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sabato 16 gennaio 2021

Lamù la ragazza dello spazio - la nuova versione in blu-ray by Anime Factory e Yamato Video del grande classico humor-sentimentale-fantasy di Rumiko Takahashi, Mamoru Oshii e Kazuo Yamazaki

 


Giappone, inizi anni ‘80. Il paese è assaltato costantemente da gentaglia chiassosa e rombiballe per lo più venuta dallo spazio e dal mondo del paranormale (Urusei Yatsura, il titolo originale dell’opera, significa per un gioco di parole tanto “gentaglia casinista” che “tipacci dal pianeta Uru”. Un pianeta che di fatto non compare mai nell’opera, appunto perché è un gioco di parole). Epicentro di tutti i casini sembra essere un liceale di nome Ataru Moroboshi, una specie di Fantozzi pervaso da un perenne stato di sfiga secondo solo al suo arrapamento verso ogni forma del genere femminile. I genitori sono per lo più assenti e reticenti davanti alle malelingue che ricadono normalmente sul figlio, la fidanzata Shinobu è una ragazza ultra-seria che spera invano di trasformarlo nell’uomo ideale a furia di schiaffoni. Ma Ataru è un eroe, proprio come lo era Fantozzi. Così un giorno per un caso del destino viene scelto come campione della Terra contro una razza di invasori demoni extraterrestri provenienti dal pianeta degli Oni. La sua avversaria è Lamù, una ragazza demone dai capelli azzurri, due piccole corna e un bikini tigrato, in grado di volare e lanciare fulmini. La sfida è riuscire a toccarle le corna. Ataru incredibilmente vince e Lamù si piazza a casa sua, innamoratissima di lui, convinta per un equivoco che Ataru abbia chiesto di sposarla. Innamoratissima e gelosissima, al punto da punirlo con scariche continue di fulmini, ogni volta che Ataru prova a tornare da Shinobu o posa gli occhi su qualche altra ragazza. Elettroshock dopo elettroshock, Ataru vuole sempre più scappare da lei e da tutto il carrozzone di personaggi bizzarri che da quando la ha incontrata infestano la sua vita. Il bonzo menagramo Sakurambo e la sua nipote esorcista/infermiera sexy (stile Fenech) Sakura. Il terribile bambino sputa-fuoco cuginetto di Lamù Ten, l’ex fidanzato bifolco/mostro gigante Rei, l’ex amica di infanzia vendicativa Ran, la signora dei ghiacci Kurama, la sadica principessa Kurama e mille altri. Ce n'è un casino e sono tutti pazzi, con i terrestri che di contro non sono poi meglio di loro. Ma Ataru di sconfitta in sconfitta, di figuraccia in figuraccia, svilupperà  una capacità di sopravvivenza straordinaria e inaspettata e forse sarà in grado di prendere in mano la situazione. Forse.


Negli anni ‘80 prendeva forma un autentico capolavoro dell’animazione giapponese, grazie alla combinazione di autentiche eccellenze. Un fumetto spassosissimo e pieno di trovate geniali, iniziato nel 1978, a firma dell’astro nascente Rumiko Takahashi, mamma in seguito anche di Maison Ikkoku, Ranma 1/2, Inuyasha. Una serie lunga, 195 puntate da due episodi l’una (quindi quasi 400 storie), correlata da 6 film e 12 OAV. La prima regia, dal 1981 al 1983 ad opera di uno dei futuri padri della animazione moderna Mamoru Oshii, dietro agli adattamenti anche di Patlabor e Ghost in The Shell, curata dallo Studio Pierrot che oltre alle “maghette” avrebbe di lì a poco realizzato Macross. La temporalmente successiva, 1983-86, regia di Kazuo Yamazaki, direttore dell’animazione di Gundam, regista in seguito anche di Maison Ikkoku, curata dallo studio Deen, costola Sunrise nata dopo Raideen (da cui il nome), dietro in seguito anche a Ranma e Fate Stay/Night. All’epoca della messa in onda il successo è stato travolgente in patria e si è trasportato anche sui nostri lidi grazie alla programmazione sulle emittenti locali. Quando la bolognese Granata Press ha iniziato a pubblicare manga in Italia, il fumetto della Takahashi è stato tra i primi ospitati sul leggendario mensile antologico Mangazine. 

Personalmente ho sempre amato alla follia Rumiko Takahashi, i cui disegni, insieme a quelli di Akira Toriyama, Go Nagai e Mitsuteru Yokoyama, sono stati per anni oggetto dei maldestri scarabocchi con cui riempivo la Smemoranda. Dopo gli anni ‘80 il mio ritorno all’anime di Lamù era avvenuto con una VHS edita da Yamato Video, una delle prime della casa di Milano, per la pubblicazione del secondo film di Lamù: Beautiful Dreamer. Un manifesto del genio e complessità di Mamoru Oshii, un’opera carica di mille sfaccettature, adulta, anarchica, visivamente strepitosa.

Oggi Lamù con la sua serie, i film, gli OAV torna a nuova vita con i blu-ray nati dalla collaborazione di Yamato Video e Anime Factory. La qualità dell’immagine è ottima, i colori sono accesi e precisi, le musiche perfette e l’opera sembra non risentire quasi per niente dei suoi quasi 40 anni. Un vero plauso ai realizzatori. Dal punto di vista dei contenuti, la serie risulta ancora fresca, divertente e surreale. Un Helzapoppin che spesso appare come la versione più adulta e sotto acidi di Doreamon, un manifesto alla sfiga titanica pari solo a quella patita dai cattivi di Yattaman. Ma non c’è solo questo. C’è molta tenerezza, sentimento e voglia di leggerezza. C’è una continua spinta verso la sperimentazione visiva, la ricerca dell’approccio sempre più originale, spiazzante, appagante. 

Rivedere nel 2020 in alta definizione Lamù, anche con gli occhi da adulti, è un regalo inatteso, una boccata di aria fresca in un momento storico che reclama a gran voce la sublime leggerezza e voglia di divertire di un’opera come questa. 

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martedì 8 maggio 2018

Overlord - la serie fantasy in onda gratuitamente sul canale YouTube di Yamato Animation




 - La "premessa" della "premessa". Siamo nel futuro, precisamente nell'anno 2126, e la gente continua, felice, a giocare ai videogames. Esistono ancora e vanno fortissimo gli MMORPG (sigla che indica i giochi di ruolo online a cui partecipano e si sfidano tra loro un gran numero di persone), alla faccia di chi già oggi si è rotto le palle con World of Warcraft. Ci giocano tutti, grandi, piccini e soprattutto sfigati trenta/quarantenni ultra-lavoratori senza una vita sociale, e molto probabilmente e incoscientemente per la salute pubblica (il cartone animato qui è ambiguo, ma ci ritorneremo) i dispositivi del futuro per il gaming sono simili a caschetti integrati collegati neuralmente. Insomma, la stessa supercazzola futuristica che ci vendono da anni in anime come .Hack o Sword Art Online. Con questi visori VR- Oculus/evoluti-involuti si gioca con la mente, come sognando, ma di contro non sembra permesso (e pure qui è ambiguo l'anime) staccarsi dal gioco se prima non si fa un logout "in game", che un po' dà la conferma di voler smettere di "sognare". La conseguenza prevedibile/prevista di queste features, in assenza di nessun dispositivo per "l'uscita forzata" che almeno nel 2126 dovrebbe essere previsto per legge (ma in Italia ci arriveremmo comunque dopo), è che senza il suddetto logout un giocatore rimane come in coma, sdraiato sul suo letto con il visore in testa, condannato a morire se non viene in qualche modo alimentato con delle flebo. Quindi metti caso che il gioco si impalla o Telecom ha dei problemi con la linea e sei uno di quegli sfigati trenta/quarantenni ultra-lavoratori senza una vita sociale e magari vivi da solo e senti amici e parenti una volta alla settimana. Mi sa che diventa una prospettiva realistica che ti trovino morto dopo una settimana, con il rigor mortis che ti ritrae mentre ancora cerchi istintivamente di brandire una spada bastarda +7,  maleodorante in una stanza molto maleodorante, con la carnagione di un brutto colore verde menta, probabilmente con indosso mutandoni mimetico verde militare dai quali partono miasmi infernali. Con la maglietta di Star Wars e calzini arancioni con cui sei solito passare la domenica pomeriggio, con le mosche che entrano ed escono dalla bocca e soprattutto con lui, il colpevole di tutto, comprese le delusioni della tua mamma e quei votacci in matematica. Quello stupidissimo visore che hai ancora in testa. Certo evenienze di questo tipo si risolvevano sul nascere in anime come Sword Art Online o .Hack. Il malfunzionamento riguardava un gioco nuovo e attenzionato dal pubblico ed era diventato un problema di portata mediatica, con conseguenti volontari che andavano di fatto di casa in casa a cercare/salvare da morte certa chi aveva il gioco risalendo dall'accout. Inoltre i protagonisti di quegli anime avevano un'età che gli garantiva per lo meno di non essere soli a casa. Ma se non è un problema generalizzato e sei un single sfigato che vive da solo come in Overlord? Forse ti trovano sprovvisto di flebo, a meno che nel futuro prima di giocare a un gioco di ruolo fantasy uno non si attacchi di default a una soluzione fisiologica di svariati litri che gli duri per più di un mese, abbinando questa pratica all'uso di pannolini per incontinenti da elefanti. Certo, può pure essere che nel 2126 hanno finalmente creato le tute dei Fremen di Dune, quelle che convertono tutte le sostanze secrete del corpo umano in sostanze nutritive, permettendoci di vivere per giorni senza mangiare né bere. Me li vedo i fan del capolavoro di Frank Herbert, quelli con il vermone del deserto arrakiano di plastica sulla scrivania, da veri super- nerd, a portarci verso uno stadio evolutivo superiore... dopo anni e anni passati a giocare con la cacca e la pipì... Eroi. Ma stiamo divagando. Sta di fatto che Overlord parla di un tizio molto nerd che forse è morto, ma che ora vive in un posto migliore. Un paradiso in cui è un signore ricco e incontrastato, pieno di donne prostrate a ogni suo desiderio. Solo io mi sto facendo degli strani trip sulla religione in questo momento? 


