di attrici comiche sopra le righe (e che personalmente non mi hanno mai fatto ridere) come la "over-acting" Whoopi Goldberg, la fasulla Kate McKinnon o l'insopportabile, molesta e francamente odiosa Melissa McCarthy. Parliamo della amabile Mila Kunis doppiatrice originale di Meg nei Griffin, della sempre solare Kristen Bell che oltre a Veronica Mars doppia Anna in Frozen, e di Kathryn Hahn, che tra tante parti riuscite mi ha fatto anche Captain Fantastic, The visit e The secret life of Walter Mitty (c'era anche in Tomorrowland, ma sappiamo tutti che quel film in realtà non è mai esistito). Questo terzetto di mamme timide, insicure e un po' emarginate ha combattuto nel primo film contro una delle istituzioni più socialmente scomode nella umana quotidianità: i genitori dei compagni di scuola di tuo figlio. Tra feste di classe, incontri con gli insegnanti e pranzi preparati da casa avevano vinto, dimostrando che dove si pensa che ci sia normalità si nasconde la più anormale follia e viceversa. Oggi le nostre eroine, più sodali e "vere" di prima, affrontano lo step più tosto, quello intergenerazionale: i nonni. Perché i tuoi genitori quando diventano nonni sono delle entità diverse. Quelle che di nascosto allungano il centone ai tuoi figli, quelle che ti fanno sentire orribile se non sei troppo empatico, quelle che ci sono da qualche parte ma con cui non puoi vivere insieme. I nonni o meglio le nonne di questo film firmano un trio altrettanto agguerrito e adorabile. Christine Baranski, la Marta May del Grinch e la dottoressa Beverly di Big Bang Theory (nel mare sterminato del suo curriculum) è l'autentica mattatrice della pellicola. Incarna la madre autoritaria e prezzemolina, all'apparenza gelida e inapprocciabile. Da vera dominatrice (con tanto di marito-valletto-muto) domina la scena, impartisce ordini, ha mille sfaccettature e dei tempi comici fulminanti e spesso sulfurei, ruba le inquadrature con così tanta classe che ci inchiniamo, ma soffriamo per il personaggio di sua figlia, una Kunis mai così piccina piccina che da personaggio principale viene realmente oppresso e sadicamente ridimensionato. Cheryl Hines ha un personaggio così tenero che si soffre quasi nel constatare la sua invadenza. Si veste come la figlia, riguarda continuamente le foto, tutti i giorni si presenta a cena e la povera Kristen Bell non sa davvero cosa fare per allontanarsi, almeno per un secondo, dai suoi dolci abbracci. La Sarandon invece è la mamma assente per antonomasia, quella che vive chissà dove con qualche amorazzo trovato facendo l'autostop ma verso la quale non si riesce proprio a volere male. E lei se ne approfitta, allungando le mani pure sul love-interest della figlia, che come vuole l'eccentrica caratterizzazione del personaggio della Hahn non poteva essere che uno stripper conosciuto durante una sua seduta di depilazione come estetista. C'è una scena assurda nel film in cui la povera Carla non ce la fa più di tutte le donne che le vengono in studio a chiedere la depilazione inguinale per Natale e poi arriva lui, il principe azzurro, Justin Hartley, che dopo l'incontro le propone di andarlo a vedere mentre impersona Babbo Natale in uno spettacolo per sole donne. Spettacolo a cui Carla porta pure la madre, che ci prova con lui! La Hahn e la Sarandon sono strepitose in coppia ed è davvero bello vedere la grande diva (di cuori riparleremo presto in merito all'ultima miniserie di Ryan Murphy) vestire dei panni così leggeri, da buzzicona scorbutica. Non si prende sul serio, è in "gita scolastica" dalle sue troppe parti drammatiche e noi non possiamo che volerle bene. Il film è questo, l'incontro di queste sue generazioni di mamme amabilmente disfunzionali durante il periodo del Natale. È un film tutto o almeno al 96% al femminile, in cui gli attori maschi sono per lo più stripper o maggiordomi muti ma è sempre, ricordiamocelo un film di Jon Lucas e Scott Moore. Dietro alle scorrettezze e ai luoghi comuni si nasconde molto di più, se riuscirete a coglierlo. E allora i personaggi più assurdi riescono a essere anche quelli più veri. 

