Giappone, inizi anni ‘80. Il paese è
assaltato costantemente da gentaglia chiassosa e rombiballe per lo più venuta
dallo spazio e dal mondo del paranormale (Urusei Yatsura, il titolo originale
dell’opera, significa per un gioco di parole tanto “gentaglia casinista” che
“tipacci dal pianeta Uru”. Un pianeta che di fatto non compare mai nell’opera,
appunto perché è un gioco di parole). Epicentro di tutti i casini sembra essere
un liceale di nome Ataru Moroboshi, una specie di Fantozzi pervaso da un perenne
stato di sfiga secondo solo al suo arrapamento verso ogni forma del genere
femminile. I genitori sono per lo più assenti e reticenti davanti alle
malelingue che ricadono normalmente sul figlio, la fidanzata Shinobu è una
ragazza ultra-seria che spera invano di trasformarlo nell’uomo ideale a furia
di schiaffoni. Ma Ataru è un eroe, proprio come lo era Fantozzi. Così un giorno
per un caso del destino viene scelto come campione della Terra contro una razza
di invasori demoni extraterrestri provenienti dal pianeta degli Oni. La sua
avversaria è Lamù, una ragazza demone dai capelli azzurri, due piccole corna e
un bikini tigrato, in grado di volare e lanciare fulmini. La sfida è riuscire a
toccarle le corna. Ataru incredibilmente vince e Lamù si piazza a casa sua,
innamoratissima di lui, convinta per un equivoco che Ataru abbia chiesto di
sposarla. Innamoratissima e gelosissima, al punto da punirlo con scariche
continue di fulmini, ogni volta che Ataru prova a tornare da Shinobu o posa gli
occhi su qualche altra ragazza. Elettroshock dopo elettroshock, Ataru vuole
sempre più scappare da lei e da tutto il carrozzone di personaggi bizzarri che
da quando la ha incontrata infestano la sua vita. Il bonzo menagramo Sakurambo
e la sua nipote esorcista/infermiera sexy (stile Fenech) Sakura. Il terribile
bambino sputa-fuoco cuginetto di Lamù Ten, l’ex fidanzato bifolco/mostro
gigante Rei, l’ex amica di infanzia vendicativa Ran, la signora dei ghiacci
Kurama, la sadica principessa Kurama e mille altri. Ce n'è un casino e sono
tutti pazzi, con i terrestri che di contro non sono poi meglio di loro. Ma
Ataru di sconfitta in sconfitta, di figuraccia in figuraccia, svilupperà
una capacità di sopravvivenza straordinaria e inaspettata e forse sarà in grado
di prendere in mano la situazione. Forse.
Negli anni ‘80 prendeva forma un
autentico capolavoro dell’animazione giapponese, grazie alla combinazione di
autentiche eccellenze. Un fumetto spassosissimo e pieno di trovate geniali,
iniziato nel 1978, a firma dell’astro nascente Rumiko Takahashi, mamma in
seguito anche di Maison Ikkoku, Ranma 1/2, Inuyasha. Una serie lunga, 195
puntate da due episodi l’una (quindi quasi 400 storie), correlata da 6 film e
12 OAV. La prima regia, dal 1981 al 1983 ad opera di uno dei futuri padri della
animazione moderna Mamoru Oshii, dietro agli adattamenti anche di Patlabor e
Ghost in The Shell, curata dallo Studio Pierrot che oltre alle “maghette”
avrebbe di lì a poco realizzato Macross. La temporalmente successiva, 1983-86,
regia di Kazuo Yamazaki, direttore dell’animazione di Gundam, regista in
seguito anche di Maison Ikkoku, curata dallo studio Deen, costola Sunrise nata
dopo Raideen (da cui il nome), dietro in seguito anche a Ranma e Fate
Stay/Night. All’epoca della messa in onda il successo è stato travolgente in
patria e si è trasportato anche sui nostri lidi grazie alla programmazione
sulle emittenti locali. Quando la bolognese Granata Press ha iniziato a
pubblicare manga in Italia, il fumetto della Takahashi è stato tra i primi
ospitati sul leggendario mensile antologico Mangazine.
Personalmente ho sempre amato alla
follia Rumiko Takahashi, i cui disegni, insieme a quelli di Akira
Toriyama, Go Nagai e Mitsuteru Yokoyama, sono stati per anni oggetto dei
maldestri scarabocchi con cui riempivo la Smemoranda. Dopo gli anni ‘80 il mio
ritorno all’anime di Lamù era avvenuto con una VHS edita da Yamato Video, una
delle prime della casa di Milano, per la pubblicazione del secondo film di Lamù: Beautiful Dreamer. Un manifesto del genio e complessità di Mamoru Oshii,
un’opera carica di mille sfaccettature, adulta, anarchica, visivamente
strepitosa.
Oggi Lamù con la sua serie, i film, gli
OAV torna a nuova vita con i blu-ray nati dalla collaborazione di Yamato Video
e Anime Factory. La qualità dell’immagine è ottima, i colori sono accesi e
precisi, le musiche perfette e l’opera sembra non risentire quasi per niente
dei suoi quasi 40 anni. Un vero plauso ai realizzatori. Dal punto di vista dei
contenuti, la serie risulta ancora fresca, divertente e surreale. Un
Helzapoppin che spesso appare come la versione più adulta e sotto acidi di
Doreamon, un manifesto alla sfiga titanica pari solo a quella patita dai
cattivi di Yattaman. Ma non c’è solo questo. C’è molta tenerezza, sentimento e
voglia di leggerezza. C’è una continua spinta verso la sperimentazione visiva,
la ricerca dell’approccio sempre più originale, spiazzante, appagante.
Rivedere nel 2020 in alta definizione
Lamù, anche con gli occhi da adulti, è un regalo inatteso, una boccata di
aria fresca in un momento storico che reclama a gran voce la sublime leggerezza
e voglia di divertire di un’opera come questa.
- La
"premessa" della "premessa". Siamo nel futuro,
precisamente nell'anno 2126, e la gente continua, felice, a giocare ai
videogames. Esistono ancora e vanno fortissimo gli MMORPG (sigla che indica i
giochi di ruolo online a cui partecipano e si sfidano tra loro un gran numero
di persone), alla faccia di chi già oggi si è rotto le palle con World of
Warcraft. Ci giocano tutti, grandi, piccini e soprattutto sfigati
trenta/quarantenni ultra-lavoratori senza una vita sociale, e molto
probabilmente e incoscientemente per la salute pubblica (il cartone animato qui
è ambiguo, ma ci ritorneremo) i dispositivi del futuro per il gaming sono
simili a caschetti integrati collegati neuralmente. Insomma, la stessa
supercazzola futuristica che ci vendono da anni in anime come .Hack o
Sword Art Online. Con questi visori VR- Oculus/evoluti-involuti si gioca
con la mente, come sognando, ma di contro non sembra permesso (e pure qui è
ambiguo l'anime) staccarsi dal gioco se prima non si fa un logout "in
game", che un po' dà la conferma di voler smettere di "sognare".
La conseguenza prevedibile/prevista di queste features, in assenza di nessun
dispositivo per "l'uscita forzata" che almeno nel 2126 dovrebbe essere
previsto per legge (ma in Italia ci arriveremmo comunque dopo), è che senza il
suddetto logout un giocatore rimane come in coma, sdraiato sul suo letto con il
visore in testa, condannato a morire se non viene in qualche modo alimentato
con delle flebo. Quindi metti caso che il gioco si impalla o Telecom ha dei problemi
con la linea e sei uno di quegli sfigati trenta/quarantenni ultra-lavoratori
senza una vita sociale e magari vivi da solo e senti amici e parenti una volta
alla settimana. Mi sa che diventa una prospettiva realistica che ti trovino
morto dopo una settimana, con il rigor mortis che ti ritrae mentre ancora
cerchi istintivamente di brandire una spada bastarda +7, maleodorante in
una stanza molto maleodorante, con la carnagione di un brutto colore verde
menta, probabilmente con indosso mutandoni mimetico verde militare dai quali
partono miasmi infernali. Con la maglietta di Star Wars e calzini arancioni con
cui sei solito passare la domenica pomeriggio, con le mosche che entrano ed
escono dalla bocca e soprattutto con lui, il colpevole di tutto, comprese le
delusioni della tua mamma e quei votacci in matematica. Quello stupidissimo
visore che hai ancora in testa. Certo evenienze di questo tipo si
risolvevano sul nascere in anime come Sword Art Online o .Hack. Il
malfunzionamento riguardava un gioco nuovo e attenzionato dal pubblico ed era
diventato un problema di portata mediatica, con conseguenti volontari che
andavano di fatto di casa in casa a cercare/salvare da morte certa chi aveva il
gioco risalendo dall'accout. Inoltre i protagonisti di quegli anime avevano
un'età che gli garantiva per lo meno di non essere soli a casa. Ma se non è un
problema generalizzato e sei un single sfigato che vive da solo come in
Overlord? Forse ti trovano sprovvisto di flebo, a meno che nel futuro
prima di giocare a un gioco di ruolo fantasy uno non si attacchi di default a una soluzione fisiologica di svariati litri che gli duri per più di un mese,
abbinando questa pratica all'uso di pannolini per incontinenti da elefanti.