 - La trama più o meno: Siamo nel futuro, eccetera eccetera, vanno forte gli MMORPG ma ce ne è uno che sta per tirare le cuoia per poco pubblico/fine supporto della software house in ragione di nuovi progetti/nuovo e inaspettato interesse dei videogiocatori nei confronti delle forme di vita a base di carbonio. Sta di fatto che Yggdrasil, dopo aver regalato anni di battaglie fantasy e tante amicizie chiude. Momonga è il nickname del nostro protagonista, uno dei giocatori più forti di Yggdrasil. Momonga interpreta un eroe di razza "lich", un mago non-morto (e se avete letto lo sproloquio qui sopra valuterete che è una circostanza non messa così a caso), e fa parte della gilda di giocatori conosciuta come Ainz Ooal Gown, che ha sede nel castello virtuale della Grande Tomba di Nazarick. La grande tomba è gestita da un gran numero di servitori virtuali, creati esteticamente e caratterialmente dai giocatori, e siccome ospita una delle gilde più forti e famose è carica di tesori, incantesimi, armi e truppe tra le più prestigiose e agguerrite. Tutto un ben di Dio, costruito con anni di dedizione e lacrime rigorosamente sottratti al mondo reale, che verrà perduto quando a mezzanotte i server di Yggdrasil si spegneranno. Momonga gira per i corridoi della Grande Tomba in cerca dei suoi amici, per salutarli un'ultima volta. L'idea di incontrarsi in altra sede o nel mondo reale è esclusa sul nascere, anche se dovrebbe parlarsi di una amicizia di anni. Si rammarica del fatto che nella grande sala con la tavola rotonda dell'intera Gilda ci sia solo un altro giocatore, che presto saluta e si disconnette. Momonga è seduto sul trono circondato da servitori virtuali prostrati e sorridenti. Ha gli occhi piccoli, cattivi e rossi, il volto spaventoso e le allungate e appuntite mani da scheletro proprie della classe lich. Tiene lo scettro più potente in pugno e indossa la tunica da stregone di più alto rango mentre sta seduto come Re Conan nel finale di Conan il Barbaro di John Milius. Momonga aspetta, da eroe che ha raggiunto e avuto tutto da quel videogioco, l'ultimo momento, la mezzanotte e la fine della sua vita virtuale su Yggdrasil. Ma poi ecco l'imprevisto/star-previsto. Passa la mezzanotte e il comando virtuale per fare il logout "sparisce". Momonga è intrappolato nel gioco e il gioco stesso inizia a cambiare. Momonga e la sua Grande Tomba di Nazarick sembrano essere stati trasportati in un luogo nuovo, un mondo nuovo fantasy dove però valgono ancora i poteri e i titoli del lich. I servitori virtuali del castello sembrano più "vivi" e sono commossi dal fatto che uno degli eroi leggendari che hanno servito non li abbia abbandonati e davanti a tutta questa gratitudine e potere Momonga è più felice che spaventato dalla prospettiva di morire in modo atroce per fame e sete mentre è collegato a un videogame. Sarà perché indossa i pantaloncini dei Fremen? 


Il nostro eroe ha davanti a sé dei personaggi creati dai suoi amici giocatori, quasi dei loro fantasmi concettuali ma in fondo delle creature che non lo fanno sentire solo e ben voluto. Decide giusto, con i suoi "poteri da giocatore", di cambiare il carattere di uno dei servitori virtuali, rendendo innamorata di lui la sexy diavolessa Albedo. Con un click il nerd Momonga, un po' subdolamente e pateticamente, decide quindi di crearsi la compagna di vita che non ha mai avuto e con un secondo click compie un'altra scelta importante. Se non esiste più fisicamente il clan Ainz Ooal Gow, sarà Momonga a incarnarne la forza, le conquiste e i ricordi. Per questo da quel momento decide che sarà lui stesso ad assumere il nome di Ainz Ooal Gow. Certo, c'è certo da trovare un modo da tornare al mondo reale, magari facendo affidamento sul fatto che qualche altro giocatore di Yggdrasil sia rimasto come lui intrappolato nel gioco e che prima o poi, esplorando quel nuovo mondo, qualcuno finirà per incontrarlo. Però non ha troppa fretta il nostro eroe, anche perché sta iniziando a sentirsi diverso e, in modo sinistro, più simile al mago non-morto di quanto vorrebbe. Ainz Ooal Gow ragiona ancora con la voce del giocatore nerd che lo impersona, mentre la voce che sentono gli altri è un vocione cavernoso alla Batman. Il "giocatore interiore" di Ainz Ooal Gow è in fondo un simpatico cretino, che esplode in buffi soliloqui sul modo più o meno corretto di interpretare la sua "parte", sottolineando tutto il classico imbarazzo dell'imbranato giapponese medio quando si trova ad approcciare donne virtuali troppo sexy o deve compiere azioni percepite dagli altri come eroiche ma che in fondo lui sa che sono solo meccaniche di un videogame. C'è in lui tutta la disperazione possibile e immaginabile di un gamer, quando viene costretto dagli eventi a usare un incantesimo ottenuto come ricompensa di una sfida on-line multiplayer di un mese, un oggetto ottenuto magari non dormendo per due settimane. Ma qualcosa di umano da sempre presente in lui si sta spegnendo. Scopre dapprima di non provare quasi più alcun tipo di libidine e si ritrova mano a mano, pur per calcolo e dinamiche di gioco, a essere una persona spietata, indifferente alla vita. Un essere però che come gli spietati non-morti lich non hanno bisogno di cibo per vivere. Sta diventando davvero uno spietato Overlord, ma è una natura che Momonga prova a combattere. In cerca di soluzioni a questo problema e per poter esplorare il nuovo territorio in incognito, Ainz decide pure di crearsi una differente identità, il cavaliere Momon, per unirsi in una cittadinanze vicina al classico party fantasy da gioco di ruolo, composto da giovani "avventurieri in cerca di avvenuture". Sarà di colpo più interessato a conoscere persone nuove piuttosto che combatterle come si fa in un videogioco fantasy. Inizierà pure a fare maggiore affidamento sui suoi servitori, con la paura di essere più temuto che amato. Se in questo nuovo e strano mondo Ainz Ooal Gow può di fatto essere forte e potente come in Yggdrasil e può esserlo "per sempre", è l'umanità del nerd un tempo conosciuto in rete come Momonga a essere in pericolo. 



