mercoledì 31 dicembre 2014

Dragon Blade : il trailer del film in uscita intorno a febbraio (ma non so se pure da noi, per ora)


Ricordate quella teoria, che si trova anche in un romanzo di Valerio Massimo Manfredi (autore italiano dalle strane sopracciglia dipinte), secondo cui delle truppe dell'esercito romano sarebbero arrivate fino in Cina e di conseguenza si sarebbero scontrate con eserciti dai pugnali volanti, alabarde magiche, kung fu e roba varia?  Bene, ne hanno fatto un film!!! Un film che pare pure bello tosto grosso e cattivo!! Vi butto direttamente così, senza filtri, il trailer, che dopo ci intratteniamo per bene...

Sì, il trailer ha misteriosi problemi audio... bah... comunque è tostissimo, non trovate?!!!
Tutte quelle robe che vengono dal mondo dei film con i sandaloni, con frasi di impatto tipo: "formazione a testuggine", "colonna unita", "sta mano po esse fero e po esse piuma". Insieme a tutte quelle robe del genere "colpo della gru spezzata", "mossa della scimmia ubriaca", "difendete l'onore del casato di Cho Won Fan Ghi Son Bing Moon!!!". E poi al centro dell'azione dei veri guerrieri badass del grande schermo, gente che non scherza quando si tratta di menare come Jackie Chan!! Il mitico Jackie Chan, che nella versione "con pizzetto" mi appare cool quanto Mickey Rourke!! E nonostante l'età mena che è uno spettacolo!!! E poi c'è lui, l'attore non-action più action di tutti, quello che abbiamo amato dai tempi di Predators e vogliamo vedere sempre più pompo e cattivo, il mitico e perfetto per i ruoli da matto (vedasi The Village) Adrien Brody!!!

"ora riprova a dirmi che so suonare solo il piano!!"
Dopo aver picchiato alieni rasta, è tempo di picchiare funamboli cinesi. The Rock, lo sappiamo, sta iniziando a veder vacillare il suo trono di action hero...
E infine, a chiudere il terzetto dei badass boy, quello più grosso, brutto e cattivo di tutti, il gigante senza paura che terrorizza il cinema da anni e anni con ruoli da spaccamascella: John Cusack!! Sì, cioè... Beh, ha fatto Con Air, di conseguenza è pure lui un action hero accreditato!!
Il regista è il grandissimo e per questo da noi sconosciutissimo Daniel Lee. Da noi è arrivato ufficialmente La vendetta della maschera nera, con Jet Li. Piuttosto introvabile come dvd e realizzato un po' così così, per una storia simpatica, stile Green Hornet. Se riuscite invece, recuperate in qualsiasi forma e lingua possibile il bellissimo, e ovviamente da noi inedito, Jin yi wei, conosciuto a livello internazionale come 14 Blades, un action "marziale" del 2010 con molto fantasy, molta love story e molte armi strane con protagonista il tostissimo Donnie Yen. Ai tempi visto anche al Far East Film Festival di Udine. Vi metto il trailer consigliandovi la pronta ricerca su amazon...


Daniel Lee ha stile da vendere, spesso è pure sceneggiatore delle sue pellicole e non disdegna lavorare anche con attori americano. In Dragon Squad per esempio, del 2005, ha lavorato, oltre che con la bessissima Maggie Q,  con Michael Biehn!!! Che dai tempi dei film con Cameron ha fatto in pratica di noto solo Planet Terror, ma che è sempre vivo e combatte con noi!

Jackie Chan deride i costumi e pettinature eccessive del resto del cast..
Il primo impatto con il trailer è valido. Brody sembra bello matto. Cusack un leader credibile e Chan sembre il solito Chan e quindi perfetto. Speriamo sia bello, lungo ed epico quanto La battaglia dei tre regni di John Woo. Vorremmo parlarvi ancora per ore e ore di questo progetto che lega combattenti dei "tre regni" con i legionari romani, magari sottolineando il fatto che si tratti di un Kolossal, per la precisione di 65 milioni di dollari, il film più costoso mai prodotto in Cina. Ma le notizie tradotte sono poche e il cinese lo conosco ancora meno. Certo pagherei per vederlo nelle sale italiane. Ma anche solo in home video non mi dispiacerebbe. Spero avremo occasione di riparlarne in un futuro non troppo lontano lontano.
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Candy Crush Saga Soda - l'eccesso di zucchero ai tempi degli smartphone

Su uno schermo si susseguono delle caramelle colorate. Mettine in fila tre dello stesso colore e scompaiono. Mettine in fila quattro e crei una caramella bomba. Mettine in fila cinque e crei una specie di macchina del tempo stile Terminator che fa esplodere tutte le caramelle su schermo dello stesso colore. Fai un quadrato di caramelle e compaiono dei pesciolini, che andranno sempre dove cavolo vogliono loro senza aiutarti un minimo. Fai detonare più caramelle bomba e fai scoppiare tutto lo schermo. Ricordati di rompere le caramelle a forma di bottiglia per far alzare il livello di soda nei livelli "liquidi". Salva gli orsetti sul loro buffo salvagente spingendo la soda verso l'alto. Trova gli orsetti ibernati e liberali con le combo delle caramelle colorate. Attento alla cioccolata che si espande all'infinito, un po' come il turpiloquio di chi affronta quei livelli.
Questo è il classico caos mentale di un puzzle game, anzi, di  uno scacciapensieri ideale per riempire il tempo quando si sta in coda o in treno, quando non si vuole pensare a niente.
La King, azienda informatica creatrice anche dell'ugualmente drogante Farm Hero Saga,  con questo giochino di caramelle, ambientato in un mondo fatato con in sottofondo un jingle quasi natalizio, probabilmente fa i milioni. E crea schiavi digitali pazzi di caramelle. Perché è un giochino che trovi gratis, ma se vuoi vincere o non aspettare ore tra una partita e l'altra, devi comprare vita extra e mosse extra. Chi non paga può entrare nel brutto tunnel della dipendenza. Chi paga in quella dipendenza è già arrivato alla fase acuta. Per avere vite extra si può chiedere anche agli amici via facebook. E così si possono pure rompere amicizie decennali, quando alle 4 e 40 di mattina ti chiama il tuo amico del cuore per chiederti una dose di caramelle. Perché se si entra nel mood, si sta davvero ad aspettare la mezzora necessaria per l'avvio della nuova partita, anche se sono le tre di mattina. Non dicevamo che va bene per ammazzare il tempo morto? Spesso il gioco si insinua nelle pieghe della giornata. Candy Crush Soda è follemente difficile e irragionevole perché appare del tutto randomico. Tutti i quadri sono fatti a caso e se si esauriscono le mosse possibili le caramelle si aggiornano, sempre a caso, deridendo ogni tipo di strategia di lungo corso. Ma l'animo umano, incline come è al gioco di azzardo, pensa di poter afferrare delle "regole", di aver intuito la chiave di volta per affrontare i livelli. Perché poi quando dopo settimane che sei impantanato in un quadro ti svegli, vai in bagno sulla tazza per espletare bisogni fisiologici e passi di colpo tre livelli, la giornata ti pare iniziata nel modo migliore.
L'unica soluzione è non farsi prendere troppo la mano. Perché poi nei tempi di attesa tra un game over e l'altro si inizia a giocare ad altri puzzle game identici quanto altrettanto randomici con palline colorate, cucciolotti, pulcini o streghette. Ma come fare a resistere a tutti questi colori, luci e divertimento assicurato. Come fai a non amare spot televisivi come questo?

Il fenomeno si sta espandendo a macchia d'occhio, il grande John Carpenter lo sapeva. Per me dietro non possono esserci che loro...


Presto il presidente della King sarà eletto presidente comprandoci con milionate di partite illimitate a Candy Crush.
Forse siamo ancora in tempo per salvarci.
O forse no.
In fondo siamo tutti felici.


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martedì 30 dicembre 2014

Dylan Dog n. 340 : Benvenuti a Wickedford - la nostra recensione mensile ..