Ci è piaciuta questa maratona natalizia delle mamme cattive. A fare come loro i cattivi, segnalo una scena al centro commerciale forse troppo (davvero troppo) sopra le righe per essere divertente, ma tutto il resto funziona, ingrana bene la marcia e ci porta una bella pellicola per distenderci dopo il panettone e magari, tra un rutto e un peto, farci commuovere. Non aspettatevi troppe sofisticazioni però: qui si ride. 
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martedì 26 dicembre 2017

Gundam ha bisogno di voi!!



Ve lo ricordate Gundam?




Nel 2018 la serie TV Mobile Suit Gundam compie 40 anni. Un traguardo importante che la casa di produzione Sunrise intende celebrare al meglio. Anche i fan vogliono fare qualcosa in merito, convincere il buon Yoshikazu Yasuhiro (Yas per i più intimi, una delle principali menti dietro Gundam) a proseguire l'adattamento in anime del suo manga Gundam Origin. L'opera espande e modifica molti aspetti dell'anime originale per la regia di Yoshiyuki Tomino e nei cinque OAV prodotti negli ultimi anni, con il sesto in uscita a maggio 2018, sono stati esplorate situazioni precedenti agli eventi del cartone animato come l'infanzia fino all'ascesa di Char Aznable, il carismatico e vendicativo asso dell'esercito di Zeon conosciuto come "La cometa rossa". I capitoli successivi del manga vanno invece a riscrivere in gran parte l'opera originale e in qualche modo, come sottolineato da Yas in una intervista rilasciata ad agosto, c'è voglia di continuare ma anche un forte timore reverenziale nel non volersi sovrapporre con uno dei più grandi cult dell'animazione mondiale e con la visione dell'opera di Tomino. Noi, come le persone che hanno deciso di supportare questa bellissima iniziativa partita da Fabio Russo del Gundam Italian Club, siamo dell'opinione che il Gundam del '79 sia inarrivabile e insostituibile e siamo curiosissimi di accogliere proprio una versione diversa di quel racconto. Una versione che si possa affiancare all'originale, senza sovrapporla ma  omaggiandola, che con le tecniche di animazioni moderne e un budget di rilievo possa essere in grado di attrarre e appassionare anche le generazioni dei più giovani, che oggi all'estero (ma non in Italia perché i nostri distributori sono, per ora, un po' miopi) stanno conoscendo quel mondo grazie alla serie "stile Yugi-oh" Gundam build fighters. Se volete partecipare alla petizione cliccate su questo link


Se volete vedere come potrebbe essere l'RX78-02 Gundam nel 2018 eccovi un commercial per il kit di costruzione della serie MG del mobile suit bianco rilasciato qualche tempo fa. Se vi incuriosisce lo stile di disegno vi dirotto subito sugli OAV "prequel", tutti editi in Italia in dvd e blu ray da Dynit in versioni molto curate e piene di extra. Se l'idea di vedere questo Gundam alternativo vi piace, sapere cosa fare. 
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domenica 24 dicembre 2017

Assassinio sull'Orient Express: la nostra recensione



-Sinossi parziale no spoiler e sugar free: Ci sono solo due persone al mondo che possono con certezza conoscere quanto è davvero accaduto in un delitto. Una è Dio, l'altra è Hercule Poirot. Così si presenta umilmente in scena il Detective definitivo di Agatha Christie. Hercule Poirot (Kenneth Branagh), che molti scambiano per Hercules Poirot auto-convincendosi della sua origine quasi mitica (e Poirot trasmette molto sense of wonder da supereroe in questo film, come per altro gli ultimi Holmes di Robert Downey jr e Benedich Cumberbatch). E' un belga incredibilmente sopra le righe, è attempato e forse a prima vista un po' rinco, è goloso, è vanitoso, è esigente pure nelle fesserie. Ama le torte sfrigolanti,  ama le uova ma solo se cotte alla perfezione e simmetriche, ama leggere Dickens sganasciandosi dalle risate. Soprattutto ama, e la sente come una esigenza irrinunciabile, risolvere enigmi, riportare in l'equilibrio il mondo, appianare i torti. Un frivolo esaltato? Tutt'altro. Dietro ai folti baffoni assurdi che sfoggia unicamente per distrarci si annidano occhi profondi e indagatori, orecchie che ascoltano ogni singolo dettaglio, un cervello che archivia, collega, decifra in continuazione. Il nostro eroe però è un po' stanco dopo l'ennesima crisi internazionale e inter-religiosa sedata con il suo acume. Urge una vacanza e arriva ghiotta la possibilità di un bel viaggio sul lussuoso Orient Express. Ma come capita a quella mena-sfiga della signora in giallo, al più famoso parroco di Gubbio o a quel moccioso saccente di Conan, i guai seguono Poirot. Mentre è in viaggio, il losco mercante di tappeti Samuel Edward Ratchett (Johnny Depp) viene assassinato di notte mentre dorme nella sua stanza. Un numero assurdo e immotivato di pugnalate, forse la presenza di tracce di veleno e una posizione innaturale della vittima trasformano subito il delitto in un puzzle inestricabile. Una bufera di neve che ha interrotto il tragitto del treno offre un po' di tempo per la risoluzione del caso ma non troppo e i sospettati sono davvero in molti. Riuscirà il nostro Hercule a non essere da meno della fama che lo segue?