-Tra virtuale e reale, per lo meno scegliamo il "vitale": Overlord è una serie di Light Novel, di Maruyama, trasposta anche in un fumetto, con disegni di Miyama, portato in Italia da J-POP, è portata di recente in animazione dal prestigioso studio Mad House. Su Yamato Animation, il canale di YouTube gratuito di Yamato Video, è in corso, sottotitolato in italiano, lo streaming della seconda stagione, che esce intorno a martedì sera ogni settimana. Confesso che mi sono avvicinato all'anime con poco entusiasmo, spinto più dalla curiosità per l'ottima veste grafica e la potente colonna sonora. Il tema dei videogiochi che diventano un "altro mondo" dove vivere è affascinante, ma ormai già inflazionato e spesso gestito male. Se Sword Art Online riesce sotto chili e chili di belle lolite, due triangoli amorosi e tre spadate a occuparsi anche di tecnologia/parità tra i sessi, bullismo, autodeterminazione, malattia e disabilità, una simile ricchezza tematica non è presente in altre opere analoghe, che si limitano appunto a chili e chili di belle lolite, due triangoli amorosi e tre spadate. Peraltro Overlord parte in modo assurdo, presentando un personaggio che potrebbe morire se non si stacca dal videogioco, ma che davanti a questo fatto "non gli frega". Poi però la storia si arricchisce di strane sfumature malinconiche e diventa quasi terreno da studio sociologico su cosa sia essere un gamer. Il tono della narrazione è solo apparentemente leggero e Overlord butta fuori tutta la sua animaccia oscura. Insomma, non è la versione fantasy un po' sfigata di un Detroit Metro City che mi ero immaginato. E in qualche modo, se sei un giocatore, ti fa un po' "guardarti dentro", soprattutto perché mi ha ricordato i bei tempi andati di quando stavo attaccato al pc con Diablo 2 della Blizzard. Avevo un negromante cattivo cattivo e onnipotente, carico di armaturone e scheletri come il nostro Ainz. La visione di Overlord mi ha fatto venire voglia di scaricare il negromante di Diablo 3 per la play 4. L'esperienza del MMORGP l'ho un po' bypassata, oggi mi diverto con un MOBA come Overwatch, sempre di Blizzard, ma credo che tra un MMORPG e un gioco alla Diablo, se inseriamo nell'esperienza gli amici delle chat e le battaglie insieme a cercare pezzi rari di armatura ci siano ricordi simili. In Diablo, se ci pensi un attimo, in una mezz'ora di gioco puoi sterminare, nel contesto di una cattedrale maledetta con gente fatta a pezzi sparsa dappertutto, una piccola nazione di diavoli e mostri vari e poi puoi ricavare dai loro cadaveri bombe e scheletri combattenti. E' tutto dannatamente creepy ma è gotico, con una musica "calda" sinfonica in sottofondo, affascinante in ogni dettaglio, dalle caratterizzazioni agli oggetti di gioco. Overlord ha un mondo meno cupo di Diablo, ma con la stessa logica in testa. Ti fa empatizzare con dei personaggi, te li fa squartare davanti ai tuoi occhi, a tradimento, per mano di due diavoli e poi ti dà la voglia di vendicarli facendo sgorgare ai Diablo stessi fiumi e fiumi di sangue. Pur se ci innaffi sopra tutta l'ironia del mondo, il dato rimane. Prima passi il tempo a distruggere demoni, poi diventa routine e passi il tempo a distruggere demoni per ottenere oggetti speciali da collezionare o usare. E fai questo salto emotivo in un lasso di tempo brevissimo! A un certo punto la storia non c'è più e sei solo tu che distruggi roba per avere oggetti all'infinito, nella speranza fiduciosa di trovare oggetti rari quanto di vincere al gratta e vinci. Ed è tutto così semplice, bello e appagante che ci stai dei mesi. Se ti piglia troppo inizi a seguire gli eventi stagionali online collegati mettendo spesso da parte tutto il resto, in cerca di quel mondo che sa gratificati sempre e comunque. Ti ritrovi davvero dopo un po' a sentirti come un lich. In tre mesi potevi seguire un corso di judo reale, trovare amici e buttare giù due o tre chili, invece sei rimasto a casa e sei diventato un re lich, con in più la voglia sempre maggiore di preferire gli amici virtuali a quelli fisici, che puoi incontrare a tre chilometri. 


Overlord parla un po' di questo, della "perdita dell'umanità", potremmo dire usando dei paroloni. Una perdita alla quale comunque il nostro protagonista dal volto scheletrico (che potremmo pure essere noi stessi in senso lato, poiché il vero volto umano di Ainz non lo vedremo mai) cerca di far fronte, in modo impacciato ma comunque umano. C'è un momento della trama (più di uno in verità) in cui Ainz potrebbe resuscitare un personaggio, che è una magia in fondo "base" nel mondo fatato di ogni gioco di ruolo, ma decide di non farlo. Il problema è il "costo dell'incantesimo", ma di fatto per un costo esiguo lui non fa la cosa giusta e questo ha delle ripercussioni. L'anime, sommerso nella sua ironia e assurdità, ci dice che anche se, in un mondo ipotetico, l'esperienza maturata "perdendo tempo" sui videogiochi contasse qualcosa (anzi molto) e ci desse dei crediti, facendo di noi delle persone importanti per la società, non è detto che sapremmo usarli al meglio. Ma possiamo pur sempre provarci, mediando realtà e finzione dove possibile, non escludendoci dal mondo reale per fuggire in un epico mondo virtuale. Questo per me è il cuore interessante di Overlord. La seconda stagione poi ha un cambio di punto di vista interessante, mettendo il nostro eroe in disparte e soffermandosi sugli altri personaggi. In questo modo si ha una diversa percezione (spesso devastante) dell'impatto che le scelte di Ainz provocano sugli altri personaggi. Ed è un meccanismo curioso, supportato da un'ottima gestione del casting dei personaggi, che mette ancora più da parte la componente ironico-umoristica dell'opera, andando a colpire su sviluppi emotivi per me più interessanti. Insomma, questo Overlord non è affatto male, ma dovete andare oltre alla patina iniziale, alla confezione da giocattolo da intrattenimento di classe, per trovarci le cose migliori. Riuscirà il nostro eroe a tornare nel mondo reale o ora di fatto è già morto e si trova nel paradiso sognato da ogni giocatore troppo solo (ed escluso dal mondo e dagli affetti volente/nolente) dei giorni nostri? Andremo avanti a seguirlo fiduciosi.


Il fumetto non è male, anche se c'è meno gnocca che nell'anime e più World building dello strano scenario in cui è arrivato Ainz. L'anime non è niente male, anche se fa un po' l'opposto di cui sopra. Per gli amanti del fantasy che cercano qualcosa di spensierato si può seguire l'opera anche solo per divertirsi, essendo le elucubrazioni sul personaggio di Ainz un aspetto sottile (ma sublime) della narrazione. Alla fine il nostro protagonista potrebbe sembrare anche solo un mago eccentrico proveniente da un'altra dimensione, un po' come avviene in Magic Knight Rayeath delle Clamp. 
Molto carino il fatto che spesso la serie giochi sugli stereotipi degli eroi fantasy, spesso ribaltandoli in modo grottesco o tragico. Guardare per scoprire come!
Mi piacerebbe tanto che Yamato tirasse fuori un blu ray doppiato in Italiano, e adorerei Maurizio Merluzzo su Ainz. Io la butto lì... 
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P.S.: il popolo dei rettili è fighissimo, c'è una donna lucertola così sexy che non sfigurerebbe su playboy.

venerdì 9 marzo 2018

DanMachi - la recensione della serie TV in streaming gratuito sul canale YouTube di Yamato Animation




