domenica 2 febbraio 2020

Jojo Rabbit: la nostra recensione



Jojo è un bambino di 10 anni e vede il mondo come un bambino di 10 anni, solo che è un bambino tedesco, vive ai tempi della seconda guerra mondiale e ha un fantastico amico immaginario: Adolf Hitler. È per questo Jojo un sanguinario, razzista, ottuso epigono di Heichmann? No, perché ha solo 10 anni ed essere "nazisti" per molti bambini tedeschi come lui significa per lo più andare con gli amichetti in un campo scout (molto in acido), amare le uniformi, volere bene alla patria facendo volantinaggio e combattere eroicamente contro "creature fantasty" come gli ebrei e russi. Gli ebrei, gli hanno raccontato gli amichetti e le poche fonti disponibili, nascono da uova covate da una regina madre insettiforme, sanno mutare in serpenti e pipistrelli, si nascondono come fantasmi tra le pareti di casa tua, senza che te ne accorgi, attentando anche ai tuoi genitori. I russi, gli hanno raccontato le solite fonti non confermate, mangiano (ovviamente) i bambini, sono enormi come orsi e compiono atti sessuali ai danni dei cani. Chi salverà le mamme dagli ebrei? Chi salverà i bambini e soprattutto cagnolini del quartiere dai russi? Jojo naturalmente, l'eroe della patria Jojo! Solo che, caricato a palla di entusiasmo dal suo amico immaginario, durante una gita degli scout/piccoli-soldati finisce per lanciarsi una granata addosso per "eccesso di agonismo". Quasi morto, gravemente ferito alla gamba e con il volto pieno di cicatrici, Jojo è retrocesso da piccolo Soldato ad addetto alla propaganda. Jojo è depresso, non potrà più salvare come guardia scelta il suo eroe Adolf nel caso che un altro Von Stauffenberg attenti alla sua vita, ma la mamma gli vuole comunque bene, forse anche più bene. Ma tristezza a parte c'è un grosso problema nella vita di Jojo che ancora richiede il suo eroismo. A casa sua c'è forse nascosto un terribile ebreo. Capelli lunghi come un fantasma giapponese, artigli acuminati e una fisionomia tra il serpente, l'alieno e forse il pipistrello, l'ebreo fa costantemente e rumore, dietro i muri. Riuscirà a salvare la mamma?


Credo che avere 10 anni sia un po' percorrere l'età dell' "-issimo". Tutto è bellissimo o bruttissimo, fighissimo o tremendissimo. Jojo Rabbit è un film che con la sua assoluta innocenza, un umorismo nero e sulfureo e una cornice davvero cruda, reale da fare orrore, è riuscito a farmi tornare un bambino di 10 anni come Jojo. E quindi, di nuovo con dieci anni (non) anagrafici, mi faccio travolgere gli occhi da un intero mondo che mi appare per personaggi, colori, costumi e ambienti vicinissimo al Wes Anderson di Moonrise Kingdom, ma dove stanno tutti in acidissimo (fantastico il campo scout nazi Straordinari). Mi sento bruttissimo ma coraggiosissimo come Jojo (il piccolo e bravissimo Roman Griffin Davis), voglio scrivere come lui un libro per conoscere di più e combattere questi strani vampiri/alieni/serpenti profanatori di cagnolini (c'è in questo una surreale rappresentazione fanatasy del popolo ebraico, che si idealizza perché non si conosce direttamente, che mi ha ricordato uno dei momenti più "scorrettamente innocenti" di Borat. Il punto comico è deridere la propaganda e la eccessiva fantasia dei bambini in merito alle cose che non conoscono, non certo prendere in giro il popolo ebraico, che anzi viene conosciuto e diventa "sempre più umano" a mano che la pellicola prosegue). Mi mancano tantissimo una sorella che non c'è più e un padre da troppo tempo disperso, forse anche per questo credo all'assurdo di un ganzissimo "Hitler immaginario" (interpretato dal  grande Taika Waititi) che vola fuori dalla finestra come Peter Pan, mangia unicorni e sprona a non abbattersi davanti ai problemi della vita. Voglio essere anch'io epicissimo come i suoi """buffi""" soldati (molto divertenti  Sam Rockwell e Rebel Wilson), esagerati nelle convinzioni e al contempo umani, vanitosi, stralunati (come mi hanno insegnato essere "gli uomini" per la comicità dei Monthy Python). Vorrei abbracciare e avere le coccole da una mamma dolcissima, coraggiosissima e bellissima come Scarlett Johansson, che ama ballare, sorridere e senza di cui vivrei la vita a scarpe slacciate. Vorrei avere un amico figo come l'occhialuto e rotondetto Yorki (il piccolo Archie Yates) che ha dieci anni come me  ha è già una specie di eroe e guida spirituale. Vorrei avere un bacio da Elsa (Thomasin McKenzie), che è bellissima e non mi frega se è in realtà un insetto o pipistrello o serpente, dopo che la avrò conquistata copiando le poesie dell'autore che preferisce. Piango, e "di bruttissimo", quando si palesa che anche se sei un bambino di 10 anni, a un certo punto, ti arriva addosso tutta la realtà della guerra, spogliata di tutta la satira colorata e irriverente che ci hai avvolto intorno con ingenuità e candore. La vita (non) è "bellissima", ma possiamo sempre ballare, estraniarci dalle cose brutte, anche con una colonna sonora che non lesina capolavori, tra Beatles e Bowie. 