Certo, può pure essere che nel 2126 hanno finalmente creato le tute dei Fremen
di Dune, quelle che convertono tutte le sostanze secrete del corpo umano in
sostanze nutritive, permettendoci di vivere per giorni senza mangiare né bere.
Me li vedo i fan del capolavoro di Frank Herbert, quelli con il vermone del
deserto arrakiano di plastica sulla scrivania, da veri super- nerd, a portarci
verso uno stadio evolutivo superiore... dopo anni e anni passati a giocare con
la cacca e la pipì... Eroi. Ma stiamo divagando. Sta di fatto che Overlord
parla di un tizio molto nerd che forse è morto, ma che ora vive in un posto
migliore. Un paradiso in cui è un signore ricco e incontrastato, pieno di donne
prostrate a ogni suo desiderio. Solo io mi sto facendo degli strani trip sulla
religione in questo momento?
- La
trama più o meno: Siamo nel futuro, eccetera eccetera, vanno forte gli MMORPG
ma ce ne è uno che sta per tirare le cuoia per poco pubblico/fine supporto
della software house in ragione di nuovi progetti/nuovo e inaspettato
interesse dei videogiocatori nei confronti delle forme di vita a base di
carbonio. Sta di fatto che Yggdrasil, dopo aver regalato anni di battaglie
fantasy e tante amicizie chiude. Momonga è il nickname del nostro protagonista,
uno dei giocatori più forti di Yggdrasil. Momonga interpreta un eroe di razza
"lich", un mago non-morto (e se avete letto lo sproloquio qui sopra
valuterete che è una circostanza non messa così a caso), e fa parte della gilda
di giocatori conosciuta come Ainz Ooal Gown, che ha sede nel castello virtuale
della Grande Tomba di Nazarick. La grande tomba è gestita da un gran numero di
servitori virtuali, creati esteticamente e caratterialmente dai giocatori, e
siccome ospita una delle gilde più forti e famose è carica di tesori,
incantesimi, armi e truppe tra le più prestigiose e agguerrite. Tutto un ben di
Dio, costruito con anni di dedizione e lacrime rigorosamente sottratti al mondo
reale, che verrà perduto quando a mezzanotte i server di Yggdrasil si
spegneranno. Momonga gira per i corridoi della Grande Tomba in cerca dei suoi
amici, per salutarli un'ultima volta. L'idea di incontrarsi in altra sede o nel
mondo reale è esclusa sul nascere, anche se dovrebbe parlarsi di una amicizia
di anni. Si rammarica del fatto che nella grande sala con la tavola rotonda
dell'intera Gilda ci sia solo un altro giocatore, che presto saluta e si
disconnette. Momonga è seduto sul trono circondato da servitori virtuali prostrati
e sorridenti. Ha gli occhi piccoli, cattivi e rossi, il volto spaventoso
e le allungate e appuntite mani da scheletro proprie della classe lich. Tiene
lo scettro più potente in pugno e indossa la tunica da stregone di più
alto rango mentre sta seduto come Re Conan nel finale di Conan il Barbaro
di John Milius. Momonga aspetta, da eroe che ha raggiunto e avuto tutto da quel
videogioco, l'ultimo momento, la mezzanotte e la fine della sua vita virtuale
su Yggdrasil. Ma poi ecco l'imprevisto/star-previsto. Passa la mezzanotte e il
comando virtuale per fare il logout "sparisce". Momonga è
intrappolato nel gioco e il gioco stesso inizia a cambiare. Momonga e la sua
Grande Tomba di Nazarick sembrano essere stati trasportati in un luogo nuovo,
un mondo nuovo fantasy dove però valgono ancora i poteri e i titoli del lich. I
servitori virtuali del castello sembrano più "vivi" e sono commossi
dal fatto che uno degli eroi leggendari che hanno servito non li abbia
abbandonati e davanti a tutta questa gratitudine e potere Momonga è più felice
che spaventato dalla prospettiva di morire in modo atroce per fame e sete
mentre è collegato a un videogame. Sarà perché indossa i pantaloncini dei
Fremen?
Il nostro eroe ha davanti a sé dei personaggi creati dai suoi
amici giocatori, quasi dei loro fantasmi concettuali ma in fondo delle creature
che non lo fanno sentire solo e ben voluto. Decide giusto, con i suoi
"poteri da giocatore", di cambiare il carattere di uno dei servitori
virtuali, rendendo innamorata di lui la sexy diavolessa Albedo. Con un click
il nerd Momonga, un po' subdolamente e pateticamente, decide quindi di
crearsi la compagna di vita che non ha mai avuto e con un secondo click
compie un'altra scelta importante. Se non esiste più fisicamente il clan Ainz
Ooal Gow, sarà Momonga a incarnarne la forza, le conquiste e i ricordi. Per
questo da quel momento decide che sarà lui stesso ad assumere il nome di Ainz
Ooal Gow. Certo, c'è certo da trovare un modo da tornare al mondo reale, magari
facendo affidamento sul fatto che qualche altro giocatore di Yggdrasil sia
rimasto come lui intrappolato nel gioco e che prima o poi, esplorando quel
nuovo mondo, qualcuno finirà per incontrarlo. Però non ha troppa fretta il
nostro eroe, anche perché sta iniziando a sentirsi diverso e, in modo sinistro,
più simile al mago non-morto di quanto vorrebbe. Ainz Ooal Gow ragiona ancora
con la voce del giocatore nerd che lo impersona, mentre la voce che sentono gli
altri è un vocione cavernoso alla Batman. Il "giocatore interiore" di
Ainz Ooal Gow è in fondo un simpatico cretino, che esplode in buffi soliloqui
sul modo più o meno corretto di interpretare la sua "parte",
sottolineando tutto il classico imbarazzo dell'imbranato giapponese medio
quando si trova ad approcciare donne virtuali troppo sexy o deve compiere
azioni percepite dagli altri come eroiche ma che in fondo lui sa che sono solo
meccaniche di un videogame. C'è in lui tutta la disperazione possibile e
immaginabile di un gamer, quando viene costretto dagli eventi a usare un incantesimo
ottenuto come ricompensa di una sfida on-line multiplayer di un mese, un
oggetto ottenuto magari non dormendo per due settimane. Ma qualcosa di umano da
sempre presente in lui si sta spegnendo. Scopre dapprima di non provare quasi
più alcun tipo di libidine e si ritrova mano a mano, pur per calcolo e
dinamiche di gioco, a essere una persona spietata, indifferente alla vita. Un
essere però che come gli spietati non-morti lich non hanno bisogno di cibo per
vivere. Sta diventando davvero uno spietato Overlord, ma è una natura che
Momonga prova a combattere. In cerca di soluzioni a questo problema e per poter
esplorare il nuovo territorio in incognito, Ainz decide pure di crearsi una
differente identità, il cavaliere Momon, per unirsi in una cittadinanze vicina
al classico party fantasy da gioco di ruolo, composto da giovani "avventurieri in cerca di avvenuture". Sarà di colpo più
interessato a conoscere persone nuove piuttosto che combatterle come si fa in
un videogioco fantasy. Inizierà pure a fare maggiore affidamento sui suoi
servitori, con la paura di essere più temuto che amato. Se in questo nuovo e
strano mondo Ainz Ooal Gow può di fatto essere forte e potente come in
Yggdrasil e può esserlo "per sempre", è l'umanità del nerd un tempo
conosciuto in rete come Momonga a essere in pericolo.