- Sinossi fatta male: il nostro eroe si chiama Bell Cranel, è il classico ragazzino giapponese magrolino, sfigatello, con gli occhioni dolci, timido ma pieno di vigore e di belle speranze, altruista e buono fino al vomito e circondato perennemente di gnocche con cui non scopa. Bell fa di professione l'avventuriero e condivide una casetta diroccata con la sua dea, Estia, una ragazzina troppo carina per essere vera, che sotto un vestito elegante e sexy gira in ciabatte, piena di gioia di vivere e amore per lui, al punto da coccolarlo di frequente, stringendolo con una misura importante di seno. Perché sì, uomini e dei possono vivere insieme sotto lo stesso tetto, aiutandosi a pagare le bollette della luce.  Siamo in un mondo medioevale fantasy in cui le divinità (un po' di tutte le culture) sono scese sulla Terra a vivere tra noi, annoiate di stare da troppi anni in cielo/olimpo/altro. Gli umani si uniscono sotto una divinità diventando la sua "famiglia" e gli dei conferiscono ai loro affiliati la "grazia", un potere mistico che permette loro di diventare avventurieri e affrontare i mostri fantasy che si trovano un po' ovunque. Combattere mostri è il core-business locale, organizzato da una Gilda che conferisce incarichi a pagamento. Sconfiggere i mostri significa ricevere in cambio delle pietre particolari da cui si ricava, con un metodo ancora poco chiaro e probabilmente non del tutto eco-sostenibile, l'energia primaria che fa muovere ogni cosa. Gli avventurieri consegnano le pietre alla Gilda e questa li converte in moneta sonante con cui pagare le bollette, la casa e in genere poter "vivere". In pratica il lavoro principale in questo mondo è abbattere mostri come avventurieri o dedicarsi, se non si è abbastanza forti o si è stufi della lotta, alle attività correlate per equipaggiarli, supportarli, dargli da dormire e mangiare. Gli dei permettono agli avventurieri di diventare più forti dopo ogni scontro, fungendo un po' da sistema di crescita di un gioco di ruolo. Tutto è di fatto un mega-gioco di ruolo, con aree zeppe di mostri divise per livelli di difficoltà e avventurieri che salendo di livello salgono anche di fama. Il nostro Bell è un avventuriero di livello 1 e appena lo conosciamo è completamente coperto di sangue di Minotauro dopo che gli ha salvato la vita una avventuriera di livello 6, Ais Wallenstein, che appartiene alla ricca e prospera famiglia della dea Loki. Bell ha un autentico colpo di fulmine per Ais e giura che un giorno sarà lui a salvare lei e solo dopo riuscirà a chiederle un appuntamento. Da allora decide di impegnarsi e di dare lustro pure alla famiglia di Estia, che è sfigata al punto che per sopravvivere la dea è costretta a lavori part-time come commessa in vari attività cittadine. Più mostri abbattuti, più pietre che diventano soldini per prendere una sede meno sfigata e diroccata per contenere più affiliati e un grande amore da conquistare. Riuscirà Bell a compiere la scalata, partendo dalla scelta dell'armatura e dell'arma e dalla conoscenza delle tecniche di combattimento più efficaci? 


- Ma dove l'ho già sentita questa storia? Ah già, ovunque!!! La trama di questo anime, tratto da una graphic Novel di successo e tuttora in corso, non brilla per particolare originalità, collocandosi più o meno  nel genere "harem con declinazione action fantasy". Il sotto-genere "harem" è un filone in cui al protagonista (in genere un ragazzino così buono, gentile e altruista da sembrare inverosimile che si identifichi il lettore medio) capita di frequentare tutte le tipologie di donne possibili, riuscendo ad affascinarle tutte. È un tipo di lettura che per me può anche avere effetti positivi sull'autostima, anche perché "l'eroe" ha successo più per sue capacità morali che per attributi fisici, in cui l'impegno nel diventare persone migliori è sempre premiato. È una sfumatura narrativa tra le più trattate negli ultimi anni dai jappi, anche perché molto duttile a veicolare tematiche anche importanti (il bullismo, la diversità di genere, la disabilità, il successo scolastico e le sue conseguenze ecc.), ma non è sempre in grado, di per sé, se non supportata da un'idea di racconto interessante, di reggere da sola un'opera finale. Spesso creare intorno a un personaggio "neutro" e "buono per tutte le stagioni" un harem è anche una soluzione facile, che si affida alla routine di scrivere una serie determinata e definita di archetipi femminili-tipo.  Ma DanMachi, anche se di fatto è più sbilanciato sull'aspetto harem rispetto al racconto action-fantasy, riesce a essere divertente, ben scritto, pieno di momenti commoventi e umoristici. Dal punto di vista tecnico l'opera di J.C.Staff è davvero molto valida, dalla cura degli ambienti ai personaggi fino alle veloci ma esaltanti scene di combattimento; tutto funziona, è animato fluidamente e in genere un paio di spanne sopra alle produzioni anche più blasonate dal pubblico. In un attimo si arriva all'ultimo episodio della prima stagione (con la seconda prevista per il 2018) e già si ha la voglia di passare al suo spin-off DanMachi: Sword Oratoria, anche lui già in streaming. 
Il confronto con Sword Art Online spesso viene fatto, perché  anche se le due opere si muovono in territori diversi sono comunque legate a un'ambientazione da videogame per lo più fantasy. Se sul lato delle idee narrative Sword Art Online è più forte e interessante, sul piano prettamente dell'action e della tecnica realizzativa i prodotti se la giocano bene, e in molti casi DanMachi mette in scena combattimenti integrati alla trama pure più fluidi e convincenti. 
DanMachi è consolatorio come un budino al cioccolato alla fine di un pranzo. Non cambia la vita dello spettatore in modo travolgente e non ambisce certo a rivoluzionare il genere fantasy, in quanto di fatto riproduce in animazione le prime ore di gioco di un qualsiasi gioco fantasy, che sia cartaceo o digitale. Ma tutto funziona bene, è gradevolissimo e dopo poco ti coinvolge in un mondo che sotto la scorza non è nemmeno così  banale. 
Yamato Animation ha portato gratuitamente sul suo canale di YouTube, con sottotitoli in italiano, tanto DanMachi che Sword Oratoria e vi invito un po' a scoprirlo, se siete in cerca di un prodotto rilassante, curato e pieno di ragazze carine. Potrebbe essere anche una bella occasione per appassionarsi ai giochi di ruolo, intervallando la visione con una partita o due a Monster Hunter World, Diablo 3 o un MMORPG. Fatevi un giro tra i dungeon di J.C.Staff e fatemi sapere. 
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domenica 17 gennaio 2016

Speciale amarcord: Baldios - L'apoteosi della sigla generalista dell'era pre - Cristina d'Avena

"Buona sera, me lo da un Baldios?". E checcavolo sarebbe un Baldios poi? Ora provate a schiacciare play sul video qui sotto e a chiudere subito gli occhi, limitatevi ad ascoltare il testo.


Certo non aiuta molto sapere che a cantare questo pezzo sia il sedicente "coro di Baldios". Senza le immagini a corredo un "Baldios" potrebbe essere benissimo un robottino da cucina anni ottanta.


Potrebbe essere pure un digestivo.

Invece ascoltando queste note noi, che all'epoca come cantava la sigla eravamo "i giovani che credevano negli eroi", noi "girellari fieri", ancora oggi, ci esaltiamo. Anche senza le immagini pensiamo subito a uno specifico anime,  glorioso anche se un po' sfigato, realizzato dalla  Ashi per la Toei e venuto alla luce all'inizio degli anni ottanta. Uno di quei cartoni animati ultra drammatici alla Zambot, per intenderci, struggenti e pessimisti, melodrammatici e caustici in modo esagerato. Con animazioni che ancora oggi appaiono invecchiate pochissimo, musiche evocative, mecha design da paura che vende ancora modellini in metallo da 300 euro. Baldios aveva e ha ancora "i numeri".


