domenica 1 dicembre 2019

A Tor Bella Monaca non piove mai - la nostra recensione




Se c'è sempre il sole a Philadelphia, nella Torbellamonaca di Bocci non piove proprio mai, l'afa ti assale, l'aria è come assente, la gente "bolle" e di conseguenza si arrabbia, con la testa che annebbia. Sul punto di esplodere, Tor Bella Monaca diviene un formicaio inquieto di umanità al limite, dove tutti si conoscono e si odiano, si spingono e urlano contro nei pochi metri quadri che il destino ha deciso debbano condividere. Non c'è lavoro o il lavoro fa schifo, chi ha sbagliato in passato e ha pure pagato è comunque un delinquente, si sogna di scappare o per lo meno di non iniziare ad avere lo stesso odore di quei palazzoni fatiscenti in cui si rimane inghiottiti, forse sepolti a vita, per sempre e ormai incapaci di sognare qualcosa di diverso. Così una famiglia senza una goccia di pioggia in cielo a refrigerare il cervello esce pazza, si prepara all'attacco contro il mondo. L'affittuario che non paga da mesi, il vicino con il volume dello stereo a palla notte e giorno, il padrone che odia i cinesi e forse anche te, il truffatore locale che promette e inguaia il prossimo. Così dei soldi sporchi, letteralmente coperti e impregnati di piscio, sembrano il biglietto di addio da quei luoghi. Ce ne sono altri di quei soldi, piovono da una grata e prima ancora da dei sacchi blu che si portano appresso per Tor Bella Monaca dei cinesi. Sempre i cinesi, che stanno un po' dappertutto e tanto sono tutti uguali. Poco senso di colpa se gli dai una botta in testa per fregargli un sacco blu, di quelli che sempre quel giorno a quella ora rischiano di finire coperti di piscio. Hai svoltato e ti togli la puzza dei palazzoni, aiuti la famiglia e giri pagina. Prima però bisogna trovare la motivazione giusta per agire.
In sala c'è ancora il capolavoro coreano Parasite di Bong Joon Ho, un film che descrive la miseria umana al punto che entra sottopelle, ti fa sentire gli odori, ti affoga nella melma e ti fa apprezzare il gusto dei crostini per il cane caramellati. Il film di Marco Bocci, il suo esordio alla regia, è anche lui un'esperienza sensoriale, soffocante e crudele. Sceglie una telecamera a mano per inquadrare le persone "gnappe", a livello del suolo dove non si può anelare al cielo. Anche quando un personaggio fuma sul tetto di un palazzo l'inquadratura indugia, allarga, rivela che la cima è solo il lato poco più alto di una gabbia architettonica dove le persone stanno stipate metro per metro in appartamenti piccoli piccoli. La musica è l'assalto ingiusto dello stereo del vicino, con i suoni che escono distorti dai muri e i bassi che fanno immaginare un costante martello pneumatico che sta a un metro da noi. Sembra di respirare, o per lo meno di percepire una qualche brezza, solo quando di notte uno dei protagonisti scorrazza con il motorino, rigorosamente senza casco. 


Bocci dirige un cast di ottimo attori come Libero De Rienzo, Andrea Sartoretti, Antonia Liskova, Giorgio Colangeli. Libero De Rienzo interpreta Mauro, un ragazzo dall'aria dolce e impacciata, pervaso da una insicurezza perenne, che dopo il diploma in geometra e tanta sfortuna vive ancora con i suoi genitori, barcamenandosi tra un lavoro e l'altro. Antonia Liskova è il suo vecchio amore, quello che l'ha lasciata per mettersi con "il dottore", uno che almeno ha realizzato qualcosa nella vita, ma torna sempre da Mauro, come se fosse una brutta malattia. Spettinata, depressa ma ogni tanto euforica, con Mauro prova qualcosa che il dottore non gli offre. Andrea Sartoretti dà il volto a Remo, il fratello di Mauro. Un uomo brusco e pratico, con trascorsi penali che lo seguono come una macchia ovunque vada. Remo è "quello che è stato già dentro" e diviene quindi un alibi per tutto, anche per la polizia. È il lupo cattivo da inguaiare se non si vuole o si può arrestare qualcuno di più "grosso". Sartoretti lo interpreta come un gladiatore pronto a ricevere l'ennesimo schiaffo dalla vita, deciso a non far finire il fratello in brutti giri. "Tu non ti devi permettere di parlare male di mio fratello" è la minaccia concreta che entrambi i fratelli ripetono, in momenti diversi e verso interlocutori diversi, per sottolineare l'importanza e la sacralità del loro legame, magari suggellando la frase con un pugno verso chi ha osato dire qualcosa di male del fratello. È un film pieno di pugni e di mazzate, con qualche occasionale sparatoria, spesso inferti per una dignità calpestata e che richiede "giustizia divina" anche se occorresse  aspettare anni per averla. Se c'è un messaggio positivo nella pellicola, oltre all'ammirare il modo in cui una famiglia può auto-sostenersi davanti a tutto se rimane unita, è che il tempo può aggiustare tutto. Magari dopo anni, ma lo farà. 
Quest'opera prima di Bocci ha forza, è girata molto bene e ha buoni interpreti. Avrei voluto una terza parte, qualcosa che potesse sedare un po' gli animi filtrando una "urgenza espressiva" che forse a un certo punto fa correre troppo forte la narrazione, lasciando l'amaro in bocca al comparire dei titoli di coda. Ma non è per me un errore, è più una scelta punk. Se questo è il biglietto da visita di Bocci registra, attendiamo la prova numero 2.
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