- Kenneth Branagh dirige Daisy Ridley, Johnny Depp, Penelope Cruz, Judi Dench, Willem Dafoe, Darek Jacobi, Josh Gad, Michelle Pfeiffer... gente che non conosco e... Kenneth Branagh: dopo Dunkirk ritroviamo di nuovo in sala Sir Kenneth Branagh, qui in veste di regista e attore, per una "materia" carica di tutta quella drammaturgia shakespeariana che ha influenzato e influenza tuttora la sua ricca carriera teatrale e cinematografia. Assassinio sull'Orient Express è un giallo ma prima di tutto è una grande tragedia corale, che riesce in modo molto sottile a indagare nell'animo umano dei suoi protagonisti, spogliandoli lentamente delle proprie inibizioni in uno streaptease lungo, elaborato e mai banale. Branagh non perde quindi l'occasione di rimettere in scena il teatro che tanto ama, allestisce come più gli piace gli attori e prepara il suo palco, un Orient Express interamente ricostruito, arredato, lussuoso, caldo negli interni e gelido all'esterno (anche grazie ai paesaggi innevati delle montagne in computer grafica). Il treno è lui stesso un personaggio, compatto nella forma, ma smontabile pezzo per pezzo fino ad arrivare al cuore, per permettere ai nostri occhi di scorrazzare e perdersi tra i letti e lampade a olio delle stanzine più anguste, tra le ombre del vano bagagli, tra la condensa della neve assiepata sui vetri, nel calore della caldaia, tra le mille facce degli straordinari interpreti in scena. Difficilmente si era visto un cast tanto ricco in un adattamento della Christie e da bravo e rodato capobrigata Branagh riesce a valorizzare tutti rimodellando il testo, pulendolo dalle ragnatele e infondendogli uno stile quasi da action movie che non stona affatto e anzi rende moderno e fruibile quello che è già, da sempre, ritenuto uno dei migliori romanzi gialli di sempre. Se siete tra quelli che ancora non conoscono il libro preparatevi perché a questo punto il film diventa irrinunciabile. Sa trascinare in un mondo unico sospeso nel nulla, al quale si arriva dopo paesaggi che il regista rende degni di Indiana Jones. Sa giocare con il vostro intuito ma soprattutto con le emozioni, sa divertire e sorprendere ma sopratutto ha quel finale, che è una vera bomba atomica e che il nostro amato attore-regista inglese sa tenere saldamente per le corna a costo di farvi uscire dalla sala cinematografica sconfitti, in lacrime come bambini e desiderosi di tornare in quel mondo magari grazie ai romanzi, magari tra un annetto o due di nuovo al cinema. Perché come a Batman e come a Bond qualcuno recapiterà al nostro investigatore una richiesta di aiuto, che lo vuole in viaggio verso il Nilo. E il franchise ci sta, ora che nelle sale questo film sta macinando tanto bene. Anche perché il Poirot di Branagh funziona, è adorabile, sa farci ridere con i suoi mille tic, ha dei lampi negli occhi e ha un cuore, sotto quei baffoni, che lo rende più umano dei mille detective -androidi del romanzo giallo più comune. Grazie a Branagh qui è davvero difficile ricercare nel cast qualcuno che non dia il meglio e non sia perfettamente in parte, mi sembra di essere tornato a vedere il suo Nel bel mezzo di un gelido inverno. Il meccanismo è oliato così bene che forse il regista inglese ha davvero trovato finalmente  la chiave giusta per esprimersi e valorizzare i suoi attori. E tutto avviene, ricordiamolo, dopo i vari film Disney (Cenerentola) e Marvel (il primo Thor), dopo Tom Cruise (Jack Ryan). Film carini ma forse per Branagh un po' schematici, nei quali era davvero sprecato. Con questo non voglio però dire che Assassinio sull'Orient Express sia un film elitario. Anzi, è l'apoteosi del film commerciale. C'è tanta azione, bellissimi effetti visivi, una stupenda colonna sonora (e una struggente e indovinatissima canzone nei titoli di coda) un contesto esotico accattivante al punto che in alcuni momenti sembra di intravedere il migliore Spielberg degli anni '80. 