Futuro. Marin, il protagonista, era un alieno e come Actarus era giunto sulla terra per salvarci da altri alieni cattivi a cavallo di un robot enorme. Ma non fu altrettanto fortunato. L'eroe cercava aiuto nella classica base - centro di ricerche - silos dove si parcheggiavano i robottoni anni '70 - '80, ma tutti gli rispondevano picche. Perché i terrestri lo squadravano subito male, pativano subito un complesso di inferiorità. Marin andava in giro con un robot che era fighissimo, di una potenza spropositata e che per questo nell'anime si vedeva davvero poco. Un colosso che peraltro non aveva mai la gioia di pestare duro qualche mostro spaziale, limitandosi a poter schiacciare astronavine piccole e fastidiose come mosche. E poi perché doveva sempre essere Marin a guidarlo mentre gli altri piloti terrestri dovevano limitarsi a "comporre il giocattolone" guidando delle astronavine brutte che diventavano le gambe del colosso? Che fine aveva fatto la democrazia robotica di Getta Robot? Niente da fare, pilotava Marin. Oltre ad avere il robot "più grosso" e a guidare la rispettiva astronave più bella, Marin stava sull'anima probabilmente anche perché era davvero un Figo. L'eroe più gnocco degli anime di sempre. Sguardo languido, ciuffo vaporoso e ribelle, fisico da rockstar e movenze da vero principe azzurro. Occhioni intensi lontanissimi dallo sguardo da pazzo di gente come Tetsuya del Grande Mazinga o Ryoma di Getta Robot. E con una tutina elegante su misura faceva sembrare pure Aram Banjo un burinaccio di periferia. Roba che le bambine di inizio ottanta preferivano Marin a Terrence di Candy Candy. Anche perché c'era dietro alla storia dell'eroe spaziale anche tutto un intrigo amoroso a tre. E una "dei tre" era proprio una dei suoi più acerrimi nemici, una manza aliena da paura legata a lui da intrighi degni di Beautiful. Come conseguenza di ciò Marin piaceva parecchio al pubblico femminile ma stava sinceramente sulle palle a tutto il resto del cast e un po' pure a molto del pubblico del maschietti, soprattutto i più piccini, che da un cartone animato coi robottoni si aspettava di vedere dei cavolo di robottoni che si menavano. E ovviamente non arrivavano mai, perché inoltre in Baldios si parlava un casino e c'era tutto un discorso sui cattivi in fondo non così cattivi, sulla politica e sul rispetto del diverso. Baldios faceva pensare.


Purtroppo per questo Baldios "non finiva". Fu tagliato il budget per i bassi ascolti. Da 39 episodi previsti si chiuse baracca a 35. Ma a sorpresa Baldios il fandom se lo era comunque fatto. Così la storia venne "riaggiustata" in tempo record da un film che lo sintetizzava e chiudeva. Ma che, in perfetto stile giapponese, incasinava tutte le premesse rendendolo una storia alternativa. Un film comunque imprescindibile tanto per i fan che per chi è neofita. Soprattutto per le romanticone e i romanticoni, che apprezzeranno parecchio il suo finale. 
Oggi Yamato Video, che ha già editato la serie e il film da tempo, mette tutto in un unico cofanetto a prezzo imperdibile. Per i nostalgici una occasione ghiotta, anche perché i master sono ancora buoni e gli occhioni di Marin sono profondi come un tempo. E rivederlo da adulti è davvero un'esperienza gustosa e diversa dal solito. Un bel recupero. 
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martedì 2 settembre 2014

Torna Goldrake per combattere di nuovo i terribili mostri di Vega


Maaaa chi èèèèè..... maaaaa chi èèèèèè? Vola nello spazio avvolto nel suo disco volante non identificato. Mangia libri di cibernetica, insalata di matematica e ama andare a giocare su Marte perché gli autori della sigla italiana sostanzialmente non sanno di che cazzo parli questo cartone animato e pensano che il protagonista sia E.T. Si chiama Grendizer ma da noi esce con un nome che fa rima con Mandrake, stesso nome con cui viene pubblicata (storia vera) una serie di romanzi poliziotteschi-erotici. Sarebbe il terzo anime di una "trilogia del bullone" di Go Nagai, ma esce da noi per primo, perché l'eroe cavalca nel Far West come fosse Gringo e si vende meglio tra i tanti cowboy spaghetti anni '70. Uno dei pezzi più importanti dell'animazione giapponese di sempre. IL teoforo generazionale di riferimento per la storia degli anime giapponesi in Italia. L'opera che ha reso grandi e immortali i nomi di Go Nagai e Shingo Araki. L'opera la cui sigla italiana di coda, Shooting star si ballava in discoteca. Pubblico giovane estasiato. Mamme invasate che si incatenano ai cancelli della Rai per chiederne la cancellazione della programmazione in quanto troppo violento. Le madri di ieri hanno vinto e le madri di oggi non si incatenano più: la tv è piena di orrendi-rassicuranti cartoni animati per bambini dai due ai 3 anni e mezzo, privi di qualsiasi contenuto, che li fanno crescere senza valori e come potenziali serial killer. Ma all'epoca questo cartone animato ha fatto il botto, come è uscito dalla Rai sui canali privati sono esplose milioni di serie animate giapponesi, di tutti i tipi e a tutte le ore. Alcune subappaltate e non pagate, come italietta vuole, ma è altra storia. Piccoli nerd e giovani lettori di Blek Macigno e Tex Willer hanno appreso a spugna come cavie del trattamento Lodovico di Arancia Meccanica quanto fosse straordinario il Sol Levante animato.  L'opera primigena negli anni non ha fatto che accrescere in fama ed è straordinario notare come invecchi ancora oggi benissimo, risultando con sguardo moderno perfino più curata nella grafica di opere di decenni successive. Doveva tornare. I collezionisti la bramavano. Qualcuno in passato ha già provato a portarlo in Italia in Dvd, ma non ha finito l'opera. Oggi la Gazzetta dello Sport e Yamato Video riprovano l'impresa e offrono la saga in edicola e prossimamente in home video. Bentornato Actarus! Avevamo davvero ancora bisogno di te in questo brutto mondo! Sigla! Quella più bella! Quella che dà la carica!


Vai, contro i mostri lanciati da Vega. Gli ufo piovono come grandine e vogliono distruggere tutto. Il pianeta Vega ha pronta una intera delegazione di mostri e soldati da sbarco per portare la democrazia nel nostro mondo. Ma ecco che dallo spazio arriva un eroe a bordo di un cazzutissimo, enorme, ufo robotizzato. Chiede solo vitto, alloggio e un enorme hangar sotterraneo tra rocce e cascate a vista, possibilmente equo canone. Si chiama Actarus. Alto, sulla ventina, single. Capelli castani, mento volitivo e sguardo profondo. Ama cavalcare sotto la Luna, ascolta Adamo e i Profeti. Gli piacciono gli uccellini. Ha la voce di Romano Malaspina, ma non è cattivo come tutti i personaggi che Malaspina doppia nella Signora in giallo... cavolo avrò fatto spoiler...

gli piacciono gli uccellini
Trovata una location adatta in America, costruita in un pomeriggio come insegna Extreme Make Over, può qui riporvi il suo robot gigante, con tanto di alabarda spaziale, lame perforanti e mezzi di supporto vari e diventare tanto l'idolo locale per le ragazze quanto il salvatore del mondo contro una razza aliena che lombrosianamente è composta da tizi brutti e cattivi che sfruttano animali alieni combinandoli con tecnologia anni '60 per combattimenti clandestini. Brutti alieni bluastri spietati e dalle orecchie a punta, amanti di mantelline e cappucci stile puffo. Certo che a rivederli oggi assomigliano un casino ai puffi...

dietro al comandante mi pare ci sia Brontolone
Ma contro i terribile abitanti di Vega Actarus non è solo. Un ricco cast di comprimari all americans, tutti rigorosamente vestiti come in Sartana non perdona. Del resto l'America è ambiente ideale per gli Ufo da sempre, in virtù della fantomatica Area 51. E quindi vai di stereotipi americani, tra deserti e praterie, con ranch e cavalli,  le Colt a vista, improbabili bavagli alla Boss Hog al posto di cravatte, sombreri messicani, pantaloni a zampa di elefante come se piovessero, giacchette a frange. A riguardare le puntate pare davvero di leggere Tex Willer, ma per quanto riguarda l'abbigliamento all'epoca zampa di elefante, frangette e Little Tony erano perfettamente di moda. Certo fa strano nello stacco con i combattimenti tra robot, ma va tutto benissimo. Peraltro il cast è riuscito nell'essere divertente e variegato, con uno straordinario vecchietto spalla-comica così spassoso e stralunato che sarà pure ripreso in Cutie Honey. Il professore, stoico e rassicurante, è abbastanza canonico nell'immaginario nagaiano (parlo di Yumi, non di pazzi come i Kabuto o Saotome), così come la figlia sempre allegra e abbastanza ingenua da essere oggetto dei piccoli siparietti sexy con il ragazzino di turno (io odio tutti i ragazzini di turno delle opere di Nagai, peraltro), ma quello che è davvero originale è il loro rapporto con l'eroe, davvero un personaggio nuovo come concezione, quasi un semi-dio (non a caso in Mazinsaga porta ali d'angelo). Le meccaniche sentimentali che scaturiscono sono sempre interessanti e giocano sui temi della diversità e comprensione, similmente a Jeeg, non è un male. Certo Actarus come alieno con permesso di soggiorno se la passa meglio della famigliola di Zambot 3.  Anche la sorella di Actarus, Maria, che arriverà più avanti nella serie è un personaggio non banale e carico di fascino.