L'ormai ex ispettore Bloch, dismessi i panni dell'ufficiale e rinnovato il guardaroba con una bella giacchetta a quadrotti da pensionato,  ora vuole farsi chiamare semplicemente "signor Bloch" e  ha preso casa in una ridente e tranquilla cittadina di provincia di nome Wickedford. Nel frattempo Carpenter sta affrontando l'ennesimo esaurimento nervoso dovuto al trovarsi a tu per tu con l'indagatore dell'incubo e il suo strano, surreale mondo. Così, dopo aver fatto impazzire il nuovo capo della polizia di Scotland Yard, Dylan decide di andare a trovare nella ridente provincia il vecchio amico e mentore. Bloch si è nel frattempo decisamente ambientato ai nuovi ritmi di vita, ha trovato un bel pub di nome "Hot Buzz", si intrattiene con il curato locale, viene chiamato in qualità di grande saggio ad aiutare il piccolo nucleo di polizia locale e gode di attenzione femminile. Un uomo decisamente nuovo e per nulla infelice, pronto a dispensare a Dylan dei consigli utili piuttosto che a togliergli le proverbiali castagne dal fuoco. Ma anche la provincia inglese più tranquilla non è esente dal lato oscuro. Così a Wickedford dei ragazzi fanno una brutta fine a causa di una lovecraftiana creatura. E il vecchio ispettore avrà forse così bisogno del suo vecchio allievo per sbrogliare la matassa.
Nuovo numero per la cosiddetta "nuova fase" di Dylan Dog. Già nei mesi passati si è parlato di Wickedford, la nuova casa di Bloch, che sarà nel futuro sede permanente degli episodi legati ai numeri speciali della testata. Un bel paesino, molto british, che gli autori dicono direttamente ispirato a pellicole come Hot Fuzz o ai racconti di Miss Marple. Una specie di Gubbio per Don Matteo o Cabod Cove per la signora Fletcher si direbbe, ma appunto squisitamente, fieramente inglese (mi ricordo una cittadina del sud del Regno Unito, dalle parti di Bath, letteralmente identica, le ricerche fatte per la caratterizzazione architettonica del luogo sono piuttosto valide). Un luogo felice dove vive gente felice e "moderna". Luoghi tranquilli dove però se vive un investigatore protagonista di un serial a puntate, ogni giorno o quasi ci scappa il morto. Anche la cittadinanza rispecchia il modello Fletcher-Marple-Gubbio-di-don-Matteo. Abitanti con rapporti familiari o lavorativi instabili, poliziotti devoti ma inesperti e fumantini, delitti che si perpetrano in capannoni fatiscenti in piena campagna, una viva cittadinanza che organizza feste, eventi e cerimonie varie al centro dei quali succede qualcosa di strano. Alla formula si aggiunge in questo numero, oltre alle atmosfere sognati tipiche della testata, un goccio di gotico lovecraftiano e una sentitamente riuscita scorrettissima (e quindi coraggiosa e non buonista... abbasso il buonismo facile e becero) evoluzione degli eventi.
La ricetta ci piace. Parecchio. Bloch è finalmente protagonista, al contrario di cosa accadeva nel controverso numero 338 dove era relegato a mera comparsa, burattino in balia del vento, in un episodio che doveva vederlo come perno.  Bloch nel 340 si muove e ragiona in un modo (per certi versi) nuovo e interessante perché è un personaggio che ha conosciuto e capito le regole del mondo del fumetto in cui si trova, come una Dana Scully nelle ultime stagioni di X-files. Dylan lo ha contagiato. Agisce con la logica, e ricorda al nostro eroe che è dalla logica che bisogna partire per tutto (e qui il fumetto cita direttamente Arthur Conan Doyle) ma non chiude le porte al sovrannaturale, riuscendo anche ad anticipare i tempi dell'indagatore dell'incubo e dimostrando al suo pupillo che ha ancora tanta strada da fare prima di diventare come lui. E ricordiamo che nel "futuro", un mondo pieno di brutti zombie marci, Dylan in qualche modo sarà il nuovo ispettore di Scotland Yard. Le lezioni che apprende ora da Bloch saranno propedeutiche anche alla sua crescita. Un Bloch che insegna ma non aiuta sfacciatamente, che ricorda all'allievo di quanto si sia arrugginito e dovrebbe pensare di più da sbirro. La prospettiva per noi migliore e desiderabile dal personaggio, unita a un maggiore tocco di realismo dello stesso. Già dal 338, bisogna riconoscerlo (ma per questo possiamo tornare anche allo storico numero 100), vedevamo come Bloch avesse in fondo anche una sua casa al di fuori dell'ufficio di Scotland Yard, che non fosse una mera "funzione narrativa a vantaggio del protagonista", ma una persona a tutto tondo, pure con le sue manie. In questo numero ci vengono svelati anche nuovi gustosi e ironici aspetti del personaggio, che ce lo rendono più umano, anche nel senso ridicolo del termine, come più umano e meno caricaturale risulta Jenkins, un altro personaggio che da "funzione narrativa a scopo barzelletta sui poliziotti" assurge a qualcosa di più autentico e meno stupido.
Rimane tra le nuvole invece, gustoso anche se diluito, come emblema della pazzia più metafumettistica , un Groucho all'ennesima potenza novello splendido e surreale gatto di cheshire. Le sue apparizioni strane e forse inquietanti mi hanno ricordato il primo approccio con questo fumetto che ho avuto da piccino, con il numero 48, Horror Paradise, disegnato da un bravissimo, inquietantissimo Castellini per i testi del grande Sclavi affiancato da Vigna e, guarda il caso, proprio il bravissimo Medda, autore di questo numero 340. Groucho, da lettore novello e inesperto, mi appariva quasi un personaggio fittizio, una personalità multipla del protagonista dai risvolti oscuri. E qui ho ritrovato lo stesso personaggio vero-finto, che si alterna con Dylan in un twist quasi paranormale-soprannaturale in cui uno appare quasi come il sogno dell'altro. Simpatica la gag sul (la mancanza-bisogno del) cellulare, che guarda caso capeggia sulla copertina del numero successivo. Torna di nuovo la tecnologia come novella "palla di vetro", questa volta "evocata" da Bloch all'interno di un pub. Forse è il tempo che l'ispettore si faccia un tablet come molti anziani, così da non riempire di carta straccia i cestini del parco di Wickedford (del resto Dylan Dog parla anche di ecologia...).
I nuovi personaggi del cast che faranno parte delle storie di Wickedford mi sono piaciuti. Massimo rispetto per la maglietta degli Iron Maiden sfoggiata dal barista dell'Hot Buzz, la cover dell'album Piece of Mind. Diane Summers è un tipo tosto ma con fragilità, il giudice Goldstone pare un simpaticone, l'agente Pruit un amabile cretino. C'è pure una bella damina indifesa, attivista, vegana, impegnata nel sociale, che per una volta non viene deflorata dal nostro eroe e forse pure rifiutata in partenza in quanto troppo "perbenina" (come il trombone Dylan degli ultimi anni pertanto, una strizzata d'occhio?), cosa abbastanza originale. E poi c'è appunto Bloch, sempre più protagonista e sempre più attento a coltivare nuovi hobbies e amicizie. Si scopre pettegolo quanto una portinaia, bacchettone con i "giovini" maleducati, presenzialista a ogni iniziativa del quartierino, pure con il pollice verde. Presto lo vedremo guardare gli operai che asfaltano la strada lamentandosi che sono troppo lenti.
Ma lo smalto della vecchia tigre permane e conquista.
La presentazione di tutto questo cast giocoforza comprime magari la storia del numero, che vive di belle atmosfere e di interessanti risvolti action-horrorifici, ma l'intreccio d'insieme ci è piaciuto, pur se subisce un po' il calo di ritmo attorno a pagina 80. Una storia più che valida quindi. Magnifici i disegni di Nizzoli, che è riuscito davvero a dare vita a un piccolo mondo.
Un plauso per la copertina di Stano. La prima che ci piace da troppo tempo a questa parte (ma pure la cover di Dylan Dog Old Boy non ci era dispiaciuta).
Avanti così, che va tutto bene.
Le stonature che avevamo avvertito nel numero 338 sembrano ormai un ricordo del passato. Bloch è ancora vivo e combatte con noi. Magari a distanza, tra una birra e la potatura di qualche rosa per la fiera cittadina, ma c'è sempre. Con addosso un brutto giacchetto da pensionato.
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lunedì 29 dicembre 2014

Lo hobbit - la battaglia delle cinque armate : la nostra recensione !