-Conclusione: un nuovo "film in treno" dopo il Dalla Russia con amore, Quel maledetto treno blindato, L'ultimo treno della notte, Terror Train, Galaxy Express capolinea Andromeda, Vagon-Lits con omicidi (citato non a caso), Trappola sulle montagne roccioseTrain de vie, Polar Express, Snowpiercer, Unstoppable, Il treno per Darjeeling, Quel treno per Yuma, Prossima fermata: InfernoLa ragazza del treno, Train to Busan e altri che ora non mi ricordo. Ma in fondo sono tantissimi i film in treno dai tempi di L'arrivo di un treno alla stazione di Ciotat fino ad oggi (senza citare i film con grandi sequenze ambientare su di un treno, come Una poltrona per Due, Super 8, Lone Ranger, Il buono, il matto e il cattivo... ma la lista qui diventa sterminata ) e io, da pendolare, li amo un po' tutti. Il viaggio su rotaia diventa quasi sempre in questi film viaggio interiore e questo Assassinio sull'Orient Express non è diverso E' una delle migliori  prove di Branagh degli ultimi tempi. Andate a vederlo e divertitevi. Con tutta quella neve sembra fatto apposta per essere l'ottimo film per questo Natale, magari da farci una double vision con il film di Dickens. Vi consiglio la doppietta quindi, tra un cinepanettone o due (consiglio Boldi a questo giro) e l'imprescindibile Star Wars. Rivedere al cinema la Christie non è affatto male in questa fine di 2017.
Talk0

lunedì 18 dicembre 2017

Natale da Chef: le interviste di Talk0 al cast!



Francesca Chillemi

Ex miss Italia, dal vivo ancora più bella che in TV, sembra più minuta e timida. Come attrice è molto portata per i ruoli comici, grazie anche alla forte dose di autoironia con cui stempera la sua avvenenza riuscendo ad apparire buffa e sempre dolce.  In Natale da Chef interpreta Laura, una ragazza in cerca del grande amore che si scontra con l'affascinante ma un po' troppo materiale Filippo (Dario Bandiera), un sommelier "astemio" disposto ad andare a letto anche con una donna anziana (Milena Vukotic) se questo significa la possibilità di vincere una competizione e trovare un lavoro. Cosa non si fa oggi per un lavoro. Laura e Filippo si inseguiranno e ostacoleranno a vicenda mentre tra loro inizierà a crescere una certa intesa. Francesca Chillemi ci piace ed è stata gentilissima nel concederci questa intervista.