Tra i comprimari figura anche Koji Kabuto, lo storico pilota di Mazinga Z, inviato in America per studiare già dai tempi del Grande Mazinga. Koji è l'unico a vestire diversamente, sfoggiando la classica divisa scolastica giapponese. Mistero. Koji è anche un po' il tramite culturale, il giapponese impiantato in America, probabilmente l'occhio del nipponico sul mondo occidentale. Un occhio nipponico che vede appunto gli amercani come Cowboy mente noi italiani come abitatori di case di fango (vedi Holly e Benji). Certo all'epoca della prima messa in onda chi fosse Koji non lo sapevano in molti il Italia, proprio perché Mazinga e Grande Mazinga sono stati portati da noi in seguito. Ma fa comunque tristezza vedere il mitico Koji, pilota dello Z dai Raggi fotonici, per meglio cedere il posto al nuovo eroe alieno guidare il triste ufetto di supporto, una specie di contenitore per le uova, perennemente vittima di guasti tecnici ed esplosioni. A sfregio pure la nuova tutina con casco che gli affibbiano risulta bruttina e sfigata, con elmo che richiama una versione per poveri dell'elmo di Goldrake.


a dare maggiore insulsaggine al personaggio, viene scelto per lui un nome che trae spunto da una nota marca di tonno in scatola, all'epoca piuttosto attiva nella pubblicità.


Riusciranno i nostri eroi a salvare il mondo?

Il mondo salvato da Goldrake lo ricorda ancora.  Sono passati trent'anni ormai o quasi. La Goldrake-mania è esplosa e il mondo si è riempito di fan adoranti. Il cartone animato classico è nello scrigno Toei - Dynamic ma Actarus in animazione non è più tornato.  Poche sporadiche apparizioni, come nel Pazzo Mondo di Go Nagai e in qualche gioco della serie Super Robot Wars, qualche nuovo modellino dallo stile rinnovato, poco altro. Negli ultimi anni abbiamo vissuto il ritorno in animazione di Getter Robot, Jeeg, Mazinga e Grande Mazinga, ma Goldrake non ha ancora goduto di una nuova, attesissima, trasposizione animata. Segno che forse il titolo al di là della nostra penisola non è mai stato così "caldo", forse. Me ne dispiaccio, riguardando oggi le foto di quando avevo quattro anni e correvo felice per casa con un elmo col le corna gialle ricavato da un fustino del Dixan. Noi italiani "anni '60-'70" amiamo alla follia Actarus, tanto quanto Lupin Terzo, roba da dna. C'è gente che riascolta ancora oggi nell'autoradio le musiche della serie, gente che non si alza alla mattina senza le note di Ufo Robot.


L'oggettistica dedicata o ispirata vende ancora tantissimo. Ho un amico ( ciao Marco! : ) )  che è riuscito a trovare questo bellissimo gufetto. Da noi Actarus non è mai passato di moda e l'Italia produce, per i giapponesi, vendutissime figure in metallo di Goldrake dai prezzi folli. L'eroe non è dimenticato, ma le nuove leve non lo conoscono magari o, peggio, nella nuova ondata "robotofoba" non ambiscono a conoscerlo.

Giunge quindi con questa nuova proposta della Gazzetta dello Sport il momento di "contarsi", vedere sulla grande distribuzione e a un prezzo popolare quanta gente è ancora interessata a questi personaggi e alle loro storie. Racconti che profumano di epica tanto epica quanto western, senza tempo e dal fascino tuttora invariato. Magari se i numeri ci saranno grazie anche al supporto di persone che di solito non seguono il mercato delle fumetterie, sarebbe bello ritornare al cinema come negli anni '80 a vedere Mazinga contro Goldrake. Magari e i numeri saranno stratosferici un nuovo film o serie animata potrebbero venire fuori e noi saremmo contentissimi di vedere nuove avventure di Goldrake. Per oggi siamo però contenti così, pronti a commuoverci nel risentire il grande Romano Malaspina invocare una alabarda spaziale.
alabarda spaziale!!!!!!

Da parte di tutti i bambini cresciuti con un elmo di cartone con le corna gialle, un grazie a Yamato Video e alla Gazzetta dello sport. Ci hanno di nuovo fatto tornare piccini e non vi è regalo più bello.

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martedì 1 aprile 2014

I Cavalieri dello Zodiaco: Hades Chapter

Annuncio dell'home video by Yamato Video


Era ora! Non ci si sperava più!!! Dopo una messa in onda faragginosa di poco tempo fa su Italia 1, con orari sempre ballerini e incazzatura congenita dei fan che per anni, anni, anni e anni, dalla lettura a metà dei '90 del manga by Granata Press, la attendevano, finalmente Yamato annuncia in home video, e quindi finalmente visibile come Zeus comanda, l'Hades Chapter dei Cavalieri dello Zodiaco. Non è stato facile a quanto pare, ma alla fine la casa distributrice di Milano ce l'ha fatta e ora potremo tutti godere del terzo capitolo della serie, in attesa che Kurumada (tra 10, 15 anni) finisca il capitolo quattro.
I Cavalieri in Italia sono ben oltre una passione passeggera, sono una specie di religione. Esistono di fatto due macro fazioni di fan, i fedeli al doppiaggio “storico” e i “puristi”, a sua volta divisi in sotto-fazioni di fan che amano o meno i “bronzini” o amano o meno la saga di Asgard, a sua volta divisi in “chi ama solo le armature” e “chi ama tutto di tutto”. Tutti sono a ogni modo accomunati dalla medesima passione, collezionano modellini, dvd, fumetti e alimentano un mercato che dagli anni '80 è ancora floridissimo.

Mancavano ancora all'appello in animazione home video l'esercito di Ade con le sue armature pazzesche (e immaginiamo pesantissime), twist di trama sbalorditivi come il risveglio di Douko, il sacrificio di Orfeo, il riscatto del grande Kanon, le armature bagnate dal sangue di Athena e il sacrificio finale(?) di Seiya (da come parlo dite che si capisce a che fazione appartengo? Per Thor, mi sono scoperto!). Un capitolo bellissimo per pathos e disegnato magnificamente (vi consiglio l'edizione perfect by Star Comics..e poi passate a J-Pop per la Next Dimension per il "seguito"). Certo in animazione è forse un passo o due indietro rispetto ai fasti di un tempo. Per vedere qualcosa di al passo con i tempi sui cavalieri dovremo aspettare l'estate e il nuovissimo film in 3d, ma l'atmosfera c'è sempre, lo stile di disegno è ancora valido (prima della rivoluzione-involuzione dell'Omega)le musiche originali bellissime, i cavalieri d'oro di nuovo protagonisti, l'effetto amarcord parte in automatico.
Certo Ivo De Palma dovrebbe interpretare un quattordicenne, ma lui è e sarà sempre Pegasus e io voglio sentirlo ancora e ancora, il suo timbro è tesoro Unesco e mi fa tornare bambino ad ogni "iaiiii!!". Una volta mi sono pure interessato al sito di De Palma per sapere come avere una segreteria telefonica con la sua voce. Giuro, tutto vero, forniva (non so se lo fa più..)registrazioni di voce per segreterie di aziende e privati, personalizzate e professionali. Volete mettere in luogo del solito: "sono fuori, lasciate un mesaggio dopo il bip "un: "la persona che avete chiamato è al momento occupata, lasciate un messaggio dopo il ...FULMINE DI PEGASUS!!!" Devo averla.
Mediaset l'ha programmata male, costringendoci a lottare per la visione con i pargoli che volevano vedere la Melevisione. E non c'è nulla di più spietato al mondo di un pargolo pronto al piagnisteo se gli si toglie il programma che guarda, anche se a) non ne capisce il senso e guarda solo i colori; b) gli fa pure schifo e lo vuole imporre per fregio, come a tracciare il suo territorio nella zona soggiorno-cucina. Maledetti. Non vedo l'ora quindi di spararmi(metaforicamente) Ade come occorre, ossia integralmente, strafatto di red bull, in un devastante after hour non stop di un paio di giorni (mi darò malato) a cui volente o nolente inviterò pure Gianluca. Ogni tanto me li faccio ancora d'estate gli after sulle 12 case o Asgard e vivo felice. Non credo che il pargolo a quasi quarant'anni vedrà ancora la Melevisione. spero.
Grazie Yamato!