Finalmente al cinema, il trailer lungo della versione estesa de Lo Hobbit: La battaglia delle cinque armate, in uscita a novembre 2015. Ma come accade con i primi trailer che vengono divulgati, le scene migliori sono tutte assenti... Per la recensione vera e propria ci rivedremo a novembre 2015...
Il drago è stato risvegliato infine. Smaug il terribile ha lasciato la montagna e, da autentico cinefilo con davanti l'occasione di una vita, con le palle girate punta dritto su Pontelagolungo fortemente intenzionato a scovare e bruciare vivo l'attore di serie b Orlando Bloom o, in sua assenza, l'attoraccio a lui più similare, almeno nell'aspetto, Luke Evans. Sarà uno scontro epico? No.

"Bloom!!!recitando male hai distrutto le carriere di Cameron Crowe e Ridley Scott!!!ora sto venendo a prenderti!!!
Intanto il nuovo "re sotto la montagna" Thorin Scudodiquercia inizia a sbroccare di brutto perché nei suoi pozzi di dobloni non trova la colorata e psichedelica Archengemma. Thorin è sospettoso, qualcuno del suo gruppo di nani deve averla fregata perché è un bastardo insensibile al suo dramma di re decaduto e avidissimo per questioni genetiche. Per questo il colpevole, appena scovato, la pagherà cara. Chiunque gli dirà che dovrebbe darsi una calmata e ragionare, la pagherà cara. Chiunque criticherà la sua armatura tamarra full-gold dandogli del "truzzo", la pagherà cara.  Chiunque oserà dire che la sua pettinatura è brutta la pagherà cara. E così i nani e l'hobbit Bilbo sono prigionieri della pazzia di Thorin che, irragionevole come un bambino di tre anni, nega la tanto agognata polizza "casco contro danni da drago" agli abitanti di Pontelagolungo e vuole murarsi a vita nella montagna a sogghignare come il Dottor Male. Sarà questo risvolto uno stimolante nodo su cui sviluppare un dramma interiore ricco di colpi di scena? No.

"il mattino ha l'oro in bocca, il mattino ha l'oro in bocca, il mattino a l'oro in bocca...Bilbo, sto venendo a prenderti!!!"
Gandalf è in balia del Signore oscuro mentre si trova su un set tanto triste e abbozzato male che pare in un livello bonus del videogioco Mortal Kombat (con effetti speciali scarsi al seguito). Ma sta per arrrivare la cavalleria. Sarà il combattimento dei combattimenti fantasy per eccellenza? No.
no, su questi due non oserei mai proferire niuna oltraggiosa favella..
In seguito arrivano alla montagna, in un susseguirsi sbrindellato di sceneggiatura che se ne frega di "come, cosa, quando" e di tizi che compaiono a caso e scompaiono nell'inquadratura seguente, gli elfi, i pontelagolunghesi, altri nani, gli orchi e le bestie sbavanti (che si vedranno per tre minuti in croce). E giù botte. Sarà l'orgasmo fantasy definitivo, la mega battaglia delle battaglie che manco Le due torri, La presa di Zion, l'assalto del pianeta dei Nova, Soldato Ryan, Bravehearth, 300 e Rocco invade la Polonia? No.
Infine personaggi non presenti o solo abbozzati nel libro originale prendono ambio spazio andando a costruire nuovi risvolti narrativi intriganti e appassionanti. Come sono le aggiunte? Galattiche? Vi dico solo una parola, un nome che sarà scritto sul libro nero degli incubi mai troppo dimenticati della cinematografia moderma: Alfrid.  Ve ne dico però un'altro che ribilancia le cose: Tauriel
E noi vogliamo tanto bene ad Evangelina...
Ma il motore di tutto, lo Hobbit, il mastro scassinatore, cavalcabarili, Martin Freeman? Come sempre non ci è piaciuto, crediamo sempre che sia nella pellicola perché ricattava Jackson per via di una scommessa persa ai cavalli. Troppo artificiale, per nulla simpatico, irritante, impossibile immedesimarsi o parteggiare per lui. Esattamente quello che non era Frodo. Alla fine della visione della trilogia estesa intera migliorerà? Con la mente sgombra riusciremo ad apprezzarlo e rendergli il giusto tributo per un lavoro impeccabile? Forse un pochino. Per vie misteriose siamo quasi sulla strada della rivalutazione (rivedere e rivedere aiuta anche ad amare di più i personaggi)e sapete che non non abbiamo problemi a rivalutare una nostra opinione. Serpre di opinioni personali qui parliamo, nulla delle nostre cazzate è scritto su roccia. Vi faremo sapere.

Ma prima di future, fantomatiche, rivalutazioni circa il Bilbo cinematografico, per tutti quelli che come noi lo odiano fieramente ecco un'immagine dell'attore tratta da un altro suo lavoro. Potrebbe darvi la sensazione di avergli mollato un pugno in faccia!!

sì, è solo un effetto placebo...ma funziona..
Ma fossero solo questi i problemi.
Giusto per farci del male, ricordate questo trailer? ne abbiamo parlato a fine luglio.


La maggior parte delle scene presenti in questo trailer semplicemente "non ci sono". Saranno forse presenti nella versione estesa di novembre 2015, che dovrebbe essere di una bella trentina di minuti aggiunti (per me diventeranno almeno 50 per sistemare degnamente le cose), ma qui mancano del tutto. Ma non è una questione di materiale assente o meno, il problema sta in come è gestito il materiale presente in questa pellicola. Questo film manca di coerenza narrativa, divertimento e pura "logica commerciale" questo pasticciato, pompo, titanico e imperfetto ultimo atto della trilogia cinematografica del Lo Hobbit.
Tutto appare troncato male, monco, illogico, poco appagante, incompiuto.
Ma che diavolo è successo?
Perché girare un film da 190 minuti (al di là della trama del libro, questa sceneggiatura è evidentemente scritta per durare 190 minuti, non un secondo di meno) per altro il sesto di sei film da 190 minuti l'uno, e poi, all'ultimo momento tagliarlo e rabberciarlo male di 50 buoni minuti, con scene e coerenza che vanno a peripatetiche, con la giustificazione che: "il pubblico (peraltro da oltre un decennio fidelizzato quanto quello che segue i Transformers di Bay) si potrebbe annoiare"?
Perché, dopo aver dimostrato di saper girare egregiamente scene con migliaia di soldatini in lotta che manco nei waxia di Hong Kong di Tsui Hark, mortificare in modo così estremo tali scene, al punto da farle sembrare lo spezzatino di scene tratte a random da un videogame, se non da più videogiochi pescati a caso (vermoni della terra che appaiono e scompaiono, personaggi che rimangono muti, trame che non vengono chiuse, Legolas che appare e scompare in tre minuti facendo evoluzioni pazze, personaggi come il cazzuto re nanico presentati in due secondi e ciao), prive di personalità e scopo?
Perché dare tanto, troppo, spazio a delle speudo-gag tristi e patetiche, e che spaventosamente hanno un ruolo di rilievo nella trama, come quelle di Alfrid? Ok, per fare un parallelo con Vermilinguo, di cui Alfrid è la versione "più in piccolo", trattasi di "critica sociale al mondo dei burocrati-politicanti for dummies"ma, ripeto, perchè dargli così tanto tempo in scena?
Non vogliamo essere categorici. Nutriamo alte speranze sulla extended edition di novembre 2015 perché le precedenti extended della saga dello Hobbit hanno migliorato, e di molto, il prodotto cinematografico. Ma oggi quello che vediamo in sala è questo e da "non-fan-sfegatati" possiamo permetterci il lusso intellettuale di dire che, nonostante la stupenda interpretazione di Armitage di Thorin, nonostante dei duelli niente male e un personaggio nuovo, ben riuscito, come Tauriel, la pellicola è una mezza delusione.
Noi comunque una teoria sulla gestazione di questo piccolo, ma comunque amabile, "mostrum" ce la siamo fatta, vi invitiamo a seguirci nel delirio.
Mi seguirete ancora, per un'ultima volta?
C'era una volta un regista grassoccio e nerdoso di nome Peter Jackson. Un tizio "a grana grossa", ruspante, tagliente quanto simpatico, ideale per farci insieme una grigliata estiva parlando di fumetti, Star Wars e di quella volta che all'Oktober Fest eri così ubriaco che hai dormito con la testa nel lavandino del bagno. Jackson, per intenderci, girava roba come questa.