-Tra
virtuale e reale, per lo meno scegliamo il "vitale": Overlord è una
serie di Light Novel, di Maruyama, trasposta anche in un fumetto, con disegni
di Miyama, portato in Italia da J-POP, è portata di recente in animazione dal
prestigioso studio Mad House. Su Yamato Animation, il canale di YouTube
gratuito di Yamato Video, è in corso, sottotitolato in italiano, lo streaming
della seconda stagione, che esce intorno a martedì sera ogni settimana.
Confesso che mi sono avvicinato all'anime con poco entusiasmo, spinto più dalla
curiosità per l'ottima veste grafica e la potente colonna sonora. Il tema dei
videogiochi che diventano un "altro mondo" dove vivere è
affascinante, ma ormai già inflazionato e spesso gestito male. Se Sword Art
Online riesce sotto chili e chili di belle lolite, due triangoli amorosi e tre spadate a occuparsi anche di tecnologia/parità tra i sessi, bullismo,
autodeterminazione, malattia e disabilità, una simile ricchezza tematica non è
presente in altre opere analoghe, che si limitano appunto a chili e chili di
belle lolite, due triangoli amorosi e tre spadate. Peraltro Overlord parte
in modo assurdo, presentando un personaggio che potrebbe morire se non si
stacca dal videogioco, ma che davanti a questo fatto "non gli frega".
Poi però la storia si arricchisce di strane sfumature malinconiche e diventa
quasi terreno da studio sociologico su cosa sia essere un gamer. Il tono della
narrazione è solo apparentemente leggero e Overlord butta fuori tutta la sua
animaccia oscura. Insomma, non è la versione fantasy un po' sfigata di un
Detroit Metro City che mi ero immaginato. E in qualche modo, se sei un
giocatore, ti fa un po' "guardarti dentro", soprattutto perché mi ha
ricordato i bei tempi andati di quando stavo attaccato al pc con Diablo 2 della
Blizzard. Avevo un negromante cattivo cattivo e onnipotente, carico di
armaturone e scheletri come il nostro Ainz. La visione di Overlord mi ha fatto
venire voglia di scaricare il negromante di Diablo 3 per la play 4.
L'esperienza del MMORGP l'ho un po' bypassata, oggi mi diverto con un MOBA come
Overwatch, sempre di Blizzard, ma credo che tra un MMORPG e un gioco alla
Diablo, se inseriamo nell'esperienza gli amici delle chat e le battaglie
insieme a cercare pezzi rari di armatura ci siano ricordi simili. In Diablo, se
ci pensi un attimo, in una mezz'ora di gioco puoi sterminare, nel contesto di una
cattedrale maledetta con gente fatta a pezzi sparsa dappertutto, una
piccola nazione di diavoli e mostri vari e poi puoi ricavare dai loro cadaveri
bombe e scheletri combattenti. E' tutto dannatamente creepy ma è gotico, con una
musica "calda" sinfonica in sottofondo, affascinante in ogni
dettaglio, dalle caratterizzazioni agli oggetti di gioco. Overlord ha un mondo
meno cupo di Diablo, ma con la stessa logica in testa. Ti fa empatizzare con
dei personaggi, te li fa squartare davanti ai tuoi occhi, a tradimento, per
mano di due diavoli e poi ti dà la voglia di vendicarli facendo sgorgare
ai Diablo stessi fiumi e fiumi di sangue. Pur se ci innaffi sopra tutta
l'ironia del mondo, il dato rimane. Prima passi il tempo a distruggere demoni,
poi diventa routine e passi il tempo a distruggere demoni per ottenere oggetti
speciali da collezionare o usare. E fai questo salto emotivo in un lasso di
tempo brevissimo! A un certo punto la storia non c'è più e sei solo tu che
distruggi roba per avere oggetti all'infinito, nella speranza fiduciosadi trovare
oggetti rari quanto di vincere al gratta e vinci. Ed è tutto così
semplice, bello e appagante che ci stai dei mesi. Se ti piglia troppo inizi a
seguire gli eventi stagionali online collegati mettendo spesso da parte tutto
il resto, in cerca di quel mondo che sa gratificati sempre e comunque. Ti
ritrovi davvero dopo un po' a sentirti come un lich. In tre mesi potevi seguire
un corso di judo reale, trovare amici e buttare giù due o tre chili, invece sei rimasto a casa e sei diventato un re lich, con in più la voglia
sempre maggiore di preferire gli amici virtuali a quelli fisici, che puoi
incontrare a tre chilometri.
Overlord parla un po' di questo, della
"perdita dell'umanità", potremmo dire usando dei paroloni. Una perdita
alla quale comunque il nostro protagonista dal volto scheletrico (che potremmo
pure essere noi stessi in senso lato, poiché il vero volto umano di Ainz non lo
vedremo mai) cerca di far fronte, in modo impacciato ma comunque umano. C'è un
momento della trama (più di uno in verità) in cui Ainz potrebbe resuscitare un
personaggio, che è una magia in fondo "base" nel mondo fatato di ogni
gioco di ruolo, ma decide di non farlo. Il problema è il "costo
dell'incantesimo", ma di fatto per un costo esiguo lui non fa la cosa
giusta e questo ha delle ripercussioni. L'anime, sommerso nella sua ironia e
assurdità, ci dice che anche se, in un mondo ipotetico, l'esperienza maturata
"perdendo tempo" sui videogiochi contasse qualcosa (anzi molto) e ci
desse dei crediti, facendo di noi delle persone importanti per la società, non
è detto che sapremmo usarli al meglio. Ma possiamo pur sempre provarci,
mediando realtà e finzione dove possibile, non escludendoci dal mondo reale per
fuggire in un epico mondo virtuale. Questo per me è il cuore interessante di
Overlord. La seconda stagione poi ha un cambio di punto di vista interessante,
mettendo il nostro eroe in disparte e soffermandosi sugli altri personaggi. In
questo modo si ha una diversa percezione (spesso devastante) dell'impatto
che le scelte di Ainz provocano sugli altri personaggi. Ed è un meccanismo
curioso, supportato da un'ottima gestione del casting dei personaggi, che mette
ancora più da parte la componente ironico-umoristica dell'opera, andando a
colpire su sviluppi emotivi per me più interessanti. Insomma, questo Overlord
non è affatto male, ma dovete andare oltre alla patina iniziale, alla
confezione da giocattolo da intrattenimento di classe, per trovarci le cose
migliori. Riuscirà il nostro eroe a tornare nel mondo reale o ora di fatto è
già morto e si trova nel paradiso sognato da ogni giocatore troppo solo (ed
escluso dal mondo e dagli affetti volente/nolente) dei giorni nostri? Andremo
avanti a seguirlo fiduciosi.
Il
fumetto non è male, anche se c'è meno gnocca che nell'anime e più World
building dello strano scenario in cui è arrivato Ainz. L'anime non è niente
male, anche se fa un po' l'opposto di cui sopra. Per gli amanti del fantasy che
cercano qualcosa di spensierato si può seguire l'opera anche solo per
divertirsi, essendo le elucubrazioni sul personaggio di Ainz un aspetto sottile
(ma sublime) della narrazione. Alla fine il nostro protagonista potrebbe
sembrare anche solo un mago eccentrico proveniente da un'altra dimensione, un
po' come avviene in Magic Knight Rayeath delle Clamp.
Molto
carino il fatto che spesso la serie giochi sugli stereotipi degli eroi fantasy,
spesso ribaltandoli in modo grottesco o tragico. Guardare per scoprire
come!
Mi
piacerebbe tanto che Yamato tirasse fuori un blu ray doppiato in Italiano, e
adorerei Maurizio Merluzzo su Ainz. Io la butto lì...
Talk0
P.S.:
il popolo dei rettili è fighissimo, c'è una donna lucertola così sexy che non
sfigurerebbe su playboy.
- Sinossi
fatta male: il nostro eroe si chiama Bell Cranel, è il classico ragazzino
giapponese magrolino, sfigatello, con gli occhioni dolci, timido ma pieno di
vigore e di belle speranze, altruista e buono fino al vomito e circondato
perennemente di gnocche con cui non scopa. Bell fa di professione
l'avventuriero e condivide una casetta diroccata con la sua dea, Estia, una
ragazzina troppo carina per essere vera, che sotto un vestito elegante e sexy
gira in ciabatte, piena di gioia di vivere e amore per lui, al punto da
coccolarlo di frequente, stringendolo con una misura importante di seno.