Seguiranno i dettagli dell'edizione ma l'attesa è già fibrillante. 
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mercoledì 5 febbraio 2014

Mazinkaiser



Sinossi: Mazinverso alternativo. Koji Kabuto ai comandi di Mazinger Z sta arrivando alla resa dei conti finale contro il Dr.Hell, ma può contare sulla manforte anche di Tetsuya Tsurugi, al comando del già completato e potentissimo Grande Mazinga. Rispetto alla macchina di Tetsuya lo Z appare come una macchina invecchiata malino, strutturalmente debole e poco incisiva se impegnata in uno scontro contro più avversari. Così, a seguito di un attacco di massa (cosa mai successa nella serie televisiva di Mazinga peraltro!) nonostante lo sforzo combinato dei due Mazinga e il provvidenziale intervento delle risorse belliche dell'Istituto di ricerca del dottor Yumi, la battaglia volge al peggio. Circondato, danneggiato e progressivamente smembrato, Mazinger si spegne come una bambola rotta, mentre i mostri meccanici stritolano il Pilder con all'interno Koji per poi staccare con forza l'abitacolo dalla testa del robot. Le armate di Hell guidate dal Conte Asura si impossessano così del robot mentre di Koji e del Pilder, scagliati lontano come un sasso, si perde ogni traccia. Nemmeno il tempo per le riparazioni del Grande Mazinga e per organizzare un tentativo di salvataggio per il pilota disperso e Asura torna alla carica dell'istituto di Yumi alla guida del vecchio Mazinger Z ricomposto e sinistramente riassemblato dalle maschere di ferro. É forse giunta la fine della resistenza umana quando entra in scena un misterioso nuovo robot, dalla stazza gigantesca e dal potere spaventoso. Una macchina da guerra che pare spinta dalla sola volontà distruttiva e non rifiuta di attaccare tanto le truppe di Hell che quelle di Yumi. Al comando di questo nuovo Mazinger si scopre esserci Koji, addormentato nella cabina di pilotaggio e riverso in stato catatonico.

Genesi: Sulla genesi di Mazinkaiser spesso viene tirata in ballo la serie di videogiochi strategici Super Robot Wars. Una serie strategica a turni che da anni sollazza i giapponesi presentando nel cast delle fazioni in lotta eroi e nemici di tutte le serie animate robotiche (o quasi) di sempre. Una serie famosissima che pure da noi venderebbe un casino, ma che ufficialmente da noi e nel resto del mondo non vedremo mai per via di problemi di diritti distributivi (che nessuno ha la voglia di dirimere con semplici clausole contrattuali... perché è insensato che un distributore di anime estero si pigli diritti all'uso dell'immagine di prodotti videoludici che comunque mai commercializzerebbe). Il bello di SRW è che si aggiorna quasi annualmente come un gioco di calcio di nuove “squadre e giocatori” a seconda delle nuove serie che mano a mano vengono rilasciate sul mercato. Il livello di fan service è tale che spesso i giocatori vogliono anche l'inserimento di personaggi originali da affiancare ai classici. Così un giorno alla Dynamic Planning, casa di Go Nagai che ne gestisce i robot, venne la richiesta di un nuovo robot della serie Mazinger. Nacque così graficamente Mazinkaiser e si mise in allestimento la serie di oav oggetto di questo articolo, usciti tra il 2001 e il 2002. Senza dubbio in ogni caso deve aver contribuito favorevolmente alla messa in cantiere del progetto il forte successo di Getter Robot The Last Day e del susseguente Shin Getter Robot vs Neo Getter Robot, opere recentissime la cui qualità ha decretato una autentica rinascita del robot nagaiani storici. Mazinkaiser pertanto ripropone lo stile apprezzato nelle opere sul Getter Team. Temi più adulti e violenti, di maggiore aderenza con il fumetto originale rispetto alla trasposizione televisiva, uniti a una rappresentazione scenica più grande ed apocalittica. Un aspetto visivo frutto della fusione tra un mecha design ultra curato e al passo con i tempi unito a un chara design che reinterpreta il tratto originale del fumetto evolvendolo. Se i chara di Getter riproponevano così una modernizzazione del tratto ruvido e potente di Ken Ishikawa, carico di personaggi muscolari espressionisti alla Corben, Mazinkaiser si ispira invece al peculiare e quasi orrorifico stile del maestro Go Nagai, caratterizzato da uomini segaligni con uno sguardo malato, sempre teso tra pazzia e umorismo. A completare la formula, viene riutilizzato gran parte del cast tecnico delle precedenti opere di Getter, replicando l'elevato livello qualitativo.

Un sequel che non è un sequel. Shin getter nonostante la sempre viva volontà dei giapponesi di rimescolare le carte e riscrivere parzialmente il soggetto poteva a tutti gli effetti essere considerato come una terza stagione delle avventure del team. Nuovi nemici, nuova trama, personaggi invecchiati o, meglio, “diventati grandi”, pronti a lasciare il posto alle nuove generazioni. L'opera ci faceva tornare ad apprezzare i nostri eroi per poi malinconicamente salutarli per sempre, al punto che Ryoma, Hayato, Musashi e Benkei non torneranno alla guida del Getter nemmeno in SGRVSNGR. L'opera risultava compiuta, appagante. Mazinkaiser è invece una sorta di re-visione delle serie Mazinger Z e il Grande Mazinga, si colloca su una linea temporale autonoma e prende strade diverse, arrivando a riscrivere in pratica tutto Il Grande Mazinga, episodio del film sul Generale Nero compreso. Un insulto ai fan di vecchia data? Un puerile bigino sbagliato? Mazinkaiser non è niente di tutto questo, ma un'opera appagante, divertente, frenetica e tamarra quanto basta. Un'opera che peraltro pone fine ad uno dei più ingiusti torti della storia dell'animazione.
Koji Kabuto. Le seria animate robotiche spesso parlano di piloti dalle capacità straordinarie alla guida di veicoli bellici dalle prestazioni assolutamente fuori scala, al punto che solo nominare un “attacco finale” equivale spesso a vincere a tavolino uno scontro. Questo in genere non vale per i robot nagaiani, dotati di moltissime armi, ma non per questo istantaneamente in vantaggio. Robot e piloti soffrono tra mutilazioni di arti robotiche, comandi che smettono di funzionare, agganciamenti che falliscono. Per questo i piloti devono essere il meglio del meglio del meglio (Men in black cit.). Tetsuya (soprattutto quello del manga ma pure nella serie animata non scherza) è un malato di perfezionismo, si sottopone ad allenamenti durissimi, valuta con tattica e decisione ogni situazione. Il trio del Getter è composto da un leader, Ryoma, estremamente arrogante e violento cui segue un numero due, Hayato, che è un intelligentissimo pazzo rivoluzionari o psicopatico dedito all'estrazione degli occhi delle sue vittime. A questi due pazzi fanno da collante alla bisogna persone integerrime come Musashi e Benkei (fa sorridere ma mica troppo che in Getter Re-model Musashi e Benkei siano sostituiti direttamente da un monaco buddista), ma nella lotta si dimostrano tutti piloti di livello assoluto (probabilmente perché possono menare qualcuno si sentono felici...). Senza tirare in ballo pure Jeeg e Actarus, in pratica dei superuomini se non semidei, il povero Koji Kabuto non è mai stato “al livello” e pertanto sovente è finito bistrattato. Nagai ce lo presenta subito nelle prime pagine quale uno studente fuori corso (forse il primo eroe ripetente della storia, avevo letto molti anni fa su un numero di Mangazine), bullo e attaccabrighe, completamente indisciplinato. Koji ha cuore, è coraggioso, ma perde sempre troppo tempo dietro a Sayaka, figlia del dott. Yumi e non è costante negli allenamenti. Potremmo vederlo anche come un eroe adatto a una storia divertente e sopra le righe. Non fosse per il fatto che Nagai punisce Koji severamente per la sua condotta. Così Koji e Mazinger vengono fatti a pezzi dal Generale Nero e salvati per miracolo solo dall'intervento del Grande Mazinga pilotato da Tetsuya. Nella serie sul Grande Mazinga poi Koji sparisce (e dire che il nuovo capo della Fortezza delle scienze è nientemeno che suo padre! Più bastardo di Gendo Ikari), Nagai lo ha mandato letteralmente “a studiare” e quando sporadicamente il nostro eroe viene richiamato in scena con il suo robot, così come nei film “VS”, fa spesso una magra figura. 

