martedì 3 dicembre 2019

Momenti straordinari con applausi finti: la nostra recensione del nuovo fumetto di Gipi




- In due righe: C'è un comico che assiste la madre morente nei suoi ultimi giorni di vita, una pattuglia di cosmonauti dispersi in un mondo misterioso che li inghiotte nel nulla, un consulente di guerra che insegna agli attori lo stato d'animo che un soldato prova quando il suo compagno di plotone riceve a pochi centimetri da lui un colpo in testa. 

- Il nuovo "incontro con Gipi": Dire altro è quasi criminale e non permette di assaporare l'intreccio. Non tanto per i colpi di scena a effetto, elemento a cui Gipi non ha mai dato troppo peso, quanto perché l'autore sa creare dei magnifici fraseggi visivi e narrativi da assaporare "al buio", fino a farsi travolgere. A questo si accompagna nelle opere un girotondo infinito sui temi universali a lui più cari, però approfonditi ed elaborati più volte nel corso della sua vita personale. Così in Momenti straordinari con applausi finti Gipi è in cerca del suo posto nel mondo come in Unastoria, parla con garbo di famiglia come in S, si mette a nudo in modo anche umoristico come in La mia vita disegnata male, disegna un'infanzia-arcadia lontana come in Racconti di fiume, si interroga sul futuro come ne La terra dei figli, richiama le sue esperienza recenti come regista di corti per Propaganda Live e in genere a tutto il suo mondo narrativo e personale. Anche quando non parla direttamente di lui, Gipi ci fa accedere al suo mondo, dipingendolo ora di bellissimi acquerelli ora di un bianco con neri insistentemente tracciati a penna ora con bozzetti umoristici. 
Ogni opera è davvero come incontrare un caro amico che vive lontano, con cui si può condividere una pasta al pesto e "le cose che contano (che proprio perché contano alla fine sono sempre le stesse,  le più importati)" per un paio d'ore ogni due anni, per poi sentirsi magari quotidianamente sui social ogni tre ore sul più e il meno. Fa strano sentire un livello di così alta intimità con un autore, pur essendo cose "che capitano" proprio quando si è molto bravi nel trasmettere al pubblico le emozioni attraverso le proprie opere. E Gipi ha la rara capacità di trasmettere ad altri autori questa capacità, per me uno del motivo per cui Cheese di Zuzu, da lui supervisionato da Coconino, presenta la stessa altissima cifra emotiva dei suoi lavori. Oltre al fatto che Zuzu ha un talento pazzesco che non può che portare a risultati futuri ancora più belli.