Perché sì, uomini e dei possono vivere insieme sotto lo stesso tetto,
aiutandosi a pagare le bollette della luce. Siamo in un mondo medioevale
fantasy in cui le divinità (un po' di tutte le culture) sono scese sulla Terra
a vivere tra noi, annoiate di stare da troppi anni in cielo/olimpo/altro. Gli
umani si uniscono sotto una divinità diventando la sua "famiglia" e
gli dei conferiscono ai loro affiliati la "grazia", un potere mistico
che permette loro di diventare avventurieri e affrontare i mostri fantasy che si
trovano un po' ovunque. Combattere mostri è il core-business locale,
organizzato da una Gilda che conferisce incarichi a pagamento. Sconfiggere i
mostri significa ricevere in cambio delle pietre particolari da cui si ricava,
con un metodo ancora poco chiaro e probabilmente non del tutto eco-sostenibile,
l'energia primaria che fa muovere ogni cosa. Gli avventurieri consegnano le
pietre alla Gilda e questa li converte in moneta sonante con cui pagare le
bollette, la casa e in genere poter "vivere". In pratica il lavoro
principale in questo mondo è abbattere mostri come avventurieri o dedicarsi, se
non si è abbastanza forti o si è stufi della lotta, alle attività correlate per
equipaggiarli, supportarli, dargli da dormire e mangiare. Gli dei permettono
agli avventurieri di diventare più forti dopo ogni scontro, fungendo un po' da
sistema di crescita di un gioco di ruolo. Tutto è di fatto un mega-gioco di
ruolo, con aree zeppe di mostri divise per livelli di difficoltà e
avventurieri che salendo di livello salgono anche di fama. Il nostro Bell è un
avventuriero di livello 1 e appena lo conosciamo è completamente coperto di
sangue di Minotauro dopo che gli ha salvato la vita una avventuriera di livello
6, Ais Wallenstein, che appartiene alla ricca e prospera famiglia della dea
Loki. Bell ha un autentico colpo di fulmine per Ais e giura che un giorno sarà
lui a salvare lei e solo dopo riuscirà a chiederle un appuntamento. Da allora
decide di impegnarsi e di dare lustro pure alla famiglia di Estia, che è
sfigata al punto che per sopravvivere la dea è costretta a lavori part-time
come commessa in vari attività cittadine. Più mostri abbattuti, più pietre che
diventano soldini per prendere una sede meno sfigata e diroccata per contenere
più affiliati e un grande amore da conquistare. Riuscirà Bell a compiere la
scalata, partendo dalla scelta dell'armatura e dell'arma e dalla conoscenza
delle tecniche di combattimento più efficaci?
- Ma
dove l'ho già sentita questa storia? Ah già, ovunque!!! La trama di questo
anime, tratto da una graphic Novel di successo e tuttora in corso, non
brilla per particolare originalità, collocandosi più o meno nel genere
"harem con declinazione action fantasy". Il sotto-genere
"harem" è un filone in cui al protagonista (in genere un ragazzino
così buono, gentile e altruista da sembrare inverosimile che si identifichi il
lettore medio) capita di frequentare tutte le tipologie di donne possibili,
riuscendo ad affascinarle tutte. È un tipo di lettura che per me può anche
avere effetti positivi sull'autostima, anche perché "l'eroe" ha
successo più per sue capacità morali che per attributi fisici, in cui l'impegno
nel diventare persone migliori è sempre premiato. È una sfumatura narrativa tra
le più trattate negli ultimi anni dai jappi, anche perché molto duttile a
veicolare tematiche anche importanti (il bullismo, la diversità di genere, la
disabilità, il successo scolastico e le sue conseguenze ecc.), ma non è sempre
in grado, di per sé, se non supportata da un'idea di racconto interessante, di
reggere da sola un'opera finale. Spesso creare intorno a un personaggio
"neutro" e "buono per tutte le stagioni" un harem è anche
una soluzione facile, che si affida alla routine di scrivere una serie
determinata e definita di archetipi femminili-tipo. Ma DanMachi, anche se
di fatto è più sbilanciato sull'aspetto harem rispetto al racconto
action-fantasy, riesce a essere divertente, ben scritto, pieno di momenti
commoventi e umoristici. Dal punto di vista tecnico l'opera di J.C.Staff è
davvero molto valida, dalla cura degli ambienti ai personaggi fino alle veloci
ma esaltanti scene di combattimento; tutto funziona, è animato fluidamente e in
genere un paio di spanne sopra alle produzioni anche più blasonate dal
pubblico. In un attimo si arriva all'ultimo episodio della prima stagione (con
la seconda prevista per il 2018) e già si ha la voglia di passare al suo
spin-off DanMachi: Sword Oratoria, anche lui già in streaming.
Il
confronto con Sword Art Online spesso viene fatto, perché anche se le due
opere si muovono in territori diversi sono comunque legate a un'ambientazione
da videogame per lo più fantasy. Se sul lato delle idee narrative Sword Art
Online è più forte e interessante, sul piano prettamente dell'action e della
tecnica realizzativa i prodotti se la giocano bene, e in molti casi DanMachi
mette in scena combattimenti integrati alla trama pure più fluidi e
convincenti.
DanMachi
è consolatorio come un budino al cioccolato alla fine di un pranzo. Non cambia
la vita dello spettatore in modo travolgente e non ambisce certo a
rivoluzionare il genere fantasy, in quanto di fatto riproduce in animazione le
prime ore di gioco di un qualsiasi gioco fantasy, che sia cartaceo o digitale.
Ma tutto funziona bene, è gradevolissimo e dopo poco ti coinvolge in un mondo
che sotto la scorza non è nemmeno così banale.
Yamato
Animation ha portato gratuitamente sul suo canale di YouTube, con sottotitoli
in italiano, tanto DanMachi che Sword Oratoria e vi invito un po' a scoprirlo,
se siete in cerca di un prodotto rilassante, curato e pieno di ragazze carine. Potrebbe essere anche una bella occasione per appassionarsi ai giochi di ruolo,
intervallando la visione con una partita o due a Monster Hunter World, Diablo 3
o un MMORPG. Fatevi un giro tra i dungeon di J.C.Staff e fatemi sapere.
"Buona sera, me lo da un Baldios?". E
checcavolo sarebbe un Baldios poi? Ora provate a schiacciare play sul video qui
sotto e a chiudere subito gli occhi, limitatevi ad ascoltare il testo.
Certo non aiuta molto sapere che a cantare questo pezzo
sia il sedicente "coro di Baldios". Senza le immagini a corredo un
"Baldios" potrebbe essere benissimo un robottino da cucina anni
ottanta.
Potrebbe essere pure un digestivo.
Invece ascoltando queste note noi, che all'epoca
come cantava la sigla eravamo "i giovani che credevano negli eroi",
noi "girellari fieri", ancora oggi, ci esaltiamo. Anche senza le
immagini pensiamo subito a uno specifico anime, glorioso anche se un
po' sfigato, realizzato dalla Ashi per la Toei e venuto alla luce
all'inizio degli anni ottanta. Uno di quei cartoni animati ultra drammatici
alla Zambot, per intenderci, struggenti e pessimisti, melodrammatici e caustici
in modo esagerato. Con animazioni che ancora oggi appaiono invecchiate
pochissimo, musiche evocative, mecha design da paura che vende ancora
modellini in metallo da 300 euro. Baldios aveva e ha ancora "i
numeri".
Futuro.