Nei festival era adorato quanto i registi filippini dediti all'horror. Bad TasteSplatters hanno regalato un sacco di risate ad un sacco di gente, nonostante siano prodotti pervasi del tanto particolare e temibile "humour neozelandese", sul quale presto ritorneremo.
Qualcuno inizia a pensare di dare a Jackson qualcosa di più tosto quando il nostro amabile neozelandese se ne esce con un piccolo capolavoro che zittisce detrattori presenti, passati e futuri.


Curriculum alla mano, tutto d'un tratto poi, tra una dipartita all'ultimo di Zemeckis e un impegno con i parenti di Joe Dante, Spielberg si trova a dare l'occasione della vita a Jackson, ed ecco che ti esce questa cosa.


Ehi, diranno i nostri più piccoli lettori: "Ma quello è un Nazgul! E ci stanno pure i fantasmi come nel Ritorno del re!!!". Avete ragione bambini, siete sempre i migliori a leggere tra le righe, sareste stati degli ottimi dirigenti della New Line... Il film funziona, anche se permeato del sempre più indigeribile humour neozelandese di cui tra poco parleremo. Così, con un pizzico di incoscienza ma con attori in fin dei conti all'epoca economicissimi e con le belle speranze della neonata casa di effetti speciale Weta, la New Line, casa minore  di marchio Warner Bros un tempo nota solo per i film di Freddie Krueger, decide di buttarsi nientemeno sul Signore degli Anelli, dando a disposizione del regista ancora in erba Peter Jackson un autentico esercito di maestranze, ingaggiate per girare tre film insieme, che si risparmia, per lo più in un posto che costa poco.
All'inizio delle riprese il fisico di Jackson era questo.

non è il volto e il fisico della "gioia"?
E avviene un miracolo. IL miracolo. La saga del Signore degli Anelli inizia a radunare schiere di fans quanto Star Wars.  Pupazzi, libri, costumi, riprodizioni di spade, anelli, scudi, qualsiasi cosa legato al marchio della saga vende un casino e vende un casino tuttora, a distanza di anni. Il film piace perfino ai fan del libro, anche se questi non mancano mai di rompere il cazzo lamentando l'assenza di personaggi vitali come Tom Bombadil... Gli eredi di Tolkien naturalmente battono cassa con gli introiti delle nuove ristampe dei libri ma prendono le distanze da quella che per loro è una volgare operazione commerciale. Chissà che in futuro non cambino idea su Hollywood. In fondo nel mondo sono tutti felici di andare al cinema a vedere elfi, nani e cosplayer in acido contro troll, lupi mannari e orchi, anche se va di moda dire che sono tutte cazzate. Alla fine della trilogia pare cosa buona e giusta passare allo Hobbit, il libro "seminale" per il Signore degli Anelli, una favola, dall'intreccio più semplice, ma al contempo il suo "prequel".
Jackson desiste, perché vuole guardare il mondo dalla nuova prospettiva in cui si trova. Realizza il suo sogno segreto di una vita, girare King Kong e farlo grande, grosso e cattivo quanto l'intera saga del Signore degli Anelli. Cast stellare e durata della pellicola tra l'infinito e l'eterno. A guardarla al cinema un po' eccessiva, a rivederla a casa, esattamente come una extended edition del Signore degli Anelli, (ed in effetti in homme video c'è una extended di King Kong con più mostri e scene..) un film che funziona benissimo.


Inaspettatamente arriva l'effetto "peperonata". Il pubblico sembra rompersi un po' troppo le palle davanti al King Kong jacksoniano e il regista, di colpo, affronta una sorta di crisi di identità. Per questo il regista punta a realizzare qualcosa che sulla carta è diametralmente opposto. Torna alle atmosfere del suo successo Creature del Cielo per dirigere un film altrettanto intimista, personale. Un film piccolo, basato su di un libro molto bello e toccante, una ghost story delicata.


Il film riesce, è carino e commovente, ma rimane per i più abbastanza sconosciuto, non arriva il cosiddetto "botto". Con una devozione quasi paterna propria di chi il successo lo ha avuto e pensa che sia il turno dei giovani e al contempo con la voglia di continuare a creare prodotti, solo più defilato, il regista si mette un po' in disparte, si ritaglia ruoli unicamente da produttore. Scova una pellicola di un giovane regista pieno di entusiasmo, ed è così che esce District 9 e il talento di Blomkamp è noto al mondo. Successivamente Jackson, ancora da produttore,  si imbatte in una sfortunatissima avventura, Le Avventure di Tin Tin, insieme all'amico "mecenate" Spielberg. Dovrebbe essere una trilogia o più. Il secondo film dovrebbe essere diretto proprio da Jackson, in un futuro non troppo lontano, ma nelle sale la trasposizione in computer grafica del classico BD non sfonda, nonostante un lavoro registico e tecnico assolutamente spettacolare, che ringiovanisce Spielberg al divertimento visionario dei primi Indiana Jones. Con questo progetto dalle molte potenzialità ma sfortunato (che infatti vi invito a recuperare, per me vale parecchio), Jackson si accinge ad una nuova produzione,  Lo Hobbit, per la regia di Guillermo Del Toro. Un film pensato in due parti per uno dei più grandi talenti nel campo del cinema del fantastico. Non si capisce bene quello che realmente sia successo. Ma dal giorno alla notte Del Toro diventa estraneo al progetto. A seguire i backstage de Lo Hobbit pare che Del Toro sia scappato, uscito a prendere le sigarette e mai più tornato a casa, ma di conseguenza Jackson, dapprima riluttante, abbia deciso di diventare l'eroe che salva la produzione prendendo il timone. Non credo molto a questa versione. Ci vedo malignamente un re decaduto nanico che vuole tornare alla sua montagna d'oro, buttando fuori al contempo un drago (cinefilo) che ama fare (film di) botte con robottoni giganti. Il resto è storia recente. Lo Hobbit diviene trilogia, al pari del Signore degli Anelli, nonostante il materiale di partenza sia molto più esiguo. Si passa dalla favola all'epica per replicare la formula vincente della vecchia trilogia. Si rimpolpa con dei ponti verso la vecchia saga, si espandono i personaggi, se ne creano di nuovi. Qualcuno grida alla "commercialata" ed avrebbe anche ragione, ma comunque il suddetto prodotto commerciale è visivamente bello, curato, magnifico negli effetti speciali quanto per l'interpretazione dei personaggi. Un po' ridondante giusto. Un po' ruffianamente ingenuo per non tradire del tutto il materiale di base, un po' ruffianamente l'opposto per non scontentare i fan della saga al cinema. Non di impatto quanto il Signore degli Anelli ma tranquillamente degustabile in una bella maratona natalizia. Un viaggio inaspettato viene bene, La desolazione di Smaug viene pure meglio, le versione estese di entrambi rendono lo spettacolo ancora più bello e completo. Poi si arriva a questo ultimo viaggio di Jackson nella Terra di Mezzo, ed ecco che accade per me al regista qualcosa di molto simile a quello che succede al protagonista in una splendida pellicola del passato.
Mi sembra di sentire le sinapsi di Jackson. Certo, è chiaro che qui sto delirando forte.
Mettere più scene d'azione? E se poi dicono che non so fare altro e si annoiano?
Mettere più dramma? E se poi lo guardano in 15 in tutto il mondo?
Tornare all'umorismo neozelandese (di cui non abbiamo ancora trattato)? In fondo voglio tornare a fare film neozelandesi nell'imminente futuro.
Coperto d'oro e un po' decaduto negli anni, Peter Jackson è tormentato e si tormenta, non troppo dissimile a Thorin Scudodiquercia nel suo personale deposito di Paperone all'interno della montagna, quando qualcuno inizia a battere al portone della sua dimora in cerca di qualcosa. Perchè la montagna, il materiale tolkeniano, sta per essergli sottratto per sempre, King Kong è stato abbattuto e quello che gli riesce bene è tornare agli horror demenziali degli inizi o fare film minimali sentimentali.
Nel frattempo Jackson si è quasi "prosciugato" nel fisico. Il suo aspetto oggi è così. Ha tutta l'aria dell'uomo felice. O no?
Peter jackson oggi...pare invecchiato di diecimila anni...
Il re (Jackson) sotto la montagna (è nudo) ha preso la malattia del drago
Difficile capire la mente di un genio.
Facciamo un veloce salto indietro nel tempo. Giusto un paio d'anni, non di più.
Un certo signor George Lucas all'inizio degli anni '80 era una specie di Re Mida grazie a una saga fantasy di straordinario successo, come il Signore degli Anelli potremmo dire.
Il pubblico lo adorava e ne voleva sempre di più del suo strano mondo popolato di razze aliene e spade laser. Ma Lucas era andato in fissa per degli orsetti.
Ce li ficcò a peso nel terzo film della trilogia facendo storcere il naso al 97% del fandom. Ma, checcazzo, a lui piacevano gli orsetti.
Commento vintage: "Ehi, ma che è quell'orso al posto di Cheewbacca? si sono sbagliati??"
Così, quando legioni e legioni di fan volevano ancora e ancora di quel meraviglioso mondo di avventure e magia, ecco che Lucas, nel suo liberissimo arbitrio di fare quello che voleva della sua carriera produttiva, se ne uscì con questo.
Commento vintage: "No, dai!! è uno scherzo!!! Voglio le spade laser!!"