  • - Come ho conosciuto Gipi (paragrafo dalla natura prettamente di blog intimista, non necessario ai fini della recensione ma che se lo volete leggere è qui): Io ho conosciuto Gipi nel modo più strano possibile, mentre era intento a lavorare a Bruti, un gioco di carte di stampo medioevale/fantasy. Ricordo che alla Feltrinelli di Galleria Vittorio Emanuele a Milano erano esposte le bellissime illustrazioni di questo gioco da tavolo, con vicino un Artbook semplicemente favoloso che le raccoglieva in tavole giganti, venduto però a un prezzo che soppesato alla qualità effettiva era giusto ma all'epoca ancora troppo elevato per il mio budget. Cavalieri pestati e segaligni in armature consunte di ruggine, scheletri, giganti e paesaggi sfuocati di nebbie e castelli diroccati. Un mondo a metà tra L'armata Brancaleone, Il Mercenario di Segrelles e Le torri di Bois-Maury. Non so quanti mesi ho provato ad avvicinarmi a quel volume per studiarlo e ammirarlo, mentre subito mi ero impossessato del volume Coconino legato a Bruti con il fumetto e il regolamento di gioco. Impossessarmi delle carte da gioco e dell'espansione è stato un mezzo martirio, ho cercato infruttuosamente da più rivenditori, le ho recuperate mesi dopo, in due fiere diverse, manco in edizione completa. Potevo inoltre avere l'autografo di Gipi sulle scatole, ma una coda chilometrica e di ore d'attesa si frapponeva tra me e l'autore e questa è comunque una storia poco interessante per voi, perché era quel regolamento di Bruti che già possedevo "il punto", ciò che mi aveva colpito. In pratica c'era quel magnifico fumetto a colori che fungeva però da semplice introduzione di poche pagine al gioco di carte, anche se avrei pagato oro se fosse stato un'opera di diecimila pagine (e mi pare che a un incontro per l'uscita de La terra dei figli Gipi aveva confermato che c'erano dei lavori in tal senso, che vedevano peraltro la partecipazione di un disegnatore molto bravo con lui che rimaneva ai testi). Poi ho capito che in qualche modo il fumetto "era il gioco di carte". Bruti di fatto comportava scegliere un bruto e fargli affrontare nell'arena altri bruti, con delle meccaniche di gioco a volte davvero imprevedibili dovute alla fortuna e alla sfortuna. Gipi voleva all'epoca che chi giocava scrivesse di quegli scontri, condividesse le proprie gesta. Era stato un Dungeon Master in gioventù e con Bruti stava facendo rivivere ai giocatori / lettori quella sua esperienza di vita, tanto con il fumetto che con quelle regole, che ho letto e riletto (pure un versione "aggiornata" grazie a un gift cartaceo allegato ai mazzi in fiera) come favole della buona notte allo stesso modo in cui leggevo i manuali di D&D. Mi ha fatto tornare bambino. Il passo successivo è stato quello di recuperare il volume con la storia dei pirati della sigla di testa delle Invasioni Barbariche, rappresentati visivamente con uno stile ugualmente ganzo. Così io, da stronzissimo esteta del "disegno fatto da paura o fotte sega", finivo con tra le mani La mia vita disegnata male, in cui l'unica cosa disegnata da paura erano, per il me stesso dell'epoca, solo quegli inserti di storie dei pirati. E così scopro che le storie intimissime e umanissime disegnate volutamente male da Gipi come fossero degli schizzi improvvisati erano pazzesche. È stato come il big bang, è stato come scoprire Quentin Tarantino e poi andare a ripescare tutte le opere da lui citate che non conoscevo. Ho iniziato a comprare fumetti della Coconino, Eris Edizioni, Canicola, Oblomov. Da Topolino ai Bonelli ai Manga ai grandi autori dei Comics (passando per i Marvel e DC pure più commerciali), passando per l'argentino e la linea chiara conosciuti sull'Eternauta, ero giunto all'underground, al "di nicchia". Ai fumetti più intimisti e astratti, ai disegnatori più malinconici, caricaturali, fuori di testa e lontani "dai miei canoni estetici e narrativi". Dai quaderni giapponesi di Igort a La notte del corvo di Marco Galli, dal Diario di un fantasma di De Creci agli Arcanoidi di Maicol e Mirko al Dottor Pira, Jesse Jacobs, Ratigher, Spugna, Cammello, Akab e tanti altri che prima di allora militavano sulle librerie di sinistra del piano terra di Supergulp, quelle che per lo più ignoravo. E questo grazie a Gipi, di cui ho recuperato in pratica ogni cosa in poco tempo. Il fatto che lui cambi sempre stile per sfidare i suoi limiti narrativi e figurativi, il fatto che sia attivo un po' su tutti i media, anche con film e musica, ha reso la ricerca stimolante. Ogni opera è "sua", riconoscibile per cura e volontà di sperimentazione. Anche quando l'opera è forse per alcuni minore, come i primi lavori di stampo erotico, trovo una forte energia comunicativa e una precisa filosofia narrativa. Ho trovato stimolante leggere i lavori anche in ordine cronologico, tematico, random. Per sapere di più sull'artista, ho cercato ogni intervista, video e materiali connessi a mostre. Ho l'impressione che molto del materiale di questo ultimo libro abbia radice in quanto detto da lui in un'intervista rilasciata ai tempi dell'uscita di Unastoria, naturalmente implementata dal suo punto di vista aggiornato al 2019, ma potrei essere pazzo. Una volta per buone tre settimane ho ascoltato questo brano, con la famiglia certa del fatto che fossi impazzito... Auauaua... Forse ho un po' esagerato, al punto che una volta ero stra-convinto che Gipi fosse sul mio stesso treno locale di Milano - Cadorna, direzione Milano - Bovisa, a fianco a me. Peraltro quella persona, che gentilmente mi ha informato di aver preso un abbaglio prima che mi inchinassi davanti a lui dicendogli come i suoi lavori mi avessero colpito e forse cambiato la vita, sapeva un sacco di cose sulla scuola di fumetto di Milano, compresi i nomi dei professori, alimentando le mie certezze che fosse davvero lui (é timido e riservato come lo immaginavo)... ma potrebbe essere stato un abbaglio nell'abbaglio. 


- Commento finale: Il nuovo volume di Gipi mi ha colto come un fulmine a ciel sereno, trasmettendomi vibrazioni del tutto positive e la sensazione di incontrare un amico dopo tanto tempo. Il volume edito da Coconino è di grande formato, rilegato con sovracoperta di un bianco luccicante,  molto curato e adattissimo per un regalo. Dal punto di vista visivo Gipi sfoggia la sua straordinaria abilità nel realizzare disegni acquarellati visti al meglio in Unastoria e S, aggiornata al suo tratto in bianco e nero ultradettagliato del recente La terra dei figli, con passaggi narrativi di stampo più stilizzato e umoristico come in La mia vita disegnata male, stile scelto anche per la sovra-copertina del volume. Lo stile narrativo sceglie la via delle sue opere più intimiste e non sbaglia, la suddivisione in brevi capitoli dona alla storia ritmi e toni sempre frizzanti che fanno volare via la lettura senza momenti di stanca. Si ride, ci si sorprende di alcune soluzioni visive, si piange. Ci si sente letteralmente immersi nel racconto ed è una qualità propria solo dei più grandi autori. Non so quanto della vita reale dell'autore venga tradotta nel fumetto, ma le emozioni arrivano e sono fortissime. 
Talk0

Nessun commento:

Posta un commento