In Goldrake addirittura Koji non è nemmeno più degno di guidare un robot ma si limita a volare con un piccolo disco volate di supporto all'eroe di Vega, una condizione così umiliante che il traduttore italiano ha deciso di mascherare dallo sputtanamento il nostro eroe, affibbiando al suo personaggio il fittizio nome di Alcor (nome comune di marca di tonno in scatola pertanto). Certo potremmo ragionare sul fatto che all'epoca in Giappone non si facevano veri “sequel” e ogni anime prevedeva al centro dell'azione un eroe nuovo e autonomo per permettere al pubblico di poter seguire il nuovo lavoro senza doversi procurare quello vecchio (in un'epoca, fine anni '70, in cui, lo ricordiamo per la cronaca, strumenti di registrazione non ce n'erano o erano carissimi). Ma i piloti del Getter team ritornano più o meno tutti nel sequel Getter Robot G, per non parlare dei personaggi ricorrenti di Matsumoto come Harlock.
In Mazinkaiser il torto è riparato. Mazinger Z è sconfitto ma il pilota è vivo, vegeto e di nuovo protagonista delle vicende. Certo, peccato che le puntate siano così pochine.
Poche puntate. 7 Oav e un film. Purtroppo Mazinkaiser è “tutto qui”. L'opera deve essersi rivelata più cara di quanto il budget permettesse e per tenere elevatissima la qualità si è deciso di limitare gli episodi. È un vero peccato, perché se fosse stata anche solo una serie da 13 episodi la storia avrebbe potuto svilupparsi più armonicamente non dovendo rinunciare ad alcuni personaggi-chiave delle serie, conte Blocken su tutti. Nel complesso l'opera rimane molto bella e personalmente avrei sperato pure in un film ulteriore o miniserie ad hoc che magari congiungesse Mazinkaiser con Goldrake. Credo che chiunque ami i robot di Nagai quella serie la avrebbe vista con pura gioia. A questo già esiguo numero di episodi si aggiunge anche la dibattuta questione degli episodi 3, 4 e 5. Mazinkaiser parte a palla con un dittico di episodi strepitosi per ritmo e combattimenti, un autentico mini-film esaltante che alla prima visione mi ha fatto piangere come un vitello (ero al Quark Hotel di Milano per una manifestazione che purtroppo non esiste più e in quella saletta buia tutti avevamo le lacrime). Seguono questi tre episodi. 

Infine l'anime si infiamma ritornando una bomba atomica negli episodi 6 e 7 (peraltro l'ultimo pure lungo il doppio mi pare) poi concludere le vicende con un film galattico. Malignamente potremmo dire che le puntate in cui appaiono anche Tetsuya e Jun sono le più belle. Beh, è vero. Mi sono da subito accorto quanto pure a me mancasse più Tetsuya di Koji e sarebbe davvero figo vedere al giorno d'oggi un nuovo anime basato sul Grande Mazinga.
A monte quindi di episodi tesi, sincopati, piuttosto violenti che da subito hanno sconvolto e catalizzato l'attenzione dei fan, il trittico di cui sopra ha provocato per lo più schifo, indignazione, delusione. Ed è decisamente un preconcetto questo. Perché la fondamentale colpa di questi episodi è rappresentare la linea comica (lo dico “alla Boris”) della serie, aspetto ben presente e apprezzato in chi conosce le serie originali, cosa strana e non richiesta da chi cerca una serie action violento sincopato e stop. Ma è un dato di fatto, la fortuna delle serie di Mazinga deriva anche da comprimari strambi come Boss e la sua cricca, nonché da saccenti corvacci parlanti che paiono usciti da un episodio di Arale. Una comicità un po' burina, che si nutre di scoregge come di allusioni sessuali, che rappresenta bene il periodo storico di partenza e per questo in diretta sintonia. Certo per persone ultra-trentenni che mentre guardavano da piccoli Mazinga alla sera proponevano film di Lino Banfi come “Vieni avanti cretino”, scatta subitaneo l'effetto amarcord, si torna bambini e si arriva a richiamare vecchi compagni delle elementari per giocare a pallone. Per gli altri è solo una ingiustificata diminuzione di ritmo della serie e non vengono colti nemmeno i mille riferimenti agli anime e ai film della serie “vs” di cui sono letteralmente costellati questi tre episodi. Credo che sia in parte per colpa di questo assurdo qui pro quo che anche la serie Mazinger the Impact del 2009, pur bellissima, non ha trovato del tutto l'accoglienza che si meritava da un grande pubblico che pretendeva solo botte, botte e ribotte. Pace. 

Peraltro il capitolo 3 come il 5 riproducono storie e situazioni presenti nel manga e accantonate in animazione per eccessivi riferimenti sessuali e quindi sono a conti fatto un tassello mancante che non stona. Il cap. 4, quello a tema balneare, è un divertissment pieno di riferimenti alla serie Vs (episodio con Mazinga, Grande Mazinga e Getter Robot) e carico di quella sensualità sciocchina che si nota anche ne Il pazzo mondo di Go Nagai e Cutie Honey. Poi, ribadisco, pace, i gusti sono gusti ma non si può predendere che una figura tonda diventi quadrata. Rimane una parentesi che se volete potete agilmente saltare, anche in considerazione del fatto che Yamato video offre mazinkaiser più film a un prezzaccio ultra abbordabile, al punto da considerare i tre episodi regalati.
Ma quanto è figo il Mazinkaiser? Parecchio. Benché il design non sconvolga del tutto il disegno classico, cosa che invece accade con lo Shin Getter, il Kaiser appare maestoso, enorme, potente come non mai, pesante, aggressivo. Di conseguenza anche il nuovo Pilder è più tosto e performante e tutte le armi in genere rappresentano una estremizzazione dell'originale arsenale di Mazinger Z. Una vera forza della natura inarrestabile e incontenibile i cui danni collaterali sono drammaticamente rappresentati. La storia riceve da questa impostazione un tono più adulto e disperato. L'effetto straniante di tanta potenza viene combattuto portando in scena situazioni estreme in cui gli eroi spesso sono costretti a scappare disarmati contro mostri meccanici spaventosi, creature definitive contro le quali il Kaiser può rivaleggiare, ma il resto dei robot complementari alle vicende non può nemmeno scalfire se non mettendo in atto strategie estreme. Nella serie e nei film vengono così rappresentati scontri durissimi e altamente splatter, con punte di violenza molto alte raggiunte soprattutto nel film, una autentica strage animata nell'attesa di una rivincita che tarda sempre troppo ad arrivare. Se i buoni trionfano, i caduti sono troppi, inaccettabili, e alla fine della pellicola, quando gli spettatori dovrebbero godersi i titoli di coda, si rimane come dopo aver ricevuto un pugno allo stomaco a celebrare il requiem di personaggi per i quali nemmeno avremmo considerato di empatizzare. E sono più che certe che se fossero mancati gli episodi di natura più comica gli episodi finali non sarebbero risultati altrettanto drammatici.
Dimenticavo di parlarvi della colonna sonora. Tanto i brani degli oav che del film sono tosti e trascinanti, tamarri quanto potenti, vi troverete ad ascoltarli e riascoltarli come ebeti. Faccio fatica a scegliere il mio preferito tra The final countdown, In the Fire o la struggente Goodbye soldiers.
Mazinkaiser conquista e convince, divenendo una serie irrinunciabile di tutti i fan di Go Nagai che si rispettino (quelli che per lo meno vadano oltre all'anime classico).
Edizione italiana: Yamato video confeziona un bel cofanetto, disponibile in dvd e blu ray, che conserva il doppiaggio, molto ben riuscito, realizzato da Dvisual. Il volume va un po' regolato come sempre, ma facilmente troverete una combinazione ottimale. Il formato blu ray in special modo vanta una definizione grafica eccelsa. Completa la confezione un bel libretto illustrato. Decisamente un prodotto che ci sentiamo di consigliarvi. 
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