E non pago, un anno dopo, se ne uscì con questo e serie animata annessa.
Commento vintage: "No, dai, ancora???"

Quando secoli dopo qualcuno insistette molto perché si tornasse a fatturare al cinema con la roba spaziale, Lucas trovò una nuova fissa. Per lui l'idea più riuscita della storia del cinema. Questa.
Commento vintage: "ç@***%%$$$££**"
Poteva darci altre spade laser, ma non voleva deluderci. Ma torniamo agli orsetti, per non andare fuori tema. Dopo averci conquistato con il macro-cosmo spaziale voleva farci vedere il micro-cosmo di un pianetino di orsetti, facendoci magari felici all'idea di poter portare al cinema anche i fratellini o i nipotini, che da grandi avrebbero visto Star Wars. Una storia più piccola per un pubblico più piccolo. Non assomiglia un po' a quello che succede oggi al cinema tra Il signore degli Anelli e Lo Hobbit in fondo? Prima i morti che risorgono e demoni che ti inseguono, ora corse sui barili e canzoni mentre si mangia allegri? E questo accade tanto nei libri quanto nei film? Lucas con gli orsi voleva darci qualcosa di diverso, dirci che sapeva fare altro e pertanto usare come pretesto un ambiente  di sicuro successo come il suo universo di spade laser, perchè per lui poteva espandersi anche così, in un modo diverso da quello che volevano i fan (che per definizione sono sempre affamati della stessa minestra) . Sperava ci sarebbe piaciuto altrettanto, come quando si mise a girare American Graffiti 2, che videro in tre spettatori in croce un pomeriggio di luglio nel Missouri. Ma sto nuovamente divagando. I geni sono così, imprevedibili. Jackson in questa terza pellicola su Lo hobbit (ma c'erano già preoccupanti avvisaglie nell'ultima versione estesa di Smaug) dimostra di voler altrettanto ambire al micro-cosmo. Ma la cosa risulta ancora più surreale, poiché è lui che ha voluto prima espandere la materia quanto Il Signore degli anelli e la spontaneità e semplicità de Lo Hobbit scritto sono perse in partenza! Più persone e meno eserciti in primo piano, più duelli uno contro uno che scontri campali. Ma questo si rivela già sulla carta un caos concettuale autentico, perché una struttura-sceneggiatura così (volutamente) starbordante, carica di eventi e personaggi, non può di colpo ridursi al punto da poter gestire avvenimenti su scala più piccola e personale come per le avventure degli orsetti di Endor. Gli orsetti hanno un ambiente d'azione ridotto, consapevolmente, scientemente ridotto trattandosi di "favola" e non di "epica". Per arrivare ai duelli uno contro uno (o "confronti", anche solo verbali... mi sto esprimendo parecchio contorto...) i personaggi de Lo Hobbit 3 devono qui prima "incontrarsi" dopo chilometri e chilometri di mappa della Terra di Mezzo (per insormontabili questioni di trama), con tutte le creature e scontri (predisposti dalla trama) che ci sono nel mezzo del viaggio.
Come fare per togliere i tempi morti?
Sbattersene.
Come fare per mettere sempre al centro dell'azione i personaggi e i loro rapporti?
Forzare le situazioni fino alla follia.
E infatti il regista svilisce le battaglie campali, dalle quali i personaggi principali entrano ed escono come se si trovassero in coda all'ascensore grazie a deus ex machina assurdi (ma quanto sono forti i caproni? Tritano schiere di nemici, corrono più veloci di un aereo, si arrampicano a 90 gradi, sono comodissimi e con gps incorporato, un power up da paura!!!), mentre le comparse digitali continuano a fare le stesse cose all'infinito, bloccate sullo sfondo, non potendo vincere una lotta infinita o fare anche solo qualcosa di produttivo perchè la soluzione la può portare solo il persoanggio principale, una soluzione che magari è a pochi metri dal campo di battaglia stesso ma che i personaggi secondari "non possono vedere". Ugualmente Jackson concentrandosi sui sentimenti dei personaggi, e non sul susseguirsi degli eventi bellici-logici, arriva a distorcere spazio e tempo. Con gente che letteralmente si teletrasporta da un luogo all'altro in tre minuti quando prima per fare la stessa tratta ci ha messo una bella mezzora di narrazione (vedi i viaggi di Legolas , a volte lunghissimi e a volte istantanei , vedi nello specifico la "tratta"tra Pontelagolungo e le montagne ghiacciate, che di colpo sembrano distanti un paio di curve..). Con situazioni che sembrano risolversi in tre ore ma che, per fare in modo che emotivamente funzionino, perchè è solo con il tempo che le persone si conoscono e comprendono, i protagonisti dicono ( e i tempi confermano) essere durate giorni se non alcuni mesi (due esempi: il tempo dalla cacciata del drago all'arrivo dei nani rimasti a Pontelagolungo. Bilbo dice al gruppo di Killi che sono passati dei giorni interminabili con Thorin sempre più pazzo. Ma a noi pare trascorso forse un pomeriggio  una sera.. La durata effettiva dell'intero viaggio della trilogia secondo il finale. cioè 13 mesi...anche a voler stare larghi, non pare così tanto, visto che pare poi nel ritorno che Bilbo  non abbia fatto tappa per 12 mesi e mezzo da qualce parte con Gandalf, sembra quasi arrivare alla contea il giorno dopo, o due-tre massimo, dalla fine degli eventi della battaglia...). Al di là di questa più umana (ma  inconciliabile con la logica) svolta intimista, salvata dal ritmo narrativo convulso, dalla recitazione oltre che da pazzeschi effetti speciali, Jackson dimostra una evidente paura fottuta su quello che potrebbe fare dopo che l'avventura sarà terminata del tutto e orchi, nani, elfi e seconda unità effetti speciali saranno andati tutti a casa, ritornati nella scatola dei giocattoli. Lancia la carta autorale. Ed è per questo che si arrocca, si impunta, si àncora, spogliando prepotentemente il posto d'onore della pellicola agli effettisti delle battaglie,  tornando e ritornando a qualcosa a lui più familiare, rassicurante, splatter-commedia e drammi, materie che già prima dei film sugli anelli sa di poter gestire al meglio perché alle grigliate di quando era giovane tutti i suoi amici gli dicevano che in quel campo era troppo il migliore. Naturalmente sto parlando della comicità-horror alla Bad Taste (vedi l'orcone grosso che spacca le mura e muore di trauma cranico), dei sentimenti (già calati in Tolkien con l'aggiunta, riuscita, di una certa elfa nella saga precedente) e  (finalmente) dello sfavillante umorismo neozelandese. Gag sulle scoregge, preti che fanno kung fu, orecchie di zombie che vanno a essere degustate con brodo, nani da giardino destinati a essere decapitati da guidatori inesperti. Nella Nuova Zelanda umoristica tutti sono "su di giri", pettinati in modo eccentrico, eccessivi nell'esprimersi e comportarsi. Uno humour diverso da quello "americano addomesticato" che va al cinema, del macro-cosmo cinematografico americano, per intenderci. La comicità neozelandese è un micro-cosmo ricco e  per lo più popolato (sembra)  di macchiette che si possono schematicamente catalogare come "gli stronzi ridicoli", omuncoli irritanti fino alla pazzia, per lo più impuniti dalla vita. Li ritrovi ovunque, anche nell'horror neozelanese Undead, in Black Sheep e qualunque cosa cinematografica che proviene da quella zona.  Roba che in Nuova Zelanda ci si cappotta dalle risate. Ecco, questo stereotipo, che allo spettatore comune non-neozelandese provoca gonorrea istantanea, è uno dei preferiti da Jackson. Vi ricordate di quest'uomo in Sospesi nel Tempo?