Marin, il protagonista, era un alieno e come Actarus era giunto sulla terra
per salvarci da altri alieni cattivi a cavallo di un robot enorme. Ma non fu
altrettanto fortunato. L'eroe cercava aiuto nella classica base - centro di
ricerche - silos dove si parcheggiavano i robottoni anni '70 - '80, ma tutti gli
rispondevano picche. Perché i terrestri lo squadravano subito male, pativano
subito un complesso di inferiorità. Marin andava in giro con un robot
che era fighissimo, di una potenza spropositata e che per questo nell'anime si
vedeva davvero poco. Un colosso che peraltro non aveva mai la gioia di pestare
duro qualche mostro spaziale, limitandosi a poter schiacciare astronavine
piccole e fastidiose come mosche. E poi perché doveva sempre essere Marin a
guidarlo mentre gli altri piloti terrestri dovevano limitarsi a "comporre
il giocattolone" guidando delle astronavine brutte che diventavano le gambe
del colosso? Che fine aveva fatto la democrazia robotica di Getta Robot? Niente
da fare, pilotava Marin. Oltre ad avere il robot "più grosso" e a
guidare la rispettiva astronave più bella, Marin stava sull'anima
probabilmente anche perché era davvero un Figo. L'eroe più gnocco degli anime
di sempre. Sguardo languido, ciuffo vaporoso e ribelle, fisico da rockstar e
movenze da vero principe azzurro. Occhioni intensi lontanissimi dallo sguardo
da pazzo di gente come Tetsuya del Grande Mazinga o Ryoma di Getta Robot. E con
una tutina elegante su misura faceva sembrare pure Aram Banjo un
burinaccio di periferia. Roba che le bambine di inizio ottanta preferivano
Marin a Terrence di Candy Candy. Anche perché c'era dietro alla storia
dell'eroe spaziale anche tutto un intrigo amoroso a tre. E una "dei
tre" era proprio una dei suoi più acerrimi nemici, una manza aliena da
paura legata a lui da intrighi degni di Beautiful. Come conseguenza di ciò
Marin piaceva parecchio al pubblico femminile ma stava sinceramente sulle palle
a tutto il resto del cast e un po' pure a molto del pubblico del maschietti,
soprattutto i più piccini, che da un cartone animato coi robottoni si
aspettava di vedere dei cavolo di robottoni che si menavano. E ovviamente non
arrivavano mai, perché inoltre in Baldios si parlava un casino e c'era tutto
un discorso sui cattivi in fondo non così cattivi, sulla politica e sul
rispetto del diverso. Baldios faceva pensare.
Purtroppo
per questo Baldios "non finiva". Fu tagliato il budget per i bassi
ascolti. Da 39 episodi previsti si chiuse baracca a 35. Ma a sorpresa Baldios
il fandom se lo era comunque fatto. Così la storia venne "riaggiustata" in tempo record da un film che lo sintetizzava e chiudeva. Ma che, in
perfetto stile giapponese, incasinava tutte le premesse rendendolo una storia
alternativa. Un film comunque imprescindibile tanto per i fan che per chi
è neofita. Soprattutto per le romanticone e i romanticoni, che apprezzeranno
parecchio il suo finale. Oggi
Yamato Video, che ha già editato la serie e il film da tempo, mette tutto in un
unico cofanetto a prezzo imperdibile. Per i nostalgici una occasione ghiotta,
anche perché i master sono ancora buoni e gli occhioni di Marin sono profondi
come un tempo. E rivederlo da adulti è davvero un'esperienza gustosa e diversa
dal solito. Un bel recupero.
Maaaa chi èèèèè..... maaaaa chi èèèèèè? Vola nello spazio avvolto nel suo disco volante non identificato. Mangia libri di cibernetica, insalata di matematica e ama andare a giocare su Marte perché gli autori della sigla italiana sostanzialmente non sanno di che cazzo parli questo cartone animato e pensano che il protagonista sia E.T. Si chiama Grendizer ma da noi esce con un nome che fa rima con Mandrake, stesso nome con cui viene pubblicata (storia vera) una serie di romanzi poliziotteschi-erotici. Sarebbe il terzo anime di una "trilogia del bullone" di Go Nagai, ma esce da noi per primo, perché l'eroe cavalca nel Far West come fosse Gringo e si vende meglio tra i tanti cowboy spaghetti anni '70. Uno dei pezzi più importanti dell'animazione giapponese di sempre. IL teoforo generazionale di riferimento per la storia degli anime giapponesi in Italia. L'opera che ha reso grandi e immortali i nomi di Go Nagai e Shingo Araki. L'opera la cui sigla italiana di coda, Shooting star si ballava in discoteca. Pubblico giovane estasiato. Mamme invasate che si incatenano ai cancelli della Rai per chiederne la cancellazione della programmazione in quanto troppo violento. Le madri di ieri hanno vinto e le madri di oggi non si incatenano più: la tv è piena di orrendi-rassicuranti cartoni animati per bambini dai due ai 3 anni e mezzo, privi di qualsiasi contenuto, che li fanno crescere senza valori e come potenziali serial killer. Ma all'epoca questo cartone animato ha fatto il botto, come è uscito dalla Rai sui canali privati sono esplose milioni di serie animate giapponesi, di tutti i tipi e a tutte le ore. Alcune subappaltate e non pagate, come italietta vuole, ma è altra storia. Piccoli nerd e giovani lettori di Blek Macigno e Tex Willer hanno appreso a spugna come cavie del trattamento Lodovico di Arancia Meccanica quanto fosse straordinario il Sol Levante animato. L'opera primigena negli anni non ha fatto che accrescere in fama ed è straordinario notare come invecchi ancora oggi benissimo, risultando con sguardo moderno perfino più curata nella grafica di opere di decenni successive. Doveva tornare. I collezionisti la bramavano. Qualcuno in passato ha già provato a portarlo in Italia in Dvd, ma non ha finito l'opera. Oggi la Gazzetta dello Sport e Yamato Video riprovano l'impresa e offrono la saga in edicola e prossimamente in home video. Bentornato Actarus! Avevamo davvero ancora bisogno di te in questo brutto mondo! Sigla! Quella più bella! Quella che dà la carica!
Vai, contro i mostri lanciati da Vega. Gli ufo piovono come grandine e vogliono distruggere tutto. Il pianeta Vega ha pronta una intera delegazione di mostri e soldati da sbarco per portare la democrazia nel nostro mondo. Ma ecco che dallo spazio arriva un eroe a bordo di un cazzutissimo, enorme, ufo robotizzato. Chiede solo vitto, alloggio e un enorme hangar sotterraneo tra rocce e cascate a vista, possibilmente equo canone. Si chiama Actarus. Alto, sulla ventina, single. Capelli castani, mento volitivo e sguardo profondo. Ama cavalcare sotto la Luna, ascolta Adamo e i Profeti. Gli piacciono gli uccellini. Ha la voce di Romano Malaspina, ma non è cattivo come tutti i personaggi che Malaspina doppia nella Signora in giallo... cavolo avrò fatto spoiler...
gli piacciono gli uccellini
Trovata una location adatta in America, costruita in un pomeriggio come insegna Extreme Make Over, può qui riporvi il suo robot gigante, con tanto di alabarda spaziale, lame perforanti e mezzi di supporto vari e diventare tanto l'idolo locale per le ragazze quanto il salvatore del mondo contro una razza aliena che lombrosianamente è composta da tizi brutti e cattivi che sfruttano animali alieni combinandoli con tecnologia anni '60 per combattimenti clandestini. Brutti alieni bluastri spietati e dalle orecchie a punta, amanti di mantelline e cappucci stile puffo. Certo che a rivederli oggi assomigliano un casino ai puffi...
dietro al comandante mi pare ci sia Brontolone
Ma contro i terribile abitanti di Vega Actarus non è solo. Un ricco cast di comprimari all americans, tutti rigorosamente vestiti come in Sartana non perdona. Del resto l'America è ambiente ideale per gli Ufo da sempre, in virtù della fantomatica Area 51. E quindi vai di stereotipi americani, tra deserti e praterie, con ranch e cavalli, le Colt a vista, improbabili bavagli alla Boss Hog al posto di cravatte, sombreri messicani, pantaloni a zampa di elefante come se piovessero, giacchette a frange. A riguardare le puntate pare davvero di leggere Tex Willer, ma per quanto riguarda l'abbigliamento all'epoca zampa di elefante, frangette e Little Tony erano perfettamente di moda. Certo fa strano nello stacco con i combattimenti tra robot, ma va tutto benissimo. Peraltro il cast è riuscito nell'essere divertente e variegato, con uno straordinario vecchietto spalla-comica così spassoso e stralunato che sarà pure ripreso in Cutie Honey. Il professore, stoico e rassicurante, è abbastanza canonico nell'immaginario nagaiano (parlo di Yumi, non di pazzi come i Kabuto o Saotome), così come la figlia sempre allegra e abbastanza ingenua da essere oggetto dei piccoli siparietti sexy con il ragazzino di turno (io odio tutti i ragazzini di turno delle opere di Nagai, peraltro), ma quello che è davvero originale è il loro rapporto con l'eroe, davvero un personaggio nuovo come concezione, quasi un semi-dio (non a caso in Mazinsaga porta ali d'angelo). Le meccaniche sentimentali che scaturiscono sono sempre interessanti e giocano sui temi della diversità e comprensione, similmente a Jeeg, non è un male. Certo Actarus come alieno con permesso di soggiorno se la passa meglio della famigliola di Zambot 3. Anche la sorella di Actarus, Maria, che arriverà più avanti nella serie è un personaggio non banale e carico di fascino.