T: Ho con me qui Francesca Chillemi, protagonista del cinepanettone di Neri Parenti con Massimo Boldi. L'abbiamo conosciuta in televisione per il ruolo simpatico e buffo di Azzurra in Che Dio ci aiuti, l'abbiamo vista in Braccialetti rossi in una parte dai risvolti anche drammatici. La commedia è nelle tue corde, possiamo dire.
F: Sì, la commedia me la sento abbastanza addosso. È la parte che mi piace di più perché quando fai cose drammatiche ti devi un pochino immedesimare in quei ruoli e io non sono una particolare amante dei drammi di per sé. Li vedo al cinema, quando ho un sano momento di libertà, ma preferisco le commedie, mi rilassano di più.
T: Neri Pareti, Massimo Boldi, come ti sei trovata sul set?
F: Il cast era affiatatissimo e già aveva lavorato più volte insieme, io sono una new entry. Mi sono trovata benissimo perché loro sono fantastici e sono davvero riusciti a creare gruppo, una cosa che non capita sempre.
T: Il film parla di cibo...
F: Ci piace! Il cibo è un tormento ma anche una grande passione per tutti!
T: È un po' un "argomento - rifugio" in questo momento. Invece di parlare dei guai dell'attualità, delle crisi economiche..
F:...è il quotidiano per tutti, già parliamo di cosa mangeremo per Natale!
T: Che rapporto hai con il cibo?
F: Un rapporto... sano... malato no! Ovviamente è un rapporto di "attenzione" perché siamo bombardati da immagini di cibi buoni che offre la televisione. C'è cibo da tutte le parti! Siamo un popolo di sovranutriti e io ovviamente mangio spesso più per golosità che per bisogno effettivo. Spesso me lo concedo e spesso devo stare attenta, come tutti!
T: Il tuo personaggio in Natale da Chef? Cosa dobbiamo aspettarci in sala?
F: Il mio personaggio non è uno chef, ma un giudice-sommelier. Entrerò in contatto per lo più con il personaggio di Dario Bandiera...
T: Siete i giovani della ciurma...
F: Io sì, Dario un po' meno (ride). Sono tutti giovani e il più giovane di tutti è Massimo Boldi! Nel film si creeranno poi un sacco di equivoci che porteranno poi ad una commedia esilarante. 
T: Progetti futuri dopo questo film?
F: Io sono scaramantica!! 
T: Non si dice allora! Diciamo che stai facendo cose e vedendo gente quindi...
F: Esatto! Sto facendo cose... e poi si vedrà!
T: Allora ti aspettiamo il sala?
F: Assolutamente! 


Massimo Boldi

Massimo Boldi è uno dei più grandi giullari del cinema italiano e una delle colonne del cabaret milanese. 
In Natale da Chef interpreta Gualtiero Saporito, un cuoco con così tanta ossessione di stupire a tutti i costi con i suoi piatti da finire per alterarli irreparabilmente con ingredienti ricercati, fuori posto e stravaganti. Per questa sua mania distruttiva e per il bene del ristorante a gestione familiare, Gualtiero viene spesso allontanato dalla cucina dalla moglie Beata (Barbara Foria), una chef che proprio grazie alla semplicità della sua cucina ha avuto dei riconoscimenti importanti. Alla continua ricerca di una affermazione e stanco di essere estromesso dal suo "regno" in continuazione, lo Chef Saporito si farà coinvolgere in una strana gara per l'appalto del catering del prossimo G7. Perché avranno scelto proprio lui per questo incarico? 
Mi basta vederlo per un secondo per scoppiare a ridere. Seguo Massimo Boldi da sempre. Da quando in TV ai tempi del Derby, l'ho visto duettare con Teocoli. E' presente nella maggior parte dei film comici che ho amato da piccolo, da Scuola di Ladri a I Pompieri. Ma l'ho apprezzato anche per un suo raro ruolo drammatico in Festival di Pupi Avati, film che lo consacra come attore completo e che vi consiglio di recuperare. E dovete davvero recuperare su YouTube gli spezzoni in cui suona la batteria. Dal vivo Massimo "Cipollino" Boldi ha le spalle più larghe di come appare in video ed è anche meno rotondo. È riservato ma molto cordiale e ha una personalità complessa, lunare. Entra in sala a luci spente, si mette nelle prime file e tende l'orecchio al pubblico. Ascolta quando arrivano le risate, è genuinamente contento. Prima della fine del film si alza ed esce in punta di piedi, senza disturbare. 
Nell'intervista Massimo Boldi parla piano e si commuove, riesce a stregare la platea che lo ascolta. 

