venerdì 30 marzo 2018

Midnight Sun - Il sole a mezzanotte: la nostra recensione



- Sinossi fatta male: Esiste nel mondo una malattia vera, terribile, letale quanto assurda e ingiusta, in grado di distruggere una vita in un secondo a seguito di una anche breve esposizione ai raggi solari. Chi ne soffre è destinato a vivere recluso in casa durante il giorno come un vampiro (ma senza i poteri), impossibilitato a qualsiasi vita sociale che escluda la gente della notte cantata da Jovanotti. Per la protagonista di questo film, la diciassettenne Katie Price, una manza atomica senza senso di cui abbiamo già parlato nel blog (Bella Thorne, che già nel remake di Amytiville distraeva dal contesto horror per la sua carica sexy), la vita spensierata dei suoi coetanei è sempre rimasta un dono da spiare dietro ai vetri oscurati della sua cameretta. Il padre (un Bob Riggle molto simpatico) è apparentemente tassativo e ultra-protettivo, soprattutto da quando la mamma non c'è più, ma ha il cuore grande e le vuole così un sacco di bene che un giorno, proprio per il suo diciassettesimo compleanno, le regala la chitarra che la mamma era solita suonare, ritrovata in soffitta e restaurata, con la quale autorizza la figlia affetta da questa malattia mortale a uscire di notte per strimpellare le canzoni, che lei stessa compone, vicino ai binari di una incredibilmente tranquilla stazione ferroviaria locale (aspetto che vi prego di appuntare come "prova A" a corredo del giudizio finale). Il capostazione la conosce, in caso di incipienti molestie potrebbe così sempre intervenire prontamente, tirando fuori dal nulla un fucile a pompa (siamo pur sempre in America in fondo). La manza atomica ha anche un'amica che fin da piccola non ha avuto alcun problema a frequentarla in orari notturni (aspetto che vi prego di appuntare come "prova B" a corredo del giudizio finale), lavora in una sfigata gelateria ed è innamorata dello sfigato gelataio con cui divide il bancone. L'amica si cruccia del fatto che la nostra eroina, per via del piccolo problema di cui sopra, non ha mai partecipato a una festa "ultra-cazzo-figata", l'unica occasione giusta nella quale, nel buio della notte come cenerentola, potrebbe incontrare il suo vero unico grande amore di tutta una vita, Charlie (il mitico Schwarzenegger... però Peter, non Arnold... sarebbe stato interessante vedere un Arnold di adesso tampinato da una diciassettenne comunque... scusate sono fuori tema), un ragazzino che per tornare da scuola passava sempre sotto i vetri oscurati della  cameretta di Katie. Seguono "cose". Direi "cose da Cioè", se esistesse ancora il magazine Cioè, ma posso abbozzare pure "cose da young adult", con il timore di offendere tutti coloro per cui young adult è solo l'interessante action/sentimentale Hunger Games. A un certo punto, in un chiaro caso di eccessiva fiducia nelle capacità dell'amato gelataio di realizzare una  festa ultra-cazzo-figata, le amiche finiscono nella laida festicciola con quattro gatti da lui organizzata con la partecipazione di due amici turnisti di Dungeons & Dragons. A quell'incubo però l'amica del cuore, miracolosamente, riesce a invitare il vero unico grande amore di tutta una vita di Katie. Quante cose avranno da dirsi la ragazza malata con tendenze da stalker e il timido ragazzo che tendenzialmente stalkerizzava fin da piccino e ora patisce, come top della sua vita adolescenziale, un po' di sfiducia per via di una carriera sportiva da nuotatore quasi infranta? Potrà la nostra eroina sfidare il destino e i raggi di sole (mettendosi magari un cappuccio in testa e via... lo so, sembra una stronzata, ma chissà mai... metti dietro ai testi c'è uno sceneggiatore un po' cretino e una cosa del genere potrebbe realmente accadere nella pellicola, e infatti...) pur di vederlo nuotare nelle gare scolastiche con rinnovato entusiasmo dopo averla conosciuta? Riuscirà la nostra eroina a diventare una cantante di grido, come ha sempre sognato,  in un mondo in cui per suonare e farti conoscere devi per forza esibirti in pubblico, con i problemi che può comportare suonare solo di notte (si vede che il film è ambientato in qualche strana distopia in cui internet si usa solo per condividere necrologi)? Sarà l'inizio di una fantastica storia d'amore o la grave malattia mortale della protagonista comporterà un colpo di scena inaspettato, stile l'arrivo dell'alba per i vampiri, per altro già presente nel trailer? 