Tra i comprimari figura anche Koji Kabuto, lo storico pilota di Mazinga Z, inviato in America per studiare già dai tempi del Grande Mazinga. Koji è l'unico a vestire diversamente, sfoggiando la classica divisa scolastica giapponese. Mistero. Koji è anche un po' il tramite culturale, il giapponese impiantato in America, probabilmente l'occhio del nipponico sul mondo occidentale. Un occhio nipponico che vede appunto gli amercani come Cowboy mente noi italiani come abitatori di case di fango (vedi Holly e Benji). Certo all'epoca della prima messa in onda chi fosse Koji non lo sapevano in molti il Italia, proprio perché Mazinga e Grande Mazinga sono stati portati da noi in seguito. Ma fa comunque tristezza vedere il mitico Koji, pilota dello Z dai Raggi fotonici, per meglio cedere il posto al nuovo eroe alieno guidare il triste ufetto di supporto, una specie di contenitore per le uova, perennemente vittima di guasti tecnici ed esplosioni. A sfregio pure la nuova tutina con casco che gli affibbiano risulta bruttina e sfigata, con elmo che richiama una versione per poveri dell'elmo di Goldrake.
a dare maggiore insulsaggine al personaggio, viene scelto per lui un nome che trae spunto da una nota marca di tonno in scatola, all'epoca piuttosto attiva nella pubblicità.
Riusciranno i nostri eroi a salvare il mondo?
Il mondo salvato da Goldrake lo ricorda ancora. Sono passati trent'anni ormai o quasi. La Goldrake-mania è esplosa e il mondo si è riempito di fan adoranti. Il cartone animato classico è nello scrigno Toei - Dynamic ma Actarus in animazione non è più tornato. Poche sporadiche apparizioni, come nel Pazzo Mondo di Go Nagai e in qualche gioco della serie Super Robot Wars, qualche nuovo modellino dallo stile rinnovato, poco altro. Negli ultimi anni abbiamo vissuto il ritorno in animazione di Getter Robot, Jeeg, Mazinga e Grande Mazinga, ma Goldrake non ha ancora goduto di una nuova, attesissima, trasposizione animata. Segno che forse il titolo al di là della nostra penisola non è mai stato così "caldo", forse. Me ne dispiaccio, riguardando oggi le foto di quando avevo quattro anni e correvo felice per casa con un elmo col le corna gialle ricavato da un fustino del Dixan. Noi italiani "anni '60-'70" amiamo alla follia Actarus, tanto quanto Lupin Terzo, roba da dna. C'è gente che riascolta ancora oggi nell'autoradio le musiche della serie, gente che non si alza alla mattina senza le note di Ufo Robot.
L'oggettistica dedicata o ispirata vende ancora tantissimo. Ho un amico ( ciao Marco! : ) ) che è riuscito a trovare questo bellissimo gufetto. Da noi Actarus non è mai passato di moda e l'Italia produce, per i giapponesi, vendutissime figure in metallo di Goldrake dai prezzi folli. L'eroe non è dimenticato, ma le nuove leve non lo conoscono magari o, peggio, nella nuova ondata "robotofoba" non ambiscono a conoscerlo.
Giunge quindi con questa nuova proposta della Gazzetta dello Sport il momento di "contarsi", vedere sulla grande distribuzione e a un prezzo popolare quanta gente è ancora interessata a questi personaggi e alle loro storie. Racconti che profumano di epica tanto epica quanto western, senza tempo e dal fascino tuttora invariato. Magari se i numeri ci saranno grazie anche al supporto di persone che di solito non seguono il mercato delle fumetterie, sarebbe bello ritornare al cinema come negli anni '80 a vedere Mazinga contro Goldrake. Magari e i numeri saranno stratosferici un nuovo film o serie animata potrebbero venire fuori e noi saremmo contentissimi di vedere nuove avventure di Goldrake. Per oggi siamo però contenti così, pronti a commuoverci nel risentire il grande Romano Malaspina invocare una alabarda spaziale.
alabarda spaziale!!!!!!
Da parte di tutti i bambini cresciuti con un elmo di cartone con le corna gialle, un grazie a Yamato Video e alla Gazzetta dello sport. Ci hanno di nuovo fatto tornare piccini e non vi è regalo più bello.
Era ora! Non ci si
sperava più!!! Dopo una messa in onda faragginosa di poco tempo fa su Italia 1, con orari sempre
ballerini e incazzatura congenita dei fan che per anni, anni, anni e
anni, dalla lettura a metà dei '90 del manga by Granata Press, la
attendevano, finalmente Yamato annuncia in home video, e quindi finalmente visibile come Zeus comanda, l'Hades Chapter
dei Cavalieri dello Zodiaco. Non è stato facile a quanto pare, ma
alla fine la casa distributrice di Milano ce l'ha fatta e ora potremo
tutti godere del terzo capitolo della serie, in attesa che Kurumada
(tra 10, 15 anni) finisca il capitolo quattro.
I Cavalieri in
Italia sono ben oltre una passione passeggera, sono una specie di
religione. Esistono di fatto due macro fazioni di fan, i fedeli al
doppiaggio “storico” e i “puristi”, a sua volta divisi in
sotto-fazioni di fan che amano o meno i “bronzini” o amano o meno la
saga di Asgard, a sua volta divisi in “chi ama solo le armature”
e “chi ama tutto di tutto”. Tutti sono a ogni modo accomunati
dalla medesima passione, collezionano modellini, dvd, fumetti e alimentano un mercato che dagli anni '80 è ancora floridissimo.
Mancavano ancora all'appello in animazione home video l'esercito di Ade con
le sue armature pazzesche (e immaginiamo pesantissime), twist di trama sbalorditivi come il risveglio
di Douko, il sacrificio di Orfeo, il riscatto del grande Kanon, le armature bagnate dal sangue di Athena e il
sacrificio finale(?) di Seiya (da come parlo dite che si capisce a che fazione
appartengo? Per Thor, mi sono scoperto!). Un capitolo bellissimo per
pathos e disegnato magnificamente (vi consiglio l'edizione perfect by
Star Comics..e poi passate a J-Pop per la Next Dimension per il "seguito"). Certo in animazione è forse un passo o due indietro
rispetto ai fasti di un tempo. Per vedere qualcosa di al passo con i
tempi sui cavalieri dovremo aspettare l'estate e il nuovissimo film
in 3d, ma l'atmosfera c'è sempre, lo stile di disegno è ancora valido (prima della rivoluzione-involuzione dell'Omega)le musiche originali bellissime, i cavalieri d'oro di nuovo protagonisti, l'effetto amarcord parte in
automatico. Certo Ivo De Palma dovrebbe interpretare un quattordicenne, ma lui è e sarà sempre Pegasus e io voglio sentirlo ancora e ancora, il suo timbro è tesoro Unesco e mi fa tornare bambino ad ogni "iaiiii!!". Una volta mi sono pure interessato al sito di De Palma per sapere come avere una segreteria telefonica con la sua voce. Giuro, tutto vero, forniva (non so se lo fa più..)registrazioni di voce per segreterie di aziende e privati, personalizzate e professionali. Volete mettere in luogo del solito: "sono fuori, lasciate un mesaggio dopo il bip "un: "la persona che avete chiamato è al momento occupata, lasciate un messaggio dopo il ...FULMINE DI PEGASUS!!!" Devo averla. Mediaset l'ha programmata male, costringendoci a lottare per la visione con i pargoli che volevano vedere la Melevisione. E non c'è nulla di più spietato al mondo di un pargolo pronto al piagnisteo se gli si toglie il programma che guarda, anche se a) non ne capisce il senso e guarda solo i colori; b) gli fa pure schifo e lo vuole imporre per fregio, come a tracciare il suo territorio nella zona soggiorno-cucina. Maledetti. Non vedo l'ora quindi di spararmi(metaforicamente) Ade come occorre, ossia integralmente,
strafatto di red bull, in un devastante after hour non stop di un
paio di giorni (mi darò malato) a cui volente o nolente inviterò pure Gianluca. Ogni tanto me li faccio ancora d'estate gli after sulle 12 case o Asgard e vivo felice. Non credo che il pargolo a quasi quarant'anni vedrà ancora la Melevisione. spero.
Grazie Yamato!