T: Massimo Boldi nel film di Natale, Natale da chef. Com'è questo Chef Saporito?
B: È Saporito di nome, ma invece fa schifo. È una schifezza unica...
T: È un uomo un po' succube delle donne...
B: Più che succube delle donne è succube della situazione in cui si è venuto a trovare! Perché lui è convinto di essere un grande chef stellato e invece di stelle non ne ha neanche una. Viene assunto da un catering per vincere la gara del pranzo del prossimo G7 e quello che succederà è un po' improbabile. Si crea una sorta di armata Brancaleone con lo scopo di far mangiare bene i potenti della terra. 
T: Il cibo è l'argomento principe del cinepanettone di quest'anno. Il cibo può essere la giusta panacea in questo momento di crisi? In TV ci beiamo di spettacoli che esaltano cibo ultra raffinati e riusciamo per un attimo a "pensare ad altro"...
B: Sì, anche se io sinceramente preferisco la cucina semplice. Spaghetti al pomodoro e uova al burro.
T: Il film è molto divertente, è una farsa riuscita. Ma io mi ricordo suoi film del passato come I due carabinieri o anche Festival per la regia di Pupi Avati. C'era nello sviluppo del suo personaggio ne I due carabinieri una venatura tragica che era interessante in una commedia, la dimostrazione di un talento drammatico che poi è venuto fuori anche in Festival. È possibile oggi pensare ancora a delle commedie con una venatura tragica?
B: Secondo me sì, è una formula ancora applicabilissima. Sicuramente il fatto che tu abbia apprezzato quel film cogliendo quelle sfumature è per me molto importante, significa che abbiamo centrato un obiettivo forte. Un film per il grande pubblico può parlare anche di qualcosa di importante, evolvendo il genere in qualcosa di meglio. Sono strade che si possono ancora percorrere. Sarebbe interessante. 
T: Uscendo dalla fermata Garibaldi della metro c'è una libreria Feltrinelli con una parete sulla quale c'è una foto gigantesca di Jannacci, Fo e Gaber. La Milano del cabaret di una volta è cambiata. Come sono i nuovi?
B: Parlare di Jannacci, Gaber e Fo è parlare della Milano "vera", quella del Derby Club, quella che ha praticamente insegnato a tutte le altre generazioni di comici. Quasi tutti sono diventati noti, simpatici, popolari e hanno avuto successo. Sono partiti da Milano e poi hanno fatto il giro d'Italia. Oggi cosa è cambiato? È cambiata l'arte di fare la televisione, non tanto l'arte di fare spettacolo. Perché il cabaret non esiste più o esiste poco, il teatro è sempre quello ma non è sicuramente la televisione. La televisione ha preso lo spazio che una volta era quello del cabaret con prodotti come Zelig, Colorado ecc. Succede che l'arte di fare televisione, che era quella che ci hanno insegnato i grandi maestri, è diventata di pochi. Pochi hanno vero talento e questo è un dispiacere, perché non si riesce più a fare la palestra. Quando si lavorava nelle cantine si lavorava cercando di costruire i personaggi, provandoli sul pubblico sia in positivo che in negativo. Tu riuscivi a centrare il bersaglio quando sapevi che quel pubblico rideva in un certo modo mentre un altro in un altro modo. Era un lavoro sempre ristretto a un pubblico piccolo, riservato. Oggi subito in televisione, subito con dei testi che non sono tuoi o con magari sfumature diverse dalle tue. Può piacere, può non piacere, può essere interessante, può essere completamente zero. Diventa difficile. Allora tutti avevano un loro spazio ed avevano il loro successo, oggi è tutto cambiato, è completamente differente e cercare di rimanere a galla è molto difficile. 
T: Nel cinepanettone dell'anno scorso si era vista comunque una staffetta che coinvolgeva anche gli attori più giovani, anche provenienti dalla rete...
B: Io cerco sempre di dare un'opportunità ai giovani e di essere in sintonia con i giovani. Devi metterti vicino a dei giovani che speri possano essere dei talenti futuri. Alle volte riesci, alle volte riesci meno. In questo film c'è Iacopo Sarno che secondo me è davvero un bravo artista. Non è un comico ma è brillante, ha fatto con me A Natale mi sposo e qua ha un piccolo ruolo, ma si vede che la classe ce l'ha. 
T: L'anno prossimo cosa ci aspetta dai cinepanettoni? Magari i supereroi? 
B: L'anno prossimo non lo so... Supercipollino a 360 gradi? (ride)  mah, vedremo! 


Barbara Foria 

Barbara Foria è una delle mattatrici di Colorado. 
In Natale da Chef interpreta Beata, la moglie dello chef pasticcione Gualtiero Saporito e di fatto il vero Chef del loro ristorante a conduzione familiare. È una donna di polso ma ancora innamorata e decisa a fare di tutto perché nessuno si prenda gioco della sua famiglia e di suo marito. È gelosissima, ha un carattere battagliero e mette subito in chiaro uno degli aspetti più interessanti del film: sono le donne oggi a portare i pantaloni. 
Dal vivo Barbara ha una personalità travolgente e tutto il calore delle donne del sud. E' gentilissima e ci ha concesso una breve intervista.

