domenica 9 febbraio 2020

Daryl Zed - i mostri sono loro : la nostra recensione



Nel linguaggio dei giornaletti sporchi anni '70 il "69" è una posizione erotica che significa "incastrare l'alto con il basso", in cui un partner si mette sottosopra rispetto all'altro. Nel numero 69 di Dylan Dog nasceva così la "versione sottosopra" di Dylan Dog, il suo opposto speculare. Potrebbero essere gemelli separati alla nascita, ma Dylan è moro, Daryl biondo. Dylan gentile, Daryl arrogante. Entrambi per lavoro indagano l'incubo, ma Dylan cerca di comprendere quelli che sono definiti "mostri", Daryl gli spara addosso e basta perché "non possono esistere mostri buoni". Soprattutto, in un gioco meta-narrativo, Dylan il personaggio di un fumetto scritto da Tiziano Sclavi, un autore che vive nel mondo di Daryl Zed e gli è amico, al punto da ispirarsi alle sue avventure nelle sue opere, giusto abbellendole di un senso morale che nel mondo reale non potrebbe esistere. Anche se il mondo di Daryl Zed potrebbe sembrare per questo dettaglio il mondo reale, direi che ci troviamo in una qualche realtà parallela dove le creature da film horror sono all'ordine del giorno, ci sono le taglie su quelle più pericolose e Scotland Yard per contrastare cose come i vampiri utilizza corpetti con collare protettivo e armi lancia paletti di frassino, nel caso lanciando qualche missile da un elicottero in piena città per sgominare qualche minaccia. In un contesto simile pure i personaggi sono sopra le righe ed è divertente ritrovare tra le pagine la versione alternativa di qualche volto noto di Dylan Dog, solo che "sotto acido". È tutto così esagerato e assurdo, dal lato visivo quanto narrativo, che il mood della lettura diventa parodistico e quindi sostanzialmente innocuo, pur se intenzionalmente "cattivo/scorretto": Daryl Zed è una specie di "versione Deadpool" di Dylan Dog, anche se sarebbe più corretto dire una "versione Lobo". 


Personalmente mi piacerebbe che questo Daryl Zed si avvicinasse alle storie del periodo d'oro di Lobo di Alan Grant e Simon Bisley. Me lo richiamano i disegni di Nicola Mari, che enfatizza le linee muscolari esagerate di alcuni personaggi (che è molto comico in ragione di uno specifico personaggio), tavole ricche di mostri pieni di denti e lingue, esagerate armi e armature alla Giudice Dredd (Griffen, Grant e Bisley erano tutti ragazzacci inglesi della 2000 AD). Me lo ricorda la colorazione vintage, acida, da "comics quadricromatico" (se non è quadricromatico effettivo ci si avvicina moltissimo come citazione). Me lo ricorda la scrittura sarcastica di Tito Faraci, che ci fa guardare con affettuoso distacco e simpatia un anti-eroe bullo e un po' confuso come Daryl. C'è una scena molto divertente, mi è sembrata scritta dal Garth Ennis di Preacher: è un flashback che parla di vampiri con una accezione quasi alla Twilight (e quindi anche di sessualità), è geniale e scorrettissima e non vedo l'ora nei prossimi numeri di vedere come quella situazione di evolverà. Perché purtroppo Daryl Zed dura un po' poco, solo 34 pagine, con la storia che andrà a svilupparsi nelle sei uscite mensili previste, per ora destinate solo al circuito delle fumetterie. L'albetto è carino, spassose le finte pubblicità, carini gli inserti editoriali e micro-striscia umorista sul retro, anche quella una chicca "vintage". 
Un Nicola Mari in ottima forma si diverte a citare i "comics dei mostri" (c'è molto Lobo, ma pure Morbius e qualcosa dalle opere 2000 Ad), sceglie una gustosa linea stilistica affettuosamente retrò e conferisce nuova linfa al personaggio creato visivamente da Dell'Agnol, donandolo di una riuscita "acida" luce pulp. 
Faraci espande lo strano mondo del numero 69 voluto da Sclavi, ma adesso deve mettercisi dentro pure lui, deve pure lui ritrarsi a prendere un caffè con Daryl riflettendo sul ruolo di eroi e anti-eroi, moralità reale e ideale. In queste poche pagine Faraci dimostra comunque tutta la sua capacità di creare quei mondi alternativi, pieni di mostri e regole proprie, che mi era molto piaciuta nel suo Brad Barron
Daryl Zed è un progetto Bonelli strano per distribuzione, prezzo, colore e tipologia di formato. Vi consiglio di sfogliarlo prima di capire se può fare per voi. 
Potrebbe essere idealmente il tipico comics anni '80 che io (o qualche altro lettore attempato) ritroverei dopo un trasloco, tra i numeri di Lobo, il Punitore e la saga del clone.  Effetto nostalgia per me assicurato, mi ha ricordato Lobo ma nulla impedisce in futuro a Daryl di diventare a tutti gli effetti il Deadpool di Dylan, assecondando anche i lettori più giovani.
Serve necessariamente più tempo per valutare la storia, ma l'ho trovato un inizio divertente e ben confezionato, dal buon potenziale. 
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