Da solo affossava l'intera narrazione della pellicola. Ci perdevamo delle ore dietro le menate di questo ottuso e pericoloso cretino, l'intero film andava quesi fuori tema. Ora. Non trovate che sia preoccupantemente e inspiegabilmente simile a questo? Lasciate da parte la questione della "critica alla politichina", non sono ad essere criticati gli intenti (pur lodevoli, sia il personaggio di Sospesi nel tempo che Alfrid sono "ottusi uomini di potere", è giusto fare satira), quanto il modo in cui sono realizzate le cose. E questi personaggi sono realizzati male. 
Stesso sguardo folle, stessa peluria di stampo caso-lombrosiano, stessa irritabilità provocata al solo guardarlo. Stessa pachidermica mole di scene a lui dedicate che, per carità, un senso lo hanno (nell'economia della morale della "favola di base all'epica") ma allo spettatore comune amplificano un forte senso di "chissenefrega" e fastidio. Questo personaggio è tirato sempre in mezzo agli eventi grossi, caricato di responsabilità assurde e puntualmente fa cosa ci si aspetterebbe da lui, cioè il niente o una truffa. E la gente continua a fare affidamento su di lui!! Con una amabilità e umanità che va ben oltre i meriti minimi per una santificazione, arrivando al cieco delirio. Perché la cosa fa ridere in Nuova Zelanda. E ci hanno fieramente tratto pure una figure per il gioco da tavolo!!
Ora, fuori dal materiale di Tolkien di partenza, appendici comprese, abbiamo interminabili minuti di riprese dedicati a lui e al suo buffamente insostenibile modo di comportarsi da idolo comico delle folle neozelandesi. Tolto Tolkien ritorna l'umorismo alla Bad Taste. Certo, quando tratta la materia sentimentale, come in Creature del cielo o Amabili Resti (guarda caso sempre storie di amore e morte),  come nel caso di Tauriel e Killi, Jackson è un asso. In poche scene pennella al meglio quelle che sono le basi sulla fuura distensione tra Elfi e Nani. Quello che rende possibile anni dopo una amicizia autentica tra Legolas e Gimli. Questi Tauriel e Killi sono davvero Romeo e Giulietta, appassionati, ingenui e puri nel loro sentimento scoppiato quasi per caso come esattamente capita nei colpi di fulmine. Il sentimento improvviso che ti fa sentire le farfalle, ti fa piangere e scrivere il nome dell'amato con i cuoricini sulla Smemoranda. Si avverte in questo sviluppo narrativo un impegno e capacità totali nella materia. Purtroppo i nostri eroi romantici sono costretti dal tempo ed eventi a stare sullo schermo per troppo poco.  Ma i momenti su Alfrid e il suo stralunato modo di "esistere" no. Possono durare anni. Hanno davvero senso all'interno di questo film? A voi piace Alfrid e il modo in cui è gestito? Di sicuro è un grave effetto collaterale già fattosi sentire in passato (vedi l'attore pomposo in King Kong per fare un altro esempio) e che si farà sentire anche nella futura cinematografia del regista.
Ma la cosa ancora più strabiliante è che in qualche modo "alla prima botta", Jackson riesce quasi a mascherare tutti questi strani accadimenti, personaggi non sense, problemi spazio-tempo ecc.,  come si nasconde la polvere sotto il tappeto. Un genio, dicevamo. Uno che conosce la "magia" cinematografica al di là dell'arte di far saltare un elfo su mattoni che cadono nel vuoto come in Super Mario. Ma è per forza un male voler cambiare, ed effettivamente farlo, a tutti i costi, anche in corso d'opera?
Ma le crisi creative devono essere per forza un male?
Puro istinto in fondo, quello di voler cambiare, girare pagina, non offrire sempre lo stesso prodotto per non morire artisticamente. Le svolte "ewokiane"e "minimal-sentimentl-alfridiane" non sono significative nel quadro complessivo del genio. Le opere migliori rimangono, semplicemente vediamo questi piccoli capitomboli come dimostrazione del fatto che anche i massimi geni, in fondo in fondo, sono esseri umani e se vogliamo bene alle loro opere un po' dobbiamo volere bene anche a loro e ai loro piccoli difetti. Jackson in questo film vuole come darci una anteprima delle sue future opere e non è un caso che La Battaglia delle Cinque Armate abbia un bel 85% di farina di Jackson e un 15% di Tolkien (sto sicuramente esagerando, pendetela come una metafora). Questo indispettirà i fan, ma dimostra coraggio e titanismo da vendere. Questo film poteva essere girato con il pilota automatico (la extended aggiusterà tutto, vedrete, la logica tornerà!), mettendo un fan in cabina di regia (sapete che la mega battaglia di Star Wars 2 è tutta farina del sacco degli effettisti speciali? Lucas ha scritto sulla sceneggiatura "qui combattono" e i suoi collaboratori-fan hanno fatto tutto da soli per alcuni mesi, mentre lui è andato a prendersi un caffè, evidentemente un caffè lungo...) e offrendo sempre la stessa amatissima minestra. Jackson vuole dirci che può essere meno scontato di quanto prevediamo, darci, pur sbagliando magari (anzi, ne siamo quasi sicuri...), qualcosa di diverso dal tolkieniano ma perfettamente in linea con la sua cinematografia, come un filo rosso che unisce tutto . E per me va apprezzato a prescindere, mette tutti i suoi lavori in risonanza. Sì, sospesi nel tempo, King Kong e Amabili resti potrebbero benissimo essere visti insieme in una ultima micro/macro-maratona natalizia dopo aver rivisto lo Hobbit e Il Signore degli Anelli, ci si sentirebbe comunque "a casa". Come diceva Lucas quando stava in fissa orsetti: "chissene frega, vi ho dato le spade laser, cuccatevi gli orsetti!!". Ora correte a guardarvi i film degli Ewoks inginocchiati sui ceci. Sempre se il trovate.