T: Questo è il film di Natale di Neri Parenti con Massimo Boldi. Tu hai un bel curriculum, hai fatto tante cose in televisione: Colorado, Bambine cattive, molto su Commedy Central...
B: Sì, su Commedy Central per altro ho avuto l'opportunità di fare molte cose mie, da sola, perché sono una "one woman show". Vengo dal teatro in primis, poi sono passata alla televisione e adesso sono alla prima esperienza cinematografica. Ci tengo a dirlo: gavetta, gavetta e ancora gavetta. (ride)
T: Assolutamente! Com'è lavorare con Neri Patenti e Massimo Boldi? 
B: Divertente! Anche questa è una bellissima gavetta e una grande scuola. Impari sempre sul campo e io ho iniziato salendo sul palco davanti a persone che non conoscevo a 14 anni. È la migliore scuola di cinema possibile con Neri Parenti e Massimo Boldi come capitano di questo cast, non mi poteva capitare occasione migliore. Per imparare io osservo moltissimo, ascolto, capto. Da Neri ho imparato l'umiltà, la grandezza e la signorilità di un uomo incredibile. È un maestro e mi ha accolto come un padre, mi ha guidato per mano anche solo nel ritmo da dare a una battuta. Lui ti lascia andare e se non gli piace l'effetto riesce a guidarti per il meglio. È stato un percorso bellissimo, non potevo essere più fortunata a iniziare con loro. 
T: L'argomento del film ha a che fare con il cibo. Ormai se ne parla su tutti i media con le gare, i reality, i quiz...
B: Si può dire "cheppalle"?  (ride) 
T: È un po' il momento del cibo, diciamo...
B: Io poi sono sempre stata una mangiona e pure si vede! Per fare una dieta mi devo proprio violentare! Potrei rinunciare a tutto ma non ai dolci. È "il momento del cibo" anche perché siamo italiani e ci piace mangia'. Noi meridionali poi mangiamo anche in modo compulsivo.
T: C'è la crisi, la politica, l'Europa. Il cibo aiuta a essere più spensierati?
B: Sicuramente! Però come vedi anche qui si parla del G7. Temi anche più "impegnativi" ci possono stare in un cinepanettone. 
T: Senza anticipare nulla, il film presenta anche un finale sarcastico in questo senso.
B: Vero! Ci sono poi diverse chiavi di lettura interessanti in questo film e le donne hanno qui un ruolo molto importante. Sia io che la Chillemi che la Vukotic esploriamo aspetti diversi della femminilità in questo film. 
T: Il personaggi di Massimo Boldi. Se ci fosse un ipotetico secondo film riuscirebbe a imparare a essere un pochino meglio in cucina?
B: Secondo me se si impegna sì. Però si deve proprio impegnare! Io lo aspetterò al varco! (ride). 
T: Nel mondo reale come sei messa ai fornelli?
B: Sono messa bene. Mi piace più mangiare che cucinare però sono messa bene! Bisognerebbe avere tempo. Sicuramente sono per i piatti semplici e buoni, non tutte queste cose sofisticate... la nouvelle cuisine non fa per me, andiamo alla sostanza di un bel piatto di spaghetti con le vongole o un bel piatto al ragù o anche una bella genovese... ehh "capisci amme'.."
T: Cosa farai da grande, adesso che hai aperto anche le porte del cinema? 
B: Speriamo che questo film sia un grandissimo successo poi ancora televisione. Adesso sono a Colorado su Italia 1 dove faccio la parodia di Chanel, il personaggio di Gomorra interpretato da Cristina Donadio. Poi arriverà a inizio anno il teatro e speriamo tante altre belle cose. 
T: In bocca a lupo per tutto!
B: Crepi il lupo.