Da "bambini di 10 anni" trovo quindi il film tutto "-issimo": bellissimo, tenerissimo, tristissimo, divertentissimo e "irresistibilissimo", forse la migliore sorpresa di questa tornata cinematografica, la pellicola più gentile per raccontare la storia più spietata. 
Al cinema Taika Waititi ci ha proposto negli anni di non prendere "solo" sul serio cose come i supereroi, con Thor Ragnarok, e gli amanti dei cinecomics (specie chi non aveva mai letto Thor a fumetti, conoscendo il personaggio anche come molto divertente) in gran parte non hanno capito. Taika Waititi in un periodo di vampiri malinconici ci ha proposto di non prendere troppo sul serio cose come i vampiri, con il bellissimo Vita da vampiro. Oggi con Jojo Rabbit, che come sempre scrive, dirige e interpreta (è lui il surreale Hitler immaginario), adatta liberamente il bestseller del 2004 (da noi Come semi d'autunno di Christine Leunens) e ci fa vedere che in Germania ai tempi dei nazisti c'erano "anche" dei bambini innocenti che inconsapevoli "giocavano ai nazisti", che c'era dell'umanità anche tra i soldati, senza per questo nascondere gli orrori della guerra. Con i suoi gentili voli pindarici uniti al crudo realismo sferzato da una satira caustica,  Jojo Rabbit fa propri molteplici punti di vista (rispetto al più semplice e monodirezionale 1917) e diviene un autentico inno alla vita, al coraggio, all'altruismo. Un piccolo mondo assurdo e complicato dove solo con l'ironia si può sopravvivere all'orrore, cercando chiavi di lettura e fuga dal reale. Paragonarlo a La vita è bella non è banale, ci sono molte scene che hanno lo stesso sapore, la stessa dolcezza e malinconia. Davvero meravigliosa la mamma forte, ironica e travolgente (anzi, fortissima, ironicissima e travolgentissima) della Johansson, che per questo ruolo è candidata agli Oscar come non protagonista (e questo stesso anno è pure candidata, meritatamente, come migliore attrice per Storia di un Matrimonio, accanto ad Adam Driver). Bravissimo (ma sarebbe più gusto dire "bravissimissimo") il giovane attore che interpreta Jojo, convincente, umano e divertente come il giovane Jamie Bell di Billy Elliot. Favoloso un Waititi che reincarna la gioiosa follia di Chaplin e un Rockwell meravigliosamente gentile e affettuoso quanto sarcastico, stralunato. 
Non voglio rivelarvi troppo della trama, ma Jojo Rabbit fa riflettere su come i bambini, con la loro curiosità, attenzione e forza d'animo, possano davvero cambiare il mondo in meglio, a prescindere dalle favole che gli raccontiamo, anche se quello che gli abbiamo messo tra le mani è un mondo orribile, che dovranno sfangare da soli. Questa fiducia nei giovani è il messaggio più bello e importante su cui oggi, in un periodo in cui è in atto una paura generalizzata ad avere figli, il cinema ci porta a riflettere. 
Intelligente, gentile e con la forza di essere pure satirico (aspetto davvero "eroico" ai giorni nostri) Jojo Rabbit mi ha travolto con la sua vitalità e tenerezza, fatevi un regalo e correte a vederlo anche voi. Subitissimo.
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