- Scusatemi, sono affranto ma non ho sedici anni e sono sprovvisto di sensibilità femminile: ci sono un sacco di film che hanno coniugato la voglia di vivere e amare, anche in un contesto difficile come le malattie dagli esiti fatali. Ho in mente giusto Save The last dance, A Time for dancing, Guardami, Colpa delle stelle, Sweet november, Love Story, Life, Autumn in New York, Le invasioni barbariche, Mare dentro, Lo scafandro e la farfalla, Bianca come il latte, rossa come il sangue. Ma ce ne sono un mucchio, è una specie di filone narrativo a sé e in qualche modo "serve". Serve perché aiutano l'uomo della strada a considerare le persone malate non solo in ragione della loro malattia (anche se alla fine, spesso, lo stesso uomo della strada che si è commosso in sala o in tv, quando arriva a conoscere un malato "vero", cerca di evirarlo perché "porta male"). Serve per parlare dell'esistenza di alcune malattie e alimentare di conseguenza la  voglia di aiutare la ricerca scientifica per debellarle. Serve perché, toccatevi pure con tutti i ferri che trovate, le sfighe capitano ed eros e thanatos nella maggioranza dei casi confluiscono in modi meno eroici che in un film western. Per quanto sia per molti scomodo stare al cinema con una mano sui coglioni (perché almeno qualcuno li considera dei preziosi talismani organici anti-rogna) che rende più complicato usufruire insieme di bibita e pop corn, questi film pure piacciono al pubblico per questioni diverse, che si possono comunque utilizzare per "sensibilizzare sulla malattia". Buttandola sullo psicanalitico da accatto, in molti film "sulle malattie brutte", la storia di un amore che inizia e finisce troppo presto per "decorso delle stesse", viene assimilata per metafora (ultimamente scrivo di metafore assimilate in ogni post... sto diventando post-metaforico?) alle storie d'amore tour cour, magari quelle della adolescenza, che "similmente" iniziano e finiscono troppo presto, lasciando in corpo voragini di rimpianti e ricordi lontani (magari terribili ma qualche volta non letali). È una questione di percentuali in fondo, il fatto di dedicare più o meno del 50% della storia (ora la mia non è una percentuale matematica effettiva, perdetela giusto come esempio), per parlare dell'amore o della malattia, cambia il focus del film. Il sole a mezzanotte a mia sensazione, pur nelle migliori intenzioni, vuole cavalcare troppo questa suggestione/metafora che piace al pubblico, cioè "malattia < o = ad amore adolescenziale finito", cercando troppo di realizzare il gioco di prestigio di annullare quasi ai cento per cento il dolore della malattia e focalizzandosi sulle cose più belle dell'amore. Il film di Scott Speer (che oltre a questo ha diretto Step Up Revolution... ma è regista anche di videoclip come Nothing in The World di Paris Hilton), vorrebbe parlare di una malattia terribile come lo Xeroderma Pigmentoso, che vi invito a cercare in rete per informarvi, perché effettivamente esiste davvero e, come ci racconta il film, non se la cagano a livello scientifico perché troppo rara. Però se vi capita di guardare le immagini delle persone che ne sono realmente affette credetemi, vi si stringerà il cuore. Il film "glissa" su questo aspetto è mette in parallelo la bellezza interiore compensando quella esteriore della protagonista, come faceva il solo apparentemente grossolano Amore a prima svista dei fratelli Farrelly, che faceva apparire una ragazza sovrappeso ma buona di cuore con il corpo "esteriorizzato" di Gwyneth Paltrow.