che sia questa la nuova figure in "regalo"con la ultimate special director's cut extended hff 3d atmos legenary limited for fans only prestige diamond deluxe extreme aniversary gifted authorized dynamic classic unrated only ring edition de L0 Hobbit: la battaglia delle cinque armate?
In attesa di novembre 2015 e tirando le somme.
Lo Hobbit è un grande romanzo per ragazzi che parla di come l'amicizia e l'onore siano più importante di una intera montagna d'oro. Una di quelle favole che bene si imprimono nei bambini, rendendoli adulti migliori. Jackson ha (forse sbagliando?) dato al tutto un tono più epico, ha lanciato ponti verso la saga maggiore di Tolkien cercando di inserire tutto ma proprio tutto il possibile per in fine scegliere di mettere sul terzo film anche  tanto di se stesso e del suo cinema. Non ha rimesso in extremis Tom Bombadil, ma chissene. Pur concedendo gli indubbi meriti alla pellicola, soprattutto per la questione meta-cinematografica trattata sopra, pur in vista della estesa ecc. ecc. il film, così come è al cinema oggi, purtroppo non gira. Anche se per la "magia" di cui sopra, ce ne accorgiamo sono dopo essere usciti dalla sala, un paio di giorni dopo. I fan più puri e quindi "territoriali" dicono che è "belllissimo, un quadro in movimento ecc.ecc.", ma, con una felice espressione che devo a una mia cuginetta, Lo Hobbit - la battaglia delle cinque armate è per lo più simile a un album di figurine. Bellissime scene vengono proposte, godute un istante e poi archiviate in ragione di altre, spesso non ben collegate tra loro perché qualche figurina di collegamento tra una scena e l'altra davvero si è persa. Se vogliamo è un problema vecchio come la saga originale, quando Aragorn arrivava con un esercito di non - morti che veniva assoldato o nel videogioco tratto dal film o, in tre minuti, nella versione estesa. Ma qui il problema si acutizza perché pur nei suoi 140 minuti si ha tanto l'impressione di tagli selvaggi alle scene d'azione (tristissimi i due minuti in cui viene liquidato Smaug, non tanto per le scene in sè, bellissime, quanto proprio perché tutta la parabola si risolve in un battito d'ali e nessuno ci torna più sopra)quanto la sensazione "su quello che è rimasto" che non accada nulla o quasi, che ci siano pure tempi morti, che l'azione sia troppo sotto-dimensionata. Diciamo che gli avvenimenti ci sono, si avvertono impressi nella retina, ma messi così veloci e male organizzati che non si riesce a ricapitolarli al primo giro. Le scene belle ci sono (tutte le scene di Thorin, per esempio, anche se questa è nostra opinio personale, a molti non sono piaciuti per una certa incomunicabilità tra lui e gli altri personaggi, a noi sono piaciute, guarda quanto siamo strani, proprio perchè c'è questa incomunicabilità e perchè l'attore è bravissimo, davvero), ma nell'economia generale sono troppo rade o insufficienti per riuscire a far passare sopra alle scene meno riuscite. Alla fine della visione si rimane quasi storditi dalla giostra, ma appena si tenta di ragionarci supra ecco che i dubbi si affollano, i disastri spazio-tempo si annidano e si scopre di odiare Alfrid, tanto quanto si è amato Thorin e il suo, ribadiamo, stupendo sviluppo narrativo e scenico. L'ambientazione è per lo più unica e bellissima, ma stanca presto. Gli avvenimenti sono quattro in croce, ma mal gestiti. I dialoghi e i confronti tra i personaggi ci sono, in primo piano, ma tutto riesce a essere misteriosamente confuso e ridondante, ripetuto e ribadito fino allo stremo quanto abbandonato prima di tirare i fili (vedi tutte le scene che riguardano il padre di Legolas, le scene con Dain, pure le scene con Bard, che letteralmente sul finale da protagonista diventa quasi comparsa. La mega battaglia risulta qualcosa di alieno, lontano, non coinvolge mai direttamente i personaggi principali per "l'effetto ascensore" di cui sopra. Beorn appare dal nulla e scompare nel nulla in venti secondi netti, Legolas gli ha rubato la scena, ma già sappiamo che nella extended una battuta in più e un graffio extra potrà tirarli. Poi ci sono le scene aggiunte-ponte, altrettanto insoddisfacenti. Le scene con Gandalf e cricchetta sono fighe (le legioni di feticisti dei piedi di Dama Galadriel saranno contente) ma sono sterili, durano giusto qualche secondo in più di quando si vede già nel trailer e sono totalmente decontestualizzate dal tutto, girate su quello che pare un set improvvisato di fortuna che non rimanda per nulla alla epicità e grandezza del luogo.  Galadriel, il cugino di Gandalf con la cacca d'uccello sulla capa, il re degli elfi, il negromante, sembra abbiano girato tutto in un pomeriggio. Ok che dovevano essere una sorta di easter egg, ma già che li hanno messi potevano svilupparli meglio. Molti nani non hanno nemmeno una battuta che sia una, la storia di Tauriel e ganzo dura un istante o poco più ma gli attori sono bravi e si vede, le vicende di Pontelagolungo Alfrid a parte sono carine, il finale è davvero, sinceramente brutto, incompleto, superficiale.  Nella sua sciatteria sembra il finale di un episodio della Signora in Giallo e non rende per nulla giustizia all'epico scontro del pre-finale. Mi chiedo seriamente il motivo di proporre una pellicola in questa forma, se non il marasma del regista nel punto di trovarsi appunto nel suo 8 e mezzo personale. Perché non voglio pensare che sia solo una manovra per vendere la versione estesa, sarebbe ancora più triste. Il sentore di "averla fatta grossa" deve esserci comunque stato da parte del regista. Alle prime domande sulla pellicola ha precisato che manca appunto di una mezzora abbondante. Non si fa così. La versione estesa dovrebbe essere un "di più", non un tassello importante a comprendere la trama di quanto si è appena visto male. E tutte le versioni estese de Lo Hobbit sono state appunto questo, delle aggiunte necessarie alla trama. Se il cinema del futuro è questo, voglio scendere. Ma in fondo parliamo sempre del trend di rimaneggiare e aggiungere cose, tipico dai tempi, guardacaso, sempre di Star Wars.
E se faccessero un settimo film, ambientato tra la prima e seconda trilogia?
Il giudizio finale è in ogni caso rimandato a novembre 2015, pertanto vi invitiamo a vedere questa recensione come del tutto provvisoria e parziale.
A essere fanatici si potrebbe fare pure un nuovo film apocrifo da ponte con la nuova saga. Qualcosa di totalmente inventato e probabilmente per via dei diritti irrealizzabile sulla carta ma che i fan gradirebbero. Un film, magari anche due, che ci parli di come vanno a finire i personaggi qui abbandonati, di come sia trovato Granpasso, di Moria quando è comparso il Balrog, di Gollum al momento della catttura, di Saruman che passa al lato oscuro, di nuove avventure di Gandalf che fa cose da Gandalf. Magari Gandalf potrebbe trovarsi al villaggio degli Hobbit e raccontare al giovane Frodo una storia tragica del passato della terra di mezza con protagonisti uomini e draghi. Penso che gli attori vorrebbero farlo, che il regista vorrebbe farlo, che venderebbe un casino, che i fan lo comprerebbero a cannone.. Una maxi, mega appendice extra, magari con Tom Bombadil.
Finale e aspettative future.
Fuori da ogni dubbio, ma sempre di gusti personali miei si parla,  la trilogia de Lo Hobbit è molto più bella dei film sugli Ewoks di Lucas. Al di là delle critiche vedrà questi film milioni e milioni di volte. In questo terzo ci si è divertiti, ma meno di quello che ci saremmo aspettati. Abbiamo pianto, ma volevamo piangere un po' di più. Abbiamo riso poco, hanno riso di più i neozelandesi.
Dopo la visione di questo film abbiamo seriamente considerato di vendere l'auto e passare ad utilizzare per i nostri spostamenti dei caproni della Terra di Mezzo. Più veloci, più resistenti, meno inquinanti, più economici da mantenere e nutrire.
Ma torniamo alla extended del 2015, per l'ultima wish list, l'ultimo giro.
Vorremmo vedere ultimate almeno le scene del trailer mancanti, vorremmo più Smaug, più Beorn, più Dain, più scene di battaglia che servano a qualcosa nell'economia della trama (se non metti nello scontro qualcuno che conosci a "farlo effettivamente, lo scontro, magari morendoci", che senso ha buttare a caso delle battaglie digitali? Pensate a Matrix 3, dove Mifune, le ragazze con i lanciarazzi e il ragazzo pelato sono personaggi creati apposta per essere protagonisti della guerra, non si poteva fare una cosa del genere qui? Solo eroi invincibili e truppe infinite? Non si poteva sacrificare un paio dei "nani muti" alla battaglia campale? Il re degli elfi che si indigna per tre morti in un piazzale di sei metri, quando sul campo di battaglia dovrebbero esserci, per logica ma non le vedremo mai, montagne di cadaveri? Ma perché? ) e più introspezione sui personaggi in genere, per sapere meglio chi sono e cosa fanno e dove andranno dopo i titoli di coda. Magari si potrebbe tagliare Alfrid.
oppure utilizzare Alfrid e i vermoni della terra con soluzioni visive già sperimentate in Star Wars.