Seguiranno i
dettagli dell'edizione ma l'attesa è già fibrillante.
Sinossi:Mazinverso alternativo. Koji Kabuto ai comandi di Mazinger Z sta
arrivando alla resa dei conti finale contro il Dr.Hell, ma può
contare sulla manforte anche di Tetsuya Tsurugi, al comando del già
completato e potentissimo Grande Mazinga. Rispetto alla macchina di
Tetsuya lo Z appare come una macchina invecchiata malino,
strutturalmente debole e poco incisiva se impegnata in uno scontro
contro più avversari. Così, a seguito di un attacco di massa (cosa
mai successa nella serie televisiva di Mazinga peraltro!) nonostante
lo sforzo combinato dei due Mazinga e il provvidenziale intervento
delle risorse belliche dell'Istituto di ricerca del dottor Yumi, la
battaglia volge al peggio. Circondato, danneggiato e progressivamente
smembrato, Mazinger si spegne come una bambola rotta, mentre i mostri
meccanici stritolano il Pilder con all'interno Koji per poi staccare
con forza l'abitacolo dalla testa del robot. Le armate di Hell
guidate dal Conte Asura si impossessano così del robot mentre di
Koji e del Pilder, scagliati lontano come un sasso, si perde ogni
traccia. Nemmeno il tempo per le riparazioni del Grande Mazinga e per
organizzare un tentativo di salvataggio per il pilota disperso e
Asura torna alla carica dell'istituto di Yumi alla guida del vecchio
Mazinger Z ricomposto e sinistramente riassemblato dalle maschere di
ferro. É forse giunta la fine della resistenza umana quando entra in
scena un misterioso nuovo robot, dalla stazza gigantesca e dal potere
spaventoso. Una macchina da guerra che pare spinta dalla sola volontà
distruttiva e non rifiuta di attaccare tanto le truppe di Hell che
quelle di Yumi. Al comando di questo nuovo Mazinger si scopre esserci
Koji, addormentato nella cabina di pilotaggio e riverso in stato
catatonico.
Genesi:Sulla
genesi di Mazinkaiser spesso viene tirata in ballo la serie di
videogiochi strategici Super Robot Wars. Una serie strategica a turni
che da anni sollazza i giapponesi presentando nel cast delle fazioni
in lotta eroi e nemici di tutte le serie animate robotiche (o quasi)
di sempre. Una serie famosissima che pure da noi venderebbe un
casino, ma che ufficialmente da noi e nel resto del mondo non vedremo
mai per via di problemi di diritti distributivi (che nessuno ha la
voglia di dirimere con semplici clausole contrattuali... perché è
insensato che un distributore di anime estero si pigli diritti
all'uso dell'immagine di prodotti videoludici che comunque mai
commercializzerebbe). Il bello di SRW è che si aggiorna quasi
annualmente come un gioco di calcio di nuove “squadre e giocatori” a
seconda delle nuove serie che mano a mano vengono rilasciate sul
mercato. Il livello di fan service è tale che spesso i giocatori
vogliono anche l'inserimento di personaggi originali da affiancare ai
classici. Così un giorno alla Dynamic Planning, casa di Go Nagai che
ne gestisce i robot, venne la richiesta di un nuovo robot della serie
Mazinger. Nacque così graficamente Mazinkaiser e si mise in
allestimento la serie di oav oggetto di questo articolo, usciti tra
il 2001 e il 2002. Senza dubbio in ogni caso deve aver contribuito
favorevolmente alla messa in cantiere del progetto il forte successo
di Getter Robot The Last Day e del susseguente Shin Getter Robot vs
Neo Getter Robot, opere recentissime la cui qualità ha decretato
una autentica rinascita del robot nagaiani storici. Mazinkaiser
pertanto ripropone lo stile apprezzato nelle opere sul Getter Team.
Temi più adulti e violenti, di maggiore aderenza con il fumetto
originale rispetto alla trasposizione televisiva, uniti a una
rappresentazione scenica più grande ed apocalittica. Un aspetto
visivo frutto della fusione tra un mecha design ultra curato e al
passo con i tempi unito a un chara design che reinterpreta il tratto
originale del fumetto evolvendolo. Se i chara di Getter riproponevano
così una modernizzazione del tratto ruvido e potente di Ken
Ishikawa, carico di personaggi muscolari espressionisti alla Corben,
Mazinkaiser si ispira invece al peculiare e quasi orrorifico stile
del maestro Go Nagai, caratterizzato da uomini segaligni con uno
sguardo malato, sempre teso tra pazzia e umorismo. A completare la
formula, viene riutilizzato gran parte del cast tecnico delle
precedenti opere di Getter, replicando l'elevato livello qualitativo.
Un sequel che
non è un sequel. Shin getter nonostante la sempre viva volontà
dei giapponesi di rimescolare le carte e riscrivere parzialmente il
soggetto poteva a tutti gli effetti essere considerato come una terza
stagione delle avventure del team. Nuovi nemici, nuova trama,
personaggi invecchiati o, meglio, “diventati grandi”, pronti a
lasciare il posto alle nuove generazioni. L'opera ci faceva tornare
ad apprezzare i nostri eroi per poi malinconicamente salutarli per
sempre, al punto che Ryoma, Hayato, Musashi e Benkei non torneranno
alla guida del Getter nemmeno in SGRVSNGR. L'opera risultava
compiuta, appagante. Mazinkaiser è invece una sorta di re-visione
delle serie Mazinger Z e il Grande Mazinga, si colloca su una linea
temporale autonoma e prende strade diverse, arrivando a riscrivere in
pratica tutto Il Grande Mazinga, episodio del film sul Generale Nero
compreso. Un insulto ai fan di vecchia data? Un puerile bigino
sbagliato? Mazinkaiser non è niente di tutto questo, ma un'opera
appagante, divertente, frenetica e tamarra quanto basta. Un'opera che
peraltro pone fine ad uno dei più ingiusti torti della storia
dell'animazione.
Koji Kabuto.
Le seria animate robotiche spesso parlano di piloti dalle capacità
straordinarie alla guida di veicoli bellici dalle prestazioni
assolutamente fuori scala, al punto che solo nominare un “attacco
finale” equivale spesso a vincere a tavolino uno scontro. Questo in
genere non vale per i robot nagaiani, dotati di moltissime armi, ma
non per questo istantaneamente in vantaggio. Robot e piloti soffrono
tra mutilazioni di arti robotiche, comandi che smettono di
funzionare, agganciamenti che falliscono. Per questo i piloti devono
essere il meglio del meglio del meglio (Men in black cit.). Tetsuya
(soprattutto quello del manga ma pure nella serie animata non
scherza) è un malato di perfezionismo, si sottopone ad allenamenti
durissimi, valuta con tattica e decisione ogni situazione. Il trio
del Getter è composto da un leader, Ryoma, estremamente arrogante e
violento cui segue un numero due, Hayato, che è un intelligentissimo
pazzo rivoluzionari o psicopatico dedito all'estrazione degli occhi
delle sue vittime. A questi due pazzi fanno da collante alla bisogna
persone integerrime come Musashi e Benkei (fa sorridere ma mica
troppo che in Getter Re-model Musashi e Benkei siano sostituiti
direttamente da un monaco buddista), ma nella lotta si dimostrano
tutti piloti di livello assoluto (probabilmente perché possono
menare qualcuno si sentono felici...). Senza tirare in ballo pure Jeeg
e Actarus, in pratica dei superuomini se non semidei, il povero Koji
Kabuto non è mai stato “al livello” e pertanto sovente è finito
bistrattato. Nagai ce lo presenta subito nelle prime pagine quale uno
studente fuori corso (forse il primo eroe ripetente della storia,
avevo letto molti anni fa su un numero di Mangazine), bullo e
attaccabrighe, completamente indisciplinato. Koji ha cuore, è
coraggioso, ma perde sempre troppo tempo dietro a Sayaka, figlia del
dott. Yumi e non è costante negli allenamenti. Potremmo vederlo
anche come un eroe adatto a una storia divertente e sopra le righe.
Non fosse per il fatto che Nagai punisce Koji severamente per la sua
condotta. Così Koji e Mazinger vengono fatti a pezzi dal Generale
Nero e salvati per miracolo solo dall'intervento del Grande Mazinga
pilotato da Tetsuya. Nella serie sul Grande Mazinga poi Koji sparisce
(e dire che il nuovo capo della Fortezza delle scienze è nientemeno
che suo padre! Più bastardo di Gendo Ikari), Nagai lo ha mandato
letteralmente “a studiare” e quando sporadicamente il nostro eroe
viene richiamato in scena con il suo robot, così come nei film “VS”,
fa spesso una magra figura.