Neri Parenti

Neri Parenti, il regista di Natale da Chef, è uno dei più grandi guru della commedia all'Italiana. Oltre a diversi cinepanettoni sono suoi molti dei film di Fantozzi e tra le tante pellicole I Pompieri, Fracchia contro Dracula, il raffinato Sogni mostruosamente proibiti, i malinconici Ho vinto la lotteria di capodanno e Infelici e Contenti e il tentativo di tornare alla comicità delle origini con il dittico de Le Comiche. Il suo Natale da Chef è una farsa spensierata che affronta di petto tutto il proliferare mediatico della nuova ossessione per il cibo e la cucina. 
T: Abbiamo visto Natale da Chef. Siamo in un periodo storico in cui il cibo è diventato importantissimo a livello mediatico? Nel film si parla di cibo e del G7 ma forse per molti spettatori è oggi meglio seguire in TV una trasmissione sul cibo, piuttosto che il G7...
N: Lo abbiamo fatto per questo! (sorride) In questo momento c'è tutto un proliferare di trasmissioni di successo, in TV, sul web e su tutte le piattaforme, che coinvolgono anche i giovani. Quindi era un argomento ghiotto, se permetti la battuta. Certo volevamo affrontarlo in maniera comica in questo film e i nostri cuochi sono dei grandi pasticcioni. Non sono assolutamente dei cuochi bravi come quelli di Master Chef.
T: Certo! In questi ultimi tempi si è visto un modo diverso di fare commedia in Italia, comicità  ibridata con l'azione. Uno stile che anche lei ha utilizzato in passato con film come Scuola di LadriI pompieri e oggi utilizza Sydney Sibilia in Smetto quando voglio. Lei se ne avesse l'opportunità tornerebbe a girare film di quel tipo?
N: Beh sì. Diciamo però che ho un po' già dato (ride). Poi probabilmente questi film per tutta l'azione che hanno dentro devono essere fatti oggi da artisti più giovani. E parlo anche di interpreti, non solo di registi. Direi però che Sydney è l'unico caso, le commedie sono un po' rimaste uguali, anche se la nostra non è una commedia, la nostra è una farsa.
T: Posso però sognare di vedere in futuro di nuovo un film come Fracchia contro Dracula? Qualcosa che mischi i generi anche con toni horror? 
N: La prima cosa da fare sarebbe trovare un Fracchia. Di Dracula se ne trovano, ma di Fracchia ne nasce uno ogni mille anni e Paolo purtroppo non c'è più. 
T: Devo dire che anch'io vedendo nella pellicola Milena Vukotic, unito al fatto che lei interpreti una vedova, ho sentito un po' questa assenza...
N: Non bisogna essere malinconici in queste cose però. Quella era una parte che sembrava fatta apposta per lei, io sono stato felicissimo di tornare a lavorare con Milena e penso anche lei con me.
T: Com'è invece dirigere Massimo Boldi?
N: Ne ho fatto talmente tanti con lui! Abbiamo avuto un po' di rodaggio, da 10 anni non lavoravamo più insieme però alla fine ci siamo ritrovati amici come prima. 
T: Nei cinepanettoni è sempre presente un discorso generazionale. Si mettono a fianco di comici più giovani persone che ormai hanno fatto la storia della comicità italiana. Si punta ancora sui giovani o si è un po' timorosi in questo momento?
N: Nel nostro cast di giovani giovani... forse le donne. Io non ho fatto molti film dove c'era la tendenza di mettere in risalto fenomeni adolescenziali o mini star del web. Quando mi hanno chiamato la prima cosa che ho detto è stata: "Però gli adolescenti non li voglio". Perché? Perché molti oggi non fanno ridere... 
T: Nel suo sterminato curriculum c'è anche l'adattamento del romanzo di Thurber, Sogni mostruosamente proibiti, adattato di recente al cinema da Ben Stiller con I sogni segreti di Walther Mitty.
N: C'era già stato il film con Danny Kaye, Sogni proibiti, del 1947, sempre adattato da "Le meraviglie di Walther Mitty", del 1939. Noi abbiamo alla fine copiato Danny Kaye e ha fatto lo stesso Stiller alla fine (ride).
T: Si riescono ancora a trovare progetti così anticonvenzionali, con quella originalità, cercando nella letteratura del passato ?
N: Oggi si tende a cercare più nelle cinematografie estere più che nel passato. Ci sono tantissimi film oggi che in realtà sono remake di film cileni, film argentini o di nazionalità strana. Questa è la tendenza. Io mi sono ispirato due volte ad opere del passato, con Sogni mostruosamente proibiti e con Fracchia e la belva umana, che era ispirato a Tutta la città ne parla, con Edward J. Robinson. 
T: Per il futuro quindi andiamo sul cileno o sul supereroistico, che va tanto di moda anche lui insieme alla cucina?

N: Dipende. Queste sono decisioni che si prendono dopo che l'ultimo film non è più al botteghino.