Con la stessa nonchalance ci fa credere che può bastare mettersi un cappuccio in testa durante il giorno e poi la sera per lei torni ad essere tutto ok, ma un secondo dopo, in modo ugualmente troppo "leggero", la nostra eroina sbatte con la classica scena dell'alba nei film di vampiri (con una luce non troppo differente da quella che aveva combattuto nel pomeriggio con il cappuccio in testa). È straniante, scorretta, ma in fondo per me quasi lodevole e coraggiosa questa rimozione continua e scissione ricercata della ragazza dalla sua malattia. Qualche tempo fa avevamo parlato di un film altrettanto scorretto e coraggioso per motivi qui "invertiti", Andarevia. In quella pellicola, per scelta narrativa, i personaggi erano rappresentati unicamente attraverso i "comportamenti tipici" e ricorrenti in particolari patologie mentali. In Midnight Sun potremmo immaginare, in negativo, che la malattia non è stata trattata con la "gravitas" necessaria, che sia stata "rimossa" in un modo tutto narrativo (una rimozione che in natura invece è così difficile che probabilmente chi ne soffre non potrebbe accettarla neanche in una finzione). Ma potremmo pure immaginare, e questo è per me un punto di vista interessante, che la malattia in questo film si presenti così "da parte" in quanto è già stata "elaborata". Mi spiego. Il film salta le prime quattro fasi della elaborazione del lutto di Kubler-Ross, ossia la negazione, il patteggiamento, la rabbia e la depressione e arriva dritto alla quinta fase, la "accettazione". Da qui, dalla fine di un percorso atto a "metabolizzare (nel possibile) le cose brutte", il film "parte", scegliendo di  focalizzarsi  e dare valore alle cose belle e importanti che caratterizzano una persona in quanto tale e che la valorizzano e la rendono unica. Non come "persona malata" ma come persona. Questo approccio ardito e spericolato può spiazzare, può irritare, può far gridare allo scandalo, può far iniziare a ridere in modo isterico. Ma può essere anche compreso, accettato e, a livello epidermico, può fare in modo che il film riesca spontaneamente a far riflettere quanto a sollecitare le ghiandole lacrimali degli spettatori, anche in assenza della rappresentazione visiva/contenutistica delle fasi  di negazione, patteggiamento, rabbia e depressione. Diciamo che molti, umanamente, "compenseranno" così. Anche perché hanno accettato di comprare un biglietto per vedere un certo tipo di film. In sala ho visto fontane di lacrime e il cinema, che se le aspettava, è stato così previdente da fornire all'ingresso dei pacchetti di fazzoletti di carta in omaggio. 
Gli attori recitano bene, il film è pieno di momenti carini e commoventi, la regia è leggera e descrive in modo ordinato gli eventi, alla base c'è un libro bestseller che non ho ancora letto e quindi al momento non riesco a confrontare. Ma io, forse perché non ho la sensibilità che rende le donne la vera razza umana superiore, ci sono rimasto un po' male dai sistemi di "occultamento della malattia" predisposti dalla trama. La protagonista non l'ho mai avvertita davvero malata e in fin di vita, anche perché: a) pur nel limite di non poter assumere la luce diretta del sole ha delle amicizie che incontra la sera, come il 100 per 100 delle persone che già alla sua età lavoravo, compresa la sua amica che lavora in gelateria; b) ha un padre e un quasi-ragazzo che non si farebbero alcun problema a farle fare quello che vuole pur negli orari "notturni". Il dramma esistenziale della protagonista di "essere malata" e "non volerlo rivelare a nessuno" l'ho capito solo informandomi su internet della malattia di cui soffre. Per lo stesso motivo il finale del film l'ho trovato crudele in quanto  troppo repentino e troppo velocemente accettato. Mi sono più arrabbiato che commosso alla fine, ma questo Midnight Sun alla fine mi ha spinto per una mezza giornata ad interessarmi ad una malattia rara e così strana che credevo solo inventata. Mi ha spinto a riflettere un po' di più sul l'importanza di vivere felici a tutti i costi, anche e sopratutto quando la vita ti prende a calci nel sedere, anche quando per rendere "accettabile questa gioia, da parte di una persona malata" un film opera uno strano gioco di prestigio . E questo credo che non sia poco. 
Talk0

Nessun commento:

Posta un commento