In Goldrake addirittura Koji non è
nemmeno più degno di guidare un robot ma si limita a volare con un
piccolo disco volate di supporto all'eroe di Vega, una condizione
così umiliante che il traduttore italiano ha deciso di mascherare
dallo sputtanamento il nostro eroe, affibbiando al suo personaggio il
fittizio nome di Alcor (nome comune di marca di tonno in scatola
pertanto). Certo potremmo ragionare sul fatto che all'epoca in
Giappone non si facevano veri “sequel” e ogni anime prevedeva al
centro dell'azione un eroe nuovo e autonomo per permettere al
pubblico di poter seguire il nuovo lavoro senza doversi procurare
quello vecchio (in un'epoca, fine anni '70, in cui, lo ricordiamo per
la cronaca, strumenti di registrazione non ce n'erano o erano
carissimi). Ma i piloti del Getter team ritornano più o meno tutti
nel sequel Getter Robot G, per non parlare dei personaggi ricorrenti
di Matsumoto come Harlock.
In Mazinkaiser il
torto è riparato. Mazinger Z è sconfitto ma il pilota è vivo,
vegeto e di nuovo protagonista delle vicende. Certo, peccato che le
puntate siano così pochine.
Poche puntate.
7 Oav e un film. Purtroppo Mazinkaiser è “tutto qui”. L'opera
deve essersi rivelata più cara di quanto il budget permettesse e per
tenere elevatissima la qualità si è deciso di limitare gli episodi.
È un vero peccato, perché se fosse stata anche solo una serie da 13
episodi la storia avrebbe potuto svilupparsi più armonicamente non
dovendo rinunciare ad alcuni personaggi-chiave delle serie, conte
Blocken su tutti. Nel complesso l'opera rimane molto bella e
personalmente avrei sperato pure in un film ulteriore o miniserie ad
hoc che magari congiungesse Mazinkaiser con Goldrake. Credo che
chiunque ami i robot di Nagai quella serie la avrebbe vista con pura
gioia. A questo già esiguo numero di episodi si aggiunge anche la
dibattuta questione degli episodi 3, 4 e 5. Mazinkaiser parte a palla
con un dittico di episodi strepitosi per ritmo e combattimenti, un
autentico mini-film esaltante che alla prima visione mi ha fatto
piangere come un vitello (ero al Quark Hotel di Milano per una
manifestazione che purtroppo non esiste più e in quella saletta buia
tutti avevamo le lacrime). Seguono questi tre episodi.
Infine
l'anime si infiamma ritornando una bomba atomica negli episodi 6 e
7 (peraltro l'ultimo pure lungo il doppio mi pare) poi concludere le
vicende con un film galattico. Malignamente potremmo dire che le
puntate in cui appaiono anche Tetsuya e Jun sono le più belle. Beh, è
vero. Mi sono da subito accorto quanto pure a me mancasse più
Tetsuya di Koji e sarebbe davvero figo vedere al giorno d'oggi un
nuovo anime basato sul Grande Mazinga.
A monte quindi di
episodi tesi, sincopati, piuttosto violenti che da subito hanno
sconvolto e catalizzato l'attenzione dei fan, il trittico di cui
sopra ha provocato per lo più schifo, indignazione, delusione. Ed è
decisamente un preconcetto questo. Perché la fondamentale colpa di
questi episodi è rappresentare la linea comica (lo dico “alla
Boris”) della serie, aspetto ben presente e apprezzato in chi
conosce le serie originali, cosa strana e non richiesta da chi cerca
una serie action violento sincopato e stop. Ma è un dato di fatto,
la fortuna delle serie di Mazinga deriva anche da comprimari strambi
come Boss e la sua cricca, nonché da saccenti corvacci parlanti che
paiono usciti da un episodio di Arale. Una comicità un po' burina,
che si nutre di scoregge come di allusioni sessuali, che rappresenta
bene il periodo storico di partenza e per questo in diretta sintonia.
Certo per persone ultra-trentenni che mentre guardavano da piccoli
Mazinga alla sera proponevano film di Lino Banfi come “Vieni avanti
cretino”, scatta subitaneo l'effetto amarcord, si torna bambini e
si arriva a richiamare vecchi compagni delle elementari per giocare a
pallone. Per gli altri è solo una ingiustificata diminuzione di
ritmo della serie e non vengono colti nemmeno i mille riferimenti
agli anime e ai film della serie “vs” di cui sono letteralmente
costellati questi tre episodi. Credo che sia in parte per colpa di
questo assurdo qui pro quo che anche la serie Mazinger the Impact del
2009, pur bellissima, non ha trovato del tutto l'accoglienza che si
meritava da un grande pubblico che pretendeva solo botte, botte e
ribotte. Pace.
Peraltro il capitolo 3 come il 5 riproducono storie e
situazioni presenti nel manga e accantonate in animazione per
eccessivi riferimenti sessuali e quindi sono a conti fatto un
tassello mancante che non stona. Il cap. 4, quello a tema balneare, è
un divertissment pieno di riferimenti alla serie Vs (episodio con
Mazinga, Grande Mazinga e Getter Robot) e carico di quella sensualità
sciocchina che si nota anche ne Il pazzo mondo di Go Nagai e Cutie
Honey. Poi, ribadisco, pace, i gusti sono gusti ma non si può
predendere che una figura tonda diventi quadrata. Rimane una
parentesi che se volete potete agilmente saltare, anche in
considerazione del fatto che Yamato video offre mazinkaiser più film
a un prezzaccio ultra abbordabile, al punto da considerare i tre
episodi regalati.
Ma quanto è
figo il Mazinkaiser? Parecchio. Benché il design non sconvolga
del tutto il disegno classico, cosa che invece accade con lo Shin
Getter, il Kaiser appare maestoso, enorme, potente come non mai,
pesante, aggressivo. Di conseguenza anche il nuovo Pilder è più
tosto e performante e tutte le armi in genere rappresentano una
estremizzazione dell'originale arsenale di Mazinger Z. Una vera forza
della natura inarrestabile e incontenibile i cui danni collaterali
sono drammaticamente rappresentati. La storia riceve da questa
impostazione un tono più adulto e disperato. L'effetto straniante
di tanta potenza viene combattuto portando in scena situazioni
estreme in cui gli eroi spesso sono costretti a scappare disarmati
contro mostri meccanici spaventosi, creature definitive contro le
quali il Kaiser può rivaleggiare, ma il resto dei robot complementari
alle vicende non può nemmeno scalfire se non mettendo in atto
strategie estreme. Nella serie e nei film vengono così
rappresentati scontri durissimi e altamente splatter, con punte di
violenza molto alte raggiunte soprattutto nel film, una autentica
strage animata nell'attesa di una rivincita che tarda sempre troppo
ad arrivare. Se i buoni trionfano, i caduti sono troppi,
inaccettabili, e alla fine della pellicola, quando gli spettatori
dovrebbero godersi i titoli di coda, si rimane come dopo aver
ricevuto un pugno allo stomaco a celebrare il requiem di personaggi
per i quali nemmeno avremmo considerato di empatizzare. E sono più
che certe che se fossero mancati gli episodi di natura più comica
gli episodi finali non sarebbero risultati altrettanto drammatici.
Dimenticavo di
parlarvi della colonna sonora. Tanto i brani degli oav che del film
sono tosti e trascinanti, tamarri quanto potenti, vi troverete ad
ascoltarli e riascoltarli come ebeti. Faccio fatica a scegliere il
mio preferito tra The final countdown, In the Fire o la struggente
Goodbye soldiers.
Mazinkaiser
conquista e convince, divenendo una serie irrinunciabile di tutti i
fan di Go Nagai che si rispettino (quelli che per lo meno vadano
oltre all'anime classico).
Edizione
italiana:Yamato video confeziona un bel cofanetto, disponibile
in dvd e blu ray, che conserva il doppiaggio, molto ben riuscito,
realizzato da Dvisual. Il volume va un po' regolato come sempre, ma
facilmente troverete una combinazione ottimale. Il formato blu ray in
special modo vanta una definizione grafica eccelsa. Completa la
confezione un bel libretto illustrato. Decisamente un prodotto che ci
sentiamo di consigliarvi.