Come un grande abbraccio a tutti i fan di Star Wars e della saga dell'anello.
Talk0 

domenica 28 dicembre 2014

Braccialetti Rossi - da stasera di nuovo su Rai 1

Braccialetti Rossi è una grande storia di amicizia tra i letti di un ospedale pieno di troppi giovani ammalati. C'è un ragazzo, si chiama Leo, non ha nemmeno 18 anni si è già sottoposto a tanti interventi che anche se hanno tolto pezzi del corpo non gli hanno scalfito l'anima indomita da "leone". Cogliendo spunto da un anziano amico degente, Leo  decide di creare un gruppo tra i ragazzi allettati. Il nome del gruppo sarà "i braccialetti rossi", perché ogni membro indosserà uno dei braccialetti rossi che vengono messi ai pazienti prima di entrare in sala operatoria. Un gruppo di sei persone quanti sono i braccialetti che ha al polso Leo, che per questo motivo sarà il leader. Troverà subito un vice leader in Vale, un timido ragazzo del tutto uguale a lui appena arrivato, bravo con le matite e con le parole ( è meno irruento di Leo), ma che  dovrà comunque amputarsi una gamba come già successo a lui. Leo poi si innamorerà e vorrà nel gruppo una ragazza, la dolce e insicura Cris, che è ricoverata per problemi di anoressia. Si scontrerà e poi farà squadra con un ragazzo apparentemente burbero, Davide, con problemi cardiaci. Vorrà quindi nel gruppo Rocco, ragazzo in coma e voce narrante delle avventure dei Braccialetti rossi, la cui madre per stare più vicino a lui è diventata un pagliaccio che assiste i malati. Infine Leo aggiungerà alla lista lo stralunato Tony, che dice di sentire parlare Rocco e forse per questo è caduto dal motorino in modo più grave di quello che sembra. I Braccialetti rossi cercheranno di affrontare i grandi ostacoli che la malasorte gli ha propinato, perché insieme anche le sfide più dure sembrano più accessibili.
Ok, già prevedo le repliche: "Talk0, questa è una becera piagnonata, torna a parlarci di film tamarri, sfottere le pulsioni omoero(i)tiche di Dragonero e a parlare di Go Nagai". Ma qui mi tocca driftare dal mio solito mood da recensore isterico, perché vi parlo di una serie che, nonostante tutto quello che a prima vista sembri, è realizzata davvero bene.
Lo confesso, sono un piagnone, ma solo quando il prodotto è "degno delle mie lacrime" (es: Anohana... al definitivo twist lacrimevole, chiamatemi mostro, sono scoppiato a ridere come un ossesso, la stessa isterica risata che mi ha colto durante la lettura de I Malavoglia di Verga, non si dovrebbe mai esagerare con le lacrime cercando di prosciugare i vasi lacrimali e innaffiare troppo fazzoletti Tempo del lettore... la serie Anohana in questo aveva esagerato e  "fatto il giro" come si suol dire... ma ne riparleremo presto in un post ad hoc). Ma, ehi, sono sempre io anche se mi piacciono i film drammatici fatti bene! Nel senso che nonostante ami i film trash giapponesi con bambine-robot-con-le-motoseghe-cibernetiche-che-si-tirano-la-tempura-negli-occhi, nonostante lo humor nero mi faccia impazzire, quando mi si propone una serie bella, che affronta un argomento tosto e realizzato con rispetto e cura come Braccialetti Rossi mi sciolgo e sono contento di farlo.
Mi sciolgo in questo caso perché si supera il patetismo, la lacrima facile, la retorica del "mondo cattivo". Mi sciolgo perché i protagonisti sono rappresentati come ragazzi reali, imperfetti quanto autentici, che vengono messi davanti al più grande e letale dei nemici. La malattia, quella che debilita, quella che ritorna e che, a volte, troppe volte può uccidere. La malattia che fa rabbia, che fa contare i giorni, i minuti, i secondi perché ogni momento in più di vita è un regalo, anche se amaro. E non c'è un solo dei muscolosi action-hero degli anni '80 che può apparire più eroico di questi ragazzi che decidono di vivere giorno per giorno, minuto dopo minuto, rifiutandosi di anticipare i già stretti tempi e morire dentro, consumandosi inutilmente prima dei titoli di coda. Qui arriva l'importanza dell'amicizia, la passione per la "lotta" di degenti, di medici e infermieri, l'amore dei propri cari e amici. Un amore che porta al coraggio di vivere. In un mondo che guarda alle disgrazie altrui come un pretesto per spendere due lacrime, toccarsi i coglioni e prendere una strada diversa rispetto a un "appestato che soffre", i Braccialetti rossi sono la dimostrazione che alle persone così sfortunate da essere ammalate quelle lacrime finte non servono. E questo è un modo per dare coraggio anche a coloro che non riescono ancora a essere così forti come i personaggi del serial, un piccolo miracolo che sembra essersi realizzato a sentire i realizzatori della serie raccontare di essersi trovati tempestati da lettere e mail di ringraziamento da parte di veri ragazzi degenti. Una medaglia che non ha prezzo.
La serie mi ha conquistato quando l'ho vista per la prima volta questa estate. Il cofanetto aveva in omaggio pure un set da sei braccialetti rossi in plastica. Onestamente, all'inizio non mi aspettavo nulla e in genere evito come la morte le serie e film a tematica "brutalmente drammatica", appunto perché se fatti male sono il più delle volte dei raccoglitori di lacrime facili. Mi hanno legato, imbavagliato e aperto gli occhi come con la macchina Lodovico di Arancia Meccanica. Infine la serie l'ho vista e  mi sono dovuto ricredere. Ho apprezzato la trama diretta quanto quasi surreale, che si srotola in un luogo che sembra davvero stare tra sogno e realtà. Vi ho parlato della colonna sonora?

Ho amato il cast dei bravissimi giovani attori (nonostante la ragazza canti malissimo e il trailer che gira in questi giorni in televisione sia per questo agghiacciante... ma lo dico con affetto!!), l'ottima regia di Giacomo Campiotti, lo stile visivo ricercato e la davvero riuscita colonna sonora, realizzata ad hoc... ve ne ho già parlato? Cioè, non pensavo mai di dirvi quanto vi sto per dire, ma la canzone che segue, cantata da Francesco Facchinetti è semplicemente bellissima

Sì, alla fine nonostante tutto si piange molto. Ma qualcosa ti resta dentro, di bello. Ho così recuperato in fretta anche il libro da cui tutto è partito, di Albert Espinosa e involontariamente mi sono fatto così un certo "spoiler" sulle future stagioni, ma uno spoiler che mi ha fatto in ogni caso stare bene. Ho pure incominciato a collezionare così tutti i libri di Espinosa e scoperto che mi piacciono pure.
Ora la serie è molto "di moda", quindi penso che molti la guarderanno male per pre-concetto come tutte le cose che hanno successo, ma secondo il mio piccolo parere tale successo è del tutto legittimo e meritato. Se c'è una serie italiana in questi ultimi anni che vale davvero la pena di essere vista, è questa. Che piaccia anche alle ragazzine è un effetto collaterale imprevisto, ma che non può che fare del bene a una idea valida come questa.

La serie Braccialetti Rossi ritorna in video oggi su Rai 1 con le prime puntate. Se le avete persa sono visibili gratuitamente in streaming sul sito Rai. A dimostrazione del grande e meritato successo dell'opera, una volta replicata la prima stagione sarà programmata la nuova, seconda stagione,  sempre di domenica sera. Vi invito a vederla-recuperala e poi farci sapere.
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